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Autore: Signorina Granger    25/01/2021    12 recensioni
INTERATTIVA || Iscrizioni Chiuse
21 Dicembre 2019.
Due Auror, a seguito di una missione in Germania, salgono su un treno che da Berlino li porterà a Nizza, in Francia. I loro piani e quelli degli altri passeggeri vengono però sventati completamente quando sul lussuoso Riviera Express viene rinvenuto il cadavere di una donna. Fermato il treno in mezzo ad una bufera, il Ministero tedesco, d’accordo con quello britannico, assegna ai due il compito di rivolvere il caso trovando il colpevole che, di certo, viaggia sui loro stessi vagoni.
[Storia liberamente e umilmente ispirata a “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie]
Genere: Comico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 3 – E’ una strana strega, quella
 
 
“Molto bene, ho espressamente richiesto che il vagone ristorante venisse fatto sgomberare per darci la possibilità di iniziare gli interrogatori. Le bacchette del personale sono già state tutte ritirate, le terrò io nella mia cabina… ora ci faremo dare anche quelle dei passeggeri. Renèe ci aiuterà a catalogarle.”
Asriel, seduto su una sedia con le gambe accavallate e la giacca di tweed appoggiata sullo schienale, parlò accennando alla scatola di legno con lucchetto appoggiata sul tavolo che aveva davanti. Il vagone ristorante era totalmente vuoto e silenzioso, fatta eccezione per lui, Clodagh e James, entrambi in piedi davanti a lui.
 
“L’idea di farcele catalogare da una sospettata non mi fa impazzire, ma capisco che non abbiamo scelta. Pensavi all’Incantesimo Reversus?”
Clodagh aggrottò la fronte, dubbiosa, e Asriel annuì mentre si rigirava la propria bacchetta tra le dita:
“Esattamente. Dopodiché inizieremo ad interrogarli uno ad uno… e vi prego, vi prego. Per una volta, cercate di essere seri, ne va della reputazione di tutto il Dipartimento e del Ministero britannico!”
 
 
Dieci minuti dopo Renèe sedeva accanto ad Asriel dietro ad un tavolo mentre gli altri passeggeri – tutti in fila davanti a loro – si apprestavano a consegnare agli Auror la propria bacchetta. Clodagh controllava stando in piedi a lato del tavolo dispensando sorrisi a tutti, mentre James – un maglione pieno di omini di marzapane addosso – spuntava la lista dei passeggeri consegnatagli dal capotreno man mano che le bacchette passavano nelle mani di Renèe e infine nella scatola che Asriel avrebbe tenuto.
“Che rottura di palle… Già devo dormire nello stesso treno di un assassino, e ora devo liberarmi pure della mia bacchetta!”
Delilah sbuffò sonoramente mentre aspettava il suo turno, imbronciata e con Prospero che le teneva entrambe le mani sulle spalle, conducendola gentilmente verso il tavolo e con un debole sorriso stampato sulle labbra:
“Credo che nessuno impazzisca all’idea, ma se nessuno ha la propria bacchetta penso che saremmo, paradossalmente, tutti più al sicuro.”
“E le armi Babbane, allora? Ridicolo.”
 
 
“Bacchetta di Tasso, 12 pollici e mezzo, piuma di… di Grifone?”
Dopo aver esaminato e tastato la bacchetta Renèe aggrottò leggermente la fronte e alzò lo sguardo su May, che abbozzò un debole sorriso e annuì, consapevole della particolarità del nucleo della propria bacchetta.
“Sì… in effetti tuo nonno disse che ormai se ne fabbricano ben poche, di bacchette come la mia.”
“A me non è ancora mai capitato, non sapevo nemmeno che usassimo questo nucleo… beh, non si finisce mai di imparare. Grazie May. May Hennings.”
 
Renèe lasciò la bacchetta nella scatola rettangolare di legno e lanciò un’occhiata ad Asriel, che aveva scarabocchiato ciò che la più giovane aveva detto accanto al nome dell’ex Grifondoro.
“Hennings?”
L’Auror esitò e all’improvviso alzò lo sguardo su May come se la vedesse per la prima volta, riconoscendola solo in quel momento mentre la bionda annuiva. L’Obliviatrice non disse nulla, limitandosi a spostarsi dalla fila per permettere anche a Delilah di consegnare la propria bacchetta ad Asriel.
Renèe guardò l’amica e poi l’Auror che le sedeva accanto chiedendosi perché la strega si fosse quasi incupita leggermente alla domanda di Asriel, ma venne richiamata al presente quando Delilah le porse controvoglia la bacchetta.
In effetti Renèe dovette esercitare una considerevole pressione per sfilarla dalle mani della proprietaria, che mormorò qualcosa di indistinguibile mentre Ro continuava a tenerla per le spalle.
 
“Grazie. Nome?”
Delilah… mphf… Yaxley.”
 
“Bene… ebano, corda di cuore di drago, 11 pollici e mezzo, mediamente rigida.”


