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Autore: Baudelaire    25/01/2021    3 recensioni
Questa storia è liberamente ispirata alla saga di Harry Potter, ma al femminile.
Ho voluto cimentarmi, a modo mio, su questo tema.
Rebecca Bonner è una Strega Bianca e la sua vita sta per cambiare per sempre...
La stella di Amtara diCristina è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 17
“NELLA FORESTA”
 
Stabilirono di partire verso mezzanotte. Rebecca cominciava a sentirsi nervosa, ma sapeva che doveva calmarsi, o c’era il rischio che il Potere non funzionasse. Barbara, al contrario, appariva stranamente tranquilla. Il suo atteggiamento apparentemente freddo e distaccato, però, con la convinceva. Solo fino a poche ore prima aveva pianto tutte le sue lacrime e ora era lì, serena e pacata come se non fosse successo nulla. Rebecca pensò che fosse solo concentrata su quello che stavano per fare e si augurò che l’amica riuscisse a mantenere quel sangue freddo anche dopo. Ne avrebbe sicuramente avuto bisogno.
“La smetti di camminare avanti e indietro in quel modo? Mi fai venire il mal di mare.” – le disse Barbara.
Rebecca si fermò. “Scusa, sono un po’ nervosa.”
“Beh, dovresti cercare di calmarti o rischieremo di trovarci da qualche altra parte, invece che nella foresta.”
“Hai ragione.”
Rebecca sedette sul letto, cercando di dominare l’ansia e facendo lunghi respiri.
“Hai pensato a cosa faremo una volta arrivate?”
“Perlustreremo la zona, alla ricerca di qualche indizio.”
Barbara annuì.
“Non ho idea di dove si trovi Posimaar, ma da qualche parte dovremo pur cominciare.” – continuò Rebecca. “Dobbiamo rimanere unite, ma se qualcosa dovesse dividerci…. Qualunque cosa…. Allora una di noi dovrà correre qui per dare l’allarme. Siamo intesi?”
“Intesi.”
Barbara deglutì. Forse solo in quel momento cominciò a rendersi conto del rischio che avrebbero corso. Ma non le importava. Nulla aveva più importanza, senza Brenda. Era disposta a tutto per lei, anche sacrificare la sua stessa vita, se necessario.
Ripensò a tutti i momenti che avevano passato insieme, una vita intera, senza separarsi mai. Brenda era la sua gemella, l’altra parte di lei. Come avrebbe potuto vivere se lei non le fosse più stata accanto?
“A cosa stai pensando?”
“A Brenda. Alla nostra infanzia, ai tantissimi ricordi che ho di lei, ad una vita intera passata insieme…”
“Hai paura?”
Barbara la guardò. “Ho paura di non riuscire a trovarla, non di quello che dovremo affrontare.”
“La troveremo. Andrà tutto bene.”
Barbara si sentì profondamente grata per la presenza di Rebecca. Le era di grande conforto poter condividere quel momento con lei.
“Sai, è una gran fortuna che tu abbia questo Potere.”
“Perché?”
“Perché altrimenti avremmo dovuto fare a pugni con ogni singolo Gnomo che la Collins ha messo di guardia, per poter uscire da qui.”
Rebecca sorrise. “Ti sei dimenticata delle fate.”
“Ah no, io con quelle avrei gettato la spugna da subito!”
“Anche perché è impossibile riuscire a prenderle a pugni.”
“Quelle ci avrebbero fatte passare senza problemi.” – disse Barbara tornando seria. “A loro non importa un accidente delle Prescelte.”
 
Si vestirono con calma, indossando abiti caldi e comodi.
Barbara tirò fuori qualcosa dall’armadio.
“Cosa sono?” – domandò Rebecca.
“Due mantelli. Tieni, questo è quello di Brenda.” – rispose Barbara lanciandoglielo.
Rebecca lo afferrò al volo e lo guardò, esitante.
“Fa freddo, là fuori.” – disse Barbara indovinando i suoi pensieri. “E poi ci aiuteranno a nasconderci meglio. Non si sa mai…”
Rebecca, un po’ a malincuore, lo indossò. Si sentiva un po’ a disagio nel portare qualcosa che apparteneva a Brenda, ma dovette ammettere che il mantello teneva caldo. Si legò i capelli con un elastico, per stare più comoda.
Poco prima dello scoccare della mezzanotte, erano pronte per partire.
