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Autore: DanieldervUniverse    26/01/2021    2 recensioni
In un ospizio che sembra più una prigione senza sbarre c'è un vecchietto che non dorme mai e un detective privato sotto copertura che investigati fatti sospetti...
Questa storia partecipa al contest per l'undicesimo anniversario del XIII ORDER Forum.
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parole: Dormire, Infermiera, Insetticida

-Ma non dorme proprio mai? È un animale notturno per caso?
-Non lo so, nessuno è mai rimasto abbastanza sveglio da scoprirlo- scherzò l’infermiera, chiudendo la porta a chiave. O almeno ci provò, perché lui colse il turbamento nei suoi occhi; qualcosa di celato, lontano, solo un’ombra, ma sufficiente ad offuscarle lo spirito. Quel vecchio all’apparenza misero e inerme, che stava chiuso tutto il giorno nella sua camera, incuteva anche a lui un certo timore.
-Mi ripete ogni quanto devo passare a fare il giro?- domandò, prendendo nota del numero sulla porta e segnandoselo affianco al nome: 17, Carlo Cerilli.
-Oh, quando le pare. Durante la notte non c’è molto movimento da queste parti- gli rispose lei, avviandosi verso le scale.
-Come mai? Qualcuno dovrà pur esserci per assistere gli anziani, no?
-Oh no, non serve. I pazienti sono molto tranquilli, non daranno problemi- il sorriso sul volto della donna gli fece supporre che stesse cercando di sviare il discorso o abbindolarlo, per cui preferì non insistere con le sue domande, anche se la sua mente da detective fremeva per svelare il mistero dietro quella contraddizione.
Una volta calato il sole l’ospizio diventava molto meno rassicurante, poco illuminato e pieno di scricchiolii sospetti e inquietanti, per non parlare del freddo malevolo che giungeva da spifferi invisibili; non sembrava il genere di posto in cui qualcuno potesse sentirsi al sicuro in solitudine, almeno secondo lui, quindi perché diavolo i pazienti non protestavano per avere più personale di guardia?
-Le chiavi delle camere sono tutte nell’armadietto?
-Sì, ma si porti sempre dietro quella universale. Se serve la torcia è nel cassetto della scrivania, e in caso di emergenza c’è un telefono all’ingresso.
-E se dovessero staccarlo?- domandò, forse troppo seriamente. La donna strinse le labbra, a disagio, e si aggiustò nervosamente l’acconciatura dei capelli con una mano. Portava i capelli bruni corti e mossi, raccolti elegantemente attorno al capo con l’ausilio di un piccolo velo che lasciava intravedere le ciocche che ricadevano sulla fronte e attorno alle orecchie; il suo volto era quasi candido, e faceva risaltare le labbra rosa pallido e il nasino all’insù, per non parlare dei suoi occhi scuri.
Lui le rivolse un sorriso rilassato, cercando di far passare la sua insistenza come un semplice scherzo, ed ebbe almeno un successo marginale perché lei rispose con un timido sorriso.
-Beh, signor Taglieri, allora credo che dovrà improvvisare.
-Bene. Sono bravo a improvvisare- replicò con tono allegro, riuscendo a sollevare il velo d’imbarazzo che aveva offuscato la scena.
-Vuole che l’accompagni alla macchina signorina? Ha fatto buio molto presto oggi.
Lei gli lanciò uno sguardo sospettoso, che però divenne malizioso subito dopo.
-Prego, dato che l’ha chiesto…
La macchina era proprio fuori dal cancello, che si trovava a una trentina di metri dall’edificio alla fine una strada sterrata. Era già quasi buio, per cui non si dispiacque di aver preso la torcia: ne avrebbe approfittato per fare il giro del perimetro. Già si poteva vedere la rete che limitava lo stabile: gli avevano detto che era per evitare che i pazienti si allontanassero troppo da soli, rischiando di farsi male, ma lui non era convinto.
-Grazie per avermi accompagnato, signor Taglieri. Non male per un’improvvisazione.
-Si figuri signorina… ehm…
-Rosa. Alfieri.
-Signorina Alfieri- rispose lui.