 
*
 
“Lailaaa… dove sei finita?”
Cecil Yaxley aprì piano la porta della vecchia biblioteca di suo nonno rabbrividendo per gli spifferi e l’aria gelida che si respirava lì dentro. Cercando di ignorare il cigolio sinistro della porta il bambino di otto anni mosse un passo all’interno dell’ampia stanza cercando la sorella con lo sguardo.
“Laila, vieni fuori!”
Cecil deglutì a fatica mentre si guardava attorno intimorito, sperando che la gemella non si fosse nascosta dietro qualche angolo buio per saltargli addosso e spaventarlo a morte come era solita fare.
 
Fu quando udì un debole “click” metallico che il bambino si rilassò, avvicinandosi al punto da dove il suono era uscito prima di sentire la voce squillante della sorella intimargli di stare fermo:
“Per le mutante di Merlino Cecil, sei dentro la mia inquadratura! Spostati!”
“Ma dove sei?”

 
Cecil si guardò attorno con la fronte aggrottata, cercando di individuare la sorella e sospirando quando finalmente il viso pallido e magro di Delilah apparve sul ballatoio coperto da scaffali di vecchi libri polverosi:
“Qui, e stavo cercando di fotografare quella vecchia armatura, prima che ti mettessi in mezzo!”
“Che barba, stai sempre a fare foto da quando ti hanno regalato quella cosa… andiamo a giocare?”
“A che cosa vuoi giocare?”


La bambina si mise a sedere sul bordo del ballatoio, le gambe magre che penzolavano nel vuoto lasciate scoperte dal vestitino marrone scuro che Delilah indossava sopra una camicetta bianca a maniche corte, una macchina fotografica appesa al collo sottile.
“Non lo so, ma andiamo fuori per favore.”
“Hai paura della biblioteca, Cecil? Sei proprio un bamboccio!”
Delilah indicò il gemello scoppiando a ridere, e Cecil la guardò dal basso incrociando le braccia al petto e scoccandole un’occhiata torva, asserendo che non era un bamboccio e ricordandole che avevano la stessa età.
 
“Beh, io non ho paura della biblioteca, anche se è buia e polverosa. Ma va bene, andiamo a giocare fuori se vuoi. Fifone!”
Cecil le fece la linguaccia e poi uscì dalla stanza, offeso, mentre la risatina della gemella lo seguiva, impossibile da scacciare.
 
*
 
“Bene, da chi vogliamo iniziare per gli interrogatori?”
James chiuse a chiave la scatola con le bacchette e poi parlò con un sorriso allegro, consegnando la piccola chiave ad Asriel quando il collega gli fece cenno di passargliela.
“Nessuno sostiene di aver parlato con la vittima da quando è salita a bordo e ancora non sappiamo se qualcuno avesse rapporti particolari con la Sutton… non vedo quale criterio potremmo seguire.”
Asriel aggrottò la fronte, pensieroso, e fu Clodagh a prendere la parola, in piedi accanto al collega con addosso il suo sgargiante completo blu di velluto:
 
“Delilah Yaxley.”
“Perché proprio lei?”   Asriel aggrottò la fronte e anche James rivolse alla collega un’occhiata carica di curiosità, ma l’ex Tassorosso si limitò a stringersi nelle spalle e a sfoderare un sorrisetto enigmatico:
“Fidati di me… C’è una cosa che dovremmo chiederle.”
 
“Come vuoi, ma vi ribadisco la mia preghiera di essere seri. Non pretendo che incutiate timore, considerando che persino Zorba farebbe più paura di voi due, conciati così… ma siate professionali.”
Il più vecchio dei tre lanciò un’evidente occhiata di sbieco al maglione con gli omini di James, che si portò le mani al petto sfoderando la sua espressione più oltraggiata:
“Ehy, è Natale!”
“Stendiamo un velo… Clodagh, chiama la Yaxley, per favore. James, tu trascriverai le sue risposte, e fa attenzione… è una strana strega, quella.”
 
*
 
Delilah sbuffò mentre guardava Cecil sfilarsi il Cappello Parlante e poi andare a sedersi al tavolo dei Serpeverde, rimasta sola in mezzo ai tavoli di Corvonero e Tassorosso e con le braccia strette al petto: moriva dalla voglia di scoprire quale sarebbe stata la sua Casa da mesi, e ora che finalmente quel giorno era arrivato aveva dovuto aspettare un’eternità mentre tutti gli altri bambini venivano assegnati ad uno dei tavoli da quel vecchio cappello bitorzoluto.
 
“Yaxley, Delilah.”
Sorridendo, sollevata, la ragazzina sedette sullo sgabello e si lasciò mettere il Cappello dal Vicepreside lanciando un’occhiata fugace al gemello, che la guardava con curiosità: forse non l’avrebbe mai detto a Cecil, ma una parte di lei sperava ardentemente di essere Smistata nella sua stessa Casa.
 
Quando, poco dopo, la streghetta raggiunse il tavolo dei Serpeverde chiudendo la cerimonia dello Smistamento venne accolta da un applauso e dal caloroso sorriso del gemello, che l’abbracciò quando gli sedette accanto.
“La mamma lo diceva, che saremmo finiti insieme… sei contenta Laila?”
“Mh, sì, tanto ormai sono abituata ad averti attorno.”
 
