~ Halloween in casa Kinomiya ~
- Parte due -
Boris imboccò
velocemente le scale del condominio in cui lui e il resto della squadra
vivevano stabilmente da un anno a quella parte saltando i gradini tre alla
volta. Una chiazza d’acqua nel punto sbagliato e il piede adagiato male
completarono il quadro facendolo rotolare giù per tutta la rampa.
Le imprecazioni
rimbombarono animatamente nell’androne ad ogni singolo spigolo marmoreo conficcato
nelle costole finché lo strappo alla spalla e una ringhiera afferrata al volo non
lo salvarono dal finire dritto contro il muro del pianerottolo.
Rialzatosi
frettolosamente riprese a correre incitato dal suo stesso istinto di
sopravvivenza che gli intimava di non fermarsi. Con un balzò oltrepassò gli
ultimi due gradini fuggendo in strada, lasciandosi alle spalle la vetrata del
portone incrinata ed una probabile cifra salata richiesta dall’amministratore condominiale.
Fottiti tu e quell’osceno vetro antico!
Lui nemmeno era
sicuro di arrivarci all’indomani.
L’ora non era
eccessivamente tarda ma nel fioco nevischio di fine ottobre neppure la più
tardiva delle persone rincasava. Erano tutte già rinchiuse nel caldo e accogliente
confort familiare abbandonandolo tutto solo in mezzo ad una strada deserta, a
correre per la vita, con un pazzo alle calcagna.
«Kuznestov!»
Cognome? Quello non era un buon segno.
«Ehi Yuri! Corsetta pre-cena anche tu?»
Boris
voltandosi indietro abbozzò un sorrisetto continuando a correre lungo la riva
del Moscova, deciso a non rallentare nemmeno per un’istante. Yuri aveva delle
gambe fin troppo allenate, una specie di ninja in incognito sbucato fuori da un
qualche telefilm giapponese. Saltava sui cassonetti, prendeva strade parallele
camminando sulle ringhiere e schivava le palle di neve che gli lanciava contro
per rallentarlo senza mai perdere il contatto visivo con i suoi occhi.
Al triplo salto
mortale carpiato con avvitamento giù da una delle gru di un cantiere sul quale
non l’aveva nemmeno visto salire, Boris iniziò a provare un briciolo di paura.
Questo mi ammazza.
«Io ti uccido!»
Appunto.
«Che diavolo ne potevo sapere io che la spagnola
sarebbe stata a casa Kinomiya?!»
Accelerò
svoltando in una delle stradine secondarie sulla sinistra tra assi lignee
fracide e gatti randagi saltati via al suo passaggio, incespicando sul terreno
alla fioca luce dei lampioni distanti. Una volta giunto sulla strada principale
adocchiò l’insegna sbilenca del minimarket ancora aperto ricordandosi a malapena
le buone maniere al suo ingresso. Sfrecciò risoluto oltre le casse, diretto agli
scaffali labirintici con la speranza di far perdere le sue tracce. Era giunto in
un luogo pubblico. Yuri si sarebbe trattenuto.
«Non puoi sfuggirmi, lo sai vero?»
«Vai da
qualche parte?»
Boris sbarrò gli occhi al gelido contatto sul collo.
Il coltello da cucina appartenente al servizio di
posate da quattro soldi comprato per la loro casa era puntato sulla gola e la
punta ricurva premeva contro la pelle. Ridusse al minimo anche il solo
deglutire intimorito dalla glaciale minaccia e dall’arma innocentemente
brandita alle sue spalle. Doveva riacquistare il sangue freddo ed elaborare una
via di fuga.
Una mossa che gli permettesse di uscire indenne.
Era affezionato alla propria giugulare.
«Yuri…non ti
sembra di star esagerando?»
«No»
Il colpo di tosse di circostanza fermò il leggiadro
movimento della lama pronta a stringere amicizia con la sua arteria preferita.
«Scusate
ragazzi, io dovrei chiudere. Potreste gentilmente finire i vostri acquisti?»
Boris sollevò un sopracciglio squadrando il nonnetto
appoggiato al bastone da passeggio, più basso di lui di buoni trenta centimetri
con un sorriso calmo e tranquillo sul volto rugoso.
Ma lo hai
visto che mi sta puntando un coltello alla gola?!
