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Autore: syila    28/01/2021    3 recensioni
Il Palazzo d'Estate non aveva un centro.
Come il delta di un fiume, una volta oltrepassato il grande portone laccato, si disperdeva in mille rivoli tra padiglioni, terrazze, ponti e giardini che s'inerpicavano sulle pendici della Montagna di Giada fino a perdersi oltre il velo leggero delle nebbie.
La luce crepuscolare in cui era sempre avvolto quel lembo del Reame degli Spiriti lo rendeva ancor più irreale; i suoi edifici galleggiavano nel vuoto, circondati dall'aureola delle lanterne, mentre i drappi delle casate che li avevano abitati nei secoli sventolavano al capriccio della brezza, come grandi vele di seta sfilacciata.
A Leng Ye Xue quel luogo aveva sempre ispirato un senso di decadenza e malinconia, era un'eredità del passato di cui non aveva mai avuto troppa cura; a differenza dei suoi predecessori, non aveva mai fatto nulla per ingrandirlo o abbellirlo.
Era anche abbastanza certo che ci fossero alcune stanze in cui non aveva mai messo piede.
Dei vivaci schiamazzi lo distolsero dalla contemplazione della luce lunare che inargentava i tetti d'ardesia; probabilmente il suo ospite aveva scoperto lo stagno delle anatre.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bagliori d'Oriente'
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Attenzione! Nei prossimi due capitoli il registro linguistico potrebbe deragliare di tanto in tanto, perché il co-protagonista si lascia andare a qualche licenza poetica molto... volgare! Portate pazienza è un giovane francese testa calda... :3
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Capitolo III
I barbari alle porte

"Per sgominare i barbari bisogna servirsi dei barbari "
Proverbio cinese
Immorali.
Deprecabili.
Svergognati.
Spudorati.
Volgari.


Fermo all'ingresso della locanda La lanterna fatata il maestro Leng Ye Feng passava in rassegna ogni epiteto conosciuto in grado di etichettare gli strepiti degli avventori seduti all'esterno della piccola terrazza panoramica.
Quando le risate sguaiate arrivavano al picco le sue dita stringevano la fusciacca legata alla vita, dove di consuetudine portava appesa la spada.
Probabilmente era un bene che quella sera l'avesse lasciata alla pagoda.
Uno dei ragazzi, perché di ragazzi si trattava in fondo, teneva banco e trovava il modo di riattizzare la baraonda se questa minacciava di spegnersi sul fondo di un bicchiere.
Conosceva il tono acuto e squillante della sua voce, nonostante fosse impastato a causa dell'alcol.
Quello era il suo allievo e gli ripugnava perfino il pensiero di definirlo così.
In maniera più appropriata, quella era la sua croce.
Secondo un credo che non gli apparteneva, ma che aveva studiato in passato, ogni uomo aveva un fardello da portare durante la sua vita, composto da dolori, peccati, rimpianti, occasioni perdute o sprecate.
A lui era toccata in sorte una croce davvero ingombrante e il fatto che dovesse portarla un mese soltanto non la rendeva meno gravosa.
Perché l'aveva accettata?
Perché se ne stava facendo carico?
Cosa gli impediva di andare sul terrazzo, prendere il pessimo soggetto e la sua compagnia di cialtroni e scaraventarli di sotto?
Le probabili conseguenze coi maghi di Serannian?
I rimproveri di Xue Ge?
Non si butta la gente da una scarpata wănbèi*, specie se non sa volare!
No, doveva essere qualcos'altro.
Ah, giusto.
La promessa.
Aveva impegnato la sua parola e per un uomo la parola d'onore è tutto.
Ad un Signore degli Shen spesso era l'unica cosa che rimaneva della sua esistenza mortale.

L'oste intanto lo aveva invitato ad accomodarsi e Ye Feng aveva risposto con un pacato cenno di diniego.
L'uomo, che aveva una certa esperienza nelle cose del mondo, capì come sarebbe finita e si defilò, affrettandosi a mettere in salvo le bottiglie e le giare più preziose.