*
 
Cabina di Corinne, I classeRc168a2ff0c62f18684e5b1b3011ff0c8
 
 
“Corinne? Posso entrare?”
Corinne aveva lasciato la sua cabina in I classe solo per lasciare la sua bacchetta nelle mani degli Auror, e ci era tornata senza dare il tempo a Clara di parlarle o chiederle come stesse. Per questo motivo ora l’ex studentessa di Beauxbatons stava davanti alla porta della cabina, attendendo pazientemente e con un po’ di preoccupazione che l’amica le desse il permesso di parlarle.
“Vieni pure.”
 
Fu con un sospiro di sollievo che Clara aprì la porta, ritrovandosi nell’enorme e lussuosa cabina prenotata da Corinne per il viaggio.
“Volevo sapere come stessi.”
 
Clara si chiuse la porta alle spalle e si addentrò nella cabina, camminando sulla moquette blu notte prima di posare lo sguardo su Corinne, comodamente spaparanzata sul letto sfatto, appoggiata allo schienale foderato di velluto e una Gauloises Blondes Bleues accesa tra le dita.
“Sto bene, chérie.”
Corinne parlò senza scomporsi e senza guardarla, gli occhi chiari fissi su uno degli ampi finestrini che davano sul paesaggio innevato. Clara fece per raggiungerla, ma esitò quando calpestò qualcosa che si trovava sul pavimento: chinando lo sguardo scorse brevemente un pezzo di carta appallottolato, ma non ci fece troppo caso e proseguì fino a sedere sul bordo del letto a due piazze.
“Non dovresti fumare se non puoi nemmeno aprire la finestra… E qui è tutto di legno, Coco.”
 Clara parlò aggrottando leggermente la fronte e guardandosi attorno con un che di preoccupato nello sguardo, quasi temendo che l’amica soffocasse nel suo stesso fumo mentre la bionda le sorrideva divertita, gli occhi azzurri luccicanti e il diastema dentale in evidenza:
“Tranquilla, non ho intenzione di dare fuoco alla mia cabina. C’è da dire però che sarebbe una fine estremamente teatrale… quasi mi sorprende che Alexandra non se ne sia andata così. È il genere di cose che avrebbe apprezzato molto.”
 
Sentendo pronunciare il nome della vittima Clara deglutì, guardando l’amica picchiettare la sigaretta sul posacenere appoggiato sul comodino prima di mormorare che a breve sarebbero iniziati gli interrogatori.
“Bene. Prima capiscono cosa è successo, prima ce ne andiamo a Nizza.”
La bionda si portò di nuovo la sigaretta alle labbra sotto allo sguardo dell’amica, che allungò una mano per prendere la sua e ricordarle che avrebbe potuto parlarle in qualsiasi momento.
 
“Chérie, sei un tesoro come sempre, ma sto bene, davvero. Ammetto che è stato un po’ uno shock, ma infondo io e Alexandra non ci vedevamo da tanto… Posso sopportarlo. Mi chiedo solo come sia successo.”
“Beh, lei, insomma… era in una posizione… non andava a genio a molte persone.”
Questa volta fu Clara a distogliere lo sguardo, e l’ex compagna di scuola la guardò inarcando un sopracciglio perfettamente curato:
 
“Quindi pensi davvero che sia stata uccisa?”
“Beh, l’ha detto l’Auror, no?”
 
Clara fece scivolare la mano da quella dell’amica e si alzò, stringendo le braccia al petto mentre si avvicinava al finestrino per guardare il panorama. O forse per non guardare Corinne, che la seguì con lo sguardo e mormorò qualcosa dopo un istante di silenzio:
 
“Mi perdonerai mai davvero, chérie?”
“Non c’è nulla che io debba perdonarti, Coco.”
 
Benchè Clara si fosse sforzata di parlare con il tono più pacato possibile, l’amica riuscì comunque a scorgere una lieve nota dura, quasi risentita nella sua voce di solito estremamente dolce.
Le labbra della maggiore si piegarono in un sorriso quasi malinconico mentre Corinne scuoteva la testa, mormorando che mentiva e che lo sapevano entrambe.
 
*
 
“Ro, stai fermo! Fermo... Anzi, muoviti a destra. Ok, così… no, torna indietro. Ecco, va bene. Non ti muovere!”
“Laila, il tuo debito sta salendo, aggiungo una scatola di Cioccorane ai tre sacchetti di Api Frizzole e Gelatine, sappilo.”
 
Prospero alzò gli occhi al cielo mentre l’amica, dopo averlo costretto a salire letteralmente su un piedistallo e a mettersi in posa, lo circondava da piante e altre diavolerie mentre Cecil, seduto in un angolo dell’aula vuota, se la rideva sgranocchiando Calderotti alla zucca.
 
“Quella veste ti dona Ro, dovresti metterla anche a lezione!”
“Mh, sì, è vero, il viola mi dona, ma non lo farò, poi rischierei di far sentire inferiori gli altri mostrando la mia bellezza.”
Prospero si strinse nelle spalle, ignorando la risata dell’amico mentre Delilah impugnava la macchina fotografica facendo un cenno impaziente al “modello”:



“Sì, sì, sei meraviglioso, adesso rimettiti come prima… Cecil, non lo distrarre, o ti fotografo con un vestito rosa confetto addosso.”
“Devi solo provarci, Laila!”
“Pf, siete degli ingrati! Quando sarà una fotografa famosa questi scatti varranno un sacco di soldi, e allora verrete a scusarmi e a chiedermi di farvene ancora, ma io non lo farò.”
 
