MY WINTER STORM
Cap. 1: My winter storm
Go
back to sleep forever more
Far from your fools and lock the door
They're all around and they'll make sure
You don't have to see what I turned out to be
No one can help you
I walk alone
Every step I take, I walk alone
My winter storm holding me awake
It's never gone when I walk alone!
(“I
walk alone” – Tarja Turunen)
Aethelred viveva a
Kattegat da poche settimane e ancora non aveva capito se si trattasse di un
sogno realizzato oppure di un incubo spaventoso, molto simile a quello che lui
stesso aveva fatto poco tempo prima di partire. Non aveva trovato ostili i
vichinghi, al contrario, quella era la parte più bella della sua nuova
esistenza. Tutti lo trattavano con cordialità e amicizia e lui si sentiva parte
di una vera, grande famiglia, come aveva sempre desiderato e mai avuto. Bjorn
lo aveva preso in simpatia dopo che aveva avuto il fegato di contraddirlo
davanti ai suoi uomini e adesso lo considerava un vichingo fatto e finito e
spesso chiedeva a lui consigli su come governare… il che aveva pure un senso,
visto che Aethelred sarebbe dovuto diventare Re del Wessex mentre Bjorn La
Corazza era sempre stato un guerriero e un esploratore e non aveva la più
pallida idea di ciò che significasse fare il sovrano!
Lagertha, invece,
aveva deciso di ritirarsi dalla vita pubblica e lasciare finalmente gli oneri e
gli onori al figlio Bjorn e agli altri giovani. Aveva acquistato un pezzo di
terra fuori Kattegat e vi aveva ricostruito la vecchia fattoria di quando era
ancora sposata con Ragnar e Bjorn e Gyda erano bambini, desiderando vivere i
suoi ultimi anni in pace, senza più guerre e combattimenti e occupandosi dei
nipotini. Del resto, a ben vedere, Lagertha era ormai oltre la cinquantina e si
era pur guadagnata il diritto di andare in pensione!
Aethelred si era reso
utile anche in quel caso, dando una mano a Lagertha nella ricostruzione della
casa e dei recinti per il bestiame, insieme a Ubbe e Torvi e qualche altro
amico della donna. Era felice di poter fare qualcosa per Lagertha che, in
fondo, gli aveva salvato la vita opponendosi decisamente a Judith e che,
adesso, lui considerava una madre adottiva.
Dunque qual era il
problema, visto che Aethelred si sentiva perfettamente a suo agio a Kattegat e,
anzi, era diventato a tutti gli effetti un altro membro della famiglia dei
vichinghi?
E’ presto detto, il
problema era Hvitserk.
Hvitserk aveva
iniziato a comportarsi stranamente già nei primi giorni in cui gli altri
stavano pianificando la ricostruzione di Kattegat e le loro nuove vite. Uno dei
primi scontri l’aveva avuto con Bjorn quando il nuovo Re di Kattegat era stato
chiamato a decidere delle vite di alcuni dei fedelissimi di Ivar, che non si
erano piegati a lui e non ne avevano nemmeno la minima intenzione.
“Dovresti farli
giustiziare” aveva sentenziato, con una voce tagliente e uno sguardo pieno di
odio che Aethelred non gli aveva mai visto prima. “Devono morire, così come le
tante persone che loro hanno ucciso eseguendo gli ordini di Ivar!”
“Ma io non sono Ivar
e non voglio essere come lui” era stata la risposta di Bjorn. “Tuttavia li
punirò molto severamente, con una pena ancora peggiore della morte. Saranno
marchiati come fuorilegge e banditi per sempre da Kattegat e da qualsiasi
società civile, vivranno nei boschi come bestie e non avranno mai più una vera
casa.”
“Non vuoi sporcarti
le mani, Bjorn?” lo aveva provocato Hvitserk, al che parecchi si erano accorti
che il giovane era ubriaco. “Certo che no, vero? Tu vuoi mostrarti un sovrano
migliore di Ivar, non uccidi i suoi seguaci, non organizzi un esercito per
andarlo a cercare…”
“Io, come la
maggioranza della gente di Kattegat, voglio vivere in pace, Hvitserk” aveva
replicato Bjorn.