Ci fu uno scambio di sorrisi, poi lei salì in macchina con quello che Taglieri immaginò fosse suo padre, o un parente anziano, che gli scoccò un’occhiata di rimprovero. Aspettò che la macchina sparisse lungo la strada prima di mettersi a fare il giro. Aveva già visitato il giardino la mattina e il giorno prima, e non aveva notato niente di particolare. Non era un terreno molto grande, ma era ben tenuto e a parte qualche basso cespuglio non c’era vegetazione più alta dell’erba, anche dall’altra parte della rete gli alberi erano stati abbattuti per diversi metri: sembrava un sistema per impedire un evasione più che garantire la sicurezza di un gruppo di anziani. A parte questi dettagli però sembrava che non ci fosse nulla di sospetto, nessuna impronta o tracce di sangue, o segni del passaggio di macchine fuori dallo sterrato, ne buchi nella rete.
Stava per dirsi soddisfatto quando mise il piede su qualcosa di fangoso. Abbassò prontamente la torcia e illuminò una specie di massa liquida marrone e gialla di diametro appena più lungo del suo piede, di consistenza viscosa.
Pulì la scarpa su un cespuglio e si chinò ad annusare il contenuto, scoprendo che era disgustoso e non assomigliava a niente che avesse mai sentito in vita sua, nemmeno durante la guerra. La pozza non era molto lontana dalla rete, su cui infatti individuò alcune tracce dello stesso composto, ma il resto del giardino risultava perfettamente pulito. Forse il giardiniere tagliando l’erba aveva cancellato altre tracce, ma non aveva senso considerando che la pozza era proprio in mezzo all’erba tagliata.
Taglieri si grattò il capo, non riuscendo a capire da dove fosse spuntata, ma ciò in qualche modo combaciava con le informazioni sospette con cui era stato contattato. Era stato assunto da una giovane coppia, in lutto per il nonno ricoverato in quello stabile e morto poche settimane prima, apparentemente per soffocamento; i coniugi sostenevano che ci fosse qualcosa che non andava con l’ospizio: il posto dopo tutto era costruito in mezzo al nulla ed era ben protetto in modo che nessuno dei pazienti ne uscisse, per non parlare del fatto che vi erano state diverse morti misteriose negli ultimi mesi tra cui altri due pazienti, un paio di infermieri e il precedente guardiano notturno.
Mentre rimuginava sul tutto rientrò dentro l’edificio, ma non prima di aver messo in una provetta un po’ della sostanza misteriosa. Quella roba gli dava memorie della guerra, e degli orrori chimici che erano stati scatenati sulle trincee piene di uomini inermi, e non erano molto piacevoli. Aveva dimesso la divisa da pochi anni e nel caos politico che era risultato dalla pace si era arrangiato come poteva, aprendo un proprio ufficio da ispettore privato, come gli americani. Non che ci fosse molta richiesta, ma almeno poteva sbarcare il lunario.
Non avendo altro da fare si sedette alla scrivania nell’ingresso, tenendo la torcia vicino, e si mise a scrivere su un pezzo di carta quello che gli veniva in mente, rimuginando sulle coincidenze sospette in cui era incappato e cercando di formulare una qualche teoria che le collegasse.
La quiete dell’ospizio venne turbata da un improvviso gemito di paura, a cui ne seguirono altri e un frenetico picchettare al piano superiore. In pochi attimi il suo istinto militare scattò e fu in cima alle scale, con la pistola in una mano e la torcia nell’altra. Le porte e le luci erano tutte chiuse, tranne quella che aveva visitato precedentemente con l’infermiera, la camera 17.
La spalancò di colpo, pronto a sparare, ma tutto quello che trovò fu il vecchio Cerilli in piedi al centro della camera, che teneva in mano una specie di cilindro dall’aria familiare: il vecchio aveva il volto arrossato e gli occhi stralunati, ed era palesemente turbato.
-Tutto bene signor Cerilli?- domandò, continuando a guardarsi attorno all’erta.
-Oh… oh… n-n-no, no. Oggi è arrivato troppo vicino, troppo vicino- rispose quello, cominciando a biascicare frasi senza senso. Tra il suo aspetto trasandato e l’aria fragile faceva una scena patetica, come un pazzo in un manicomio.
-Cosa è stato? Ha visto qualcosa?
-Sì. No, no, non ho visto niente, ma l’ho sentito. È arrivato vicinissimo stavolta, molto vicino.
Taglieri adocchiò il letto perfettamente rifatto e il tavolo da lavoro tutto disordinato, e si chiese se magari l’anziano avesse avuto un’allucinazione dovuta all’assenza di sonno.
-Cosa c’è che la tiene sempre sveglio, signore?- domandò l’ispettore, cercando di far rinsavire l’altro. Fece appena un passo avanti ma il vecchio arretrò prontamente, fissandolo con terrore e determinazione, e protese minacciosamente avanti il cilindro che teneva in mano.