*
 
“Tesoro, volevo dirti che… che forse non tornerò a casa per Natale.”
May si morse il labbro mentre si stringeva il cappotto color panna addosso, in piedi sulla “terrazzina” posta alla fine del treno: aveva provato a telefonare a suo padre per mezz’ora senza risultati prima di rendersi conto che l’unico punto in cui la linea sembrava prendere era lì, e non all’interno del treno.
“Ma me l’hai promesso!”
Udendo la vocina di Pearl farsi allarmata e quasi accusatoria la strega annuì cupa, mormorando che lo sapeva mentre sentiva Brutus abbaiare forsennatamente dall’altro capo della linea, come a volerla rimproverare a sua volta per la promessa mancata.
“Lo so patatina, ma a volte anche i grandi fanno promesse che non riescono a rispettare. Non dipende da me, sai che vorrei essere a casa con te.”
“Non è giusto, me l’avevi promesso!”
“Lo so…”
May annuì piano mentre si portava una mano sul viso, strofinandosi stancamente la fronte mentre sentiva Pearl dire alla nonna di essere arrabbiata con lei e di non volerle più parlare.
 
“Tesoro?”
Udendo la voce della madre, che prese il telefono al posto della nipotina (che se ne andò sbattendo i piedini per andare a sedersi in un angolo con Brutus e ululare di odiare quel Natale) May si tranquillizzò un poco, sospirando demoralizzata:
“Ciao mamma… è tanto arrabbiata?”
“Abbastanza, ma gliela faremo passare preparando i biscotti di natale, non preoccuparti per noi. Pensa a tornare in fretta, piuttosto.”


L’Obliviatrice sollevò la testa per guardare il cielo coperto da nubi grigie: aveva la sensazione che a breve avrebbe ripreso a nevicare.
“Non ne sono tanto certa, mamma.”
 
 
Aveva deciso di uscire dal treno per fumare, ma non aveva tenuto in conto che Polly gli scappasse dopo aver visto un grosso gatto dal pelo maculato, cercando di inseguirlo abbaiando come una forsennata.
“Polly, smettila! E dire che con Scottish sei molto più educata!”
Lenox sospirò mentre lanciava un’occhiata di rimprovero alla cagnolina, guardando il Cavalier King Charles Spaniel sollevarsi sulle zampette posteriori e raschiare la porticina dietro alla quale il gatto era astutamente scomparso per seminarla.
Fortunatamente presto la cagnolina sembrò scordarsi del felino, perché abbaiò allegra prima di trotterellare fuori dal treno e avvicinarsi ad una ragazza bionda e con un lungo cappotto chiaro addosso.
 
“Oh, ma ciao.”
Nonostante la conversazione appena conclusa – sapeva che era solo una bambina e che avrebbe dimenticato tutto presto, ma sapere che Pearl ce l’aveva con lei era comunque sempre difficile da mandare giù – May rivolse un sorriso alla cagnolina mentre Polly le annusava i piedi, chinandosi per accarezzarla mentre lei scodinzolava allegra.
 
“Polly, ma cos’hai oggi? Hai intenzione di disturbare tutto il treno?”
Lenox aggrottò la fronte mentre si fermava sulla soglia della porta a vetri e si sforzava di scoccare un’occhiata di rimprovero alla cagnolina, che però lo ignorò bellamente mentre May, ridendo, le grattava le  lunghe e pelose orecchie fulve.
“Non importa, a me non dà certo fastidio… amo i cani. Ne ho uno anche io a casa, ma era decisamente fuori taglia per viaggiare in treno. Tu sei fortunata, piccola.”
“Lei è convinta di essere un gigante, attacca briga con tutti i cani grandi che vede. Vero signorina?”
 
Lenox abbozzò un sorriso mentre estraeva il suo zippo dalla tasca interna della giacca blu insieme ad una sigaretta, e Polly gli si avvicinò abbaiando a issandosi sulle zampe posteriori per mettergli quelle anteriori su un ginocchio mentre May si rialzava:
“Allora è una fortuna che io abbia lasciato a casa il mio Bovaro. May.”
 
La bionda sorrise e porse una mano guantata all’ex Tassorosso, che la strinse prima di accendersi la sigaretta.
“Lenox.”
“Hanno già iniziato… gli interrogatori? Io stavo cercando di telefonare.”
“Mh, sì, mi sembra di sì. Hanno chiamato una ragazza.”
 
Lenox aveva un vago di ricordo di Delilah a scuola, avendo solo un anno di differenza… così come di suo fratello Cecil. E doveva ammettere che anche se non l’aveva mai conosciuta bene gli aveva sempre dato l’impressione di essere un po’… nel suo mondo.
 
