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Autore: AleeraRedwoods    25/01/2021    2 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Le Miniere di Moria-
 


    -Per di qua, statemi dietro!- Esclamò Thorin Elminpietra, per quanto fosse possibile esclamare sussurrando. Nel silenzio assordante del sottosuolo però, la sua voce rotolò sulle pareti di pietra come un maldestro scrosciare di sassi, perdendosi in un bisbiglio lontano laddove la luce delle torce non riusciva a giungere: -So orientarmi in questi sentieri come un pipistrello nella sua grotta.- Continuò, facendo segno ai compagni con fare esperto.
    Glorfindel, intento a studiare la mappa di Gandalf con cipiglio irritato, sollevò gli occhi al cielo: -Fermati, Re sotto la Montagna. La mappa dice che dobbiamo andare a destra, non in quella direzione.- Thorin agitò una mano, ignorando i sussurri scocciati del Portatore del Messaggio: -Sciocchezze, so perfettamente come arrivare al centro delle Miniere anche da solo! Mettete i piedi dove li metto io e vedrete che OHH-
    Sillen allungò le braccia e strinse il nano con uno scatto repentino, sbilanciandosi all’indietro per tirarlo via dallo strapiombo oscuro apparso improvvisamente davanti a loro.
    Caddero a terra in una cacofonia di gemiti doloranti e polvere scura, mentre l’esclamazione di sorpresa del Re dei Nani ancora rimbombava nelle volte nere sopra e sotto di loro. A quella scena, Glorfindel si batté una mano sulla fronte, esasperato.
    -Va tutto bene, l’avevo assolutamente visto!- Affermò il nano, affrettandosi a rimettersi in piedi per aiutare la giovane, tesa e tremante a causa dello spavento appena provato.
    La stella si massaggiò il fondoschiena, sospirando sonoramente per l’ennesima volta. Erano ore che continuavano a scendere in quei corridoi fatiscenti, che un tempo avevano assistito alla gloria del più grande regno dei nani, Nanosterro.
    Sillen faticava a crederci: nemmeno la mente più fantasiosa avrebbe potuto ricostruire i fasti di un tempo, in luoghi tanto cupi e sinistri. La luce delle due torce a malapena bastava per rischiarare la pavimentazione, ormai sconnessa e ingombra di macerie, e la compagnia era stata costretta a tornare sui suoi passi molte volte, a causa di ponti crollati e strade bloccate.
    Alla fine, seguire la mappa di Gandalf si era rivelata un’impresa quasi impossibile.
    Come se non bastasse, l’udito sensibile dei due elfi aveva da tempo colto i movimenti furtivi di altre presenze, che ancora abitavano quelle profondità dimenticate. Non si erano rivelate ostili, almeno fino ad allora, ma nessuno aveva intenzione di sottovalutare un tale inconveniente, nemmeno per un istante. Le pause si erano ridotte quindi a pochi, vigili minuti di sosta sulla pietra fredda e fastidiosamente umida.
    Sillen, sempre più stanca e provata da quell’infinita discesa, avvertiva l’aria pregna d’inquietudine riempirle i polmoni a fatica, mentre l’ossigeno cominciava via via a diminuire. Finì per rimpiangere l’immensità delle oscure Sale di Khazad-dûm, stretta in quei vicoli soffocanti e pericolanti che parevano perforare le viscere della terra.
    Glorfindel, adesso poco davanti a loro, sollevò una mano per arrestare l’avanzata, allungando il braccio con la torcia davanti a sé: -C’è un bivio. Fermiamoci qui per un po’, devo ricostruire il percorso. Credo che questo cunicolo sia parallelo a quello che avremmo dovuto prendere circa due miglia fa.-
    Thranduil si sporse a sua volta, piantando gli occhi di ghiaccio nel buio: -Non riesco più ad orientarmi. Dobbiamo andare in avanscoperta.- Concluse, per nulla convinto che quella mappa ingiallita avesse ancora una qualche utilità.
    Ad ogni modo, una veloce ricognizione era necessaria se non volevano incappare in brutte sorprese: non avrebbero trovato comunque l’Alfiere, fuori dal preciso percorso disegnato da Mithrandir.
    Thorin si apprestò a tirar fuori le provviste, piazzando il regal deretano nel luogo più asciutto che riuscì a trovare: -Concordo! Qualcuno deve proprio andare in ricognizione, ottima idea!-
    Glorfindel li squadrò per un momento, poi sollevò gli occhi al cielo, piegando la mappa con una smorfia rassegnata: -Bene! Vado io, allora.- Gettò i bagagli più pesanti vicino al nano, liberandosi da quel fardello inutile. -Cercherò di ritrovare la strada giusta e tornerò a prendervi.-
    Sillen si strinse nel mantello per scacciare il freddo, troppo agitata perché potesse riposare: -Vengo con te, non è saggio allontanarsi da soli.- Thranduil si voltò di scatto, afferrandole istintivamente il braccio per trattenerla. Si pentì subito di quel gesto autoritario ma non osò lasciare la presa, sentendo l’agitazione attanagliargli il petto.
    La stella puntò gli occhi d’ametista nei suoi, severa ma incredibilmente tranquilla: -Lasciami. Abbiamo già affrontato questo discorso, ricordi?- Lo anticipò, senza dargli la possibilità di lamentarsi. Giorni prima, aveva dovuto premergli una lama al collo per convincerlo di essere in grado di badare a sé stessa.
    Il Re degli Elfi serrò la mascella, tentando comunque di dissuaderla: -Può andare il nano con lui, non serve che tu ti metta in pericolo.- Lei posò una mano sulla sua, che ancora le stringeva il braccio tanto da bloccarle la circolazione.
    Quando era così nervoso, Thranduil nemmeno si accorgeva di quanto potesse essere forte.
    Con un lieve sorriso, cercò di rassicurarlo: -Thorin è stanco, Thranduil. E io mi sentirò più sicura, sapendoti con lui.- L’elfo allentò la presa, ritrovandosi con stizza a concordare con le sue parole. Ovviamente, separandosi non avrebbe potuto fare niente per proteggerla e stava addirittura perdendo l’occasione di rimanere solo con lei.
    Però aveva ragione: a conti fatti, quella divisione della piccola compagnia era senza dubbio l’opzione migliore.
    Controvoglia, lasciò la stella, con un sibilo frustato: -Ho capito.-
    Glorfindel guardò la scena con apparente disinteresse, stringendo la mappa nel pugno serrato. Anche se aveva ben poca voglia di portarsi dietro la giovane, scrollò le spalle con noncuranza: -Non andremo troppo avanti, tranquilli. Torneremo tra meno di mezz’ora.-
    Il Sindar puntò gli occhi chiari nei suoi e l’elfo dorato storse la bocca, infastidito: non aveva bisogno di leggere tutte quelle richieste e quegli ammonimenti sottintesi. Non era certo nei suoi piani lasciare che le accadesse qualcosa.