“Pace? Non ci sarà
mai pace finché non avremo ucciso Ivar! Lui è là fuori, ci spia, aspetta
soltanto un momento di debolezza per colpirci!”
“Tu sei ossessionato
da Ivar, Hvitserk” era stato il brusco commento di Ubbe, piuttosto seccato.
“Credi che gli dei abbiano incaricato te di ucciderlo, ma non puoi saperlo. E
comunque, sarebbe assurdo mettere in piedi un esercito e iniziare a perlustrare
ogni luogo senza neanche sapere dove cercarlo. Potrebbe essere ovunque!”
“Sarebbe assurdo
partire per cercare Ivar ma non è assurdo preparare due navi per raggiungere
una terra in Occidente che nemmeno sai dov’è” aveva obiettato, caustico,
Hvitserk.
“Potremmo cercare di
non litigare almeno fra di noi? Hai ragione, Hvitserk, Ivar è e resta un
pericolo, ma noi ci addestreremo per essere pronti se e quando ci attaccherà”
aveva detto Aethelred, cercando di mettere pace e, soprattutto, di trattenere
quello spirito ostile e rancoroso che non credeva Hvitserk possedesse… “Nel
frattempo Bjorn deve governare questa città come meglio crede ed è giusto che
voglia la pace, così come sta facendo in Wessex mio fratello Alfred.”
Hvitserk non aveva
ribattuto alle parole di Aethelred e, più tardi, gli aveva chiesto scusa per
essersi comportato in modo sgradevole. Tuttavia il Principe non si era
tranquillizzato: il giovane vichingo sembrava davvero ossessionato dall’idea
della vendetta e dalla convinzione di essere destinato dagli dei a uccidere
Ivar. Questa fissazione era giunta a un punto tale da renderlo irriconoscibile,
spingerlo a ubriacarsi e a passare molto tempo per conto suo, chissà dove, a
rimuginare sul suo presunto fato.
Lo stesso era
accaduto quel giorno, dimostrando che non si era trattato di un episodio
isolato, bensì di un vero e proprio disaccordo tra Hvitserk e i suoi fratelli.
Bjorn aveva ricevuto
due messaggeri inviati da Re Harald che, nel frattempo, era ritornato nel suo
Regno e lo aveva trovato occupato da uno straniero, un tale Olaf che lo aveva
preso prigioniero. Harald chiedeva a Bjorn di aiutarlo con un esercito, visto
che lui era stato al suo fianco per la riconquista di Kattegat, ma Bjorn non
era tanto convinto. Non gli piaceva poi tanto l’idea di impegnarsi nuovamente
in una battaglia dall’esito incerto, per una persona che, tutto sommato, non
era così affidabile come voleva sembrare e lasciando indebolita Kattegat appena
riconquistata; aveva quindi deciso di chiedere consiglio ai familiari e agli
amici.
“Kattegat deve essere
la tua priorità, Bjorn” disse Lagertha, che quel giorno era venuta in visita
dal figlio. “Re Harald questa volta ti ha aiutato, è vero, ma quante altre
volte è stato nostro nemico? Io non mi fido di lui.”
“E’ proprio questo il
problema, madre. Io non voglio lasciare Kattegat e non mi fido del tutto di
Harald, ma è anche vero che adesso sono un Re e non posso ignorare la richiesta
di aiuto di un altro Re” Bjorn era veramente molto confuso, si vedeva lontano
un miglio che la corona sulla testa gli pesava e parecchio. Com’era più facile
la vita quando non aveva tante responsabilità e doveva preoccuparsi solo di
terre da razziare o luoghi da esplorare! “Per questo sto chiedendo un consiglio
a tutti voi, non voglio decidere da solo come fanno i tiranni.”
“Io davvero non so
cosa dirti, Bjorn” disse Ubbe, “sono sicuro che sarai in grado di prendere la
decisione giusta.”
