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Autore: Chiara PuroLuce    25/01/2021    15 recensioni
Ernesto scopre un segreto sulla sua vita che gli sconvolgerà completamente l'esistenza... e non solo a lui!
(Writober 2020 - pumpNIGHT 2020 - #fanwriter2020)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ed eccoci di nuovo tutti qua a sfidare l’avvelenamento» esordì Claudio.
 
«Le cose sono due; o siamo masochisti o siamo pazzi» lo spalleggiò Antonio.
 
«Nella migliore delle ipotesi, lo siamo entrambi» decretò anche Martino.
 
Ecco, begli amici che aveva. Ah, ma questa volta sarebbero rimasti a bocca aperta, garantito.
Quella mattina – anche se era sabato e non lavorava se non in casi eccezionali – Ernesto aveva lavorato sull’auto delle sue nipoti, in collaborazione con un suo amico elettrauto a cui si appoggiava ogni tanto. Alla fine, avevano risolto il mistero, era proprio quel dannato fusibile dell’accensione il problema. Dannato, perché erano riusciti a ripararlo dopo due ore sofferte di prove e imprecazioni varie.
Quel pomeriggio, invece, l’aveva trascorso con sua sorella e le figlie, a casa sua. Lui aveva riconsegnato l’auto – dicendo loro di provarla per un paio di settimane e poi riferire se avessero sentito qualcosa di strano – e loro, per sdebitarsi, avevano aiutato la madre in cucina. Sì, proprio così, in cucina.
Oddio, aiutato. Daniela sì che era stata di supporto alla madre, a tratti anche più pignola di lei a dirla tutta. Quelle due ai fornelli, facevano paura. Angela, invece, eh… lei si era limitata a sbucciare le patate, tagliare il pane dei tramezzini e altre piccole incombenze semplici. Delle gemelle era lei, quella che gli somigliava di più, essendo anche un’amante della piscina, una scapestrata con la battuta pronta e un disastro tra i fornelli. La sorella era più sensibile, riservata e odiava lo sport, tutto.
Mancava solo Giuseppe all’appello, ma lui era a un corso di aggiornamento per bancari; esistevano davvero, incredibile.
Ora, a sera appena iniziata, era stato raggiunto dai suoi tre tanto strambi quanto leali amici per una cena programmata da tempo. Come al solito, riponevano scarsa fiducia in lui.
 
«Poche chiacchiere, non morirete di certo oggi» disse lui, e, vedendo Claudio guardarlo storto, non si trattenne «hai allertato la tua equipe, vero?»
 
«Prima di uscire da casa, anzi, ho messo sul chi va là tutto il reparto di gastroenterologia. Tanto per essere sicuro» rispose l’amico prendendolo in giro.
 
«Perfetto, e dopo questa rassicurazione, possiamo finalmente mangiare con più tranquillità» rispose Antonio scatenando l’ilarità generale. «Dai, amico, portaci l’arma del delit… ops, sì, insomma, il primo piatto.»
 
«Forse dovevo insistere sulla pizza» intervenne Martino.
 
«Dico solo una cosa» esordì alzandosi e fissandoli con sguardo finto offeso «ve ne pentirete, amaramente, di queste parole.»
 
Poi – accompagnato da altre prese in giro più sfacciate – uscì e si diresse in cucina, dove una Elisa divertita lo stava aspettando vestita da cuoca.
 
«Quindi sanno che sei un disastro in cucina» gli sussurrò lei.
 
«Eccome. Da quando hanno saputo della tua esistenza non la smettono più di prendermi in giro per essere una tale sciagura ai fornelli, quando tu sei una maga.»
 
A quelle parole, la sorella ridacchiò.
 
«Non ti senti in colpa a ingannarli così? Io, un po’ sì.»
 
«Se lo meritano. Elisa. Ben gli sta» le rispose.
 
Poi si girò verso la porta e fece la linguaccia ai suoi amici che stavano discutendo sull’ultima gara di Formula 1 disputata. Passione che li accumunava e li radunava a casa di uno o dell’altro per domeniche pomeriggio intere, con birra e patatine a non finire.
 
«Ma si può sapere cosa ci vedete voi nel guardare delle macchine scomodissime e bassissime – dove ci entri solo se sei magrissimo a dir poco – che continuano a girare sullo stesso percorso per ore?»
 
«Non capiresti» gli rispose lui.
 
«È la stessa risposta che mi dà sempre anche Beppe. Voi uomini, a volte, siete noiosi e senza fantasia» sospirò lei, rassegnata.
 