    Si voltò senza aggiungere una parola, costringendo la stella a inseguire la luce della sua torcia nel corridoio buio.
    Dopo un paio di svolte, Sillen sbatté contro la schiena ampia dell’elfo, fermo contro la parete di roccia. Massaggiandosi la fronte, sollevò lo sguardo, seguendo il luccichio della lama del compagno: -Che stai facendo?- Sussurrò, anche se, prima di ogni cosa, si fidava ciecamente del Vanyar.
    Lui disegnò una croce sulla pietra, il volto concentrato tra le scintille provocate dal metallo: -Segno il cammino. Orientarsi diventa sempre più difficile e devo essere sicuro di ritrovare la strada.- Ricominciò ad avanzare, silenzioso e leggero come un’ombra: -E gli altri ci troverebbero con facilità, in questo modo. Qualsiasi cosa accada.-
    Sillen strinse le labbra, colpita dalla sua arguzia. Ogni volta imparava qualcosa di nuovo da quell’elfo strafottente, doveva concederglielo.
    Se grazie a Thranduil aveva imparato la sconvolgente intensità dei sentimenti, con Glorfindel plasmava la propria mente, attraverso la sua millenaria esperienza. Si sentiva come un libro dalle pagine bianche, in attesa che le sicure mani dell’elfo vi tracciassero nuove storie da cui trarre quel prezioso sapere che, per sua natura, lei tanto agognava.
    -Devi aver viaggiato molto, nelle tue vite. Chissà quante esperienze simili hai vissuto… Io non avrei mai pensato a questa accortezza.- Lui le sorrise da sopra la spalla, sardonico: -Mhm, imparerai. Sei su questa terra solo da qualche mese, non puoi già conoscere tutto. Nemmeno io, vecchio come il mondo, conosco tutto, sai?-
    La giovane scrollò la testa, i lineamenti addolciti: -No, non ci credo. Tu sai tutto e basta. Sei l’elfo più saggio e giusto che esista, io- Non riuscì a terminare la frase che inciampò in una spaccatura del sentiero, aggrappandosi al mantello grigio dell’amico con un sussulto sorpreso. Glorfindel si fermò, senza però voltarsi verso di lei.
    Era decisamente insopportabile trovarsela tanto vicino, era inevitabile. Desiderò con tutto sé stesso di ritornare nel passato, quando ancora riusciva a vedere in lei nient’altro che una sua alleata. Nient’altro che una cara amica da aiutare.
    Di sottecchi, la osservò raddrizzarsi e gettare la treccia sfatta dietro alle spalle. Doveva essere stanca, anche se cercava in tutti i modi di non darlo a vedere.
    Nonostante l’insofferenza che quella vicinanza forzata gli provocava, Glorfindel finse di guardare la mappa, lasciando alla ragazza il tempo di fermarsi e riprendere fiato: -Ho bisogno di qualche minuto. Andare avanti senza un piano non è saggio.- Le fece, con falsa innocenza.
    Sillen annuì, appoggiandosi alla parete fredda. Il suo sguardo vagava nel buio, stanco e spento e le terribili occhiaie viola le donavano un aspetto a dir poco cadaverico. Aveva freddo, tremava come un rametto al vento e, nonostante la stanchezza, teneva quegli occhi annebbiati fissi nell’oscurità.
    L’elfo, maledicendo sé stesso, non riuscì ad ignorarla che per un paio di minuti. Suo malgrado, si ritrovò al suo fianco, fingendo indifferenza. -Che cosa guardi?- Lei si voltò verso di lui, sorpresa: -C-come?- Era talmente sovrappensiero che persino una domanda semplice come quella l’aveva colta impreparata. -Cosa stai guardando, nel buio? Hai sentito dei rumori?-
    Lei strinse le labbra, l’espressione smarrita al pari di un animale braccato: -Non riesco a smettere di vederla.- Sussurrò, atona.
    L’elfo non ebbe bisogno di chiederle altro, il terrore che leggeva nei suoi occhi ametistini era una risposta più che sufficiente: quell’altra.
    -Vedo i suoi… i miei occhi, sento i suoi passi dietro di me. Non è mai andata via, ma in questo luogo le è talmente facile nascondersi che nemmeno si preoccupa d’essere scorta.- Rabbrividì, ignorando quella sensazione angosciante che le faceva tremare le gambe: -Mi osserva. Sta aspettando che io rimanga da sola, per uccidermi.-
    Scivolò con la schiena lungo la parete di pietra, tirando le ginocchia al petto: -Rivoglio il mio potere.- Concluse, con tono quasi irritato: -Non voglio essere debole. Odio temere per la mia vita e odio non essere in grado di proteggervi.- Glorfindel sospirò, piegando le ginocchia per arrivare alla sua altezza.
    Allora era proprio quello il motivo per cui la stella si era chiusa in sé stessa, dopo il loro ingresso nelle Miniere: -Lo so, Sillen. Ma non puoi farci niente, quindi smettila di preoccuparti. Inoltre, noi sappiamo difenderci da soli, sai?- Le sorrise, accarezzando quei lineamenti tesi con lo sguardo: -Andiamo avanti e troviamo l’Alfiere. Così, proteggeremo i nostri amici e spazzeremo via Pallando, quell’altra e chiunque abbia l’ardire di minacciarci.-
    Sillen strinse i pugni, fissando gli occhi dorati del compagno, che scintillavano sotto la luce tremolante della torcia. Aveva ragione, piangersi addosso non avrebbe portato a nulla di buono.
    Guardò l’elfo alzarsi e tenderle la mano e si fece forza: anche da umana, avrebbe portato a termine il suo compito.
    Fece per afferrare la mano del Vanyar con un sorriso ma, quando le loro dita si sfiorarono, una violenta scarica di energia li fece sobbalzare, lasciandoli sconvolti. Glorfindel si tirò indietro di scatto, come se si fosse bruciato e, imprecando sonoramente, cadde seduto davanti alla stella.
    Sillen lo vide irrigidirsi, il respiro corto. -Glorfindel, ti senti bene?- Si avvicinò nel tentativo di aiutarlo ma lui sollevò una mano, distogliendo lo sguardo: -Rimani dove sei. Non toccarmi.- Soffiò, cercando di sopprimere la propria energia nuovamente instabile.
    Era bastato un semplice tocco della stella, questa volta?
    Oppure era tutto quell’autocontrollo ad averlo soffocato oltre ogni limite?
    La stella sentì quelle parole taglienti ferirle l’animo e aggrottò le sopracciglia. Non era da lui parlare in quel modo: -Cosa sta succedendo?- L’elfo affondò le dita tra i capelli dorati, ignorandola.
    Doveva tornare in sé e in fretta.
    Erano da soli, non poteva allontanarsi da lei e, allo stesso tempo, non poteva seguire quel dannatissimo istinto che gli bruciava il sangue nelle vene. Chiuse gli occhi, dandole le spalle.