*
 
“Allora, Signorina Yaxley… Conosceva Alexandra Sutton?”
Delilah aggrottò la fronte nel sentirsi fare quella domanda, più che altro chiedendosi perché diavolo Asriel Morgenstern le stesse dando del lei per la prima volta, ma presunse che fosse una formalità dovuta alle indagini e si affrettò a rispondere con una scrollata di spalle, impassibile:
 
“Poco e nulla. Eravamo dello stesso anno a scuola, ma eravamo in Case diverse, come ricorderai. Non ci ho mai avuto a che fare, ad Hogwarts.”
“E dopo il diploma?”
“I nostri lavori non si conciliavano, dunque non ci ho avuto a che fare personalmente neanche dopo.”
Asriel, seduto di fronte a lei dall’altro lato del tavolo, la guardò con attenzione mentre James scribacchiava le sue risposte e Clodagh, seduta sul tavolo, la osservava a sua volta.
“Le ha parlato sul treno?”
“No.”
“E sapeva che avrebbe viaggiato qui?”
Le labbra di Delilah si incurvarono in un sorriso mentre sollevava entrambe le sopracciglia, assumendo l’espressione più angelica di cui era capace:
 
“Non vedo come avrei potuto.”
 
*
 
“Laila, sei proprio una strega. Perché hai fatto copiare a Ro il tuo compito di Erbologia e a me no!”
“Perché lui mi farà copiare a Difesa contro le Arti Oscure, che domande!

 
Laila sorrise, dandosi il cinque con l’amico mentre Cecil sbuffava e borbottava qualcosa a proposito di preferenze scorrette. I tre stavano andando a pranzo, di ritorno dalle serre, quando lo sguardo curioso e attento della strega venne attirato dalla figura familiare di una Grifondoro loro coetanea.
Delilah non aveva mai avuto problemi a fare amicizia, ma Alexandra Sutton non le era mai stata per niente simpatica. Di solito tendevano ad ignorarsi pacificamente, ma non era raro che la Serpeverde desse scappellotti al gemello quando lo sentiva dire che la Grifondoro fosse molto carina.
 
“Quella non me la racconta giusta, guai a voi se vi fate abbindolare come pesci lessi dalla sua faccia, sono stata chiara?”
Così aveva minacciato Ro e Cecil un pomeriggio, dopo aver assistito ad una scena in corridoio che quasi l’aveva inorridita: Alexandra aveva lasciato il suo attuale ragazzo davanti a tutti, e con le parole più perfide che le avesse mai udito pronunciare.
Di sicuro l’ultima cosa che voleva al mondo era che suo fratello e il suo amico più caro patissero la stessa sorte… per fortuna Ro le aveva giurato solennemente e con un che di teatrale che il suo cuore apparteneva solo a lei. Ma lo stesso non si poteva dire di suo fratello.
 
*

 
Cabina di Elaine, I classeVSOE-ACC-SUI-Istanbul
 
 
Renèe tamburellava le dita sul tavolo con impazienza, già sentendo la mancanza della propria bacchetta mentre Artemis, la sua Scottish dal morbido pelo chiaro, giocava sul pavimento insieme ad Ailuros, l’enorme Maine Coon nero di Elaine.
“Che fine ha fatto May?”
La rossa aggrottò la fronte mentre, in piedi davanti alla sua valigia aperta sul letto, passava in rassegna i vestiti – la maggior parte dei quali firmati “Armani” – che aveva portato con sé per decidere cosa indossare più tardi, per cena.
 
“L’ultima volta in cui l’ho vista malediceva il treno e la landa sperduta in cui ci troviamo cercando… campo, o una cosa simile. Per telefonare a suo padre.”
“La piccola sarà molto triste di non averla a casa per Natale. Mi ricordi quanti anni ha Pearl?”
“Cinque. Sono inseparabili, Pearl detesta quando May deve spostarsi per lavoro… no, non credo che ne sarà contenta.”
“Oh, beh, i bambini sono volubili. Sono certa che le passerà e che quando May tornerà sarà felicissima di riabbracciarla.”
Questa volta Elaine si voltò verso la bionda, abbozzando un sorriso che la fabbricante di bacchette ricambiò sollevando le sopracciglia, quasi divertita.
“Non sapevo che la grande cantante, la ragazza prodigio, fosse esperta di bambini.”
Il sorriso si congelò sulle labbra carnose di Elaine, che si voltò lentamente – facendosi improvvisamente seria – di nuovo verso la valigia prima di mormorare che ne sapeva qualcosa, anche se non aveva tutta l’esperienza di May.
 
“Comunque la capisco, in fin dei conti tutti noi non vediamo l’ora di arrivare a Nizza per ciò che avevamo in programma… Spero che il mio povero zio non debba aspettare troppo a lungo il mio arrivo, gli avevo promesso che avremmo passato il Natale insieme come sempre.”
 
*
 
“No, Loki, smettila di farmi gli occhi dolci, non ti darà un pezzo di torta.”
Alle parole della padrona il gatto nero miagolò offeso, lanciandole un’occhiata torva mentre Clara sedeva sul pavimento fuori dal vagone ristorante e con un piatto in mano, intenta a sbocconcellare una fetta enorme di tarte tatin mentre rimuginava.
 
“Oh, ciao. Qu’avons-nous là ?
"(Chi abbiamo qui ?)
Le labbra carnose della strega si incurvarono in un sorriso quando vide un grosso gatto dal pelo maculato avvicinarlesi con curiosità, guardandola con i grandi occhi chiari prima di lasciarsi accarezzare il musetto dalle dita della francese:
“Scommetto che sei un ruffiano anche tu che vuole un po’ di torta, vero?”
Clara sorrise, divertita, e lanciò un’occhiata a Loki, che guardava il secondo gatto con diffidenza e che gli si avvicinò guardingo mentre l’altro aveva l’ardire di farsi accarezzare dalla sua padrona.
“Su, Loki, da bravo, sii un gentilgatto!”
 