«Oh, questo non lo sapevo di Beppe, non ne abbiamo mai parlato, strano. Vorrà dire che alla prossima gara lo inviterò qua. Ricordami di dirglielo quando viene a prenderti» le rispose lui.
 
«Dai, incomincia a portare di là gli antipasti» gli disse cambiando argomento e scuotendo la testa sarcastica, mettendogli in mano un vassoio. «Io ti raggiungo tra poco.»
 
E lui non se lo fece ripetere. Dieci minuti dopo fu di ritorno tutto sorridente e le chiese di seguirlo, come promesso. Era ora che si svelasse.
Elisa indicò la pentola sul fornello e gli fece cenno con la mano di aspettare altri cinque minuti ed Ernesto sbuffò. Fremeva dalla voglia di presentarla ai suoi amici in via ufficiale. Loro l’avevano vista diversi mesi prima per circa cinque minuti – e nello specifico, la prima volta che lei si era presentata a casa sua – e poi li avevano lasciati da soli.
Da allora, Ernesto aveva spesso parlato della gemella agli amici, aveva detto loro che prima di fargliela conoscere l’avrebbe frequentata da solo e che Elisa aveva espresso il desiderio di incontrarli. Ma non aveva detto loro, quando.
Tornò dagli amici con un ricco vassoio di antipasti che gli fece emettere esclamazioni di stupore.
 
«Cavoli, amico, li hai fatti tu?» e poi quando lui annuì, continuò «Mh, allora verrò anch’io al corso di tua sorella d’ora in poi. Se è riuscita a mettere un po’ di senso culinario in te… c’è speranza per tutti!» esordì Claudio.
 
«Ah, ah, ah. Davvero molto spiritoso. Dopotutto non ci vuole uno studio per fare dei semplici – come diamine si chiamavano quei così? Ah, sì – voile a vent di pasta sfoglia» gli disse lui, mettendosene in bocca uno con salsa rosa e del salmone affumicato sopra.
 
Un tonfo proveniente dalla cucina lo fece sobbalzare, come pure il suo gruppo di amici che si voltò in quella direzione.
 
«Cos’è stato?» disse Antonio, sospettoso.
 
«Il gatto?» rispose lui, ironico.
 
«Tu non hai un gatto» gli ricordarono tutti in coro.
 
«Davvero? Ah, sì, be’… e allora sarà caduto qualcosa. Vado a vedere» disse alzandosi in fretta e sparendo oltre la soglia.
 
Appena la varcò, si ritrovò un cucchiaio di legno puntato alla faccia e, molto più in basso, due occhi scuri che lo fulminavano.
 
«Non ho capito bene, ripeti?» gli disse inarcando un sopracciglio.
 
«Sta attaccando» rispose lui, guardando oltre la sua spalla «il risotto» poi le rubò il mestolo, un bacio sulla guancia e si diresse alla pentola e al suo contenuto dorato, iniziando a mischiare in senso orario come gli aveva insegnato.
 
«Sei bravo» constatò un Elisa ammirata, avvicinandosi «e per questo ti perdono. Direi che ci siamo. Prendi i piatti e andiamo di là.»
 
«Pensavo volessi rimanere nascosta qui tutta sera» le disse «vado avanti e ti chiamo, devo prepararli un attimino.»
 
Subito tornò dai suoi amici che si erano sbaffati tutti gli antipasti.
 
«Ehi, lasciarmene almeno un paio, no?» si lamentò.
 
«Chi va via, perde il posto all’osteria» gli ricordò Antonio.
 
«Pensavamo ti fossi perso. Stavo per creare una squadra di ricerca e recupero, ma vedo che sei ancora vivo. Che cosa ci nascondi?» gli chiese Claudio.
 
«Sì, amico. C’è una donna nascosta di là? No, perché, da uno che riesce a bruciare anche un pezzo di lasagna da scaldare… non mi spiego come abbiano fatto a essere create bontà del genere» rincarò la dose Martino, mangiando l’ultimo pezzo di pasta sfoglia con wurstel all’interno.
 
Ecco. Il momento era arrivato e con esso anche la paura, eppure non aveva aspettato altro negli ultimi tempi. Si fece coraggio, sorrise e disse:
 
«Mi avete scoperto. Ebbene sì, c’è.»
 
Il silenzio sconvolto dei suoi amici era più eloquente di mille parole. Se lo godette per quei pochi secondi che durò, perché poi scoppiò il finimondo.
 
«Come, come?» saltò su Claudio «E la lasci a sgobbare in cucina invece di farla sedere con noi? Ma che uomo sei.»
 
