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Autore: Aky ivanov    26/01/2021    3 recensioni
Raccolta di momenti e vicende svariate della vita dei nostri amati blader.
Brevi racconti in evoluzione su diversi generi e personaggi.
Capitolo uno - Vado a vivere da solo
Capitolo due - Routine irrinunciabile
Capitolo tre - Halloween in casa Kinomiya (pt1)
Capitolo quattro - Halloween in casa Kinomiya (pt2)
Penso di aver appena creato l'introduzione più disastrosa di sempre.
Aprite la storia per scoprire cosa succede quando l'insonnia incontra la presentazione di una Challenge.
“Questa storia partecipa a "Una Challenge in Zucca" indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp”
Genere: Comico, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Boris, Julia Fernandez, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ Halloween in casa Kinomiya ~

- Parte due -

 

Boris imboccò velocemente le scale del condominio in cui lui e il resto della squadra vivevano stabilmente da un anno a quella parte saltando i gradini tre alla volta. Una chiazza d’acqua nel punto sbagliato e il piede adagiato male completarono il quadro facendolo rotolare giù per tutta la rampa.

Le imprecazioni rimbombarono animatamente nell’androne ad ogni singolo spigolo marmoreo conficcato nelle costole finché lo strappo alla spalla e una ringhiera afferrata al volo non lo salvarono dal finire dritto contro il muro del pianerottolo.

Rialzatosi frettolosamente riprese a correre incitato dal suo stesso istinto di sopravvivenza che gli intimava di non fermarsi. Con un balzò oltrepassò gli ultimi due gradini fuggendo in strada, lasciandosi alle spalle la vetrata del portone incrinata ed una probabile cifra salata richiesta dall’amministratore condominiale.

Fottiti tu e quell’osceno vetro antico!

Lui nemmeno era sicuro di arrivarci all’indomani.

L’ora non era eccessivamente tarda ma nel fioco nevischio di fine ottobre neppure la più tardiva delle persone rincasava. Erano tutte già rinchiuse nel caldo e accogliente confort familiare abbandonandolo tutto solo in mezzo ad una strada deserta, a correre per la vita, con un pazzo alle calcagna.

«Kuznestov!»

Cognome? Quello non era un buon segno.

«Ehi Yuri! Corsetta pre-cena anche tu?»

Boris voltandosi indietro abbozzò un sorrisetto continuando a correre lungo la riva del Moscova, deciso a non rallentare nemmeno per un’istante. Yuri aveva delle gambe fin troppo allenate, una specie di ninja in incognito sbucato fuori da un qualche telefilm giapponese. Saltava sui cassonetti, prendeva strade parallele camminando sulle ringhiere e schivava le palle di neve che gli lanciava contro per rallentarlo senza mai perdere il contatto visivo con i suoi occhi.

Al triplo salto mortale carpiato con avvitamento giù da una delle gru di un cantiere sul quale non l’aveva nemmeno visto salire, Boris iniziò a provare un briciolo di paura.

Questo mi ammazza.

«Io ti uccido!»

Appunto.

«Che diavolo ne potevo sapere io che la spagnola sarebbe stata a casa Kinomiya?!»
Accelerò svoltando in una delle stradine secondarie sulla sinistra tra assi lignee fracide e gatti randagi saltati via al suo passaggio, incespicando sul terreno alla fioca luce dei lampioni distanti. Una volta giunto sulla strada principale adocchiò l’insegna sbilenca del minimarket ancora aperto ricordandosi a malapena le buone maniere al suo ingresso. Sfrecciò risoluto oltre le casse, diretto agli scaffali labirintici con la speranza di far perdere le sue tracce. Era giunto in un luogo pubblico. Yuri si sarebbe trattenuto.

«Non puoi sfuggirmi, lo sai vero?»

Boris si asciugò la fronte imperlata di sudore alla voce del capitano ridotta a sussurro inquietante. Yuri non si vedeva da nessuna parte nel reperto in cui si era nascosto eppure il pericoloso ragazzo gli risultava fin troppo vicino, quasi a portata d’orecchio. Dopo aver ripreso fiato scivolò cautamente dietro il bancone dei surgelati, sporgendosi quel tanto per osservare il corridoio di fronte totalmente deserto. Lentamente, per non stridere le suole bagnate sul pavimento lucido, mosse un passo semi accovacciato in terra guardando circospetto a destra e sinistra. Solo quando fu certo di poter proseguire indisturbato si rialzò totalmente.

