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Autore: martos95    25/01/2021    0 recensioni
Artù é morto, e la pace, a Camelot, sembra destinata a perire sotto i colpi di scure di una terribile profezia che la dea Freya rivelerà ad Emrys. Ma il destino non può essere mutato, non senza conseguenze, ed a volte, per quanto dolorose siano, le profezie devono essere rispettate. Un nuovo lungo viaggio tra il dolore ed il coraggio attenderà Emrys, ora più che mai Albion reclama il suo legittimo re.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gaius, Gwen, Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Era ancora madido di sudore quando, seduto sul bordo del letto, indossò i suoi freddi calzari accorgendosi che uno era bucato. “Ancora quel dannato ratto” sentì la voce di Artù risuonargli nella testa quando era accaduto anche a lui. Lo aveva obbligato a cercarlo per almeno una settimana, ed alla fine ne avevano anche condiviso quel disgustoso stufato.  Se solo quello zuccone non avesse ucciso quell’unicorno scatenando la carestia... “Vuoi dire che mi ritieni responsabile di ciò che sta accadendo, Merlino?” “Sì…cioè, non intenzionalmente sire” era stata l’unica risposta che aveva saputo farfugliare per non scatenarne l’ira.
Sorrise divertito a quel ricordo. Quante ne erano accadute, quante sperava ne accadessero ancora per poterle risolvere insieme. Non aveva mai davvero pensato ad un mondo senza Artù, e sebbene tutti gli avvertimenti, le profezie, le previsioni, pensava che tutto prima o poi avrebbe trovato la strada giusta. Ma che altra strada può esserci per un uomo, se non quella del suo destino? La vita doveva continuare, con o senza Artù, e se lui mancava, questo non valeva per i guai, che a Camelot, parevano essere sempre presenti. Si stupì quasi della profondità di quel pensiero, ed ancor di più che lo stesso rasentasse una saggezza che non sapeva di possedere. Chissà, forse era ancora il dolore a parlare al posto suo, o la preoccupazione per quella profezia. “già…la profezia, perché ovviamente ci mancava anche la profezia” ripetè tra sé e sé ancora frastornato.
Chiuse gli occhi, si accarezzò il collo con una mano e buttò la testa all’indietro. Era stanco delle profezie. Ne aveva paura. Sapeva perfettamente di non poterne evitare gli esiti e gli era ormai chiaro che conoscere il futuro poteva essere una carta molto pericolosa, eppure, ancora una volta, era il futuro a cercarlo.  Ancora una volta, qualcuno richiamava la sua attenzione. Doveva scavare più a fondo, forse il destino aveva girato un’altra spiacevole carta. Alzò lo sguardo stanco e sconfortato sulla libreria ai piedi del letto. Sapeva non vi avrebbe trovato risposte; per lo più vi erano libri di medicina, formule scientifiche, pozioni di preparati…no, niente poteva tornare utile. Si era ripromesso di riordinare tutto prima o poi buttando il superfluo, ma ognuno di quei manuali conteneva la scrittura di Gaius, ed un po’ del suo odore, e, così come gli piaceva pensare, almeno un pezzo della sua anima colta e severa. Ripensandoci, non avrebbe mai potuto disfarsene. Era tutto troppo importante lì dentro. Ma se i libri non potevano aiutarlo, restava da fare solo una cosa: far visita ad un vecchio amico.  
“Mia signora” disse bussando alla porta della sala del trono e spingendola verso l’interno.
“Oh Merlino” disse Gwen tra l’ansioso ed il preoccupato correndogli incontro “Allora? Hai trovato qualcosa? Temo per la vita di Thora. Da quel giorno alla grotta…non chiudo occhio”disse toccandosi la fronte con la mano quasi volendo arrestare quel mal di testa che da giorni non riusciva a domare. “E’ solo una bambina…” disse puntandogli gli occhi dritti nei suoi, prima che due lacrime le rigassero il volto. Il suo viso era stanco, segnato da una preoccupazione che pareva la invecchiasse. Il peso di quella profezia le pesava sul volto e sul cuore, togliendole il sonno e la pace. Se non l’avesse vista il giorno prima, Merlino avrebbe pensato che fossero trascorsi anni dal loro ultimo incontro.
“Gwen io…temo di non saperlo” disse Merlino desolato, “ma lo sai…farò tutto il possibile per arrivare alla verità”
Rincuorata la regina annuì, si asciugò le lacrime con il bordo della manica “sì, so che lo farai” rispose accennando un sorriso e cercando di ricomporsi come meglio poteva. “ Perdonami… eri venuto a chiedermi qualcosa?”
“Di partire mia signora, se c’è qualcuno che può aiutarmi, è la fuori. Ed io devo raggiungerlo”. Disse Merlino in tono serio. “credo che non ci sia altra scelta Gwen” aggiunse scuotendo la testa “ la verità…è che non so da dove iniziare, le mie ricerche non hanno portato a nulla finora, perciò…non resta molto altro che io possa fare”.  