“Pronta?” – chiese Rebecca.
“Sì.”
Barbara le si avvicinò. Rebecca chiuse gli occhi e prese un lungo e profondo respiro.
“Dammi la mano.”
Barbara obbedì.
“Ricorda, per nessuna ragione al mondo devi lasciare la mia mano, finché non saremo arrivate, ok?”
“Ok.”
Rebecca sollevò la mano sinistra, insieme a quella di Barbara, stretta nella sua e toccò con forza la stella sul polso destro.
“Alla foresta.” – disse.
Rebecca sentì i piedi sollevarsi da terra e una forza potente trascinare via di peso il suo corpo e quello di Barbara. Tutto cominciò a ruotare attorno a loro, sempre più velocemente.
“Chiudi gli occhi!” – urlò.
Barbara non rispose. Rebecca strinse ancora più forte la sua mano ma, in quel preciso istante, senti l’amica divincolarsi, come se cercasse di scappare.
Poi, la sentì urlare.
Spaventata, d’istinto Rebecca aprì gli occhi, ma fu subito assalita dalla nausea non appena vide tutto roteare intorno a lei.  Barbara era ancora accanto a lei e Rebecca le strinse la mano, più forte che poté. L’amica aveva assunto un preoccupante colorito giallognolo e non le stringeva più la mano, come se il suo corpo avesse improvvisamente perso ogni forza.
Temendo di perdere il contatto con lei, Rebecca le si fece più vicina, cercando di sostenerla con le braccia. Non doveva assolutamente permetterle di allontanarsi. Non sapeva cosa sarebbe potuto accadere, perché aveva sempre usato il suo Potere da sola, ma era meglio non rischiare.
Barbara si accasciò su di lei e Rebecca cercò di mantenere salda la presa. Cercando disperatamente di sorreggere l’amica, chiuse nuovamente gli occhi, sperando che il malessere si affievolisse almeno un po’. Non sapeva quanto avrebbe potuto resistere. Sentì dei rivoli di sudore colarle lungo la schiena. Quanto mancava, ancora? Pregò mentalmente di non aver commesso errori. Date le condizioni di Barbara, dubitava che avrebbero potuto Spostarsi nuovamente.
Rebecca l’aveva avvisata che sarebbe potuto accadere, ma lei aveva sottovalutato la cosa, scherzandoci sopra. Se solo ci fosse stata Brenda lì con lei, avrebbe potuto aiutarla a sostenerla…. Non ce la faceva più a sorreggerla….
 
Barbara pensò di essere sul punto di vomitare. Nel momento esatto in cui Rebecca si era toccata il polso, aveva sentito il proprio corpo sbalzato in aria da una forza dirompente che le aveva tolto il fiato. Subito dopo, tutto intorno a lei aveva cominciato a girare e una nausea fortissima, mai avuta prima, l’aveva colpita, obbligandola a chiudere gli occhi per non dare di stomaco. Ma poi, vinta dalla curiosità, li aveva riaperti e se n’era pentita immediatamente.
Era come trovarsi all’interno di un uragano. Barbara non distingueva né forme né oggetti, vedeva tutto ruotare vorticosamente e pensò che non avrebbe retto a quella pressione ancora a lungo. Ostinandosi a tenere gli occhi aperti, aveva lanciato un’occhiata a Rebecca, accanto a lei, che teneva gli occhi chiusi e le stringeva la mano. Sembrava stare bene, al contrario di lei.
Chiuse di nuovo gli occhi, pregando che il suo stomaco smettesse di ballare la samba, ma non fu così. Cercò disperatamente di resistere, ma il malessere, invece che diminuire, aumentò d’intensità. Se non fossero arrivate subito a destinazione, avrebbe dato di stomaco e sarebbe stato terribilmente umiliante farlo mentre Rebecca le teneva ancora la mano. Provò a lasciarla andare ma l’amica, per tutta risposta, strinse maggiormente la presa. Ricordò quello che le aveva detto, non avrebbe mai dovuto lasciarle la mano, per nessuna ragione, ma stava per sentirsi male e non voleva che accadesse con lei così vicina. Le restava ancora un briciolo di dignità…
In un ultimo barlume di lucidità, strinse i denti, cercando di ritrovare un briciolo di autocontrollo. Presto sarebbe tutto finito, doveva resistere ancora un po’… solo un po’…
Poi, le forze l’abbandonarono. Smise di lottare e si lasciò cadere nel vuoto.