Al vederlo comparire l'entusiasmo della compagnia si raffreddò, l'orientale emanava un'aura così cupa che i pochi avventori rimasti preferirono svignarsela con la scusa dell'ora tarda.
Anche i ragazzi attorno al tavolo si consultarono in un muto scambio di occhiate, poi ad uno ad uno si alzarono e presero la via dell'uscita.
“I topi abbandonano la nave che affonda...” commentò sarcastico il capo della cricca.
“Ehi Lafayette quelli sono grandissimi cazzi tuoi! Non provare a tirarci dentro ai casini come fai di solito!” gli rispose un gigante dai capelli rossi, indicando il paludato gentiluomo in bianco.
Per via della sua stazza poteva a buon diritto aspirare al titolo di campione dei pesi massimi, tuttavia era chiaro che il cinese gli faceva una paura fottuta e non si curava nemmeno di nasconderlo.



“Già che sei qui accomodati” il giovane, rimasto da solo, aprì le mani ed indicò con un gesto magnanimo il tavolo ormai vuoto “Ti verso da bere? L'assenzio della casa è squisito, un vero nettare.”
“Non bevo mai.” rispose l'interpellato, che però accettò l'invito a sedersi e prese posto di fronte a lui.
“Allora lo berrò io, a giudicare dalla tua faccia mi servirà. Comunque... non che si capisca qualcosa dalla tua espressione, saresti un perfetto giocatore di poker.”
Il mago riempì fino all'orlo il bicchierino in cristallo, lo sollevò e scrutò attentamente l'uomo che lo osservava silenzioso e composto oltre il tremulo schermo trasparente.
“No, niente da fare, anche attraverso questa tonalità smeraldo resti comunque una enorme spina nel culo.”
“Sei ubriaco.” constatò Ye Feng, lasciando cadere la provocazione.
“Ubriaco oltre ogni ragionevole dubbio Signor Giudice! Invoco le attenuanti generiche: da qualche giorno un grazioso mostro con gli occhi a mandorla mi perseguita e dato che non posso liberarmene, sbronzarmi lo rende più sopportabile.”
Il ragazzo scoppiò a ridere mettendo a rischio il bicchiere e il suo contenuto, poi fece per portarlo alle labbra, ma l'altro fu più veloce, gli afferrò il polso e lo costrinse a posare il liquore sul tavolo.
Nonostante la manovra brusca il liquido verde ondeggiò appena, senza rovesciarsi.
“Non bere Alaric.”
Se c'era una cosa in grado di far imbestialire il francese più delle pretese di quella statua di sale era che gliele rivolgesse con gentilezza, lasciandole cadere dall'alto della sua maledetta illuminazione.
“Oppure?” lo istigò di nuovo “Mi mandi a letto senza cena?”
“Le risposte che cerchi non sono dentro un bicchiere, giovane apprendista.”
Ad Alaric parve che il “giovane apprendista”, infilato alla fine del discorso in maniera quasi causale, fosse stato scelto apposta per rimarcare le loro differenze, semmai ce ne fosse stato bisogno.
Niente li accomunava e non c'era un singolo ragionamento sul quale non finissero ai ferri corti dopo un paio di battute.
Si detestavano eppure non riusciva a farsi odiare abbastanza da spingerlo a levare le tende, in modo da riprendere la sua beata nullafacenza.
“Risparmiati la predica, sono troppo ubriaco per ascoltarla.”
“Non sono venuto per farti la predica, voglio solo riportarti a casa.”
“Ti sei disturbato per niente, conosco la strada e resterò qui finché rimarrà dell'assenzio nella bottiglia, ho pagato e intendo scolarmelo tutto.”
Ye Feng guardò la bottiglia rimasta incustodita sul tavolo e poi la spinse a terra; il vetro si ruppe accompagnando gli strepiti indignati del ragazzo.
“Adesso il liquore è finito.” annunciò, indifferente ai suoi insulti.
“Oh tu! Tu sei un gradissimo stronzo! Sprecare del buon assenzio in questo modo!”
“Ti ripagherò il danno e parleremo di questo quando sarai in grado di ragionare lucidamente.”
“Noi ne parliamo adesso invece!”
Il tono misurato del maestro Leng lo aveva esasperato facendogli dimenticare la prudenza, che avrebbe suggerito di evitare uno scontro fisico con lui.
Scattò in avanti, deciso a cancellare l’espressione di serafica imperturbabilità dalla sua bella faccina orientale, però nel momento in cui fece per alzarsi si accorse che le gambe tremavano e non riuscivano a a sostenere il suo peso, sembravano fatte di gelatina.
Alaric aveva i pensieri annebbiati dall'alcol e gli servì qualche istante per elaborare una spiegazione: quel demonio non gli aveva mai lasciato il polso e premendo su un punto particolare aveva tolto la sensibilità ai nervi lasciandolo senza forze.
Quindi lo stronzo era lui, che si era fatto distrarre dalle sue chiacchiere senza badare ai gesti!
“Fanculo la medicina cinese e i tuoi meridiani!” biascicò accasciandosi sul tavolo e prima di precipitare nell'incoscienza volle togliersi la soddisfazione di avere l'ultima parola “Non hai idea di quanto ti... detesto!”