Il proprietario li fissava in attesa sorreggendosi la
schiena dolorante, noncurante di essere il possibile testimone di un altrettanto
possibile omicidio. Come se non vi fosse nulla di anormale nell’incontrare due
adolescenti disfatti nel negozio, di cui uno armato e sul procinto di uccidere
l’altro.
Boris giunse alla conclusione che gli occhiali a fondo
di bottiglia avevano una gradazione sicuramente sbagliata.
«Non devo
acquistare nulla. Non vede in che posizione mi trovo?!»
Le rughe sulla fronte dell’uomo divennero più pronunciate
e il volto rachitico raggiunse indagatore il suo sempre più perplesso, talmente
vicino da fargli intravedere attraverso le spesse lenti due occhietti grigi
spalancarsi.
Lo vede ora?
C’è un coltello!
Il bastone batté istantaneamente sul pavimento
facendogli prendere un mezzo infarto.
Il vecchio iniziò ad agitarlo come un’asta da
majorette passandolo da una mano all’altra, assumendo ridicole posizioni
inesistenti di una qualche arte marziale orientale fino a posizionarsi infine
con una delle ginocchia sollevata davanti a lui.
Nel riflesso sul distributore di bibite Boris poté vedere lo stesso barlume
sconcertato attraversare il volto di Yuri agli svariati gesti nonsense.
«Via,
teppisti! Fuori dal mio negozio!» il piede cominciò a scalciare il vuoto
colpito da un tic nervoso accompagnato dai lunghi baffi ondeggianti «Altrimenti
sarò costretto ad utilizzare la mia mossa segreta!»
Ma che caz…
«Lei lo sa
che non è Jackie Chan, vero?»
Boris evitò per un soffio il colpo rotante del vecchio
scaraventatosi contro di lui ed approfittò del momento di distrazione per
rovesciare lo scaffale pieno di snack addosso al suo
capitano. L’acciaio gelido della lama vagante gli sfiorò il collo spingendolo a
correre a perdifiato verso l’uscita.
Di nuovo in strada non ci volle molto prima che i
passi frettolosi tornassero presenti alle sue spalle.
Al diavolo
Kinomiya e le sue feste!
Il cellulare con un ultimo segnale sonoro gli disse
addio senza fargli terminare la composizione del numero per le emergenze,
spegnendosi nonostante la batteria carica.
A corto di fiato e con i nomi del calendario ormai
esauriti afferrò il palo di un lampione dandosi lo slancio per curvare a destra
in direzione della zona periferica, oltrepassando con i polmoni sotto sforzo un
ladro intento a scassinare la serratura di un’auto. Per un frangente pensò di
unirsi al malvivente per ottenere una macchina che avrebbe semplificato la sua fuga
ma la voce incazzosa di Yuri fece fuggire a gambe levate persino l’esperto
criminale.
Ma…era
Vorkov?
«Smettila di
correre come un codardo e affrontami!»
«Sì, certo.
Così mi pianti il coltello nella gola!»
«Lo farò
comunque!»
Una moto gli sfrecciò davanti bloccandogli l’avanzata
davanti la porta di una donna intenta a portar fuori la spazzatura. Boris si
scostò le ciocche sudaticce dalla fronte aprendosi nel più affabile dei sorrisi
in completo affanno. L’effetto sortito fu il contrario. Senza ascoltare la
richiesta di aiuto la signora gli sbatté in faccia la porta lasciandolo a
boccheggiare con la mano sollevata.
«Maledetta
zitella, aiutami!»
Boris urlò incavolato verso la persiana dietro la
quale la donna si era nascosta ma fu costretto ben presto a riprendere la maratona
senza fine nelle solitarie vie di Mosca, afflitto dalla stanchezza e dai crampi
della fame per una cena mai assaporata.
«Kuznestov!»
«Oh, fanculo
Yuri!» le scarpe slittarono sulla neve facendogli perdere momentaneamente
l’equilibrio «Se te la fossi portata a letto come ti avevo suggerito di fare a
quest’ora non staresti correndo come un disadattato insieme al sottoscritto!»
Boris accelerò con il cuore in gola alla cassetta
delle lettere sradicata via con un calcio, consapevole di essersi appena condannato
ad una morte piena di dolore. Yuri dopo l’ultima frecciatina non gli avrebbe
concesso alcuna grazia, l’avrebbe torturato in modi persino peggiori di quelli
sperimentati fra le grinfie di Vorkov.
