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Autore: Ale Villain    23/01/2021    1 recensioni
Era così lei: niente di più che una studentessa dalla vita semplice, circondata da pochi affetti e con un passato misterioso, ma che ormai per lei non rappresentava che un mero ricordo. Era così lei, da quando era in quel mondo: ma per quanto ancora le sarebbe andato bene?
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I.V sospirò e si avvicinò, posizionandosi di fronte a lei, a pochi passi di distanza. Mise una mano dietro la schiena, sollevò l’altra con il palmo rivolto verso l’alto e si inchinò. Alzò la testa quanto bastava per riuscire ad osservarla.
“Secondo te cosa si fa in una festa in cui metà della gente sta ballando?”

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I.V era stranamente agitato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva nemmeno come approcciarsi e che motivazione dare a questa sua “visita” inaspettata.
[...]
Stava per muovere un altro passo quando sentì un rumore veloce, alla sua sinistra, proprio dove si trovava il soggiorno.
Si bloccò e si girò piano.
Finalmente la vide.
Era a pochi passi da lui.
E gli stava puntando contro una pistola.

STORIA IN FASE DI REVISIONE (Gennaio 2024)
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo I: Importanze
© AleVillain
 










 
3 Aprile 2017 H 13.04
Ambra aprì gli occhi lentamente.
Non ricordava dove fosse, né come si fosse addormentata così improvvisamente. Percepiva solo che non era normale come cosa, non era giusto che lei si fosse addormentata. Era sicura di essere andata in università.
Si mise una mano sulla fronte. Pensa, Ambra, pensa.
Più pensava, però, più la sua mente la bloccava al ricordo del bagno dei maschi. Sì, ricordava di esserci entrata. E poi?
Strabuzzò gli occhi, ignorando il lieve bruciore che ciò le causò.
Gli asiatici, la botta in testa.
Si tirò su velocemente, rendendosi conto di non essere più in università. Questo le fece pensare che, probabilmente, non si era sognata nulla.
È sveglia
Qualcuno aveva parlato e di nuovo aveva usato una lingua sconosciuta.
Deglutì, dandosi una rapida occhiata attorno. Non riusciva a mettere bene a fuoco la stanza, la botta in testa doveva essere stata particolarmente forte.
Si rese conto di essere in una sottospecie di studio: era molto buio, c’erano giusto un paio di lampadine che penzolavano dal soffitto. Due scrivanie, distanti, poste una di fronte all’altra. Un orologio sul muro a sinistra.
Lei, invece, si trovava su un materasso, che sembrava buttato lì a caso in quella stanza.
Si passò due dita dietro la nuca. Strinse i denti per il dolore; le sarebbe sicuramente spuntato un ematoma.
“Ora smetto di parlare coreano, non ti preoccupare” disse un’altra voce, stavolta in italiano “Allora. Chi abbiamo qui?”