Al maestro Leng Ye Feng non rimase che raccogliere la sua croce e portarla a casa.
La storia si ripete, pensò sul filo di un lieve sospiro.
Del resto l'aveva conosciuto così esattamente una settimana prima...



Seguire Ye Xue in quella strampalata dimensione magica si era rivelata da subito una pessima scelta; il maestro era corso appresso ad una “Candida Nuvola”* il giorno stesso del loro arrivo, mentre gli altri era stati catalizzati dalle meraviglie tecnologiche del laboratorio sulla cascata.
Lui era rimasto da solo a badare al giovane vampiro che si erano portati appresso, il quale, coi suoi ritmi di vita ribaltati e l'età mentale di un bambino di cinque anni, metteva a repentaglio la sua sopravvivenza senza nemmeno rendersene conto.
Voleva vedere tutto, toccare tutto, conoscere tutti e i maghi, notoriamente persone molto riservate, mal tolleravano le continue intromissioni dell'esuberante creatura della notte.
Fu per tentare di mettere un freno alle sue scorrerie che inciampò in quella minuscola bottega senza insegna ricavata alla base di una torre medievale.
Dieter aveva una sorta di sesto senso verso le cose stravaganti e più erano inutili, più suscitavano il suo incondizionato entusiasmo.
Nella fattispecie si trattava di giocattoli, armi, esotici ninnoli meccanici stipati a casaccio nell'unica vetrina male illuminata della botteguccia.
Aveva provato a trattenerlo, ma il vampiro gli era sgusciato via dalle mani, usando la capacità sovrannaturale delle creature notturne di muoversi veloci come il vento.
Nel tempo impiegato a seguirlo all'interno l'altro aveva già arraffato un mucchio di oggetti e, stringendoli tra le braccia, chiedeva ad alta voce del padrone per poterli acquistare.
Il proprietario del caotico negozio si manifestò poco dopo; uscì a sorpresa dall'anta di un armadio e iniziò subito ad inveire contro i due che lo avevano disturbato fuori dall'orario di apertura.
Quando realizzò che non erano maghi il suo disappunto si tramutò in rabbia e cominciò a sbraitare, intimandogli di uscire e intercalando l'invito ad una serie di insulti, di cui il più gentile era “Sporche sanguisughe”.
Lui aveva cercato di spiegare le loro ragioni e soprattutto di chiarire la differenza tra un vampiro e un Signore degli Shen, però all'esagitato giovanotto non poteva importare di meno e alle minacce erano seguiti i fatti.
Senza sapere come si era trovato con un paio di manette magiche ai polsi e decise che aveva tollerato abbastanza l’arrogante maleducazione del venditore.
Ricordava di aver spedito Dieter ad avvisare gli altri, poi tutto si era fatto confuso, come ogni volta che veniva meno l'equilibrio delle pulsioni opposte di cui era tessuta la sua anima.