 
“Non ha detto che era poco cotta, la tarte tatin?”
“E’ pur sempre il mio piatto preferito… e tutti mangiano per sfogare la tensione.”
Clara si strinse nelle spalle mentre si portava alle labbra un altro boccone di torta alle mele e Ruven lanciava un’occhiata a Neko, il suo gatto, che trotterellò verso di lui per strusciarglisi sulle gambe.
Lo chef – che si era tolto la giacca nera lasciandola nella sua cabina, visto che avevano letteralmente “bandito” dalla cucina lui e il resto del personale per quegli stupidi interrogatori – si chinò e accarezzò il gatto mentre un altro micio nero gli si avvicinava.
“Ciao bello.” Ruven abbozzò un sorriso al gatto, che si lasciò accarezzare brevemente prima di trotterellare dalla padrona, che guardò i due gatti quasi con aria divertita:
“C’è chi pensa che ci siano troppi chats su questo treno… in effetti ne ho visti parecchi. Non le saccheggiano la dispensa?”
“Oh, no. Chi entra nella mia cucina senza permesso ne paga le conseguenze, anche se Neko viene sempre a scroccare qualcosa dopo il servizio. A proposito, quella dove l’ha presa?!”
 
Solo allora lo chef si domandò dove diavolo la strega avesse preso la torta, ma Clara si limitò a rivolgergli un sorrisino furbo prima di alzarsi con il piatto ormai ripulito in mano e stringersi nelle spalle, parlando con aria angelica:
“Segreto, Monsieur Le Cuisinier. Vieni Loki.”
Dopo aver fatto cenno al gatto di seguirla Clara lo superò e si allontanò infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni grigi del completo. Solo una volta rimasto solo Ruven si rese conto che la passeggera gli aveva mollato il piatto vuoto tra le mani senza che se ne accorgesse.
“Ma che diavolo… Neko, ma come ha fatto?!”
Neko si limitò a guardarlo di traverso, come a volerlo rimproverare per essersi fatto letteralmente intortare da una francese.
 
*
 
“Laila, sai che per me sei speciale e che ti adoro, ma mi hai davvero fatto rimandare un viaggio d’affari in Giappone per… per controllare Cecil?!”
“Shh! Non lo stiamo seguendo, stiamo solo controllando chi va al negozio. E’ molto diverso.”
Delilah, in piedi dietro ad un angolo accanto a Prospero, teneva sott’occhio l’ingresso del negozio di manufatti di suo fratello, il “Borgin & Burkes”  – ereditato dai loro genitori, visto che suo padre aveva sposato una Burke, che per anni aveva cercato di convincerla a prenderlo in gestione insieme a Cecil, ma senza successo vista la passione irrefrenabile della ragazza per la fotografia –, controllando sospettosa il via vai di clienti.
C’era qualcosa di strano in suo fratello da qualche tempo, e lei lo conosceva meglio di chiunque altro. Sua madre era certa che avesse una ragazza, e Delilah aveva l’orrenda sensazione di sapere di chi si trattasse… le serviva solo una conferma.
 
Prospero alzò gli occhi al cielo, chiedendosi perché dopo più di quindici anni di amicizia ancora si lasciasse trascinare in tutte le folli trovate dell’amica, che per l’occasione sfoggiava la solita mise total black, con un cappotto a doppio petto dal bavero sollevato ad arte.
“Dillo che l’hai fatto solo per avere la scusa di vestirti così…”
“Non so di che parli, Prospero, la tua fantasia viaggia fin troppo. Oh porca Morgana… LO SAPEVO! Guarda! E’ lei!”
Prospero stava per chiedere, banalmente, “Lei chi?”, ma non ce ne fu bisogno: la figura alta e longilinea di una bella strega bionda apparve infondo al vicolo opposto, un paio di tacchi a spillo vertiginosi ai piedi e un’elegante giacca blu petrolio addosso.
“Alexandra Sutton? E allora? Che c’è di strano?”
“Ti sembra forse una avvezza a frequentare Nocturne Alley, quella?! Anche se per portare scarpe del genere è evidente che faccia uso di qualche magia oscura… Oh no, Ro, non dirmi che mio fratello si è fatto intortare da lei come un fesso!”
 
*
 
“Ha parlato con qualcuno prima di stamattina? Ha notato… qualcosa di strano?”
“No, ho cenato tardi e non c’era quasi nessuno nel vagone ristorante a quell’ora. Ho intravisto una delle due francesi, la bionda, e basta. Stamattina ovviamente ho incontrato Prospero, ma ho parlato solo con lui. E’ l’unico che conosco bene, qui.”
Delilah si strinse nelle spalle, e Asriel spostò brevemente lo sguardo su Clodagh, che annuì senza dire nulla, prima di tornare a rivolgerlesi con tono serio:
 
“E ieri notte… ha sentito qualche movimento?”
“Non dormo molto, ma non mi sembra proprio. Del resto Alexandra viaggiava in I classe, in un altro vagone.”
 