La ragazza alzò lo sguardo. Davanti a lei, in piedi, un terzo ragazzo asiatico, abbronzato. Viso pulito, labbra carnose, un paio di orecchini. Una tuta blu scuro, che lasciava intravedere una buonissima parte del petto – che, da quello che poté intuire lei, sembrava piuttosto scolpito. Eppure, continuava a sembrarle strano quel tipo di vestiario.
Non sapeva se fosse il caso di rispondere, ma fortunatamente ci pensò qualcun altro.
“Ambra Doria in persona”
Sentendosi nominare, la rossa corrugò le sopracciglia.
Lo sconosciuto, che aveva parlato per primo, se ne accorse.
“Bene Jeim” disse quest’ultimo “Direi che possiamo procedere con le domande” stavolta lo disse con un italiano un po’ meno preciso. Forse conosceva la lingua, ma non alla perfezione.
Lo vide, infatti, voltarsi verso qualcun altro e riapparve davanti a lei il ragazzo con il piercing al sopracciglio sinistro.
Ambra indietreggiò leggermente sul materasso. Cercò di calmarsi, ripetendosi mentalmente che a mali estremi poteva difendersi. Non sapeva difendersi, ma quantomeno poteva.
Il ragazzo cercò di porre un maggiore contatto, abbassandosi e accovacciandosi, con gli avambracci a penzoloni dalle ginocchia.
“Ambra Doria” disse lui “Nome e cognome sono veri?”
La rossa rimase colpita: a parte l’italiano che rasentava la perfezione, il ragazzo aveva un timbro vocale affascinante. Era un tono basso, caldo, come rassicurante. Non aveva mai sentito qualcuno con una voce del genere, prima di lui.
Il ragazzo piegò leggermente la testa e alzò il sopracciglio. Quello con il piercing.
Ambra annuì.
“Hai 21 anni”
Ambra deglutì, riuscendo finalmente a parlare debolmente:
“20. Non ho ancora fatto i 21”
Lo sconosciuto ignorò quell’appunto.
“Vivi a Milano, in una zona di periferia”
Ambra si trattenne dallo strabuzzare gli occhi. Sapevano anche quello?
“Sì… Sì”
“Sei italiana?”
Ambra annuì.
“Sei nata in Italia?”
Ambra boccheggiò qualche istante. Non sapeva come rispondere a quella domanda. No, non era nata in Italia. Non era nata in nessun’altra parte del mondo.
L’asiatico sembrò convincersi maggiormente con quella risposta.
“È lei. Ne sono abbastanza sicuro”
Ambra alzò lo sguardo, vedendolo rialzarsi. Si allontanò per qualche istante, lasciandola sola con il rosso, che a quanto pare si chiamava Jeim, e l’altro asiatico.
Il tizio con il piercing ritornò qualche secondo dopo, con in mano una lettera.
“Se ti dicessi che siamo dei cacciatori, tu a cosa pensi?”
Ambra sembrò darsi una risposta, finalmente, al loro strano outfit.
“Che… Che non andate a cacciare gli animali nei boschi”
Non voleva affatto risultare simpatica, anzi aveva cercato di far capire che scindeva perfettamente il concetto di cacciatore che si aveva nel mondo in cui viveva e quello che intendevano i tizi davanti a lei.
Il tizio fece uno strano ghigno, come soddisfatto.
“Ci è stata ricapitata questa lettera” proseguì il ragazzo, aprendo il foglio che era piegato in due “È scritta in italiano” e gliela porse.
La ragazza prese il foglio e incominciò a leggere:
 