«Vai da qualche parte?»

Boris sbarrò gli occhi al gelido contatto sul collo.

Il coltello da cucina appartenente al servizio di posate da quattro soldi comprato per la loro casa era puntato sulla gola e la punta ricurva premeva contro la pelle. Ridusse al minimo anche il solo deglutire intimorito dalla glaciale minaccia e dall’arma innocentemente brandita alle sue spalle. Doveva riacquistare il sangue freddo ed elaborare una via di fuga.

Una mossa che gli permettesse di uscire indenne. 

Era affezionato alla propria giugulare.

«Yuri…non ti sembra di star esagerando?»

«No»

Il colpo di tosse di circostanza fermò il leggiadro movimento della lama pronta a stringere amicizia con la sua arteria preferita.

«Scusate ragazzi, io dovrei chiudere. Potreste gentilmente finire i vostri acquisti?»

Boris sollevò un sopracciglio squadrando il nonnetto appoggiato al bastone da passeggio, più basso di lui di buoni trenta centimetri con un sorriso calmo e tranquillo sul volto rugoso.

Ma lo hai visto che mi sta puntando un coltello alla gola?!

Il proprietario li fissava in attesa sorreggendosi la schiena dolorante, noncurante di essere il possibile testimone di un altrettanto possibile omicidio. Come se non vi fosse nulla di anormale nell’incontrare due adolescenti disfatti nel negozio, di cui uno armato e sul procinto di uccidere l’altro.

Boris giunse alla conclusione che gli occhiali a fondo di bottiglia avevano una gradazione sicuramente sbagliata.

«Non devo acquistare nulla. Non vede in che posizione mi trovo?!»

Le rughe sulla fronte dell’uomo divennero più pronunciate e il volto rachitico raggiunse indagatore il suo sempre più perplesso, talmente vicino da fargli intravedere attraverso le spesse lenti due occhietti grigi spalancarsi.

Lo vede ora? C’è un coltello!

Il bastone batté istantaneamente sul pavimento facendogli prendere un mezzo infarto.

Il vecchio iniziò ad agitarlo come un’asta da majorette passandolo da una mano all’altra, assumendo ridicole posizioni inesistenti di una qualche arte marziale orientale fino a posizionarsi infine con una delle ginocchia sollevata davanti a lui.  
Nel riflesso sul distributore di bibite Boris poté vedere lo stesso barlume sconcertato attraversare il volto di Yuri agli svariati gesti nonsense.

«Via, teppisti! Fuori dal mio negozio!» il piede cominciò a scalciare il vuoto colpito da un tic nervoso accompagnato dai lunghi baffi ondeggianti «Altrimenti sarò costretto ad utilizzare la mia mossa segreta!»

Ma che caz

«Lei lo sa che non è Jackie Chan, vero?»

Boris evitò per un soffio il colpo rotante del vecchio scaraventatosi contro di lui ed approfittò del momento di distrazione per rovesciare lo scaffale pieno di snack addosso al suo capitano. L’acciaio gelido della lama vagante gli sfiorò il collo spingendolo a correre a perdifiato verso l’uscita.

Di nuovo in strada non ci volle molto prima che i passi frettolosi tornassero presenti alle sue spalle.

Al diavolo Kinomiya e le sue feste!

Il cellulare con un ultimo segnale sonoro gli disse addio senza fargli terminare la composizione del numero per le emergenze, spegnendosi nonostante la batteria carica.

A corto di fiato e con i nomi del calendario ormai esauriti afferrò il palo di un lampione dandosi lo slancio per curvare a destra in direzione della zona periferica, oltrepassando con i polmoni sotto sforzo un ladro intento a scassinare la serratura di un’auto. Per un frangente pensò di unirsi al malvivente per ottenere una macchina che avrebbe semplificato la sua fuga ma la voce incazzosa di Yuri fece fuggire a gambe levate persino l’esperto criminale.

Ma…era Vorkov?

«Smettila di correre come un codardo e affrontami!»

«Sì, certo. Così mi pianti il coltello nella gola!»

«Lo farò comunque!»

Una moto gli sfrecciò davanti bloccandogli l’avanzata davanti la porta di una donna intenta a portar fuori la spazzatura. Boris si scostò le ciocche sudaticce dalla fronte aprendosi nel più affabile dei sorrisi in completo affanno. L’effetto sortito fu il contrario. Senza ascoltare la richiesta di aiuto la signora gli sbatté in faccia la porta lasciandolo a boccheggiare con la mano sollevata.

