Fanfic su attori > Benedict Cumberbatch
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Autore: Dangerina15    27/01/2021    0 recensioni
Non riesce a controllare i pensieri, sente il bisogno di dire ogni cosa che il cuore gli suggerisce e tutto si ricollega ad un sola parola: un giglio. Per la precisione, il suo giglio bianco.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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1.


Non ha mai sopportato il velluto rosso utilizzato per tappezzare le sedie; conferivano all’ambiente un’aurea troppo gotica per i suoi gusti. Inoltre, la sensazione viscida che le mani avvertivano ogni volta che sfioravano il morbido cuscino rivestito di quel tessuto lo infastidiva. Non ha mai apprezzato neanche le tende alle finestre, in tinta con il rosso della tappezzeria. A dire il vero, non avrebbe neanche mai voluto recarsi in quel luogo! Ma ha dovuto farlo.
Era necessario.
Le mani strette tra loro sudano incessantemente, in un continuo stato di tensione che non lo lascia dal momento in cui ha varcato la soglia d’ingresso; gli occhi profondi e striati d’azzurro e verde si perdono in un vuoto di pensieri ed emozioni, lo sguardo fisso su un quadro di Monet, una perfetta imitazione di quei papaveri che avevano reso celebre il suo artista. Si era chiesto mille volte se aveva davvero bisogno di questo momento e la risposta era sempre la stessa.
‘Devi capire. Non c’è altro modo.’
Dicevano che fosse la migliore nel suo campo, silenziosa e discreta, capace di liberarti il cuore e l’anima dalle oppressioni che li tormentano; ed era allora che aveva accettato di parlarle, di confrontarsi e di “liberarsi”.
Un tremolio alla gamba lo rende nervoso ed inquieto; una sensazione del tutto nuova per uno come lui, che delle emozioni aveva fatto il suo pane quotidiano. Mille pensieri gli passano per la mente, ma uno in particolare è il suo chiodo fisso, il vero motivo che lo ha spinto a scegliere di prendersi quel venerdì pomeriggio libero da altri impegni per dedicarsi a sé e al suo “problema”.
La donna davanti a lui rimane in silenzio ad osservarlo, spostando gradualmente la sua attenzione ad ogni movimento che emerge da quello stato di preoccupazione e tensione chiaramente leggibile. Con la mano, scosta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sistema leggermente sul naso gli occhiali verde scuro. Pratica la professione da qualche anno e, fino ad ora, non le è mai capitato un paziente così taciturno. In realtà non le è mai capitato un paziente come lui e questo la rende nervosa ma allo stesso tempo entusiasta e curiosa. Si chiede quale problema potesse mai avere un uomo della sua importanza e del suo stato; di sicuro per essersi trovato nel suo studio doveva essere qualcosa di veramente importante.
 Sono trascorsi già venti minuti da quando, seduti l’uno dinnanzi all’altro, hanno iniziato la loro prima sessione di ascolto, ma tra loro è piombato un silenzio assordante che non sembra voler interrompersi. La donna si immerge per un attimo nella cartellina che tiene poggiata sulle sue gambe e, prendendo la penna dal tavolo accanto a lei, annota qualcosa di veloce.
«E’ la sua prima volta dallo psicologo, non è così?»
Il suo viso calmo e sorridente incrocia lo sguardo dell’uomo dinnanzi a lei, che sembra aver bisogno di essere rassicurato.
«E’ così evidente?» risponde emettendo un sospiro.
La donna sorride ancora e chiude la cartellina sulle sue gambe.
«So che può sembrare una condizione innaturale per lei, ma le assicuro che può fidarsi di me. In fondo è il mio mestiere.»
Benedict accenna un sorriso; il tremolio alla gamba sembra essere rallentato e una piacevole sensazione di rilassamento comincia a pervadere i suoi muscoli contratti e tesi. Gli occhi di quella donna gli trasmettono tranquillità e gli ricordano il perché di quella seduta e ciò che lo ha condotto lì.
«Da questo momento in poi avrò bisogno di darle del “tu”, per lei va bene?»
«Si, certo.»
«Molto bene, Benedict. Tu potrai fare lo stesso: il mio nome è Emily. Adesso ti porrò una serie di domande e ho bisogno che tu mi risponda senza pensarci troppo su, d’accordo?»
Benedict fa cenno con il capo e si sistema meglio sulla sedia vellutata di rosso. Emily riprende la penna e un foglio bianco:
«Nome di battesimo.»
«Benedict Timothy Carlton Cumberbatch.»
Emily appunta velocemente la risposta sul foglio, per quanto conoscesse bene il nome e cognome dell’uomo a cui stava rivolgendo le sue domande.
«Età.»
«39.»
Il rumore della penna sul foglio è leggero ma veloce.
«Se ti dico la parola “rosso”, a cosa pensi?»
Benedict non ha alcun dubbio.
«Velluto.»
«E se ti dicessi “emozione?»
«Lavoro.»
«La parola “famiglia”?»
«Stabilità.»
Un attimo di silenzio.
«Cosa vuol dire per te “importante”?»
Il battito cardiaco di Benedict aumenta leggermente di ritmo.
«Direi…” essenza”, credo.»
«”Fiore?”»
La mente di Benedict corre più veloce delle sue parole.
«Giglio.»
Non riesce a controllare i pensieri, sente il bisogno di dire ogni cosa che il cuore gli suggerisce e tutto si ricollega ad una sola parola…
«Qual è la cosa che ritiene più preziosa?»
«Lily.»
Un lungo silenzio si frappone tra i due interlocutori. Benedict prende un grande respiro e si alza dalla sedia, guardando fuori dalla finestra. Emily lo osserva in silenzio; sa bene che bisogna lasciare i pazienti ai loro momenti di riflessione; li aiutano a sentirsi connessi con le loro emozioni più profonde e a lasciare che fuoriescano da sole.
Quando Benedict torna a sedersi, Emily gli sorride.
«Vorrei ascoltare la storia di Lily. Ti va di raccontarmela?»
  
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