    Sarebbero bastati pochi minuti per riprendere il controllo ma lei non era intenzionata a lasciarlo in pace: -Glorfindel, parlami. Che cos’hai?-
    -Niente, sono stanco.- Tagliò corto, rivolto alla parete scura, il viso accarezzato dal calore della torcia riversa a terra.
    Sillen si accigliò ancora di più: -Non mentire. Tiro na nin! (guardami)- Ordinò, più spaventata che arrabbiata. Vederlo in quello stato la mandava in confusione e la preoccupazione le impediva di ragionare lucidamente.
    Lui respirò a fondo, pregando il cielo che quella folle situazione si esaurisse in fretta: -Sillen, ti prego. Stai zitta.- La stella trattenne il respiro, storcendo le labbra piene in un’espressione oltraggiata. Come osava dirle di stare zitta?
    Cosa diamine gli stava accadendo?
    Perché era così dannatamente strano?
    Colta dal panico, gli afferrò il mantello, tirandolo con forza verso di sé. Glorfindel non ebbe il tempo di realizzare ciò che lei stesse facendo che si ritrovò incatenato ai suoi occhi violetti.
    La stella affondò le dita nelle sue spalle irrigidite, impedendogli di allontanarsi. In quell’istante, l’energia violenta dell’elfo confluì proprio in quel punto, laddove le mani fredde di lei premevano sul suo corpo. Con una fitta dolorosa e il respiro mozzato, l’elfo si piegò in avanti, aggrappandosi alle rocce umide per non finire addosso al corpo debole della giovane. E, lentamente, la sua energia impetuosa cominciò ad abbandonarlo, entrando dentro di lei come un rivolo d’acqua limpida.
    Sillen sgranò gli occhi, sconvolta, incapace di staccarsi dall’elfo, che adesso riluceva di luce propria. Senza volerlo, stava assorbendo la sua energia dorata. Sentì il proprio corpo farsi più leggero, più forte e la stanchezza lasciò il posto a una quieta vitalità risanatrice.
    Aveva già provato quelle sensazioni: Glorfindel le aveva donato la sua energia in passato, senza che lei se ne rendesse conto. E lei l’aveva presa, assetata come un’esule nel deserto.
    Glorfindel rabbrividì, avvertendo il vuoto del corpo davanti al suo svuotarlo da quell’eccesso che lo soffocava, permettendogli di prendere fiato. Per un secondo, si sentì sollevato. Era dalla loro partenza che non aveva più avuto occasione di donare nuova energia alla stella e lei era davvero esausta, sia fisicamente sia mentalmente: perciò, non fu sorpreso nel sentire con quanta istintiva urgenza lei desiderasse quel contatto.
    Piuttosto, il Vanyar era colpito dalla facilità con cui la propria, divina energia si era abbandonata a lei, priva di ogni ragionevole resistenza: evidentemente, essa aveva compreso la sua intima volontà ancor prima di lui.
    Non passò che qualche minuto, poi i due si staccarono, allontanandosi di colpo.
    Si fissarono negli occhi a lungo, ansimanti. -Perché non me l’hai detto?- Sussurrò lei, stringendosi il mantello addosso, improvvisamente consapevole del tremore che le scuoteva il corpo. -Avresti accettato?- A quelle parole misurate, la stella sentì la rabbia montarle nel petto: -No.- Ringhiò, offesa. Tra un respiro e l’altro, l’elfo dorato sorrise, mesto: -Ovviamente.-
    -Smettila! Questo è scorretto! Non voglio derubarti così, non ho il diritto di farlo.- L’altro piegò la testa, inchiodandola al suolo con il suo sguardo dorato, liquido e carezzevole: -Il diritto… Tu non sai come funziona la nostra energia divina, vero?- L’espressione titubante della stella confermò i suoi dubbi.
    Scosse la testa, tirando indietro la chioma dorata: -Non è questione di esserne degni o meno. Io ho scelto di donarti un po’ del mio potere, perché è l’unico modo che possiedo per curarti. Le medicine non sarebbero bastate a salvarti, dopo la battaglia. Perché sei una stella, non potrai mai essere solo umana, non hai semplicemente bisogno di guarire da una ferita fisica. Il tuo corpo ora è come un guscio, vuoto e freddo ed è normale che cerchi energia per rinforzarsi.- Si massaggiò il petto, lievemente dolorante: -Certo, nessun potere può eguagliare quello che hai perso… ma il mio è il più simile esistente su questa terra. Perciò siamo così compatibili, sai?-
    Gli occhi della stella si riempirono di lacrime: -Ma io non voglio farti male.- Glorfindel si costrinse ad ignorare tutti quegli impulsi che minacciavano di farlo avvicinare a lei, mentre quel tono sofferente gli dilaniava i sensi: -Non fa male. Anzi, è piuttosto piacevole. Soprattutto quando io sono… in sovraccarico di energia.- Si raddrizzò, inquieto.
    Che cosa avrebbe dovuto dirle?
    Che era profondamente soddisfatto?
    Che ciò che avevano appena condiviso era forse la più intima e soverchiante dimostrazione d’affetto che una creatura come lui potesse sostenere? Non era certo una cosa semplice da spiegare, soprattutto perché, a conti fatti, suonava decisamente troppo ambigua per giustificarla con qualche stupida scusa.
    E lei non doveva assolutamente sapere ciò che il suo antico spirito immortale stava provando. -Ascoltami. Quello che è successo non è grave. Io sto benissimo, la mia energia si rigenera continuamente. Mi hai solo aiutato a stare meglio. E io ho aiutato te. Fine del discorso.-
    Sillen strinse le labbra piene, guardandosi le mani: -Tu…- Sollevò lo sguardo su di lui, tremante: -Una parte di te è dentro di me, mi permette di avere la forza per sostenere questo viaggio. Come posso accettarlo quando non ho più niente da donarti in cambio?- Glorfindel trattenne il respiro.
    Era vero, lei non aveva più nulla da dargli.
    Nulla che lui volesse. Quello che voleva non era mai stato suo, nemmeno per un istante, perché, tempo addietro, lei l’aveva ceduto a qualcun altro.
    Si alzò in piedi, prendendo nuovamente la torcia tra le mani:
-Troviamo l’Alfiere. Avremo tempo per discuterne, una volta usciti da qui.- Concluse, la voce improvvisamente fredda, il tono distaccato.
    Si avviò nel corridoio, il passo suo malgrado lento, per permettere alla stella di alzarsi a sua volta e stargli vicino. Nemmeno si rese conto di aver serrato i pugni, tanto da ferirsi il palmo con le unghie pallide.
    Voleva andarsene.
    Doveva trovare l’Alfiere e vincere la guerra, si disse.
    Doveva diventare più forte, più potente: solo allora sarebbe potuto scappare per sempre da quel grande, enorme, insostenibile problema.
    Poche svolte dopo, sollevò il braccio per fermare la stella, fissando davanti a sé. Un grande vuoto si apriva sopra e sotto di loro e, poco più in alto, un ponte sottile e spezzato si ergeva nel buio: il ponte di Durin.