«Maledetta zitella, aiutami!»

Boris urlò incavolato verso la persiana dietro la quale la donna si era nascosta ma fu costretto ben presto a riprendere la maratona senza fine nelle solitarie vie di Mosca, afflitto dalla stanchezza e dai crampi della fame per una cena mai assaporata.

«Kuznestov!»

«Oh, fanculo Yuri!» le scarpe slittarono sulla neve facendogli perdere momentaneamente l’equilibrio «Se te la fossi portata a letto come ti avevo suggerito di fare a quest’ora non staresti correndo come un disadattato insieme al sottoscritto!»

Boris accelerò con il cuore in gola alla cassetta delle lettere sradicata via con un calcio, consapevole di essersi appena condannato ad una morte piena di dolore. Yuri dopo l’ultima frecciatina non gli avrebbe concesso alcuna grazia, l’avrebbe torturato in modi persino peggiori di quelli sperimentati fra le grinfie di Vorkov. 

Maledetta Fernandez!

Al suo passaggio da corridore esperto un bambino di soli tre anni, seduto sulla ringhiera di un appartamento al terzo piano, lo salutò sornione ondeggiando allegro la manina.

Cosa diavolo ridi moccioso?!

Imprecò tra sé attraversando la strada col semaforo senza nemmeno guardare.

Ma…aspetta…

I passi rallentarono nel bel mezzo dell’attraversamento pedonale.

Cosa ci faceva un moccioso su una ringhiera?

Sopraffatto dallo spirito coscienzioso si voltò indietro finendo per essere travolto dalla furia rossa gettatasi su di lui. Trascinato nella sudicia fanghiglia sull’asfalto rotolò per diversi metri affrontando una lotta al predominio vinta infine dall’indemoniato dai folli occhi azzurri iniettati di sangue. Yuri issatosi cavalcioni sopra di lui sogghignò vittorioso inchiodandogli le braccia sul terreno, bloccandogli ogni muscolo con aria superba ostentata nella lingua famelica passata tra le labbra.

Boris inghiottì a vuoto non riconoscendo la forza sovrumana.

Yuri ha sempre avuto quei denti?

La bocca piegata in un ghigno maniacale mostrò una fila di denti bianchissimi abbelliti dai canini superiori sporgenti. Lunghi e affilati, simili a delle zanne splendenti sotto i raggi della luna piena. Boris dovette battere gli occhi un paio di volte per realizzare di non star sognando né nella vista, né nell’udito al basso ringhio gutturale proveniente dal suo capitano.

«Yuri?»

La sua chiamata apprensiva non fu minimamente calcolata dal volto niveo pian piano ricoperto da una massiccia quantità di peli rossicci apparsi anche sul resto del corpo latteo. La bistrattata felpa grigia insudiciata di terra e neve terminò la sua esistenza agli squarci aperti nel petto e sulle braccia, soccombendo alla portentosa crescita muscolare.

«Ok, bello scherzo lo ammetto!» provò a ridere ma la mano premuta improvvisamente sullo sterno glielo impedì accrescendo la sua ansia «Ti ha aiutato Ivan? L’ho sempre detto che non ha un cazzo da fare quel ragazzo…però, bella trovata il lupo mannaro. Ti si addice!»

Due orecchie canine spuntarono sulla testa vibrando su e giù al soffio del vento e un fragoroso ululato proruppe nell’aria verso la luna argentea, seguito da altri latrati lontani.

«Chi l’avrebbe mai detto, hai più amici a quattro zampe che umani!»

Boris ridacchiò senza allegria alla sua stessa battuta con il vago presentimento di non essere vittima di uno scherzo, ma troppo razionale per ammettere l’esistenza di creature sovrannaturali. Il suo amico era sempre stato abbastanza particolare, una volta aveva persino deciso di allevare un cucciolo di lupo portandolo in casa. Certo, aveva trovato strano il morboso attaccamento per il sacco di pulci e il fatto che l’avesse addirittura buttato fuori dalla camera per avere il lupo sempre con sé, ma da lì a pensarlo come un licantropo…era assurdo.

«Tu parli troppo, muori!»

Le fauci della bestia si spalcarono grondando chili di bava sulla sua giacca prima di richiudersi con uno scatto sulla spalla. Avvertì i denti affondare nella giacca penetrando la pelle e contrariamente a tutta le sue supposizioni si ritrovò a urlare e scalciare per il dolore cercando di scacciare il suo pseudo amico.