Maledetta
Fernandez!
Al suo passaggio da corridore esperto un bambino di soli
tre anni, seduto sulla ringhiera di un appartamento al terzo piano, lo salutò
sornione ondeggiando allegro la manina.
Cosa diavolo
ridi moccioso?!
Imprecò tra sé attraversando la strada col semaforo
senza nemmeno guardare.
Ma…aspetta…
I passi rallentarono nel bel mezzo
dell’attraversamento pedonale.
Cosa ci
faceva un moccioso su una ringhiera?
Sopraffatto dallo spirito coscienzioso si voltò
indietro finendo per essere travolto dalla furia rossa gettatasi su di lui. Trascinato
nella sudicia fanghiglia sull’asfalto rotolò per diversi metri affrontando una
lotta al predominio vinta infine dall’indemoniato dai folli occhi azzurri
iniettati di sangue. Yuri issatosi cavalcioni sopra di lui sogghignò vittorioso
inchiodandogli le braccia sul terreno, bloccandogli ogni muscolo con aria
superba ostentata nella lingua famelica passata tra le labbra.
Boris inghiottì a vuoto non riconoscendo la forza
sovrumana.
Yuri ha
sempre avuto quei denti?
La bocca piegata in un ghigno maniacale mostrò una
fila di denti bianchissimi abbelliti dai canini superiori sporgenti. Lunghi e
affilati, simili a delle zanne splendenti sotto i raggi della luna piena. Boris
dovette battere gli occhi un paio di volte per realizzare di non star sognando
né nella vista, né nell’udito al basso ringhio gutturale proveniente dal suo
capitano.
«Yuri?»
La sua chiamata apprensiva non fu minimamente
calcolata dal volto niveo pian piano ricoperto da una massiccia quantità di peli
rossicci apparsi anche sul resto del corpo latteo. La bistrattata felpa grigia
insudiciata di terra e neve terminò la sua esistenza agli squarci aperti nel
petto e sulle braccia, soccombendo alla portentosa crescita muscolare.
«Ok, bello scherzo lo ammetto!» provò a ridere ma la
mano premuta improvvisamente sullo sterno glielo impedì accrescendo la sua
ansia «Ti ha aiutato Ivan? L’ho sempre detto che non ha un cazzo da fare quel
ragazzo…però, bella trovata il lupo mannaro. Ti si addice!»
Due orecchie canine spuntarono sulla testa vibrando su
e giù al soffio del vento e un fragoroso ululato proruppe nell’aria verso la
luna argentea, seguito da altri latrati lontani.
«Chi
l’avrebbe mai detto, hai più amici a quattro zampe che umani!»
Boris ridacchiò senza allegria alla sua stessa battuta
con il vago presentimento di non essere vittima di uno scherzo, ma troppo
razionale per ammettere l’esistenza di creature sovrannaturali. Il suo amico
era sempre stato abbastanza particolare, una volta aveva persino deciso
di allevare un cucciolo di lupo portandolo in casa. Certo, aveva trovato strano
il morboso attaccamento per il sacco di pulci e il fatto che l’avesse
addirittura buttato fuori dalla camera per avere il lupo sempre con sé, ma da
lì a pensarlo come un licantropo…era assurdo.
«Tu parli
troppo, muori!»
Le fauci della bestia si spalcarono grondando chili di
bava sulla sua giacca prima di richiudersi con uno scatto sulla spalla. Avvertì
i denti affondare nella giacca penetrando la pelle e contrariamente a tutta le
sue supposizioni si ritrovò a urlare e scalciare per il dolore cercando di
scacciare il suo pseudo amico.
La scia cremisi colò via dalle zanne nella vista
appannata.
Yuri sollevò il muso impregnato di sangue quasi del tutto invisibile nel manto
se non per il pungente odore ferroso penetrato nelle narici. La lingua lo raccolse
strisciando vogliosa sul ghigno distorto, sempre più ingorda, sempre più
implacabile verso la sua vendetta.