“ Questo tuo amico…insomma…possiamo fidarci? Cosa ti dice che saprà come aiutarci?”
“Oh Gwen, diciamo che questo mio….amico…sa molte cose, molte più di quante ne possiamo immaginare. La sua conoscenza non è che una piccola parte del suo sconfinato potere”
“ potremmo invitarlo al castello, faccio preparare una stanza confortevole, vorrà vedere Thora…”
“Gwen, temo non sia possibile, sarebbe, ecco….” Ci pensò su in cerca delle parole adatte “complicato… non ama molto il castello”
“oh, capisco…bene allora voglio venire con te Merlino”
“ E lasciare Thora qui, con i servitori e qualche guardia a sorvegliarne la stanza? No Gwen, non se ne parla. E’ troppo pericoloso. Andrò da solo, voi dovete restare qui. Ci vorranno giorni di cammino, Camelot potrebbe non essere al sicuro senza di voi, e nemmeno Thora. Farò più in fretta che posso.”
Così dicendo, con nel cuore una promessa e sulle spalle un sacco con appena il necessario per il viaggio, Merlino salì sul cavallo e, voltandosi verso il castello, pregò di farvi ritorno con una buona notizia. Ci vollero tre giorni e tre notti prima che potè raggiungere le montagne di Eldor. Aveva dimenticato l’impagabile senso di libertà che quelle vette gli avevano sempre regalato, lì dove quelle montagne dominano la valle e toccano il cielo, si era sempre sentito solo se stesso, e dove adesso, pareva sentirsi anche appena più vicino ad Artù. Inspirò a fondo quell’aria fresca di fine inverno e lasciò che il primo raggio di sole del giorno gli illuminasse ,tagliente, una parte del viso, lasciando che il vento gli scompigliasse i capelli. Provò un senso di irrefrenabile felicità, come se quel posto fosse esattamente il trono del mondo. Le sue montagne, casa sua. Lasciò le sue membra diventare parte di quella infinita bellezza e gridò di felicità, rise immotivatamente e udì il mondo rispondergli, come se tutto fosse stato collegato al suo corpo, ogni fiore, ogni filo d’erba, ogni uccello del cielo, erano in quell’attimo parte integrante della sua anima e poteva giurare di riuscire a scorgerli uno ad uno dentro di sè. Fu allora che più forte che mai urlò quel solo, potente, nome solenne, con quanta più forza aveva in corpo, come se quel grido dovesse raggiungere l’azzurro di quel cielo che non era più ormai, così tanto lontano.
“Kilgarrahhhhhhhhh”
E lo vide. Maestoso e fiero sorvolare poderoso le cime più alte con la velocità del vento e la grazia delle aquile.
“ Giovane mago, che piacere rivederti” disse la creatura alata adagiandosi pesantemente al suolo. “E’ passato tanto tempo dall’ultima volta. A cosa devo questo incontro?”
“Kilgarrah” lo accolse Merlino con un sorriso “ sono qui perchè… ho bisogno di riposte”
“come sempre Merlino, come sempre…”rise il drago “ e se tu le ascoltassi, ogni tanto, sarebbe anche meglio. Ma ora dimmi, quale cruccio è per te così grande da raggiungere questo luogo lontano solo per ascoltare questo vecchio drago?”
“ Kilgarrah, io… ho fatto un sogno, una profezia….c’è una dea, Freya…”
“ So a cosa ti riferisci giovane mago. Ho visto quel sogno molti secoli orsono….odo la tua inquietitudine quasi ogni notte. Tu tieni molto a quella bambina, così come tenevi a suo padre…ma, ancora una volta Merlino, sebbene tu fatichi a comprenderlo, il destino non può essere mutato. Neppure noi draghi, esseri più potenti su questa terra, abbiamo un potere così grande. Ricorda: Artù è re adesso e re in futuro, tutto è funzionale a che il cerchio si chiuda, nello stesso modo in cui è iniziato. Perché Artù possa risorgere, Albion dovrà averne bisogno….”
“ e la chiave è Thora, non è così? È Thora che farà sì che Albion abbia bisogno del suo re…” Riflettè Merlino ad alta voce, realizzando solo in quell’istante il senso della profezia. “Dovrei lasciare che Thora distrugga Camelot e se stessa senza fare nulla? Dovrei … dovrei restare a guardare? E’ questo che mi stai chiedendo?...Non permetterò che le accada qualcosa. Ho promesso a sua madre di proteggerla. ” Ruggì rabbiosamente il giovane mago”
“ e cosa farai Merlino? Sentiamo…” replicò alterato il drago “Permetterai che Artù non risorga? Rammenta bene chi è l’altra faccia della tua medaglia, mago. Non sei qui per nessun’altro che non sia il tuo re. E’ questo il tuo destino.”