 
Finalmente, dopo quelle che le erano sembrate ore, il vortice si richiuse e Rebecca fu scaraventata a terra. Riaprì gli occhi, cercando Barbara. Era stesa accanto a lei.
Rebecca si alzò e si guardò intorno, reprimendo un grido di gioia. Aveva funzionato: si erano Spostate nella foresta.
Si chinò sull’amica, preoccupata e le scostò i capelli dal viso. Sembrava che dormisse.
“Barbara.”
La ragazza non si mosse.
Provò a scuoterla un po’.
“Barbara? Ti prego, rispondimi.”
Finalmente, Barbara aprì gli occhi.
“Meno male, stavo cominciando a preoccuparmi!”
Lentamente, Barbara si tirò su. La sua faccia ora era verde.
“Stai male?” – le chiese Rebecca, un po’ in ansia.
“Puoi dirlo forte.” – gemette Barbara.
Premette una mano sullo stomaco e Rebecca pensò fosse sul punto di vomitare.
Barbara fece dei respiri profondi e Rebecca le diede il tempo di riprendersi.
“Va meglio?” – le chiese dopo un po’.
“Penso di sì.” – biascicò l’amica.
“Ma perché hai cercato di lasciarmi la mano?” – le chiese a quel punto Rebecca, cercando di nascondere la sua irritazione.
Se si fossero separate durante il viaggio non sapeva cosa sarebbe potuto succedere. Probabilmente Barbara sarebbe finita chissà dove e lei si sarebbe ritrovata a dover cercare anche lei, insieme alle Prescelte scomparse.
“Perché stavo male!” – rispose Barbara aspra. “Scusa tanto se non volevo vomitarti addosso!”
“Beh, non avresti dovuto farlo. Io non so cosa sarebbe potuto accadere se ci fossimo separate.”
“Beh, comunque adesso siamo qui, no?” – rispose Barbara con noncuranza.
Rebecca si irritò ancora di più, ma decise di lasciar perdere.
“Te l’avevo detto che sarebbe stato così.”
“Già. Ma non avrei mai immaginato di stare così male. E nemmeno di svenire!”
“E’ stato tremendo anche per me, la prima volta.”
“Non so come hai fatto ad abituarti.”
“Con il tempo ci si riesce. E comunque non avevo scelta. Avevo promesso a mia madre che avrei imparato ad usarlo. Dovevo farlo.”
Barbara non rispose. Ammirava Rebecca per il suo coraggio e si sentì un’idiota per la reazione che il suo corpo aveva avuto.
“Comunque l’importante è che ora tu stia bene. Ce la fai ad alzarti?”
“Credo di sì.”
Barbara si alzò, un po’ malferma sulle gambe. “Ce l’abbiamo fatta, a quanto pare.” – disse guardandosi intorno.
“Già. Tutta questa fatica è servita a qualcosa, dopotutto.”
“Non si vede un accidenti, però.”
“Sai… può succedere, di notte, nei boschi….” – replicò Rebecca, con una vena d’ironia.
“Il tuo sarcasmo è confortante.”
Rebecca ridacchiò.
Poi un rumore sopra le loro teste la zittì.
Barbara trasalì. “Cos’è stato?”
“Gli uccelli, credo.”
Barbara represse un brivido, per nulla tranquillizzata. “Sai, credo che faremmo meglio a muoverci.” – disse, ansiosa di andare via da lì.
“Sono d’accordo.”
“Da che parte?”
Rebecca esitò. I suoi occhi si stavano lentamente abituando al buio. Riusciva ad intravedere il sentiero tra gli alberi, di fronte a loro. Non sapeva dove le avrebbe portate, ma di certo non potevano restare lì tutta la notte. Dovevano pur cominciare da qualche parte.
Si strinse nel mantello. “Proviamo da questa parte.”
Camminarono per alcuni minuti, senza una direzione precisa. La luna faceva ogni tanto capolino tra le nuvole, illuminando lievemente il cammino.
Rebecca non aveva la più pallida idea di dove stesse andando.
“Perché non abbiamo portato una torcia?” – chiese Barbara alle sue spalle. Cercava di tenere il passo di Rebecca e ogni tanto inciampava in qualche radice. Non era facile camminare al buio.
“Per non farci scoprire.”