La scia cremisi colò via dalle zanne nella vista appannata.
Yuri sollevò il muso impregnato di sangue quasi del tutto invisibile nel manto se non per il pungente odore ferroso penetrato nelle narici. La lingua lo raccolse strisciando vogliosa sul ghigno distorto, sempre più ingorda, sempre più implacabile verso la sua vendetta.

Boris colpito dall’attacco di tosse serrò le palpebre placando lo sfarfallio fastidioso mentre l’amarognolo sapore di ruggine risalito lungo la gola gorgogliava per uscire. La spalla dilaniata bruciava al sol contatto con l’aria e nell’ovattata percezione si ritrovò a chiedersi sempre più confuso come un errore l’avesse portato a quel punto. In tutte le sue visioni di dipartita non aveva mai pensato di lasciare le penne per mano del suo migliore amico.

«Addio, Boris»

 

Pling.

 

Il sangue picchiettò sull’asfalto segnalando la sua fine in una strana ma accogliente melodia che lo stava accompagnando all’altro mondo.

 

Pling.

 

Lento e costante, un suono così familiare.

 

Pling.

 

 

Pling.

 

 

Bip.

 

 

Bip?

 

Boris credette di essere ritornato al post sbornia del suo compleanno di diciotto anni. La testa vorticava a velocità inaudite nel buio dell’incoscienza combattendo il suo desiderio di sollevare le palpebre. Con uno sforzò riuscì ad aprire gli occhi in un confuso e distorto ambiente bianco disseminato di macchie colorate e il fastidioso suono ancora in sottofondo.

Sono morto?

«Boris?»

Oscillò la testa al pari di una zattera alla deriva battendo più volte le palpebre all’ammasso violaceo nel suo campo visivo finché non mise a fuoco lo strampalato color melanzana.

«Ivan?»

«Oh, meno male ti sei svegliato!»

Sulla destra, al lato opposto del nanetto annuente, si inserì il volto preoccupato di Sergej che gli batté pacatamente una pacca sulla spalla confermandogli di non essere su una zozza strada ma in un letto, attorniato dai suoi compagni.

Dov’è il lupo?

«Dove…sono?»

Boris sollevò a fatica il braccio tastando la fronte fasciata pervaso da dolori in ogni parte del corpo, tranne che nella spalla contusa. L’unico suo ricordo si discostava nettamente dalla posizione delle bende e dalla tranquillità dei suoi due amici.

«Sei in ospedale e sono le quattro del mattino, abbiamo insistito per restare» Sergej l’aiutò nell’impacciato tentativo di mettersi seduto oltre che nel riempire il vuoto dei suoi ricordi «Non ricordi nulla? Dopo la chiamata con i Bladebreakers sei caduto giù per le scale e hai battuto la testa contro uno spigolo di marmo. La ferita non smetteva di sanguinare e tu non riprendevi i sensi, quindi abbiamo dovuto portarti qui»

«Ho battuto la testa?»

«Sì, perché qualcuno ha perso fin troppo il controllo»

Boris seguì la traiettoria dello sguardo di rimprovero registrando di fronte a sé la terza persona presente nella stanza. Yuri a braccia incrociate all’insinuazione aveva serrato le labbra contrariato continuando a guardarlo di sottecchi, apparentemente concentrato sul panorama notturno esterno. Fermo e imperturbabile a una discreta distanza sociale dal suo letto, in un atteggiamento molto più simile a Hiwatari.

Nel silenzio surreale Ivan tossicchiò squadrando tutti loro eloquentemente.

Sergej si piazzò davanti Yuri accennando con gesti del capo per nulla discreti verso il letto ottenendo un verso stizzito e la faccia voltata dalla parte opposta, nello sciatto tentativo di mostrare interesse alle deserte strade di Mosca. Boris si ritrovò a seguire la lotta come spettatore di una partita di pingpong a ritmo con l’elettrocardiogramma, la pallina immaginaria saltellava impazzita tra l’amico biondo spostatosi da una parte all’altra per cercare un confronto faccia a faccia e il collo di Yuri ormai dotato di vita propria.   

«Ho capito, vado a chiamare un’infermiera» sbottò esasperato Sergej attirando finalmente l’attenzione la completa attenzione del capitano che lo fulminò all’istante «Ivan, vieni con me!»

«Ma…Ok! Ok! Arrivo!»