«Che aspetti? Valla a prendere che vogliamo vederla» gli ordinò Antonio.
 
«Hai capito l’amico single? Non eri tu quello che aveva detto di avere chiuso con le donne dopo il divorzio?» gli ricordò Martino. «Ora mi spiego questa cena e questo cibo meraviglioso. Niente a che vedere con un certo pasticcio di pasta che mi tormenta i sogni la notte. Ho ancora gli incubi» disse scatenando l’ilarità generale.
 
«Da quanto la conosci? Fate sul serio?» s’informò Claudio calandosi in modalità pettegolo.
 
«Da sei mesi circa e… oh, mio, Dio, nooo! A parte che è una cosa contro natura, ma poi chi lo sentirebbe suo marito in quel caso.»
 
Al secondo silenzio sconvolto degli amici – decisamente quella sera stava dando il meglio di sé – seguì una risata bella potente dalla cucina.
 
«Ok, ti sei nascosta abbastanza. Esci da lì o ti carico in spalla e ti porto io di qua» le disse girandosi verso la porta incriminata.
 
E lei, Elisa, uscì.
 
 
 


Quel gruppo di amici era uno spasso. Anche se era rimasta in cucina fino a quel momento, si era divertita un mondo a sentirli. Era un gruppo strambo, ma molto affiatato. C’era suo fratello che poteva essere definito il mattacchione; il suo collega meccanico Antonio, un tipo alla mano e gentile; Martino pignolo e simpatico; Claudio, il casinista del gruppo, senza peli sulla lingua e sarcastico.
 
«Buonasera, è un piacere rivedervi» esordì.
 
«Che… chi… ma lei è…» Claudio era basito.
 
«Siamo riusciti a farlo rimanere senza parole, Elisa, è un miracolo» le disse suo fratello, alzandosi per raggiungerla.
 
«Ehi, si aspettava di trovare una fatalona e sono comparsa io. Al suo posto sarei delusa e sconvolta, è comprensibile.»
 
«Ma… ma… oh cavoli, perché non ci hai avvisato che ci sarebbe stata anche tua sorella, stasera?» riprese un Claudio ormai rinsavito.
 
«Sì, amico, non sei stato corretto e lo sai» intervenne Martino.
 
«Buonasera a lei, signora» le disse Antonio mentre si alzava e andava a stringerle la mano, seguito a ruota da tutti gli altri. «Felice di rivederla. Immagino sia lei l’artefice di questa cena, perché, se lo lasci dire, suo fratello è un caso disperato in cucina.»
 
A quell’uscita tutti risero. L’atmosfera era tornata gioviale.
 
«È una frana, concordo, ma sta migliorando» rispose lei ridacchiando. «Possiamo passare al tu? Lo preferirei. Dopotutto è come se vi conoscessi da tempo, ormai, mio fratello mi parla spesso di voi.»
 
«Bene, spero» intervenne Claudio e quando lei annuì, continuò «ok, ora che abbiamo scoperto il mistero… che ne direste di continuare con la cena? Io ho fame. Che altro c’è di buono?»
 
La serata proseguì tra aneddoti divertenti e rivelazioni scottanti su Ernesto che la fecero ridere a crepapelle, specie quando lui cercava di bloccare i racconti degli amici, che erano un fiume in piena.
Anche lei decise di dare il suo contributo a metterlo in imbarazzo.
 
«Ieri il vostro amico qui presente» disse indicando il fratello «ha conosciuto le mie due amiche e, vi dirò, una di loro l’ha particolarmente colpito. Così tanto da comportarsi come un perfetto cretino con lei. È stato sconvolgente, ma anche assai divertente. Adesso vi spiego cos’ha combinato.
 
E poi, sotto tre paia d’occhi interessati e uno imbarazzato, prese a raccontare di come avesse conosciuto Gemma e di quello che era riuscito a fare. Il suo racconto fu talmente dettagliato, che alla fine avevano tutti le lacrime agli occhi dal troppo ridere.
 
«Dio, amico, sapevo che eri arrugginito, ma non così tanto» gli disse Claudio, al termine del racconto. «Sei un impiastro totale!»
 
«Certo che Gianna ha causato più danni di quelli che credevamo. Non va affatto bene così, proprio no» rincarò la dose Antonio.
 
«Non l’avrei mai detto, ma ora hai tu la palma d’oro dell’imbranataggine» gli disse un Martino stranamente contento che si sfregava le mani soddisfatto.
 
«Che vuol dire?» s’informò lei, confusa.
 