Barbara borbottò qualcosa che Rebecca non riuscì a capire.
All’improvviso, Barbara andò a sbattere contro qualcosa. “Ehi!”- si lamentò, massaggiandosi il naso.
Rebecca era di fronte a lei e le voltava le spalle. Si era fermata improvvisamente e lei le era andata a sbattere contro.
“Che succede? Perché ti sei fermata?”
Rebecca si voltò verso di lei. “L’hai sentito anche tu?”
“Cosa?”
“Ascolta.”
Barbara tese l’orecchio e udì distintamente il rumore dell’acqua.
“E’ il fiume Silos!” – esclamò, spalancando gli occhi.
“Penso proprio di sì.”
“Da che parte viene il rumore?”
“Da quella parte, mi pare.”
“Dovremmo andare in quella direzione. Se non altro la luna illuminerà il nostro cammino e riusciremo ad orientarci meglio. Qui nella foresta è impossibile capire dove stiamo andando.”
Rebecca sapeva che Barbara aveva ragione. Stavano camminando da un po’, ormai e non aveva idea di quale direzione avessero preso. Raggiungendo il fiume avrebbero potuto capire meglio in che punto si trovavano.
Ma prima che Rebecca potesse risponderle, udirono un fruscio poco lontano.
Istintivamente, Rebecca afferrò l’amica per un braccio e la trascinò dietro il tronco di una grande quercia lì vicino. In quell’istante, la luna rischiarò il volto di Rebecca e Barbara riuscì a vederla distintamente portarsi l’indice sulle labbra, intimandole di fare silenzio. Con il cuore in gola, annuì.
Rimasero immobili, in attesa, cercando di appiattirsi il più possibile contro l’albero, che fortunatamente era grande abbastanza da riuscire a celare entrambe.
Di nuovo, qualcosa si mosse tra le foglie, stavolta più vicino.
Barbara si posò una mano sul petto, pensando che il cuore sarebbe potuto esploderle da un momento all’altro. Trattenne il fiato, poi quello che vide la inorridì. Rebecca, in modo del tutto incosciente, si era sporta al di fuori del tronco, per scoprire la fonte di quel rumore. Subito dopo, si ritrasse, addossandosi di nuovo contro l’albero.
Barbara le lanciò uno sguardo interrogativo, che Rebecca non riuscì a vedere.
Barbara sentì l’amica posarle una mano sulla bocca. Avrebbe tanto voluto dirle che non era lei quella che stava facendo di tutto per farsi scoprire, ma la situazione la costrinse a tacere.
Poi, spinta dalla curiosità, azzardò a sporgere leggermente la testa oltre il tronco, avendo cura di restare nascosta con il resto del corpo. Per poco non lanciò un urlo quando vide, a pochi passi da loro, la sagoma di un uomo. Non riuscì a vedere nulla, finché la luna non arrivò ad illuminarne il volto per qualche secondo.
Fu sufficiente per far perdere un battito al cuore di Barbara, che ritrasse immediatamente la testa, coprendosi la bocca con entrambe le mani per non mettersi a urlare.
Restarono nascoste ancora un po’, fino a quando non udirono i passi dell’uomo allontanarsi nella direzione opposta.
“Oh mio Dio!” – gemette Barbara a voce bassissima, nel timore che l’uomo potesse ancora sentirla. “Non ci credo! Non può essere vero!”
Scuoteva la testa, ancora incredula per quello che aveva visto.
“Visto?” – fece Rebecca trionfante. “E tu e Brenda l’avete sempre difeso! Lo dicevo io che aveva qualcosa di strano! Ah, quell’uomo non mi è mai piaciuto, e ora capisco perché!”
Rebecca tacque, cercando di riprendere fiato. La scoperta appena fatta le aveva fatto ribollire il sangue nelle vene e ora ansimava, come dopo una lunga corsa.
Aveva sempre avuto ragione lei, fin dall’inizio.
L’uomo nella foresta era Garou.
“Dove vai?” – le chiese Barbara sentendola muoversi.
“Come dove vado? Dobbiamo seguirlo, no?”
“E se ci scopre?” – replicò Barbara con voce acuta.
“Faremo in modo che non ci scopra.”
Rebecca le afferrò la mano e corse nella direzione opposta da quella che avevano percorso finora, per quanto la visuale le permettesse.