    Con voce calma, fendette il silenzio assordante di quei reconditi luoghi: -Questo è il ponte che Gandalf il Grigio spezzò più di trent’anni fa.- Lo sguardo della stella corse in basso, laddove il terribile Blog aveva trascinato l’Istar in quella tragica occasione. Finalmente avevano raggiunto il camminamento indicato nella sua vecchia mappa. Infatti, alla loro destra, una piccola e ripida scala andava tuffandosi nell’oscurità, giù, nel cuore della Terra di Mezzo.
    Sillen sentì la nuca pizzicare lievemente, quasi una mano gelida l’avesse sfiorata: non sentiva le voci premonitrici che l’avevano accompagnata dopo la sua caduta, eppure comprese -senza alcun dubbio- cosa quella sensazione volesse dire.
    Laggiù, da qualche parte, dimorava chi l’aveva così insistentemente chiamata.
    L’Alfiere del Cielo era ormai vicino.

Thranduil osservò di nuovo la stella, che camminava davanti a lui.
    Sembrava meno stanca di prima, il suo viso dorato aveva ripreso colore. Eppure non aveva dormito, da quando erano entrati nelle Miniere. Era rimasta in silenzio per tutta la discesa, impassibile e criptica come un’antica statua.
    Con un veloce calcolo, il Re degli Elfi constatò che erano lì sotto da circa sedici ore. E per quelle sedici, lunghe ore, a malapena si erano rivolti la parola. Non era il posto migliore per recuperare tutto il tempo passato lontani, questo era innegabile. Ma voleva sentirla più vicina.
    Perché era così distante?
    Da quando non cercava il suo sguardo?
    Avvertì l’urgente necessità di toccarla, di sentire il suo cuore batterle nel petto freddo. Aveva bisogno di sentirla viva, al sicuro. Tuttavia, sapeva anche di dover pazientare: se voleva imparare a comprendere ogni suo pensiero, ogni sua nuova sfaccettatura, dovevano prima risolvere quella scomoda situazione. E vincere la guerra, ovviamente.
    -Poco più avanti c’è un’apertura. Credo sia un corridoio. Ci fermeremo e riposeremo un po’.- Li informò, Glorfindel, che faceva da apri fila. Thorin Elminpietra, dietro di lui, si sporse oltre il bordo della scaletta, pensieroso: -Mi chiedo quanto possa ancora scendere questa dannatissima scala. Non si vede altro che buio. Sopra, sotto, di lato, solo un grande, grosso mare di niente.- Brontolò, più tra sé e sé che rivolto ai silenziosi compagni. Per l’appunto, nessuno pareva aver voglia di commentare oltre.
    Per il nano, quella situazione si stava rivelando davvero una seccatura. Non amava passare così tanto tempo senza aver qualcuno con cui parlare, scherzare o anche solo scambiare due parole di incoraggiamento: quei tre erano noiosi come vecchi tronchi secchi.
    Era consapevole che il sottosuolo non giovasse all’umore dei compagni, mentre per lui non era certo un grosso problema. Ma accidenti, almeno un sorriso potevano farlo, ogni tanto.
    Forse era il caso di mangiare qualcosa.
    Girò la testa, lanciando un’occhiata alla giovane stella da sopra la spalla: -Senti, mia signora. Ho ancora un po’ di carne secca, qui in saccoccia. Vedrai che ti riempirà la pancia e starai subito meglio!- Lei sorrise, di quei sorrisi gentili ma tesi che il Re sotto la Montagna ormai conosceva bene: -Grazie, Thorin. Accetto molto volentieri.-
    -Anche un po’ di birra nanica?-
    -Assolutamente sì.- Ridacchiarono, complici. E, almeno per il momento, il nano si accontentò di quel veloce scambio di battute.
    Pochi metri dopo, giunsero all’apertura nella parete di pietra, che si rivelò essere davvero un lungo e ampio corridoio.
    Thranduil scrutò brevemente il buio, improvvisamente più interessato: -Sembra sicuro. Vado a cercare un po’ di legna per le nuove torce.- E drizzò le orecchie, attendendo qualche istante. Fu la mano della stella, ora stretta nella sua, a sciogliere tutta la tensione del suo corpo immortale. Incontrò il suo sguardo ametistino, lievemente divertito, come se lei già conoscesse tutte le sue intenzioni. Buone o cattive che fossero.
    Thranduil intrecciò le dita alle sue, gli angoli delle labbra incurvati in un impercettibile sorriso e la trascinò nel corridoio senza badare alla discrezione.
    Thorin Elminpietra intanto, seduto accanto all’elfo dorato, seguì i due compagni con sguardo attonito: -Elfo pervertito, si stanno per caso tenendo per mano?- Commentò, fissando l’oscurità anche dopo che i due compagni furono ormai scomparsi alla sua vista. Glorfindel gli lanciò un’occhiata distratta: -Mhm, non ci ho fatto caso ma può essere.-
    Mentiva.
    Certo che aveva visto quella adorabile, nauseante e appassionata dimostrazione d’amore. Thorin si grattò la testa, scompigliando le treccine color terra che l’adornavano: -E io che pensavo fossi tu quello da tenere d’occhio.-
    L’elfo dorato sollevò un sopracciglio: -Dunque è per la stella che ti sei unito alla Compagnia?-
    Lo sguardo fiero del nano si perse nel buio al loro fianco, mentre abbandonava la schiena possente contro la roccia: -No, affatto.- Gli fece, pensieroso. -Non fraintendere. Voglio aiutarla e morirei per proteggerla, senza il minimo indugio. Ma questo è perché la ammiro, la rispetto. E no, non sto dicendo che mi dispiacerebbe corteggiarla, cosa credi?- Glorfindel sorrise, lasciandolo continuare. -Però no, non è solo per lei che sono qui.-
    Si lisciò la lunga barba e gli occhi dell’elfo dorato seguirono quel gesto con malcelata curiosità: -Allora, perché?-
    Thorin sospirò: -Perché voglio essere ricordato.- Concluse, in una confessione quasi forzata. L’elfo non capì: -Sei un grande Re. Hai combattuto contro gli invasori dell’Est durante la Guerra dell’Anello e hai restaurato il regno di Erebor. Questo non ti pare forse abbastanza? Vorresti di più?-
    Il nano strinse i pugni, voltandosi verso di lui: -Non accusarmi di presunzione, io non cerco vanagloria!- E sospirò, abbassando il tono della voce tonante per non attirare attenzioni indesiderate nel buio: -Fu mio padre a guidare il mio popolo contro il nemico, trent’anni fa. E morì nel farlo! Io ho solo concluso ciò che aveva iniziato. Il resto vien da sé, in tempo di pace. No elfo, non è abbastanza: io non ho alle spalle gesta degne dei miei padri.- Tirò fuori la pipa, assorto: -Sconfiggere quel bastardo di Pallando sarà la prima della lunga lista delle mie grandi imprese. Parola mia!-
    Glorfindel guardò il terreno davanti ai loro piedi, rimuginando su quelle parole. Riusciva a immaginare il desiderio di grandezza del Re dei Nani e ammirava quella dedizione che lo spingeva a rendere onore alla sua nobile stirpe.