Fu il fratello a risponderle, anticipando l’amico che si stava preparando a dire la sua versione, probabilmente stringata. E così venne a conoscenza di come l’architetto, fosse riuscito a rendersi ridicolo in tutti i modi possibili con colei che prima divenne la sua fidanzata – ed era già un miracolo quello, convenne con il resto del gruppo che iniziò a prenderlo in giro per l’ennesima volta, ci avrebbe scommesso il suo piatto migliore – e poi sua moglie.
Ma Ernesto non cercava l’amore, glielo aveva anche detto, eppure… forse… Lei avrebbe vigilato, non gli avrebbe permesso di fare soffrire Gemma, in nessun modo.
La serata fu un successo, come i suoi piatti e si congedarono promettendo di ritrovarsi quanto prima con i rispettivi consorti.
Una volta soli, Elisa – sorda alle richieste del gemello che non voleva riordinasse – diede una pulita alla cucina, con Ernesto come aiutante e poi chiamò il marito che arrivò a prenderla di lì a mezz’ora, visto che avevano solo due auto e gli era servita per recarsi al corso di aggiornamento.
 


 
 
Un puntuale Giuseppe arrivò a riprendersi la moglie ed Ernesto l’accompagnò fuori. Era tardi e le luci del parcheggio adiacente alla palazzina erano bruciate. Come al solito, i due si trattennero qualche minuto a chiacchierare del più e del meno e così ne approfittò per ragguagliare il cognato, sull’auto delle figlie.
 
«Semmai decidessi di volerne una per te, di auto, anche piccolina, sai chi chiamare. Me. Te ne recupero una io, anche di seconda mano se vuoi e a poco prezzo» propose poi rivolto alla sorella.
 
«Grazie, fratello, me lo ricorderò, ma per il momento va bene così. Ci siamo organizzati benissimo. Io uso i mezzi pubblici per arrivare a scuola – che comunque non è lontana da casa – quando ho lezione e la sera, per venire al corso, ho sempre l’auto.»
 
«Sì, ma sarebbe più comodo e sicuro per te» insistette lui.
 
«Ecco, bravo, falla ragionare. Magari riesci dove io ho più volte fallito» intervenne Giuseppe. «Tesoro, lo sai che non sarebbe un problema per noi avere una terza auto e sarei più tranquillo» le disse poi, guardandola.
 
Ernesto vide la sorella scuotere la testa sconsolata – evidentemente i due coniugi avevano affrontato quell’argomento varie volte senza successo – e quando lei stava per replicare, venne zittita da un tizio che sbraitava nella loro direzione.
 
«Oddio, è ancora sveglio questo.»
 
«Ernesto, ma chi è?» volle sapere la sorella «Sembra avercela con noi.»
 
«Ce l’ha con noi, fidati. In realtà ce l’ha con tutti, ma ve lo spiegherò la prossima volta che ci vedremo. Lasciate fare a me, state a guardare.»
 
Aveva appena finito di parlare quando il suo vicino li raggiunse, armato di bastone che sventolava verso di loro. Indossava le pantofole, un cappello di lana verde militare con tanto di pon pon, un pigiama pesante e una lunga e leggera vestaglia di cotone, aperta, che – secondo lui – lo teneva caldo.
Ottantasette anni, alto un metro e un pocket coffee, magro come un chiodo, sordo come una campana e mezzo cecato, il signor Idelfonso Maria Brambilla, milanese doc, era un personaggio.
Ora, dopo averli raggiunti e fissati a turno con sguardo torvo – che poteva ingannare chi non lo conosceva, ma non lui – diede quello che doveva essere un colpetto di tosse, a suo dire, e poi esordì dicendo:
 
«Giovanotto. Non le sembra un po’ tardi per intrattenersi qua fuori? Sono le 23.30» e picchiettò il bastone sulla sua gamba.
 
«Signor Idelfonso, buonasera. Non dovrebbe essere fuori a quest’ora, rischia di beccarsi un malanno e poi il suo medico sarebbe costretto a dargli altre medicine. Casa sua sembra già una farmacia privata, vuole aumentarle ancora?» lo blandì lui, sapendolo sensibile all’argomento pillole.
 
«Poche storie. Il destino dell’uomo è morire, pillola più o pillola meno. Giovani o vecchi, non fa differenza. Se è destino, è destino.» sentenziò e lui fece le corna dietro la schiena. «Ma non cerchi di farmi fesso ora, non mi sono ancora rincitrullito del tutto. Mi avete svegliato, voi e il vostro vociare a notte fonda in mezzo alla strada. Incivili.»
 