Rimasti da soli in stanza, Boris si grattò le bende a disagio rivivendo lo strampalato sogno ai denti di Yuri digrignati in direzione della porta. Per un attimo pensò di vederlo balzare sul letto pronto a sbranarlo ma Yuri si limitò a puntargli addosso le sue iridi glaciali restando completamente rigido in disparte.

La fredda luce al neon tremolò ed il ronzio intermittente riempì l’asettica stanza facendogli desiderare di non aver mai aperto bocca davanti quel computer. Yuri aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato con lui, quella mezza confessione gliel’aveva estorta con la forza promettendo di non divulgarla per poi spiattellarla proprio alla ragazza.

Era pronto ad affrontare la furia del suo amico, ben più feroce di un lupo mannaro immaginario ma tutto quello che ricevette fu dopo molta riluttanza un’occhiata laterale contrita e uno sbuffo scocciato.

«Come ti senti?»

Il solito Yuri.

«Sto bene, almeno qui non risulto sbranato»

Boris ricadde contro lo schienale ridacchiando leggermente al sopracciglio rosso inarcato, lasciando trasparire con grande probabilità il messaggio totalmente opposto. Yuri inconsciamente aveva gettato un occhio alla porta indeciso se andare a cercare un’infermiera a propria volta o restare lì ad assecondarlo, ma il sol fatto che fosse ancora lì senza provare ad ucciderlo significava solo una cosa.

Yuri l’aveva già perdonato.

Minimizzò il tutto scuotendo la testa, perso nell’osservazione dell’oscillante tubicino della flebo. Era certo di non avere alcun problema celebrale nonostante la botta alla testa, anche se il suo sogno suggeriva un uso eccessivo di sostanze stupefacenti. Quella notte – o più precisamente nell’imminente mattino – avrebbe potuto anche raccontare a Yuri le strampalate associazioni della sua mente, prima di allora però, aveva un’altra cosa da fare.

«Yuri, ascolta…mi dispiace?»

Gli occhi azzurri si assottigliarono pericolosamente riacquistando tutta la rabbia precedentemente perduta e persino il tono controllato lasciò il passo ad un atteggiamento insofferente.

«Me lo stai domandando o ti stai scusando?»

Poche erano le cose detestate da Boris, l’atteggiamento da capetto dispotico era tra quelle. Yuri aveva l’abilità di far diventare un ordine pure la più innocente delle domande, acido e saccente alla perenne ricerca di avere l’ultima parola in ogni occasione. Non si trattava di pura impressione, la posa imperiosa a braccia conserte aveva quello scopo.

«La seconda»

«Non ho capito»

Boris grugnì infastidito alla velata soddisfazione calata sul volto pallido, era diventato la preda del maledetto lupo predatore. Yuri gongolava ostentando la sua superiorità. Nonostante la maschera imperturbabile era impossibile non notare il luccichio sadico dei suoi occhi e il sorrisetto appena accennato stampato sulla faccia.

Fanculo.

«Mi dispiace»

Ripeté le sue scuse sputando contrariato ogni singola sillaba neanche avesse fra le labbra un limone e tutta la sua reticenza servì solo ad aumentare l’appagamento malato. Yuri sogghignava sfacciato con il sorrisetto da schiaffi non provando nemmeno a nascondere il suo divertimento, facendogli provare l’irrefrenabile voglia di sfilare l’ago dal braccio per infilarlo in posti spiacevoli.

«Perfetto, scuse accettate»

«No, dille anche tu»

«Cosa?»

«Le due paroline magiche»

 

____________________


Prompt usato: Trasformarsi in un lupo mannaro

One shot dalle 2884 parole.

 

Salve a tutti, io e le strane idee per i prompt siamo tornati >.>
Ho ritrovato la lista dei prompt inseriti nella challenge e con essa si è risvegliata la fantasia. Lo so, questa è una raccolta di one shot ma questa storia può essere letta sia come la continuazione di quella precedente che come storia a sé.

Beatris Hiwatari mi ha messo la pulce nell’orecchio con la sua recensione (sì, colpa tua! >.<) e ho voluto dotare la precedente storia di un mini seguito. Anche se… lei non credo si riferisse a questo con la sua proposta xD

 

Ringrazio tutti coloro che continuano a leggerla, chi la ha recensita e chi ha inserito questi deliri tra i preferiti/ricordati/seguiti. Vi saluto dandovi appuntamento al prossimo prompt!

Una terza e ultima parte?....Chi lo sa.

 

Aky

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 

   
 
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