Boris colpito dall’attacco di tosse serrò le palpebre
placando lo sfarfallio fastidioso mentre l’amarognolo sapore di ruggine
risalito lungo la gola gorgogliava per uscire. La spalla dilaniata bruciava al
sol contatto con l’aria e nell’ovattata percezione si ritrovò a chiedersi
sempre più confuso come un errore l’avesse portato a quel punto. In tutte le
sue visioni di dipartita non aveva mai pensato di lasciare le penne per mano
del suo migliore amico.
«Addio,
Boris»
Pling.
Il sangue picchiettò sull’asfalto segnalando la sua
fine in una strana ma accogliente melodia che lo stava accompagnando all’altro
mondo.
Pling.
Lento e costante, un suono così familiare.
Pling.
…
Pling.
…
Bip.
…
Bip?
Boris credette di essere ritornato al post
sbornia del suo compleanno di diciotto anni. La testa vorticava a velocità
inaudite nel buio dell’incoscienza combattendo il suo desiderio di sollevare le
palpebre. Con uno sforzò riuscì ad aprire gli occhi in un confuso e distorto
ambiente bianco disseminato di macchie colorate e il fastidioso suono ancora in
sottofondo.
Sono morto?
«Boris?»
Oscillò la testa al pari di una zattera alla
deriva battendo più volte le palpebre all’ammasso violaceo nel suo campo visivo
finché non mise a fuoco lo strampalato color melanzana.
«Ivan?»
«Oh, meno male
ti sei svegliato!»
Sulla destra, al lato opposto del nanetto annuente,
si inserì il volto preoccupato di Sergej che gli batté pacatamente una pacca
sulla spalla confermandogli di non essere su una zozza strada ma in un letto,
attorniato dai suoi compagni.
Dov’è il lupo?
«Dove…sono?»
Boris sollevò a fatica il braccio tastando la
fronte fasciata pervaso da dolori in ogni parte del corpo, tranne che nella
spalla contusa. L’unico suo ricordo si discostava nettamente dalla posizione
delle bende e dalla tranquillità dei suoi due amici.
«Sei in ospedale e sono le quattro del
mattino, abbiamo insistito per restare» Sergej l’aiutò nell’impacciato
tentativo di mettersi seduto oltre che nel riempire il vuoto dei suoi ricordi
«Non ricordi nulla? Dopo la chiamata con i Bladebreakers sei caduto giù per le
scale e hai battuto la testa contro uno spigolo di marmo. La ferita non smetteva
di sanguinare e tu non riprendevi i sensi, quindi abbiamo dovuto portarti qui»
«Ho battuto la
testa?»
«Sì, perché qualcuno
ha perso fin troppo il controllo»
Boris seguì la traiettoria dello sguardo di
rimprovero registrando di fronte a sé la terza persona presente nella stanza.
Yuri a braccia incrociate all’insinuazione aveva serrato le labbra contrariato
continuando a guardarlo di sottecchi, apparentemente concentrato sul panorama
notturno esterno. Fermo e imperturbabile a una discreta distanza sociale dal
suo letto, in un atteggiamento molto più simile a Hiwatari.
Nel silenzio surreale Ivan tossicchiò
squadrando tutti loro eloquentemente.
Sergej si piazzò davanti Yuri accennando con
gesti del capo per nulla discreti verso il letto ottenendo un verso stizzito e la
faccia voltata dalla parte opposta, nello sciatto tentativo di mostrare interesse
alle deserte strade di Mosca. Boris si ritrovò a seguire la lotta come
spettatore di una partita di pingpong a ritmo con l’elettrocardiogramma, la
pallina immaginaria saltellava impazzita tra l’amico biondo spostatosi da una
parte all’altra per cercare un confronto faccia a faccia e il collo di Yuri
ormai dotato di vita propria.
«Ho capito, vado a chiamare un’infermiera»
sbottò esasperato Sergej attirando finalmente l’attenzione la completa
attenzione del capitano che lo fulminò all’istante «Ivan, vieni con me!»
«Ma…Ok! Ok! Arrivo!»
Rimasti da soli in stanza, Boris si grattò le
bende a disagio rivivendo lo strampalato sogno ai denti di Yuri digrignati in
direzione della porta. Per un attimo pensò di vederlo balzare sul letto pronto
a sbranarlo ma Yuri si limitò a puntargli addosso le sue iridi glaciali restando
completamente rigido in disparte.