Non appena tornarono ad udire lo scricchiolio dei passi di Garou sulle foglie, rallentarono il passo, avendo cura di rimanere celate ai suoi occhi. Rebecca, per la prima volta quella notte, fu grata al buio della foresta, che la nascondeva al suo nemico e allo stesso tempo le permetteva di inseguirlo. Nel momento in cui aveva scoperto che Garou era lì di fronte a lei, un impeto di gioia le aveva riempito il cuore. Ora sapeva che era lui il colpevole, il lupo mannaro che aveva rapito le Streghe. Non dovevano fare altro che seguirlo e lui le avrebbe condotte dritte al suo nascondiglio, dove probabilmente teneva prigioniere le Prescelte. Rebecca pregò in cuor suo che fossero ancora vive. Tutto quello che avrebbe dovuto fare era mettere in salvo le amiche e consegnare il traditore alla Collins, poi ci avrebbe pensato lei a sistemarlo a dovere.
Si domandò se la preside sapesse di aver assunto un licantropo. Probabilmente no. Dubitava che avrebbe mai potuto mettere spontaneamente le Prescelte nelle mani di una creatura tanto pericolosa. Garou doveva essere una spia di Posimaar, infiltrata ad Amtara per agire dall’interno.
E c’era riuscito, dannazione a lui. Ma non aveva ancora fatto i conti con lei, che era stata l’unica ad averlo smascherato. Provò ad immaginare la sua faccia, quando l’avrebbe vista arrivare. Di certo non si aspettava che Rebecca fosse andata a cercarlo. Garou non aveva la minima idea di essere stato scoperto e questo era indubbiamente un elemento a suo favore. Avrebbe dovuto agire molto velocemente, giocando sul fattore sorpresa.
Eppure, Garou era stato maledettamente bravo a non lasciare tracce. Rebecca lo aveva pedinato per giorni interi, senza riuscire a scoprire nulla di insolito nelle sue attività giornaliere. Per forza, all’inizio aveva agito di notte. Solo con Brenda si era azzardato a colpire in pieno giorno.
Era stato bravo, doveva riconoscerlo.
Camminarono a lungo, cercando di trattenere il respiro, per non farsi scoprire. Mai come in quel momento la foresta era sembrata tanto silenziosa. Rebecca sentiva Barbara dietro di sé tenere il passo. Garou aveva accelerato, probabilmente la sua destinazione era vicina. Rebecca non aveva alcun dubbio sul fatto che le stesse conducendo dalle Prescelte.
Poi, del tutto inaspettatamente, il professore si fermò.
Rebecca e Barbara fecero appena in tempo a nascondersi dietro il primo albero, prima che l’uomo si voltasse di scatto.
Trattennero il fiato, con il terrore di essere state scoperte.
Rebecca represse un’imprecazione. Non doveva finire così, aveva puntato tutto sul fattore sorpresa e ora Garou si era accorto di essere pedinato.
Aspettandosi da un momento all’altro di vederselo comparire di fronte, Rebecca pensava febbrilmente a cosa fare. Avrebbe potuto tirargli un pugno e fuggire via, oppure affrontarlo come si conveniva ad una Prescelta, usando la magia.
In fondo, non era sola, c’era Barbara con lei. Per quanto Garou potesse essere spietato, sarebbero pur sempre stati due contro uno. A meno che, naturalmente, Garou non avesse deciso di trasformarsi in lupo. In quel caso, Rebecca dubitava che ne sarebbero mai uscite vive…
Contrariamente alle sue aspettative, però, Garou non si mosse.
Poi, riprese il cammino, come se nulla fosse.
Rebecca e Barbara ricominciarono a respirare.
“Ho creduto di morire.” – borbottò Barbara, pallidissima e tutta sudata.
“A chi lo dici. Forza, andiamo!”
In pochi istanti raggiunsero di nuovo Garou, facendo attenzione a porre maggiore distanza tra lui e loro, onde evitare che stavolta le scoprisse davvero.
Giunsero ad una radura.
Restarono nascoste, cercando Garou, che pareva essersi volatilizzato nel nulla.
“Dove diavolo è finito?” – si domandò Rebecca ad alta voce.
“Era qui poco fa.” – replicò Barbara sconcertata.
Dovevano essersi allontanate di molto, perché il fiume ora era solo un gorgoglio lontano.
“Dove siamo?” – chiese Barbara.
“Non lo so.”
Poi udirono un rumore di sassi.