“Tu cosa ne pensi,
Hvitserk?” domandò allora Bjorn al fratello.
“Non penso niente”
buttò là il giovane, di nuovo palesemente ubriaco nonostante fosse pomeriggio.
Aveva uno sguardo strano, stavolta, non più ostile bensì allucinato. Pareva
essersi svegliato giusto allora, pallido e scarmigliato, senza più le sue
trecce e treccine…
“Avrai pure una tua
opinione” insistette Bjorn. Si era accorto benissimo che Hvitserk era fuori di
sé da giorni e pensava che, coinvolgendolo maggiormente nella vita politica di
Kattegat, sarebbe riuscito a distrarlo dalla sua fissazione per la vendetta.
Macché!
“La mia opinione è
che andare ad aiutare Re Harald sia una follia e che dovresti piuttosto
utilizzare le nostre forze per andare a cercare Ivar” dichiarò allora il
giovane che, sinceramente, iniziava a sembrare un disco rotto.
Bjorn finì per alzare
gli occhi al cielo, sbuffando.
“Insomma, volete
proprio che prenda una decisione da solo, allora!”
“Il Re sei tu”
commentò Ubbe, “e, detto tra noi, sono proprio contento di non essere al tuo
posto!”
Deluso, Bjorn pensò
quindi di rimandare ancora la decisione e, nel frattempo, di parlarne con
Gunnhild, sua moglie, e di nuovo con Lagertha.
Tuttavia la questione
non era tanto se andare o meno in aiuto di Harald, quanto il comportamento
sempre più strano di Hvitserk che, per dirla con parole moderne, sembrava che
si fosse appena fatto una canna o anche qualcosa di più pesante. Aethelred non
capiva cosa gli stesse succedendo e perché fosse tanto ossessionato da Ivar.
Aveva anche cominciato a pensare che, in realtà, Hvitserk fosse insoddisfatto
perché avrebbe voluto sposare Thora e partire per l’Inghilterra con lei. Si era
costretto a restare perché si sentiva in obbligo verso Aethelred e questo lo
rendeva frustrato e nervoso, perciò si ubriacava e se la prendeva con i
fratelli.
Il giovane Principe
era angosciato e addolorato nel vedere Hvitserk così infelice. L’idea di
vederlo partire lo devastava ma era molto peggio assistere alla sua
autodistruzione.
Sì, quella stessa
sera gli avrebbe parlato, doveva fare qualcosa, non poteva continuare così.
Ovviamente, Hvitserk
lo raggiunse in camera molto tardi e in condizioni ancora più pietose.
Pallidissimo, gli occhi lucidi come se avesse la febbre e più spettinato di
prima, abbozzò un sorriso sforzato nel vedere Aethelred, quasi non volesse
preoccuparlo… ma il Principe era già fin troppo in pena per lui!
“Hvitserk, io non ce
la faccio più a vederti così” gli disse, in tono accorato. “Ti stai facendo del
male e non riesco a capire perché e così non posso aiutarti. Dimmi cosa ti
tormenta, per favore!”
“Lo sai già cosa mi
tormenta” rispose Hvitserk, sedendosi sul letto e cercando di apparire
disinvolto, ma anche la voce era più debole, quasi tremante. “Il pensiero di
Ivar, la consapevolezza di non aver fatto il mio dovere. Il mio fato è quello
di ucciderlo ma io sono ancora qui e nessuno mi ascolta, non sto facendo niente
di buono, sto solo perdendo tempo…”
“Sta a te fare
qualcosa di buono” cercò di consolarlo Aethelred, sedendoglisi vicino. “I tuoi
fratelli non sono arrabbiati con te, anzi vorrebbero che tu ti unissi a loro.
Anche oggi Bjorn ha chiesto il tuo parere e vorrebbe che tu partecipassi al
governo di Kattegat, ma sei tu che ti rifiuti, che non collabori e, in tutta
onestà, è difficile fare qualcosa di buono quando si è ubriachi dalla mattina
alla sera.”