 
 
Ti prego di non prendertela. Spunto così, dopo tanto, troppo tempo, per dirti che comincio a sentire la tua mancanza. Non abbiamo più avuto modo di stare insieme, non so neanche cosa stai facendo della tua vita, a Milano. Vorrei solo poterti riabbracciare.
Loro sanno. Loro capiranno. Loro ti aiuteranno. Non avere paura, te ne prego. Loro non sono come li descrivono.
Ambra. L’unica Ambra della mia vita.
SDTS
 

 
 
Ambra rimase completamente spiazzata. Non capiva, non sapeva minimamente chi fosse il mittente, non riusciva nemmeno a intuire con che ottica andasse letta quella lettera.
Fu solo dopo aver letto e riletto quelle righe che espose il dubbio principale che le stava solleticando la mente:
“Come fate a dare per scontato che io sia la Ambra che cercate?”
“Le domande le facciamo noi” disse subito Jeim.
Ambra si zittì.
Nonostante la minaccia velata di Jeim, il ragazzo con il piercing si prese la briga di rispondere:
“Perché abbiamo appurato che sei l’unico elemento che si chiama Ambra, a Milano. Non potevamo risalire al tuo cognome però, come tu ben sai”
Sì, sapeva bene. Sapeva che gli elementi non avevano cognome, si davano sempre nomi diversi e basta. Venivano riconosciuti in base al luogo e alla Regione di nascita.
Ma non era l’unica a sapere, a quanto pare: anche loro sapevano, forse anche troppo.
Deglutì nuovamente. Lei era un elemento che non aveva mai messo in pratica il proprio potere, loro erano tre cacciatori, quasi sicuramente attivi. Dire che era in netto svantaggio era un eufemismo.
“Chi è SDTS?” domandò il terzo asiatico, guardandola.
Ambra spostò gli occhi su di lui: “Non ne ho idea”
Jeim si mosse così rapidamente, che la ragazza se ne accorse a mala pena: estrasse la pistola dalla tasca della tuta e la puntò nella sua direzione.
“Non dire stronzate! Chi è SDTS?”
Ambra alzò le mani davanti a sé in automatico, senza riuscire a staccare gli occhi dall’arma. Non ne aveva mai vista una dal vivo, prima di quel momento.
“I-Io non lo so” farfugliò “Ve lo giuro!”
“Perché mentirci? Avanti! Chi è? Sono le iniziali del tuo fidanzato? Dei tuoi genitori?” sbraitò nuovamente Jeim.
“No, no, no!” continuava a ripetere Ambra, alzando il tono di voce e spostando lo sguardo dalla canna della pistola. Intravide il ragazzo con il piercing: la stava scrutando con un’espressione strana. Poteva dire che la stesse quasi studiando.
“Non penso ci stia mentendo” disse allora il ragazzo abbronzato, cercando di calmare Jeim “Però non sono ancora del tutto convinto”
“Su cosa?” domandò il ragazzo con il piercing, distogliendo lo sguardo da lei.
“Sul lasciarla andare. Potrebbe essere una trappola, non trovate?” cominciò a dire.
Ambra sentì di avere la bocca secca. Cosa significavano quelle parole? Che non sarebbe più tornata a casa?
Al solo pensiero, il panico cominciò a prendere il sopravvento. Si mise a pregare mentalmente che potesse tornare a casa viva.
“Cosa intendi?”
“Pensate se si trattasse di una gang di cacciatori rivali: magari la stanno usando, a sua insaputa, come esca per trovare il nostro nascondiglio”
Sia Jeim che l’altro corrugarono le sopracciglia. Non sembravano molto convinti di quella versione.
“Se no come spiegate il fatto che una lettera per lei sia stata indirizzata a noi?”
Ambra cominciava a non capirci più niente. L’unica cosa di cui era certa era che lei non c’entrava assolutamente niente in ‘sta storia.  
Si mosse piano sul materasso. L’intento era quello di tirare le gambe verso di sé, ma nel farlo si rese conto di un dettaglio di cui, stranamente, non si era ancora accorta: le caviglie erano legate da delle manette larghe e alte, nere. Continuò a fissare le caviglie, sentendo la paura crescere dentro di lei mentre gli occhi le cominciavano a pizzicare.
Non aveva mai avuto paura come in quel momento. Pensava solamente a quanto sarebbe stato bello essere a casa al sicuro con suo fratello, o tra le braccia di Richard…
Richard, cazzo!
Si era ricordata solo in quel momento che non era riuscita a contattare il ragazzo, anche se gli aveva promesso che lo avrebbe fatto una volta finita la lezione. In realtà, pensandoci bene, lei non lo aveva chiamato quando era uscita dall’aula solo perché erano passati all’incirca 40 minuti da quando il prof aveva cominciato a spiegare. E lei voleva fare una bella figura con lui, voleva far vedere che anche lei ci teneva all’università almeno quanto lui.
Per questo non lo aveva chiamato subito, aveva avuto in mente di farlo quando sarebbe passata all’incirca un’ora e mezza. Anche con Giovanni avrebbe trovato l’ennesima scusa sul fatto che fosse tornata a casa particolarmente presto.
Sapeva già che non poteva ricontattarli: era da quando si era svegliata che non sentiva il telefono nella solita tasca sinistra del giacchetto.
Tirò le gambe verso di sé, poggiando la fronte sulle ginocchia e lasciando scorrere le lacrime, silenziosamente.
Improvvisamente la rabbia per Richard era svanita. Non le importava della vacanza, non le importava di niente. Voleva solo tornare a casa.
 












 
Angolo Autrice
Capitolo molto semplice, introduttivo, da cui parte la reale storia. Dal prossimo in poi i capitoli si allungheranno, alcuni anche di un bel po', perché inzierà a succedere di tutto! Tornando a parlare di questo in particolare, posso dire che l'ho riletto più volte e dovrei aver corretto tutti gli errori grammaticali e non. 
Ringrazio le persone che hanno letto il primo capitolo e che, spero, leggeranno anche questo. 
Alla prossima.
 
  
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