Rebecca udì un grido strozzato e si voltò. Era Barbara, che ora si teneva una mano sulla bocca, indicando qualcosa con l’altra.
Rebecca seguì la direzione della mano e inorridì. Non molto distante dalla radura, lungo un sentiero ripido e roccioso, una figura s’inerpicava faticosamente.
“E’ lui.” – disse Rebecca.
“Dove sta andando?”
“Con ogni probabilità, nel posto dove tiene prigioniera tua sorella.”
“Allora seguiamolo.”
Rebecca annuì.
Si avviarono lungo lo stesso sentiero e cominciarono a salire.
“Fai attenzione a non scivolare.” – disse Rebecca, precedendola nel cammino.
Salirono per un po’, fermandosi di tanto in tanto per riprendere fiato. La salita era molto ripida e non era molto sicuro percorrere quel sentiero al buio. Rebecca cercava di non guardare giù e intimò a Barbara di fare lo stesso.
“Dov’è finito?” – chiese Barbara qualche minuto più tardi, durante una sosta.
Rebecca seguì il suo sguardo, verso l’alto.
Garou era nuovamente sparito.
“Ma che diavolo…” – mormorò Rebecca, frustrata.
All’improvviso, un urlo lacerante squarciò il silenzio della notte. Era la voce di una donna e proveniva da un punto imprecisato sopra di loro.
Rebecca sentì i peli drizzarsi sulla nuca. Quel grido era stato a dir poco raccapricciante, come di qualcuno che venisse sgozzato. Reprimendo un brivido, s’impose di calmarsi. Con ogni probabilità Garou teneva prigioniere le Streghe da qualche parte all’interno della montagna e quella voce non poteva che appartenere ad una di loro.
Dio, ti prego, fammi arrivare in tempo….
“Cos’è stato?” – chiese Barbara con un filo di voce.
Rebecca non ebbe il coraggio di rispondere. Per quanto ne sapeva, quella poteva anche essere la voce di Brenda…
Ma non ci fu bisogno di parlare. Udì Barbara cominciare a piangere e si voltò, cercando di non perdere l’equilibrio sul sentiero stretto e ripido.
“Barbara, ti prego…”
“Hai sentito anche tu, vero? E se fosse Brenda? E se stesse per ucciderla? O magari è già morta…”
Barbara era disperata e Rebecca fece qualche passo in discesa verso di lei.
“Ti prego, calmati…”
Ma Barbara singhiozzò ancora più forte.
“Ascoltami, non è questo il momento di farsi prendere dal panico. Ormai ci siamo quasi, siamo venute fin qui per questo. Sono sicura che non è successo niente, ma dobbiamo andare avanti o sarà stato tutto inutile.”
“L-lo so… Ma non sappiamo nemmeno dove stiamo andando.”
“Dobbiamo salire ancora più su. Sono certa che troveremo il punto esatto. Ma dobbiamo muoverci.”
Rebecca lanciò un’occhiata al sentiero sopra di loro. La visuale era molto limitata. Doveva esserci un’apertura, da qualche parte, attraverso la quale sicuramente era sgattaiolato Garou. Maledì mentalmente il buio della notte che non le permetteva di vedere ad un palmo dal naso. Sarebbe stato molto difficile trovare il nascondiglio in quelle condizioni.
Poi, all’improvviso, spalancò gli occhi, colpita da una rivelazione.
Ma certo! Che razza di idiota! Perché non ci aveva pensato prima?
“Barbara, ascoltami. Ricordi la Premonizione di Brenda?”
“Sì, ma questo adesso cosa c’entra?”
“Brenda mi ha visto Spostarmi da sola, giusto?”
Barbara corrugò la fronte. “Ma…”
“Devo andare da sola.”
“No, è troppo pericoloso.”
“Grazie al mio Potere troverò il nascondiglio di Garou.”
“Ma io posso venire con te.”
“No. Staresti di nuovo male e non possiamo permetterci nessun passo falso in questo momento.”
Barbara tacque.