-Cos’è?
-Insetticida!
-Insetticida? Quello è equipaggiamento militare, come le salta in mente di tenerlo così dentro un edificio civile!?
-Mi serve per difendermi! È l’unica cosa che lo tiene lontano! Mi lasci in pace!
Gli altri inquilini cominciarono a inveire e a bussare alle loro porte, turbati dal vociare. Quando si furono calmati l’investigatore tornò a guardare l’anziano uomo, che sembrava improvvisamente impallidito.
-Vada a dormire, meglio non rischiare altri incidenti.
-Chiuda la porta- lo protestò Cerilli.
Purtroppo nello spalancarla aveva rotto la serratura, quindi si limitò ad accostarla, assicurando al vecchio pazzo che avrebbe tenuto gli occhi aperti in modo che nessuno vi s’intrufolasse, e rischiasse di danneggiare i contenitori d’insetticida.
Taglieri si mise a fare il giro dell’Ospizio, tanto per assicurarsi che non ci fossero altre sorprese in giro, ma risultò tutto tranquillo e al proprio posto. La storia delle morti sospette a causa di asfissia cominciavano ad avere senso: probabilmente qualcuno aveva usato l’insetticida e aveva colpito le vittime nel sonno. Ma scartò l’idea subito dopo: aveva visto i danni che quei gas provocavano agli essere umani, e non c’era possibilità di scambiarli per innocua asfissia.
Si riscosse dai suoi pensieri solo quando realizzò che il suo naso aveva colto il pungente odore della pozza nel cortile. Accese fulmineamente la torcia e la rivolse verso l’alto, ma non vide niente. Poi udì del legno spezzarsi e il signor Cerilli urlare.
Si precipitò alla camera, trovando che la porta della stanza era stata fatta a pezzi e che Cerilli stava saltellando sul posto terrorizzato. Uno dei contenitori dell’insetticida era caduto a terra, ammaccandosi, il che aveva provocato una fessura da cui il gas si stava lentamente spargendo. Taglieri lo lanciò fuori dalla finestra e spinse l’uomo fuori dalla camera di corsa, urlando a tutti di abbandonare il piano alla svelta per diffusione di gas nocivi.
Qualche ora dopo i carabinieri e i paramedici erano arrivati in buon numero, fortunatamente, e l’intero ospizio era diventato un via-vai continuo; molti degli anziani risultarono indenni o subirono minime conseguenze, e anzi erano tutti in ottima forma al punto da riuscire a protestare veementemente per il trattamento brusco che stavano subendo.
Taglieri dal canto suo aveva il suo da fare a tenere tutto sotto controllo dato che era l’unico impiegato presente. Quando vide Rosa spuntare in mezzo alla calca con lo scialle e un soprabito che palesemente non era suo gli si scaldò il cuore. Purtroppo non ebbero tempo per una riunione perché l’emergenza richiese tutta la loro attenzione e il loro impegno per essere risolta.
La mattina seguente erano tutti esausti, e Taglieri si avviò mesto alla sua camera, sperando di potersi rilassare un po’, ma trovo Cerilli intento a cercare di entrarvi. Il vecchietto sembrava molto più in forma della sera prima, senza più le occhiaie e l’aria fragile
-Che posso fare per lei signor Cerilli?- disse, lasciando trapelare tutto il suo fastidio.
L’anziano si volse di soprassalto verso di lui, e cercò di balbettare qualche parola, producendo solo sibili incomprensibili.
-Perché non va a farsi una bella dormita invece di rovistare nelle camere degli altri? L’assenza di sonno gioca brutti scherzi, non lo sapeva?
Il signor Cerilli si volse e si allontanò trafelato, e Taglieri si assicurò di chiudere bene la porta prima di crollare addormentato sul letto. Purtroppo dormì inquieto, sognando ancora e ancora la strana pozza e le grida, il gas e il signor Cerilli. Qualcosa di molto vivo premeva nella sua mente, qualcosa di concreto, quasi una presenza, ma la sua coscienza faticava a realizzare di cosa si trattasse.
Si svegliò di soprassalto, coperto di sudore e ansimante. La signorina Rosa era china su di lui, e gli stava accarezzando il capo.
-Sta bene signor Taglieri?
-Sì, sì. Sto bene- riuscì a dire, alzandosi in piedi. Aprì le tende, realizzando che era già buio. Doveva mettersi al lavoro.