Alaric era riuscito a trascinarsi in bagno nonostante i postumi di una sbronza devastante e ne era uscito mezzora più tardi, abbastanza lucido da capire che aveva dormito gran parte della giornata.
Questo portava ad un'immediata quanto spiacevole conseguenza: quel tanghero dagli occhi a mandorla era ormai prossimo al risveglio.
Mentre si vestiva, pescando gli indumenti a caso dall'armadio, gettò uno sguardo alla finestra e valutò che forse poteva scappare come la sera precedente, evitando la reprimenda morale sulla sua dissolutezza.
Si affacciò alle scale e tese l'orecchio: la torre era silenziosa.
Molto bene.
Invece di rischiare l'osso del collo calandosi dalla grondaia sarebbe passato dalla porta principale e tanti saluti alla Spina nel culo.
Se avesse attuato lo stesso piano di evasione ogni giorno la fine del mese sarebbe arrivata in un attimo.
Certo doveva affinare alcuni dettagli: ad esempio studiare un incantesimo per impedirgli di trovarlo sempre, come se avesse un dannato GPS incorporato.
Zampettando leggero sui gradini scese i due piani che lo separavano dalla bottega, ma quando mise piede sul pavimento di pietra sentì un delicato tintinnare di campanelli; guardò in basso e vide un sottilissimo filo metallico teso ad un palmo da terra.
“Che diavolo...” mormorò saggiandolo col dito; era quasi invisibile oltre ad essere affilato come un rasoio.
“Alaric sei tu?”
“Cristo santo!” ruggì l'interpellato “Una trappola! Hai piazzato una cazzo di trappola in casa mia!”
“Volevo essere informato del tuo risveglio” rispose cortese il maestro Leng appoggiato alla ringhiera delle scale “e prevenire la tua fuga; che del resto era un evento largamente prevedibile.”
La nota compiaciuta della sua voce istigò nel giovane apprendista violenti propositi omicidi; non solo la serata era andata a puttane, ma lo aspettava una notte di studio e soprattutto una lunga, spiacevole ramanzina.



Dieci minuti più tardi erano seduti uno di fronte all'altro nella stanza che il cinese aveva requisito d'autorità; a dividerli c'era un basso tavolino da calligrafia su cui erano disposti in bell'ordine alcuni fogli di pregiata carta a mano, dei pennelli dal manico in avorio cesellato e un calamaio di porcellana pieno di inchiostro nero.
Nel tempo impiegato dal maestro Leng ad accendere un bastoncino d'incenso il francese aveva già studiato almeno una dozzina di modi per lanciarglielo addosso, imbrattando le candide vesti a cui teneva tanto.
Il pensiero lo fece sorridere.
“Sono lieto che ti sia tornato il buon umore” constatò il Signore degli Shen, a cui non erano sfuggito il suo mutamento d'espressione “Perciò prima di iniziare i nostri esercizi vorrei ripassare insieme a te i punti fondamentali del nostro accordo.”
“Fottetevi tu e l'accordo!” esclamò Alaric, deciso a non subire passivamente i suoi rimproveri “Tu, il tuo compare e quell'acqua morta del mentalista mi avete estorto questo impegno col ricatto!”
“Uno strano ricatto in cui hai tutto da guadagnare.” replicò Ye Feng, con la serena consapevolezza di avere il coltello dalla parte del manico “Correggimi se sbaglio: tu eri già con un piede sulla soglia di Serannian, a tanto così dall'essere bandito.”
Il silenzio del giovane francese valse quanto un'ammissione.
“Perciò dovresti approfittare di una simile opportunità per dimostrare che sei una risorsa e non un peso morto.”
“Tu non sai un cazzo di me!” il pugno calato sul tavolino manifestò in maniera plateale la collera dell'apprendista e il calamaio si rovesciò spandendo inchiostro ovunque.
Ye Feng, senza perdere un'oncia della sua grazia, usò un lembo immacolato della manica per tamponare il liquido che stava gocciolando sul pavimento.
“Come vedi non ho paura di sporcarmi i vestiti.”
Per un attimo lo stupore fu in grado di scavalcare la rabbia: il mangiariso aveva già indovinato lo scherzo che stava architettando a suoi danni e gli aveva rovinato il divertimento.
“Spero che tu ti sia portato il cambio per i prossimi ventuno giorni, perché non ho intenzione di prestarti i miei!” rispose ironico. “Ventotto.”
“Ventotto... Cosa?”
“I giorni. Sono ventotto.”
“Tks! Hai difficoltà con la matematica a quanto sembra!”
“Affatto.” rispose Ye Feng, che mise sul tavolo un piccolo pallottoliere di legno finemente decorato “Presta attenzione: dalla stipula del nostro accordo hai occupato trentasei ore ciondolando alla locanda coi tuoi amici, ventiquattro ore sul divano a giocare o a navigare in rete, venti ore in sonnellini e pause non giustificate e sedici ore di tentativi falliti di costruire una scatola a scomparti segreti funzionante. Hai dormito cinquantasei ore, i pasti sono durati in tutto sei ore e altre sei ore le hai trascorse in bagno. Ne ricaviamo che le mie lezioni ti hanno occupato quattro ore soltanto.”
Alaric osservava allibito le agili dita del cinese muoversi tra le palline, scandendo il suo tempo come se lui ne fosse il padrone, ma era troppo sconvolto per tentare di formulare degli insulti proporzionati al suo grado di indignazione.
“I calcoli sono precisi, hai perso una settimana in sciocchezze e devi rendermene conto.”
“Tu...” iniziò l'apprendista rosso di sdegno.
“Pensa bene a ciò che stai per dire e valuta la possibilità di tenere la bocca chiusa; i signori di Serannian si aspettano da me un resoconto quotidiano sui tuoi progressi e, sebbene io non sia un mago, si sono affidati al mio giudizio perché tu manchi di tutto: buone maniere, decoro e ragionevolezza. Sei un animale selvatico, che si limita sopravvivere usando qualche scaltro espediente e dissipando le sue energie in futili interessi...”
“Lo studente è intelligente, però non si applica!” lo interruppe il giovane sogghignando “Sai quante volte l'ho sentita questa lagna? Trova di meglio se vuoi farmi stare zitto!”