“ E’ solo una bambina…Ci deve essere un altro modo”
Il drago rise fragorosamente “ Furono le stesse parole che usasti quando ti chiesi di uccidere il bambino druido, o di non soccorrere Morgana. Scegliesti in entrambi i casi di fare a modo tuo, ti dispiacerebbe ricordarmi come è finita?  Se non hai il coraggio di ascoltare la risposta,Merlino, allora non fare la domanda” E così dicendo il grande drago alato spiccò il volo dandogli le spalle.
Inutile fu chiedergli di aspettare. Che tante erano ancora le domande, e forse di più lo smarrimento. Ancora una volta il destino si rivelava in tutta la sua crudeltà, chiedendogli di abbandonare chi amava. Sapeva bene come avrebbe operato, dapprima glielo avrebbe chiesto, poi lo avrebbe preteso, ed infine, glielo avrebbe strappato dalle mani. Aveva perso Artù, cercando in tutti i modi una scorciatoia alternativa al sentiero già tracciato dal fato. Ma presto, aveva dovuto arrendersi alla realtà, le cose accadono esattamente per come devono accadere e non c’è nulla che si possa fare perché vadano diversamente. Sarebbe stato meglio capirlo, meglio accettarlo. Inutile opporsi, inutile far finta di poter cambiare la meta. Inutile scegliere di amare, perché dover dire addio è troppo difficile. Proteggere Thora o scegliere il ritorno di Artù? Che importava in fin dei conti…comunque avesse fatto, avrebbe rinunciato ad una parte di sé. Ma forse Kilgarrah aveva ragione… per una volta avrebbe dovuto seguire e basta le direttive del fato, senza domande, senza aspettarsi spiegazioni. Era così, e così doveva essere. Era chiamato ad essere strumento, non penna di un destino già scritto. Basta dolore, ne era stanco. Amava quella piccina con tutta la sua anima,o almeno con quella che ne era rimasta tra un brandello e l’atro del suo cuore, ma amava anche Artù…ed il suo destino aveva una sola direzione. Avrebbe fatto ciò che doveva, ciò per cui lui esisteva, seppur con dolore, ma avrebbe giurato di non tornare mai più tra la gente. Meglio vivere in solitudine, è più facile che dover dire addio continuamente, pensò quel ragazzo, dalle spalle davvero troppo fragili e magre per poter portare il peso del mondo.
Il colore dei suoi occhi cambiò, e cambiò anche il colore del cielo. La sua anima si indurì, graffiata dall’ennesima lama. Merlino crebbe d’un tratto, da ragazzo fu uomo, molto più di quanto non lo fosse già prima. Che il dolore ti logorasse dentro lo sapeva, che scavasse come un tarlo nel legno gli era fin troppo chiaro, ma, se davvero il suo dono, o forse la sua maledizione, fosse stata quella dell’immortalità, non poteva permettersi una simile fragilità. Aveva dovuto abbandonare tutti coloro che aveva amato: il suo amico Will,Lancillotto, Artù, Galvano, Gaius… ora anche Gwen, e soprattutto la sua meravigliosa Thora dagli occhi vispi ed intelligenti. Non avrebbe rinunciato ad altro. Non poteva permetterselo.
Prese dunque un bastone lì intorno, pronunciò solenne e grave una formula, ed un tuono ne colpì l’estremità incastonandovi saldamente una piccola sfera di vetro. La montagna ebbe un sussulto, e le nude rocce e i rami si assemblarono in una baracca solida e sicura dal tetto saldo, coperto di pelli d’animale. Si sarebbe fermato lì. Sarebbe stata quella, da ora in poi, la sua nuova casa. Camelot sarebbe rimasta un ricordo lontano, felice, ma lontano. Lì avrebbe lasciato il suo cuore e la sua gioventù, ed avrebbe portato con sé solo i ricordi. Voleva dimenticare, lasciarsi alle spalle la vita che fu e concentrarsi su quella che doveva essere. Non era più Merlino, il gracile ragazzo dal fisico mingherlino e dalla poca forza nelle braccia, non lo sarebbe mai più stato, ora doveva essere ciò per cui era nato.  Perse così il vigore del suo corpo giovane, e muovendo il suo bastone, ingrigì ed allungò i suoi capelli ed una folta e lunga barba gli crebbe in volto. Una veste verde ed ampia prese il posto di quei calzoncini sempre troppo strappati e sporchi ed un cappuccio largo gli coprì il capo per proteggerlo dal freddo. Fu così che Merlino lasciò il posto ad Emrys, che conservò di lui solo gli occhi buoni,segnati da dolore, ed ora, anche da qualche ruga. Se il destino doveva cominciare, allora doveva farlo alle sue regole.  Dalla vetta delle montagne di Eldor che si specchiano nel lago di Avalon avrebbe atteso, immobile, il compiersi del fato, così come narrato nei secoli. Un giorno o l’altro, Artù avrebbe bussato a quella porta e lui sarebbe stato pronto.    
   
 
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