Ernesto guardo Elisa e Giuseppe che stentavano a rimanere seri e gli fece l’occhiolino, poi tornò a fissare l’anziano vicino, fece per replicare, ma quello continuò, fissando la sua gemella.
 
«E lei» le disse spostando il bastone per indicarla «ma quanti uomini ha? Non creda che non l’abbia vista, sa? È un po’ di mesi che bazzica qua attorno. Pensavo fosse interessata al giovanotto spilungone qua presente, ma invece ora scopro che è una meretrice. Stasera si è intrattenuta con altri tre uomini, oltre a lui e ora un quinto si è aggiunto al gruppo» concluse poi spostando lo sguardo su un Giuseppe basito.
 
«Ma no, guardi che ha frainteso. Lasci che mi presenti e capirà tutto. Io sono…»
 
«Questa è una palazzina per bene e gradirei rimanesse tale. Ci siamo capiti?» l’interruppe lui e poi tornò a fissare Ernesto «E lei, giovanotto, la facevo più serio e rispettoso del decoro. Non la credevo capace di abbassarsi a tanto e poi, dia retta a me…» gli disse infine indicando col bastone gli altri due malcapitati «la lasci perdere, ma non vede che lei preferisce gli uomini con la pancetta? Gli sta praticamente appiccicata. Buonanotte signori, spero per voi che riusciate a dormire, perché io, grazie a voi tre, per stanotte ho già finito di incontrare Morfeo.»
 
Per qualche minuto, nessuno fiatò. Il signor Brambilla sparì così com’era apparso e loro stettero a guardarlo allontanarsi. Fu Elisa la prima a riaversi.
 
«Meretrice? A me?» disse con un soffio di voce.
 
«E ti è ancora andata bene. Non ti immagini cosa dice agli altri vicini. Dammi retta, non farci caso. Io lo faccio ed è proprio per questo che sono l’unico a sopportarlo, perché me ne fotto dei suoi vaneggiamenti. Se non fosse per me – che gli faccio la spesa e lo aiuto come posso – sarebbe sempre solo, visto che non ha parenti. Diciamo che ho imparato a sopportarlo in nome del quieto vivere che tanto sbandiera qua e là. Mi aspettavo una sua tirata domani mattina, ma ha anticipato i tempi.»
 
«Ma chi è, il gazzettino padano del complesso?» gli chiese ancora lei.
 
«Lui sa tutto, vede tutto e sente tutto – per quello che può – ma se glielo chiedi, nega di sapere cosa accade fuori da casa sua. È scaltro.»
 
Risero insieme e poi guardarono Giuseppe che era, stranamente, muto. Non che fosse molto loquace di suo, ma così era troppo.
 
«Tesoro, che ti prende?» gli chiese la moglie.
 
«Ha detto che ho la pancetta» rispose lui picchiettandosi l’addome «ha mentito, vero? Io non ho la pancetta. Questi sono solo muscoli rilassati dovuti all’età, giusto cara?»
 
Per tutta risposta i due gemelli tornarono a ridere di gusto, prima di salutarsi. Mentre un Beppe allibito continuava a blaterare frasi come “mi trovi grasso?” “secondo te devo mettermi a dieta?” “perché non me lo hai mai detto?”, Elisa lo prendeva in giro bonariamente e se la rideva senza ritegno, dirigendosi alla loro auto.
Ernesto si disse fortunato ad averli nella sua vita. Lo avevano accolto bene fin da subito, comprese le sue nipoti e persino la gatta Tea.
Tutti si chiedevano come mai i suoi genitori avessero fatto questa scelta scriteriata e insensata e lui sperava, un giorno, di potere dare una risposta a questo mistero.
L’investigatore Redaelli era uno stacanovista e quando lavorava, non guardava i giorni della settimana. Ragion per cui l’indomani, ovvero domenica, l’avrebbe chiamato per sentire se ci fosse stata una qualche novità.
Rientrò in casa, una volta che i fari posteriori sparirono dietro la curva, prese la foto dei suoi sul comodino all’ingresso e si sedette sul divano a fissarla.
 
«Ma che cazzo avete combinato voi due» chiese loro «scoprirò il vostro segreto, a tutti i costi e vi conviene sperare non sia tanto grave o potete scordarvi di rivedermi al cimitero, fino a che camperò.»
 
Poi lanciò la foto contro la parete di fronte, mandandola in mille pezzi, spense tutto e andò a prepararsi per la notte.
   
 
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