La fredda luce al neon tremolò ed il ronzio intermittente
riempì l’asettica stanza facendogli desiderare di non aver mai aperto bocca
davanti quel computer. Yuri aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato con
lui, quella mezza confessione gliel’aveva estorta con la forza promettendo di
non divulgarla per poi spiattellarla proprio alla ragazza.
Era pronto ad affrontare la furia del suo
amico, ben più feroce di un lupo mannaro immaginario ma tutto quello che
ricevette fu dopo molta riluttanza un’occhiata laterale contrita e uno sbuffo
scocciato.
«Come ti
senti?»
Il solito Yuri.
«Sto bene, almeno
qui non risulto sbranato»
Boris ricadde contro lo schienale
ridacchiando leggermente al sopracciglio rosso inarcato, lasciando trasparire
con grande probabilità il messaggio totalmente opposto. Yuri inconsciamente aveva
gettato un occhio alla porta indeciso se andare a cercare un’infermiera a
propria volta o restare lì ad assecondarlo, ma il sol fatto che fosse ancora lì
senza provare ad ucciderlo significava solo una cosa.
Yuri l’aveva già perdonato.
Minimizzò il tutto scuotendo la testa, perso
nell’osservazione dell’oscillante tubicino della flebo. Era certo di non avere
alcun problema celebrale nonostante la botta alla testa, anche se il suo sogno
suggeriva un uso eccessivo di sostanze stupefacenti. Quella notte – o più
precisamente nell’imminente mattino – avrebbe potuto anche raccontare a Yuri le
strampalate associazioni della sua mente, prima di allora però, aveva un’altra
cosa da fare.
«Yuri,
ascolta…mi dispiace?»
Gli occhi azzurri si assottigliarono
pericolosamente riacquistando tutta la rabbia precedentemente perduta e persino
il tono controllato lasciò il passo ad un atteggiamento insofferente.
«Me lo stai
domandando o ti stai scusando?»
Poche erano le cose detestate da Boris, l’atteggiamento
da capetto dispotico era tra quelle. Yuri aveva l’abilità di far diventare un
ordine pure la più innocente delle domande, acido e saccente alla perenne
ricerca di avere l’ultima parola in ogni occasione. Non si trattava di pura
impressione, la posa imperiosa a braccia conserte aveva quello scopo.
«La seconda»
«Non ho capito»
Boris grugnì infastidito alla velata
soddisfazione calata sul volto pallido, era diventato la preda del maledetto lupo
predatore. Yuri gongolava ostentando la sua superiorità. Nonostante la maschera
imperturbabile era impossibile non notare il luccichio sadico dei suoi occhi e
il sorrisetto appena accennato stampato sulla faccia.
Fanculo.
«Mi dispiace»
Ripeté le sue scuse sputando contrariato ogni
singola sillaba neanche avesse fra le labbra un limone e tutta la sua reticenza
servì solo ad aumentare l’appagamento malato. Yuri sogghignava sfacciato con il
sorrisetto da schiaffi non provando nemmeno a nascondere il suo divertimento,
facendogli provare l’irrefrenabile voglia di sfilare l’ago dal braccio per
infilarlo in posti spiacevoli.
«Perfetto,
scuse accettate»
«No, dille anche
tu»
«Cosa?»
«Le due paroline
magiche»
____________________
Prompt usato: Trasformarsi in un lupo mannaro
One shot dalle 2884
parole.
Salve a tutti, io e le strane idee per i prompt siamo tornati >.>
Ho ritrovato la
lista dei prompt inseriti nella challenge e con essa si è risvegliata la fantasia.
Lo so, questa è una raccolta di one shot ma questa storia può essere letta sia
come la continuazione di quella precedente che come storia a sé.
Beatris Hiwatari mi ha messo la pulce nell’orecchio con
la sua recensione (sì, colpa tua! >.<) e ho
voluto dotare la precedente storia di un mini seguito. Anche se… lei non credo
si riferisse a questo con la sua proposta xD
Ringrazio tutti
coloro che continuano a leggerla, chi la ha recensita e chi ha inserito questi
deliri tra i preferiti/ricordati/seguiti. Vi saluto dandovi appuntamento al
prossimo prompt!
❤
Una terza e ultima parte?....Chi lo sa.
Aky
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono
proprietà di Takao Aoki, questa
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.