“In realtà ho seri dubbi sulla tua intelligenza.” rispose lapidario il maestro Leng “Una persona intelligente farebbe tesoro dei miei insegnamenti, anzi ad essere precisi anche una persona furba riuscirebbe a trarne vantaggio, mentre tu insisti a percorrere il sentiero dell'autodistruzione con un zelo che meriterebbe più alti obiettivi.”
Il francese ammutolì e lo fissò incredulo.
“Avendone la facoltà non ti avrei mai scelto come allievo, non c'è in te nessuna virtù da coltivare, sei sordo ai buoni consigli, alle esortazioni, alle mani tese che ti offrono aiuto; tuttavia vedo che i metodi bruschi hanno qualche effetto, quindi a partire da stasera mi sento autorizzato a rendere la tua vita un vero inferno.”
Alaric continuava a tacere, nonostante nei suoi occhi chiari transitassero nubi tempestose e lampi d'odio.
“Prolungherò a piacimento il tempo che mi devi, sottraendo al mese pattuito finanche i respiri e i battiti di ciglia se lo riterrò necessario e scoprirai di voler morire ben prima che scadano i trenta giorni.” Ye Feng gli rivolse un sorriso soave, poi aggiunse “Ci sono domande o vuoi dei chiarimenti? Altrimenti possiamo passare alla lezione di calligrafia.”
L'apprendista inspirò e chiuse le palpebre; dava l'impressione di essere pronto a saltargli alla gola, invece si limitò a ribattere a bassa voce “Io non mi capacito...”
“Di cosa?”
“Di come ci possa starci tanta cattiveria dentro quel bel corpicino!”

Fine terza parte


⋆ La voce dell'intraprendenza ⋆

Carissimi con questi due capitoli cambiamo decisamente aria abbandonando le atmosfere oniriche e suggestive del Mondo degli Spiriti a favore di quelle più magiche e bizzarre del Reame di Serannian.
È qui che i due signori degli Shen si sono trasferiti, per permettere a Ye Xue di stare appresso alla sua "Candida nuvola".
Che il suo allievo non ne fosse entusiasta lo si poteva intuire, ma il diavolo ha deciso di metterci lo zampino facendogli incontrare la sua nemesi; un giovanissimo mago francese lazzarone, cialtrone e perdigiorno a cui adesso lo vediamo legato da una misteriosa "promessa" che sarà oggetto di spiegazioni nel prossimo capitolo.
Per ora gustatevi questa forzata convivenza basata su un rapporto decisamente... Conflittuale!
Ma sarà davvero così da parte di entrambi?
Sappiamo bene che per una legge fisica gli opposti si attraggono!
Come sempre ringrazio chi legge e commenta e coraggiosamente resta a bordo del cestone di vimini nonostante gli scossoni: Tenar e Oldie! *o*
Agli altri dico: non siate timidi! I signori degli Shen sono bei bravi ragazzi e non hanno mai mangiato nessuno... O-o forse si? °-°
A mediamente presto per il prossimo capitolo!

TERMINI:
wănbèi: significa allievo, discepolo, persona più giovane.
Candida Nuvola: è letteralmente il significato del nome di Yun Bai (Nuvole di un bianco purissimo).



   
 
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