    Come immortale e antico elfo però, non poteva comprendere cosa lo rendesse tanto impaziente da arrivare persino a rischiare la propria vita in una missione quasi certamente fallimentare.
    Forse, era la paura di non aver abbastanza tempo a muoverlo.
    -Comunque- concluse, il nano -mi farò andare bene questo viaggio in ogni caso. Anche se finirà con una manciata di niente, avrò avuto l’opportunità di perlustrare le Miniere. Chissà, forse un giorno tornerò e darò il via a nuovi scavi.- Rivolse un occhiolino soddisfatto all’elfo: -Il mithril non è proprio male come investimento, no?-
    Glorfindel gli assestò una leggera gomitata, divertito: -Una cosa è certa. Il tuo ottimismo è incrollabile.- Il nano gli sbuffò in faccia il fumo, minacciandolo con la pipa: -Per forza! Voi siete una banda di mummie rinsecchite!-
    L’elfo allargò il sorriso, minaccioso: -D’ora in avanti potrai parlarmi di tutti i tuoi pensieri, non è vero Re sotto la Montagna?-
    L’altro agitò una mano, a disagio: -Non dire idiozie!-
    -Sì che lo farai, anche fosse aprirmi il tuo cuore sofferente alla vista dell’innocente stella ghermita da quell’elfo di ghiaccio.- Si sporse di più verso il nano, divertito e sollevato da tutte quelle sue trasparenti reazioni. -Ma chiudi il becco, folletto malefico!-
    -Se cerchi consolazione, puoi approfittarti di me, mio signore. Non opporrò resistenza, sai?- Concluse, calcando seducentemente le S.
    Thorin gli assestò un pungo violento sulla spalla, tanto forte da spostarlo di quasi un metro e Glorfindel si trattenne dal ridere nel vedere la sua chiara espressione esasperata: -Non osare mai più alitarmi sul collo, pervertito di un dannato! Ma chi me l’ha fatto fare di parlare con te.-


 
**
 
    La luce della torcia illuminò un’ampia sala, alta almeno tre metri. Era piena di cianfrusaglie, giare e sacchi, forse un vecchio deposito dei nani o la refurtiva di qualche goblin. Sul lato destro si aprivano due grandi porte ad arco, da cui giungeva un’aria piuttosto gelida.
    Sillen sollevò un paio di teli di stoffa dal pavimento, tossendo per via della polvere: -Qui è più asciutto. Troveremo di sicuro della legna adatta.- Commentò, guardandosi attorno con attenzione.
    Come se il Re degli Elfi fosse minimamente interessato al legno, in quel momento.
    La stella si ritrovò premuta contro il petto dell’altro, prima ancora che la torcia rimbalzasse sul pavimento a causa della negligenza del suo proprietario. -Hai capito che desideravo venissi con me.- Mormorò Thranduil, tra i suoi capelli.
    La stella sorrise, ricambiando l’abbraccio con il cuore che le rimbalzava nel petto a un ritmo vertiginoso: -Considerando tutto il tempo che hai passato a fissarmi, non è stato difficile.- Sussurrò, sfregando il viso su di lui quasi potesse fargli le fusa.
    L’elfo sorrise, soddisfatto e compiaciuto: -Allora lo hai notato.-
    Lei si allontanò quel tanto che bastava per sollevare il viso, piantando gli occhi nei suoi con fare eloquente: -Hai finalmente capito con chi hai a che fare? Non sono così ingenua e indifesa, sono una guerriera.- Thranduil si piegò per raggiungere le sue labbra, senza riuscire a rimandare oltre quel contatto che gli mancava come l’aria: -Lo sei.- Ammise, tra i baci.
    Sillen accarezzò i suoi capelli d’argento, grata per essere finalmente sola con lui: -Non voglio che ti preoccupi per me. Dimmi, c’è qualcosa che ti turba?- L’elfo respirò a fondo, tornando a guardarla negli occhi ametistini: -Sei spaventata.-
    Quella non era certo una domanda.
    Lei annuì. -Cosa posso fare?- Chiese allora il Re degli Elfi, risoluto. La stella sentì l’emozione serrarle la gola: tipico di quell’elfo regale e arrogante, agire senza troppi convenevoli.
    -Sei con me, non ho bisogno di altro. Avere paura è inevitabile. Va bene così.- Il suo sguardo si fece deciso, la voce più ferma e grave: -Pallando ha manipolato la mia mente e sono sopravvissuta. Ho combattuto contro i suoi servi, ho perso il mio potere e sono sopravvissuta.- Posò la mano su quella dell’elfo, che ora le sfiorava il viso con dolcezza: -Vivrò per vedere Gondor libera e vincitrice, te lo prometto.-
    Thranduil sfregò la fronte sulla sua, cercando di confortarla. Era davvero una guerriera, tuttavia lui era ancora il Re di tutti gli Elfi: non avrebbe permesso a nessuno di farle ancora del male.
    Sfiorò le sue labbra morbide con il pollice, in un gesto delicato e possessivo, che contrastava i suoi soliti modi bruschi. -Voglio riportarti nelle mie terre.- La informò, con quel tono autoritario velato di impazienza. Sentì la sua bocca piegarsi in un sorriso, poi schiudersi per ribattere: -E io voglio che tu lo faccia.-
    A quelle arrendevoli parole, il Re la attirò a sé, tornando a baciarla con improvviso e incontrollabile desiderio. Nonostante la delicatezza dei suoi gesti, la stella poté sentire tutta la tensione di quel corpo slanciato premere contro il suo e deglutì a fatica.
    Sentiva le guance in fiamme e sussultò nell'avvertire nuovamente quegli insoliti e piacevoli brividi percorrerla come piccole scariche elettriche, sotto le mani incandescenti del Re.
    L’aria si caricò di un sottilissimo velo di energia, come accade in quei silenziosi momenti che precedono un violento temporale.
    In quell’istante, Thranduil socchiuse gli occhi adamantini. Si staccò di colpo, senza però allontanare la mano dal viso arrossato della stella. Lei aggrottò le sopracciglia, confusa: -C-cosa c’è?- Sussurrò con il fiato corto, vedendolo così accigliato.
    L’elfo scrutò ancora nei suoi occhi violetti, poi la sua bocca si piegò in una linea contrariata: -Glorfindel. Questa è la sua luce.- Commentò, lapidario.
    Sillen strinse le labbra: avrebbe dovuto dirglielo subito. Non era mai stata sua intenzione nasconderglielo ma, ogni volta, il Re degli Elfi si rivelava stranamente impaziente quando si trattava di lei ed era difficile tenere a mente un discorso sensato.
    -Sì, mi ha donato un po’ di energia.- Anche se non seppe spiegarsi perché, sentì il bisogno di specificare: -Non è la prima volta, mi fa sentire meglio quando sono più debole. È normale.-
    Solo allora Thranduil lasciò scivolare la mano, facendo un passo indietro. Fissò un punto imprecisato nel vuoto, serrando la mascella.