Rebecca, temendo di aver osato troppo, proseguì in tono più dolce “E’ così che deve andare. Tutto combacia alla perfezione. Per questo Brenda ha visto solo me nella Premonizione. Devo farlo io. E poi ho bisogno che tu stia qui fuori, di guardia, in caso…. In caso dovesse accadermi qualcosa…”
Aveva considerato anche quella possibilità. Se fossero andate insieme e le cose fossero andate male, nessuno avrebbe potuto dare l’allarme ad Amtara. Così, invece, Barbara avrebbe potuto avvisare la Collins, o comunque mettere in salvo le Prescelte se lei fosse riuscita a liberarle e, per disgrazia, non fosse riuscita ad uscire viva da lì. Non era un pensiero molto confortante, ma quello che più contava, ora, era pensare a portare in salvo le loro compagne. Tutto il resto passava in secondo piano, anche la sua stessa vita.
C’era un motivo se le era stato offerto in dono quel Potere. Non era un privilegio qualunque e, nonostante finora non l’avesse apprezzato come avrebbe dovuto, per la prima volta Rebecca si rendeva conto di che regalo prezioso le era stato fatto. Il Potere ora era l’unica possibilità che aveva fra le mani per salvare la vita a quattro persone…. Sperando che fossero ancora vive.
Non l’avrebbe sprecato.
“Ma come farai ad affrontare Garou da sola?” – le chiese Barbara, in ansia.
“Ho il mio Potere, stai tranquilla.”
In realtà, Rebecca ostentava una sicurezza che non provava affatto. Sapeva a cosa andava incontro e la morte era una possibilità. Ma per nulla al mondo si sarebbe tirata indietro, anche se la paura cominciava a provocarle una dolorosa fitta al di sotto dello stomaco.
Non poteva condividere il suo tormento con Barbara, già duramente messa alla prova dal viaggio e dalla paura per sua sorella. Indubbiamente, tra le due, quella più lucida, in quel momento, era Rebecca.
Ora era assolutamente necessario che Barbara accettasse la sua proposta e che lo facesse subito. Non c’era più tempo da perdere. Ogni minuto che perdevano poteva significare un minuto di vita in meno per le loro amiche.
Barbara non rispose. Da una parte si sentiva una vigliacca all’idea di abbandonare Rebecca proprio in quel momento. Dall’altra, capiva che la sua idea aveva comunque un senso. Usando il suo Potere, Rebecca avrebbe guadagnato del tempo prezioso e avrebbe potuto raggiungere le ragazze più facilmente. Inoltre, Barbara non poteva permettersi di Spostarsi di nuovo, con il concreto rischio di stare ancora male. Non sarebbe stata di alcun aiuto a Rebecca con lo stomaco in subbuglio e la pressione sanguigna sotto le scarpe.
Si vergognò miseramente di sé stessa… non avrebbe mai creduto di stare male al punto da costituire un intralcio invece che un aiuto per Rebecca.
“Ricordi cosa ti ho detto prima di partire?” – riprese Rebecca. “Se le cose dovessero andare male, una di noi due correrà a scuola a dare l’allarme.”
“Ma come avrò la certezza che… che le cose sono andate male?”
Rebecca deglutì. Avrebbe preferito non dover affrontare quel discorso, ma sapeva perfettamente a cosa stava andando incontro. C’era la concreta possibilità che lei non facesse ritorno. Tuttavia, non voleva spaventare Barbara oltre il dovuto.
“Calcola un’ora.” – rispose. “Se non tornerò entro un’ora, allora corri ad Amtara.”
Barbara emise un gemito strozzato. “Oh Rebecca…”
“Se vuoi rivedere Brenda viva, devi fare come ti dico.” – replicò in tono secco, inghiottendo il groppo che le era salito in gola.
Non poteva farsi vedere da Barbara in quello stato e non poteva lasciare che le emozioni prendessero il sopravvento proprio adesso. Aveva bisogno di tutto il suo sangue freddo per affrontare Garou.
“Ti prego, fai attenzione.” – mormorò Barbara.
Rebecca annuì. “Ci vediamo presto.”
Poi, si toccò il polso destro.
“Alla montagna.”
La potenza del Potere di Rebecca fu tale che Barbara, del tutto inaspettatamente, ne fu colpita suo malgrado. Fu scaraventata qualche metro più in basso dal vortice che aveva investito Rebecca e andò a sbattere violentemente con il sedere sopra un grosso sasso.
Imprecò ad alta voce e si rialzò in piedi, massaggiandosi il didietro dolorante con una smorfia. Guardò in alto e vide Rebecca svanire in un turbine di polvere.
Poi, fu di nuovo il silenzio e si ritrovò sola.
 
 
 
 
   
 
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