Delilah intensificò leggermente la presa sulle proprie mani intrecciate, sforzandosi di restare impassibile mentre gli sguardi dei famigerati “Morgenstern & Garvey” la trapassavano da parte a parte.
Non le restava che sperare che quei due non potessero leggere nel pensiero senza impugnare una bacchetta.
 
*
 
Disteso sulla propria branda con Alfaar che gli zampettava sul petto coperto dal maglione blu scuro che indossava, Finn osservava il soffitto completamente assorto nei suoi pensieri.
Ne erano a conoscenza, del suo passato burrascoso. Soprattutto Asriel, che aveva avuto modo di conoscere abbastanza bene ai tempi di Hogwarts.
Già si era stupito quando non avevano deciso di iniziare gli interrogatori direttamente da lui: al loro posto lui l’avrebbe fatto, considerando che non aveva la fedina pulita, tutt’altro.
Non ci avrebbero messo molto a sospettare di lui. Specie venendo a conoscenza del suo particolare legame con la vittima.
All’improvviso gli venne in mente il volto, il bellissimo volto di Alexandra Sutton. Con quel tremendo sorrisetto beffardo che molte volte aveva sognato di cancellarle per sempre.
“Se non stiamo attenti finiremo nei guai un’altra volta, vero Alfaar?”
L’ex Corvonero chinò il capo per lanciare un’occhiata cupa al topolino, sfiorandolo con un dito mentre le parole di Jessa gli tornavano in mente: gli aveva sconsigliato vivamente di prendere quel treno, ma lui come sempre non aveva voluto sentir ragioni, deciso a raggiungere Alexandra.
 
Cerca solo di non fare niente di stupido, Finn.”
Ricordava di aver sbuffato udendo le parole dell’amica, ricordandole che non era uno stupido e che di rado, negli ultimi anni, aveva fatto qualcosa di avventato.
Forse, a rigor di logica, avrebbe dovuto darle ascolto come al solito.
 
*
 
Che Alexandra non fosse interessata a Cecil ma solo al suo negozio e a tutto ciò che conteneva, a Delilah era stato chiaro fin dall’inizio. L’unico a non volersi convincere era proprio il gemello, che aveva finito con l’innamorarsi perdutamente dell’avvocatessa senza voler sentire le ragioni della sorella.
Disperata, Delilah aveva deciso di fare l’unica cosa possibile in quei casi: assillare Prospero, riempiendolo di lettere cariche di lamentele e chiedendogli come potesse essere tanto egoista da andarsene in giro per il mondo lasciandola sola ad affrontare quella situazione.
 
“Bolo, ma perché mio fratello è così scemo? Insomma, siamo gemelli, pensi che sia possibile che l’intelligenza sia andata tutta nella mia sacca? Mmh, no, a scuola aveva buoni voti… allora non si spiega!”
Delilah scosse il capo con disapprovazione mentre dava acqua alle innumerevoli piante che pullulavano nel suo appartamento e rivolgendosi in particolare a quello che suo fratello definiva “uno scherzo della natura”: Bolo, la sua adorata pianta ibrida frutto di alcuni esperimenti botanici condotti dalla strega.
Che Alexandra si fosse avvicinata a Cecil per via della loro famiglia, era totalmente impensabile: anche se il loro restava un nome di spicco, la sua famiglia aveva via via perso quasi tutti i loro averi nel corso degli anni, specie dalla fine della guerra contro Voldemort.
L’unica cosa di valore che ancora possedevano era, di fatto, il negozio. Negozio che ormai da qualche tempo veniva gestito da Cecil. Delilah sapeva benissimo che cosa si celava dietro quegli scaffali polverosi, o ancor meglio nel seminterrato, e aveva la sensazione che Alexandra Sutton volesse solo una cosa: ficcare il naso dove non doveva.
 
“Cecil proprio non vuole ascoltarmi, e Ro ultimamente è sempre in viaggio… per fortuna ci sei tu, Bolo. Tu si che mi vuoi bene!”
La giovane fotografa rivolse un sorriso carico d’affetto alla pianta – un assurdo incrocio tra una Mandragola e un Tranello del Diavolo –, sfiorandola con affetto mentre questa, invece, sembrava quasi sibilare qualcosa sofferentemente.
Chiaramente però Delilah non ci fece caso, prendendo il tutto come segni dell’affetto che la pianta di sicuro nutriva per lei.
 
 
*
 
“Avrei un’ultima domanda… perché è sul treno?”
“Per motivi di lavoro sono dovuta andare a Berlino… dovevo fare un servizio fotografico per un cliente.”
 
 
“Delilah, sei impazzita?! Non puoi seguire Alexandra a Berlino!”
Cecil la guardava con gli occhi fuori dalle orbite, in piedi nel suo appartamento mentre la gemella faceva frettolosamente le valige. Delilah però non si lasciò impressionare, lanciandogli un’occhiata torva mentre infilava i suoi preziosi obbiettivi in una borsa.
“Certo che posso, considerando quello che quella stronza vuole fare a te e alla nostra famiglia! E non cercare di fermarmi, Cecil. Non ci sei mai riuscito.”
 
 
“E lo ha fatto?”
“Certamente. Se volete posso farvi vedere gli scatti. Sono ancora da sviluppare, ovviamente.”
 