-Vuole che resti con lei? Sembra turbato, dicono che è normale per gli uomini che sono tornati dalla guerra…
-È stato solo un brutto sogno- la interruppe, facendole un sorriso. Lei sembrò rilassarsi, ma tenne gli occhi bassi e continuò a giocare con nervosamente con le dita.
-Non è che…?- disse timidamente -Non è che le andrebbe di accompagnarmi alla macchina? Non mi sento molto tranquilla oggi.
I suoi occhi sembravano quelli di un cucciolo spaventato. Taglieri fece un sospiro di finta esasperazione, che strappò un sorriso sereno alla donna.
-Certo, se la signorina lo richiede. Spero non le dia fastidio se sono un po’ impresentabile.
-Oh, può prendersi un po’ tempo per ripulirsi. Non mi dispiacerebbe se si liberasse un po’ di questa puzza.
Taglieri si fermò, impietrito. Realizzò in quel momento che l’odore della strana pozza che aveva visto la sera prima permeava tutta la stanza. Si mise a cercare frenetico in giro e scoprì un’altra pozza sotto il letto, e un brivido gli corse lungo la schiena.
-Cosa c’è signor Taglieri? Cos’è quella cosa?- domandò Rosa, visibilmente spaventata.
-È entrato qualcuno mentre dormivo?
-Ah… beh, sono entrata a svegliarla un’ora fa con le mie chiavi, ma ho dovuto fare un po’ di avanti e dietro per metterle delle pezze umide sulla fronte...
-Andiamo. Subito!- la interruppe lui, afferrando la torcia, la giacca e la pistola per poi trascinarla letteralmente fino al cancello.
-Vada a casa, e ci resti tutta la notte. Non torni finché non fa giorno- le raccomandò.
-Ma…
-Prometta che lo farà, Rosa. Per favore.
Lei annuì, sconvolta, e s’infilò immediatamente nella macchina, che presto scomparve alla vista. A quel punto Taglieri tornò indietro, mettendosi ad ispezionare tutto il giardino, ma non trovò altre tracce della pozza, nemmeno quelle vecchie.
Allora tornò dentro l’edificio, e individuò subito una seconda traccia dell’odore. Non fu sorpreso di individuarne la fonte nella camera 17, dove la luce era stranamente spenta, ed entrò con il massimo della delicatezza. La puzza era molto forte, al punto che vi erano delle esalazioni di vapore. Per un attimo pensò che potesse essere l’insetticida, che il vecchio se ne fosse tenuto un poco nascosto da qualche parte in caso i carabinieri sequestrassero la sua scorta, ma l’odore non corrispondeva a quello del gas della sera prima. Curioso si avvicinò al letto, da cui provenivano la maggior parte dei vapori, e individuò un corpo steso sopra le lenzuola. Dovette avvicinarsi parecchio per poterne discernere l’identità, e a quel punto l’odore era talmente penetrante da fargli venire le lacrime agli occhi, ma quando riuscì a scorgerlo in faccia per poco non urlò.
Poi udì il legno scricchiolare pesantemente dietro di lui e si volse, illuminando il signor Cerilli in piedi sulla porta. Taglieri guardò il cadavere, poi di nuovo Cerilli
-Che significa?
L’anziano non rispose.


-La mattina dopo trovarono il signor Cerilli morto nel suo letto, per asfissia. Determinarono che si trattasse suicidio, eseguito con dell’insetticida che aveva tenuto da parte. Il signor Taglieri e gli altri pazienti dell’ospizio affermarono di non aver udito niente, e la faccenda si concluse senza fare tanto rumore. Ma Taglieri era cambiato dopo quella notte: dietro al suo sorriso sereno e accattivante ho cominciato a scorgere un’ombra inquietante, e i suoi modi gentili sembravano pervasi di un’oscurità maligna. A quel punto me ne sono andata, quel posto mi faceva solo paura.
Raccolse una delle foto che la signora gli aveva portato e la osservò attentamente, prima di rimetterla sul tavolo.
-È sicura di avermi detto tutto, infermiera Alfieri?
-Signorina Alfieri. E sì, questo è tutto quello che ho da darvi.
-Bene. Allora ce lo faremo bastare.
-Prenderete il caso?
-E con un po’ di fortuna lo risolveremo anche.
-Grazie. Lo apprezzo molto.
A quel punto la signorina si alzò e uscì, dall’ufficio chiudendo la porta con delicatezza.

  
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