    In un secondo, il comportamento dell’elfo dorato gli fu chiaro, limpido come un lago di montagna. E lui si sentì uno stupido per non averlo preso sul serio, in tutto quel tempo passato ad osservarlo. L’energia fuori controllo, i suoi modi sfuggenti, la sua improvvisa freddezza. Glorfindel si era spinto troppo oltre, persino per un impulsivo e arrogante Vanyar come lui.
    Moderò il tono, per non sembrare troppo turbato: -Sillen, da quanto tempo va avanti questa storia?- Lei inclinò la testa, senza comprendere la sua tensione: -Da quando ho perso il mio potere. È successo durante la convalescenza e, se ricordo bene, dopo l’incidente della… della vasca.- Sospirò: -Perché? Cosa ti preoccupa? Glorfindel è stato molto chiaro, ha detto che farà bene a entrambi. E io mi fido di lui.-
    Thranduil strinse i pugni, in un moto di pura rabbia ma si costrinse a tacere. Comprendere in quel modo il dolore dell’elfo dorato gli trafisse il cuore ma non era sufficiente a sopprimere la gelosia bruciante che provava in quel momento.
    E lui era un Re troppo orgoglioso perché permettesse una cosa simile. Chiuse gli occhi, facendo violenza a sé stesso per non tornare dal Vanyar e ucciderlo con le proprie mani.
    -Glorfindel non mi ha mai mentito.- Precisò la stella, incrociando le braccia al petto. Vedere il Re così rigido la metteva a disagio e, in qualche modo, sentiva come se dovesse vergognarsi di qualcosa. Era una sensazione terribile, per quanto nuova, e aveva bisogno di una spiegazione.
    Thranduil si costrinse a respirare con più calma, cercando di aver ragione di sé: -Forse non ha mentito ma di certo ha omesso qualche dettaglio piuttosto cruciale, credimi.- Si avvicinò nuovamente, prendendola per le spalle con misurata gentilezza.
    -Immagino tu sappia che donare la propria energia a qualcun altro è un gesto importante, per un elfo. Soprattutto per quelli potenti come i Vanyar.- Lei annuì e, con un immenso sforzo, il Re continuò: -Io non ho lo stesso tipo di luce, né posso separarmene in quel modo, ma so che per far sì che ciò accada, il donatore deve provare un sentimento estremamente profondo e reale, verso il ricevente.-
    Sillen si concentrò sulle sue parole, trovandole ovvie: -Certo che è così, non ho mai creduto che fosse un gesto compiuto con leggerezza. Glorfindel e io siamo amici e so che lui darebbe la vita per me quanto io per lui.- Thranduil si bloccò, incerto. Sembrava davvero convinta di ciò che stava dicendo.
    La guardò con dolcezza, conscio che, questa volta, aveva dinanzi a sé la stessa innocente e ingenua stella che aveva raccolto a Bosco Atro, mesi prima. Se le cose stavano così, non doveva turbarla.
    Si limitò ad annuire, accennando un sorriso più rilassato.
    No, non voleva darle altri pensieri. Inoltre, sapeva di non avere il diritto di esporre così l’animo del Vanyar, per quanto geloso o furioso potesse essere.
    La stella strinse le labbra e il Sindar si affrettò a tornarle vicino, cullandola per sopprimere quel fastidioso tormento interiore.
    Sillen aveva già scelto lui, questo era sufficiente a placarlo, per il momento.
    -Sei arrabbiato?- Sussurrò lei, contro il suo petto. -Sono geloso.- Ammise il Re, posandole il mento affilato sul capo. -Non devi.- Concluse lei, semplicemente.
    Passò qualche secondo, poi Thranduil le sollevò il mento con le dita, serio: -Non ti agitare ma dobbiamo tornare subito dagli altri.- Lei sollevò un sopracciglio, interrogandolo con lo sguardo.
    Vide gli occhi di ghiaccio del Sindar fendere il buio della seconda arcata, sulla parete di destra: -C’è qualcuno. Si avvicina velocemente.- Sillen sentì il sangue pulsarle nelle tempie, le dita gelide del panico stringerle le interiora: -Sa che siamo qui?-
    L’elfo si concentrò, tendendo le orecchie sensibili. -Sono molti. Non credo siano diretti qui di proposito ma siamo indubbiamente finiti vicino alla loro tana.- Commentò, in un basso mormorio.
    La stella espirò, indietreggiando: -Allora muoviamoci, dobbiamo avvertire Thorin e Glorfindel e continuare a scendere.- Thranduil la sentì sfuggire dalle proprie braccia e si voltò di scatto a guardarla. -Dobbiamo correre ti dico, potrebbero fiutarci e-
    L’elfo non riuscì a fermarla in tempo.
    La stella, nel suo indietreggiare verso il corridoio, scontrò una grossa mazza di legno, appoggiata al muro e rimasta pericolosamente in bilico.
    Per un secondo, essa si limitò a ondeggiare su sé stessa, in silenzio. Poi, come nel peggiore degli incubi, crollò a sinistra, scontrando proprio il macilento tavolino invaso da vecchi otri di terracotta. Questi, uno ad uno, si schiantarono sul pavimento di pietra, riversandovi una pioggia tintinnante di gioielli e monete di ferro.
    Nel silenzio denso delle Miniere, quel rumore parve assordante come il rombo di un tuono.
    Sillen e Thranduil rimasero immobili, il respiro sospeso, e non fecero in tempo a voltarsi che agghiaccianti urli si riversarono fuori dalle tenebre delle porte ad arco. Il rombo inconfondibile e inquietante dei tamburi fece cadere polvere e detriti dai soffitti.
    -Goblin.- Sibilò Thranduil, voltandosi di scatto. Doveva immaginarselo: -Ci hanno seguiti.- Afferrò il polso della stella, pietrificata sul posto e corse nella direzione opposta alle urla bestiali, verso i compagni. -Glorfindel!- Chiamò, nel buio.
    L’elfo dorato era già in piedi, la mano sull’elsa della spada: -Ho sentito.- Abbaiò, furioso. Non poteva lasciarli soli un secondo che subito si ritrovavano nel guaio successivo.
    Thorin si armò della propria ascia a doppia lama, con un ghigno: -Poco male! Mi manca fare un po’ di esercizio fisico, cominciavo ad annoiarmi!- Sillen sfoderò a sua volta la spada ma Thranduil sbarrò loro la via, perentorio: -Giù per la scala, avanti!-
    La stella boccheggiò. -Ma è stretta, non avremo spazio per combattere e- Glorfindel le fu accanto: -Esatto, li rallentiamo. Forza, niente storie! Corri!- E i quattro, afferrando al volo i pochi, sgualciti bagagli, si lanciarono nel buio, la torcia di Glorfindel come unica luce a rischiarare le scale pericolanti.