Delilah abbozzò un sorriso, e Asriel mormorò che le avrebbe volute vedere quella sera stessa mentre la fotografa pregava mentalmente che quella strana tortura finisse presto.
Probabilmente Asriel l’avrebbe anche congedata, ma Clodagh glielo impedì, sporgendosi verso il collega per mormoragli qualcosa all’orecchio. L’uomo aggrottò la fronte e i due si scambiarono qualche parola mentre James e Delilah li guardavano perplessi, prima che l’ex Corvonero si schiarisse la voce e tornasse a rivolgersi alla fotografa:
 
“Dimenticavo una cosa, Signorina Yaxley. Che cosa mi può dire su Prospero De Aureo?”
“Ro?”
Delilah inarcò un sopracciglio, scettica, ma si affrettò a tornare a sfoggiare un’espressione placidamente annoiata prima di stringersi nelle spalle, anche se Clodagh la guardò attentamente stringersi le braccia al petto.
“Che cosa devo dire? Siamo molto amici, fin dal primo anno ad Hogwarts, eravamo in Casa insieme.”
“E siete rimasti in rapporti così stretti anche dopo il diploma?”
“Direi di sì, anche se il suo lavoro lo porta spesso in giro per il mondo e ci vediamo meno di frequente. Perché me lo chiedete?”
 
Nessuno degli Auror rispose, e Delilah aggrottò la fronte prima di sporgersi leggermente verso di loro, parlando con tono risoluto:
“Ro non c’entra niente con questa storia, se è questo che pensate. Assolutamente niente.”
“Questo è tutto da vedere, Signorina Yaxley.”
 
Quando Delilah venne congedata e si alzò per uscire dalla stanza, si ritrovò ad indugiare suo malgrado sulla porta. Dopo aver esitato per un istante la strega si voltò, lanciando un’occhiata torva ad Asriel prima di parlare:
“Posso dirvi una cosa su Prospero De Aureo. Se fosse stato lui, di certo non avreste trovato nessun corpo.”
 
Quella era esattamente ciò che avrebbe chiamato “un’uscita di scena drammatica”, ma quando si chiuse la porta alle spalle Delilah sospirò, quasi rabbrividendo e non riuscendo a sorridere quando scorse Ro infondo al corridoio.
“Fogliolina, ti stavo aspettando! Com’è andata? Sei viva e vegeta? Non hai molestato Asriel, vero?”
L’amico la raggiunse e le strinse le spalle sorridendole con calore, guardandola scuotere piano la testa mentre lo guardava con un’espressione strana.
“No.”
 
Delilah aveva mentito in più di un’occasione, parlando con gli Auror. Ma di una cosa era certa, ossia ciò che aveva detto prima di uscire dal vagone ristorante.
Eppure c’era qualcosa a cui non riusciva a smettere di pensare già da quando la notizia del ritrovamento del corpo si era sparsa, ossia i rumori e i movimenti che aveva udito nella cabina affianco la notte precedente, quando non riusciva a dormire.
 
“Che c’è fogliolina? Stai male?”
Il sorriso di Prospero sparì, lasciando il posto ad un’espressione quasi preoccupata mentre Delilah scuoteva la testa, abbracciandolo senza dire nulla con gli occhi color nocciola carichi di preoccupazione.
 
*
 
“Alcuni di loro si conoscono, sono addirittura amici. Sai che si proteggeranno a vicenda.”
Clodagh, ancora seduta sul tavolo come era solita fare ovunque si trovasse, estrasse dal suo zainetto di pelle un sacchetto di noccioline salate che porse ad Asriel quasi in un gesto automatico, guardandolo prenderle come se fosse la cosa più naturale ed ovvia del mondo mentre Zorba gli faceva le fusa sulle ginocchia.
“E allora come facciamo?”
James aggrottò la fronte mentre Asriel, leggendo le risposte di Delilah, abbozzava un sorriso prima di alzare lo sguardo, sfoggiando un’espressione quasi divertita che il più giovane non gli aveva mai visto sul volto:
 
“Semplice: prima gli instilliamo il dubbio. Poi li facciamo dubitare. Adesso proviamo l’Incanto Reversus sulle bacchette… vediamo se hanno qualcosa da raccontarci in più rispetto ai loro proprietari.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
……………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Buonasera!
Scusate l’ora tarda, ma chi già mi conosce sa che sono tristemente avvezza alle pubblicazioni ad orari improbabili.
Chiedo anche scusa per averci messo più del dovuto a sfornare questo capitolo, ma alla fine la scorsa settimana ho sostenuto due esami anziché uno, quindi la scrittura è stata un po’ posticipata.
Questo capitolo è molto meno demenziale del precedente, un po’ me ne dispiaccio ma del resto ho pur sempre una dignità da mantenere intatta (credici) e sono certa che gli Auror, Delilah e Prospero e la triade Ruven/Clara/Torte continueranno a darci gioie.
Ma tornando a noi, grazie a tutti per i voti e per le recensioni, questa volta vi chiedo di farmi un nome tra:
 
Corinne
Renèe
Ruven
 
 
Buonanotte e a presto, spero, con il seguito!
Signorina Granger
 
 
 
 
   
 
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