“E’ l’unico modo che
ho per non pensare a Ivar” obiettò Hvitserk.
“Ah, ecco. E sta
funzionando?”
Hvitserk non rispose.
“Ho anche pensato che
fosse colpa mia” ammise Aethelred, “che in realtà tu ti sia fissato su Ivar
perché qui con me non sei felice, perché avresti voluto partire con Thora. Io
te l’ho già detto più volte, non hai alcun dovere verso di me, sei libero…”
“No, no, non è
questo, perché lo pensi? Non… io… è tutto il contrario, sono io che credo di
non meritarti perché non ho fatto nulla di buono!” lo interruppe il giovane
vichingo. “Tu sei stato così bravo a integrarti subito qui a Kattegat, tutti ti
rispettano e ti vogliono bene, perfino Bjorn ti stima, probabilmente pensa che
vorrebbe avere te, come fratello, invece di un inutile sciocco come me. E hanno
ragione a volerti bene perché tu sei buono, generoso e aiuti tutti e io invece
non sono riuscito neanche a compiere il mio destino, ciò che gli dei volevano
da me!”
E rieccoci! Nel caso
non si fosse capito…
“Ma cosa dici? Tu sei
la persona più gentile e generosa che abbia mai conosciuto” protestò Aethelred,
“hai fatto tanto per me e non è vero che il tuo destino è uccidere Ivar, il tuo
destino è governare Kattegat con i tuoi fratelli e… beh, stare con me, se lo
vuoi ancora.”
“Certo che voglio
stare con te, ma così non posso” insisté Hvitserk, come se il suo delirio
avesse una qualche logica che alle persone normali sfuggiva. “Non ho il diritto
di vivere in pace, di essere felice con te, di avere una mia vita, finché non
avrò compiuto il mio fato!”
“Oh, per l’amor del
cielo!” sbottò alla fine il povero Aethelred. “Ma ci hai parlato,
tu, con i tuoi dei, per sapere cosa vogliono da te? Sono scesi dal Valhalla per
venire a dirtelo, ti sono apparsi? No, perché io non ho mai avuto il privilegio
di conoscere la volontà di Dio, quella che credeva di sapere tutto era mia
madre…”
Lo sguardo di
Hvitserk si illuminò, in qualche modo parve diventare più lucido, quasi avesse
appena avuto un’illuminazione, poi strinse Aethelred tra le braccia e si buttò
sul letto con lui.
“Hai ragione tu,
Aethelred, perdonami, ti ho ricordato quella pazza invasata di tua madre, mi
dispiace” gli disse, con un’involontaria ironia nel definire qualcun
altro pazzo e invasato. Iniziò a baciarlo e ad abbracciarlo sempre
più forte. “E’ vero, io non so ancora cosa vogliano gli dei da me, ma posso
scoprirlo e, in ogni caso, sappi che non ti farò mai del male, non a te, tu sei
tutto quello che ho, sei più di quanto mi meriti e io devo diventare degno di
te!”
Aethelred non era
tanto sicuro che Hvitserk avesse recepito il messaggio, anzi, a dirla tutta
quel discorso sullo scoprire la volontà degli dei lo metteva
alquanto in allarme. Tuttavia non riuscì a dire altro, travolto dai baci del
giovane vichingo, e finì per abbandonarsi a lui e donarglisi completamente.
Hvitserk, preso dall’entusiasmo per ciò che Aethelred gli aveva
involontariamente suggerito, baciò il suo Principe con più impeto e
profondamente, stringendolo e seppellendosi in lui, mentre il Principe,
totalmente sperduto, lo accolse spontaneamente e con amore, fondendosi con lui
con ogni fibra del suo essere.
Per quella notte
Aethelred poteva anche permettersi di non pensare e di non preoccuparsi, ma
difficoltà e pericoli sempre più gravi erano in agguato… e chissà che cosa
aveva ispirato tanto Hvitserk parlando di vedere gli dei?
La cosa non
prometteva niente di buono!
Fine capitolo primo