    Sillen si guardò indietro, udendo i gracchianti versi dei goblin farsi sempre più vicini, tanto che le pareva di sentire le loro mani scheletriche tirarle i lembi del mantello: -Quelli scalano direttamente le pareti, ci raggiungeranno!- Esclamò, inorridita.
    Thranduil roteò la spada: -Molto probabilmente.-
    Bene, rassicurante! Corsero senza fermarsi per chissà quanto tempo, giungendo in profondità inesplorate da secoli, senza nemmeno potersi accertare di trovarsi ancora sul percorso tracciato da Mithrandir.
    Thorin saltò alcuni gradini, voltandosi di scatto: -Li sento nel terreno, sono sopra di noi!- Urlò, mulinando l’ascia. Glorfindel sollevò la torcia, illuminando centinaia di occhi lattei e traslucidi, spalancati nell’oscurità: -Dannazione.- Ringhiò, stringendo la spada.
    Ad un tratto, la strada davanti a lui parve interrompersi. Ed era troppo tardi per avvertire gli altri. Riuscì a contrastare lo slancio del Re sotto la Montagna, che a sua volta fu investito dalla corsa della stella. Il Vanyar, in equilibrio precario, sorrise vittorioso; almeno fino a quando Thranduil non li raggiunse, assestandogli l’ultima e inesorabile spinta verso il vuoto.
    Rotolarono tutti e quattro sulla roccia per parecchi metri, tra tintinnii, tonfi e gemiti doloranti. Qualcosa di molto, molto grosso aveva scavato un ampio tunnel circolare, spezzando la discesa della stretta scalinata. Per raggiungerla nuovamente, dovevano scalare l’altra parete del tunnel.
    -Se questa è opera di un maledetto Mangia Terra, non promette nulla di buono.- Commentò Thorin, rialzandosi a fatica. In effetti, quella galleria era forse tre volte più ampia di quelle create dai Vermi di Pallando. Creature primordiali, temibili e antiche come il mondo popolavano quei luoghi e quella davanti a loro ne era solo la riprova.
    Sillen si mise carponi, tossendo terriccio: -Thranduil?- L’elfo si era già rialzato ed era accorso a recuperare la torcia, per non lasciar inumidire il legno: -Sono qui.- Glorfindel, intanto, li richiamò da destra: -Per di qua, presto!-
    Zoppicante, Sillen lo seguì, accettando la mano che Thorin le offriva: -Ricorda che mi devi una bevuta, niente scherzi!- Esclamò sornione, sebbene i suoi occhi acuti cercassero febbrilmente i nemici nel buio sopra di loro. Thranduil chiuse la fila, teso e concentrato. I Goblin li stavano circondando.
    Sperò che il Vanyar sapesse dove andare perché, in caso di vicolo cieco, dubitava fortemente che la loro compagnia avesse una qualche possibilità di salvezza.
    Glorfindel guardò ancora la mappa, deciso: sì, il varco poteva essere usato come scorciatoia. Almeno, così voleva sperare.
    Nell’incertezza più totale, guidò la Compagnia in una corsa spericolata, lungo quel singolare corridoio: -Ci siamo quasi, dovrebbe esserci un passaggio a destra e- Si arrestò, zittendosi. Il tunnel si gettava semplicemente nel vuoto. Nel più sconfinato, indefinito, assoluto vuoto.
    -Vicolo cieco.- Concluse Thranduil, raggiungendolo.
    Thorin, che non aveva intenzione di disperare, spinse Sillen dietro di sé: -Avanti allora! Ammazziamo questi bastardi e torniamo alla scala, cosa volete che sia!?- Come in risposta a quel commento sprezzante, i Goblin cominciarono a riversarsi fuori dall’enorme bocca della galleria, arrampicandosi sulle pareti e strisciando sul pavimento come schifosi insetti biancastri.
    Erano Goblin di piccola taglia, alti poco meno di un metro e mezzo e con le fattezze sottili e adunche, come mucchietti di ossa scattanti e appuntite. Stringevano armi rozze e indossavano pezzi di armature ancora più rozze e grottesche.
    Ed erano un’infinità.
    Thranduil strinse automaticamente il braccio della stella, come per assicurarsi che fosse ancora lì. Si voltò per incontrare i suoi occhi, i lineamenti tirati. Lei annuì appena, stringendo la spada elfica: -Combattiamo.- I Goblin erano ad un balzo da loro.
    Glorfindel, inaspettatamente, sorrise, superando i compagni con l’intercedere di un condottiero: -Diamo inizio alle danze, dunque.- E la sua luce proruppe nell’oscurità, accecando i piccoli Goblin gracchianti. Sicuro e implacabile come un dio, trapassò i corpi gracili di quelle creature, facendosi spazio.
    Con un grido di battaglia, Thorin III Elminpietra si gettò nella mischia, falciando i nemici ancora disorientati: -Dannati! Questo succede a prendersela con l’elfo pervertito!-
    Sillen si trovò nel bel mezzo dello scontro senza nemmeno capire come ci fosse arrivata. Le sue gambe e le sue braccia, sebbene prive del potere divino, ancora ricordavano i movimenti più veloci e letali e, con il fiato corto, si accorse ben presto di star sorridendo. Merito anche del potere di Glorfindel, stava reagendo con veemenza al pericolo.
    Era ancora lei, era sé stessa, nel suo elemento.
    Doveva apparire quasi brutale, nel suo corpo di giovane donna, perché ogni suo colpo tranciava ossa e carne come fossero burro.
    Ma quella era la sua essenza, l’ombra che dimora nella luce.
    La distruzione che dona spazio alla pace.
    Il caos che riporta l’ordine.
    Thranduil non la perdeva di vista, gravitandole attorno, così come il luminoso Glorfindel, ancora fiammeggiante come il sole di mezzogiorno. I nemici sembravano non finire mai, giungendo da ogni parte come termiti nel loro nido.
    Sillen decapitò due di quelle schifose creature dai denti acuminati, con una smorfia disgustata: non le importava della stanchezza, dovevano farcela, a costo di combattere per giorni.
    Lo scontro si protrasse a lungo, fino a che, con sgomento, i quattro non sentirono il sibilo di frecce nell’oscurità. -Arcieri, in alto!- Li avvertì Thranduil, agitando la spada per impedire ai dardi di colpirlo. Erano frecce rudimentali, troppo sottili per trapassare il ferro e il cuoio ma abbastanza appuntite da perforare la carne.
    Sillen schivò un paio di quelle frecce, tentando di seguirne la traiettoria. Si lanciò verso quel punto, facendosi largo a suon di fendenti. Non badò alle proteste del Re degli Elfi ed evitò la successiva raffica di dardi. Una freccia le graffiò l’avambraccio ma non ci fece nemmeno caso.
    Menò la spada con precisione, eliminando la prima fila di arcieri e balzando indietro poco prima che la seconda si apprestasse a colpire. Si scostò lievemente di lato e, sicura e imperturbabile, afferrò un dardo sibilante con la mano dorata, fermando la sua corsa. Con un gesto gratuitamente violento lo rimandò al mittente, ringhiando per il nervosismo.
    Non finivano mai quei dannatissimi demoni! Si accorse in quell’istante che, nel loro limitato campo visivo, erano apparse altre creature, ben più alte dei Goblin.
    Glorfindel allargò il proprio sorriso, socchiudendo gli occhi dorati: -Sono arrivati gli Orchi. Di bene in meglio.- Non erano certo Orchi di Mordor, tantomeno Uruk-hai, ma erano abbastanza grossi e feroci da gettarsi contro gli intrusi senza alcuna esitazione.
    Sillen parò un affondo, sentendo le braccia tremare per lo sforzo. Con un calcio, gettò l’orco giù dal precipizio dietro di sé:
-Sono troppi, non possiamo restare qui!- Gridò, per sovrastare il frastuono dello scontro. Per lo meno, quando abbatteva una di quelle creature, queste rimanevano a terra e morte, pensò.
    Glorfindel le lanciò un’occhiata eloquente: -Grazie per aver espresso il tuo parere ma non trovo una soluzione al problema.- E sventrò un grosso orco, mozzando gli arti di tre goblin in un unico movimento.
    Passò altro tempo, chissà quanto, e gestire sia i veloci Goblin che i grossi Orchi si faceva sempre più difficile. Sillen era stanca, quasi stremata e mai come in quel momento desiderò di riavere indietro il proprio potere.
    Glorfindel atterrò un’altra decina di Goblin con la propria energia dorata ma la sua luce si stava pian piano affievolendo. Anche lui cominciava a sentirsi provato, sebbene fisicamente non mostrasse alcun segno di cedimento.
    Sotto l’attacco di un orco munito di mazza, la stella arrancò indietro, trovandosi ad un passo dal vuoto. Schivò un maldestro fendente ma, nel parare quello successivo, fu sbalzata di lato, rotolando fino al bordo frastagliato. Si trovò a fissare il nulla sotto di sé, stretta alla roccia per non sbilanciarsi in avanti.
    C’era mancato poco.
    Thranduil la raggiunse subito dopo, tirandola in piedi: -Resta dietro di me.- Le fece, notando il tremore delle sue spalle. Lei negò, infilzando un goblin ed estraendo la spada con una smorfia sfinita: -Ce la faccio, non preoccuparti per me. Pensa a combattere!- L’elfo la fulminò con gli occhi di ghiaccio ma la stella non lo stava più guardando. Una nuova raffica di frecce si abbatté su di loro, colpendo gli stessi goblin in prima linea.
    Sillen schivò e schivò ma finì per trovarsi con il fiato corto, la vista appannata. -Ce la faccio.- Ripeté, fissando le sagome davanti a sé. Sollevò la spada e l’orco davanti a lei quasi le cadde addosso, trapassato da parte a parte. Lei si scostò, cercando di tirare fuori la lama ma questa era rimasta in qualche modo incastrata nel corpo della creatura.
    Sillen iniziò a imprecare debolmente. Le sue mani sull’elsa erano scivolose a causa del nero del sangue dei nemici e del rosso del proprio, che scendeva in piccoli rivoli dall’avambraccio ferito.
    Intenta a riappropriarsi dell’arma, nemmeno vide arrivare un altro orco, armato di lancia. Quando sollevò lo sguardo, la lama smussata già brillava verso di lei. Ma non arrivò mai.
    Sillen venne investita dal corpo del Re degli Elfi ed entrambi rotolarono nella polvere e nel sangue, fino al bordo del precipizio. Thranduil strinse la giovane a sé, arrestando la caduta.
    Una spanna più indietro e sarebbero volati giù.
    Sillen si tirò in ginocchio, cercando tentoni una spada o un’arma qualsiasi che potesse difenderli. Incontrò lo sguardo dell’elfo, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. Era così stanca.
    Fece per parlare ma vide gli occhi chiari del Re dilatarsi, fissando un punto imprecisato dietro le sue spalle. Prima che potesse voltarsi, lui la spinse via. Una lama le passò accanto, la punta di una lancia. E si conficcò nel ventre dell’elfo, con un sibilo agghiacciante.
    Thranduil sollevò la spada, abbattendo l’orco con un ringhio deciso ma, subito dopo, un colpo di tosse lo scosse e sputò sangue, che macchiò i suoi meravigliosi capelli d’argento. Si voltò appena verso la stella, cercando i suoi occhi. Poi il suo corpo parve accasciarsi e si sbilanciò all’indietro, verso il nulla.
    Sillen sentì il tempo fermarsi, il terreno farsi instabile.
    Con un ultimo slancio disperato, afferrò il braccio dell’elfo con entrambe le mani, sentendosi trascinare giù.
    Chiuse gli occhi, stringendo il Re con tutte le sue forze, aspettando di cadere. Invece, il suo corpo ancora premeva sulla terra ferma. Thranduil era pesante, pesantissimo e ciondolava inerme oltre lo strapiombo, il capo rivolto all’oscurità sotto di loro. Eppure, non la stava trascinando con sé.
    Sillen aprì gli occhi: non era l’unica ad averlo afferrato. Voltò la testa e, frastornata e terrorizzata, incontrò i suoi stessi occhi, rilucenti come stelle. Quell’altra ricambiò lo sguardo, le dita strette attorno al polso del Re degli Elfi.
    La stella fisso sé stessa, incapace di comprendere e la guardò rivolgersi al buio. Per un secondo, le parve di vederla aguzzare la vista, come se quegli occhi di pura luce bianca potessero vedere il fondo di quell’abisso.
    E infine lo sentì anche lei. Un richiamo lontano, dal basso, una voce urlata e sussurrata allo stesso tempo: - Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male. Perché la Stella dei Valar si è svegliata.- Scosse la testa, con forza.
    -La Stella di Valar porterà la pace.-

    -NO!-
    -A caro prezzo.- E quell’altra le afferrò le vesti, spingendosi in avanti con inarrestabile decisione. Sillen sentì la terra scivolarle da sotto il corpo e il peso dell’elfo che amava la trascinò giù.
    Con un unico, impotente grido di dolore, la stella precipitò.



 

 
N.D.A

Buonsaaalve amici!
Questa settimana sono riuscita a non arrivare in ritardo, sono super proud XD

Spero che questo luuungo e intenso capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere se la lettura risulta scorrevole, ammetto di essermi dilungata molto in queste situazioni "interiori" e personali dei nostri protagonisti :3

Comunque, HELP, sono agitatissima per aver pubblicato questa parte AAAH T^T
Non so proprio cosa dire, lascio a voi l'ardua sentenza XD

Grazie come sempre a chi è arrivato fino a qui, ha aggiunto la storia nelle seguite, preferite e ricordate, a chi ha speso il suo tempo per commentare e recensire e a chi sta silenziosamente seguendo Sillen in questa avventura. Grazie di cuore!

Vi mando un grande abbraccio,
Aleera
   
 
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