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Autore: kiku_san    31/01/2021    1 recensioni
Frammenti di vita, confusi nel tempo breve di incontri rubati, possibili o impossibili.
Perdersi, ritrovarsi e di nuovo perdersi, sapendo che a loro non sarà concesso di fermarsi insieme.
[WinterWidow]
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#1.1 Mosca-
#1.2 Mosca-
#1.3Mosca-
#2.Odessa-
#3 Washington-
#4.Bucarest-
#5.Berlino-
#6.Wakanda-
#7.Birnin-Zana-
#8.New York.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: [What if] Facciamo finta che Natasha non è morta a Vormir mentre tutto il resto è rimasto inalterato, compresa la morte di Tony Stark e la decisione di Steve Rogers di fermarsi nel passato. La ragione fondamentale che mi ha “obbligata” a scrivere questa ultima one-shot non preventivata, è stata la soddisfazione di descrivere i due protagonisti finalmente felici, anche se a modo loro.


Winterwidow∞Incontri



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8. New York -2023- l’anno che non c’è.



Bucky alza gli occhi dal computer, se li sfrega massaggiandosi poi le tempie, intreccia le dita delle mani e si stiracchia le braccia, si alza e scosta le tende della finestra, fuori è scuro già da un pezzo e cade una pioggia scrosciante che ha cancellato quasi del tutto la nevicata della mattina; rimane assorto a guardare i fari delle auto incolonnate, la gente per strada nascosta dagli ombrelli, le luci dei negozi che si liquefano sull’asfalto bagnato.
Un fruscio lo fa trasalire, abbassa lo sguardo e incrocia gli occhi ambrati di Liho che lo fissa e poi con un balzo elastico raggiunge il davanzale e si siede susseguioso attratto dalle luci esterne.
“Sei preoccupato anche tu?” mormora Bucky e soprapensiero allunga la mano per una carezza, ricevendone in cambio una rapida zampata con le unghie sguainate, che gli lascia un segno rosso sulla mano.
“Liho sei un bastardo, fosse per me ti avrei già spedito fuori sotto la pioggia” impreca.
Liho lo guarda socchiudendo gli occhi, tranquillo come se non fosse successo nulla, poi si acciambella sul davanzale e lo ignora.
E’ in bagno a cercare un disinfettante, quando avverte rumore di chiavi nella serratuta dell’ingresso.
Non fa in tempo a precipitarsi fuori che sente la voce di lei e automaticamente si lascia sfuggire un sospiro di sollievo.
“Vieni qui piccolo mio, fatti coccolare un po’.”
Liho è saltato con un solo balzo giù dal davanzale e si sta sfregando contro le gambe della donna, ronfando sonoramente per essere preso in braccio, cosa che avviene prontamente.
“Pensavo stessi dicendo a me” bofonchia Bucky, gustandosi lo spettacolo appoggiato allo stipite.
Natasha alza il naso dal pelo del gatto che tiene tra le braccia, scalciando le scarpe bagnate sul pavimento.
“Scemo.”
Dà un’ultima grattatina dietro le orecchie al felino che sembra il ritratto della beatitudine e poi lo depone delicatamente a terra.
“Ora tocca a te.”
Bucky si avvicina e la stringe tra le braccia.
“Come mai così tardi, mi hai fatto preoccupare.”
Natasha si sottrae all’abbraccio, fa un passo indietro e lo fronteggia con un sorriso indulgente a sfiorarle le labbra: “Sono solo le nove tesoro, non mi sembra il caso di preoccuparsi.”
“Sei uscita stamattina dicendo che saresti tornata presto, ti ho telefonato senza ricevere risposta, cazzo Nat che ci voleva a mandarmi almeno un messaggio.”
“Sai che non mi piace essere controllata.”
“Non ti sto controllando.”
“Ho bisogno di sentirmi libera, se sono in missione non posso pensare anche a te.”
“Eri in missione?”
“No, sono stata tutto il giorno alla New Avengers Facility.”
“Allora avresti potuto rispondermi.”
“Infatti, ma non l’ho fatto di proposito. Stiamo cercando di ricostruire gli Avengers, ci sono nuove reclute da allenare, ci sono nuovi nemici da combattere, questo è il nostro lavoro, il mio e forse anche il tuo, Sam mi ha detto che ci terrebbe a collaborare con te.”
“Sam? Ma se non mi può soffrire.”
Natasha ride di gusto: “Può anche essere, ma entrambi avete combattuto a fianco di Captain America e entrambi avevate la sua fiducia incondizionata e poi è lui ora ad avere lo scudo e tu hai giurato di combattere per quello che rappresenta. Steve sarebbe molto felice se sapesse che gli dai una mano.”
“Non ho mai combattuto per lo scudo.”
“Ah no? E per cosa allora?”
“Per Steve, per lui, per quel ragazzino che si alzava anche dopo averle prese di brutto e non si arrendeva mai. Gli ho promesso che gli avrei sempre guardato le spalle ed è quello che ho fatto, fino a quando mi è stato possibile.”
“Lo so e lo ha sempre saputo anche Steve, ma poi lui ha deciso in un altro modo e ora anche Sam ha bisogno di qualcuno che gli guardi le spalle, non credi?”
“Ci penserò, ma non era Sam il motivo per cui stavamo discutendo.”
“James tesoro, è proprio necessario che ti ricordi che ne io ne tu facciamo un lavoro normale, che non l’abbiamo mai fatto e non lo sapremmo neppure fare? Sono la Vedova Nera non solo Natalia, so cavarmela da sola, l’ho sempre fatto e non intendo smettere ora, solo perché tu ti preoccupi se non rispondo alle tue chiamate ogni momento; ti giuro che se mi troverò in pericolo sarai il primo che chiamerò.”
“Ok” Bucky abbozza un sorrisetto, “Scusa hai ragione, ma quando si tratta di te divento appensivo.”
“Lo so, lo stesso succede a me.”
Natasha con un passo azzera lo spazio che ha posto tra loro e lo bacia, mentre Liho si intrufola tra le loro gambe per cercare di staccare la sua Padrona da quel terzo incomodo, che si ostina a vivere con loro.
“Vado a fare una doccia, che ordiniamo per cena?”
“Pizza?”
“Ok, hai dato da mangiare a Liho?”
“Ha la ciotola piena di crocchette ma non ha mangiato nulla, stava aspettando te… Anche lui.”
Natasha sbuffa, si china, prende in braccio il gatto di razza siberiana e lo trasporta in cucina.
“Ti prego Liho non farmi sentire in colpa anche tu, c’è nè già uno che mi sta addosso.”
“Non ti sto addosso… Ti ho sentita” brontola Bucky dal divano.

I cartoni delle pizze sono ancora sul tavolo insieme alle bottiglie di birra, quando il telefonino di Natasha segnala l’arrivo d’un messaggio.
“E’ Clint” dice la donna dando una rapida occhiata, “Ci invita a passare qualche giorno da loro dopo Natale, che ne dici?”
“Per me va bene, ma sei tu la persona impegnata… Forse hai in programma qualche missione.”
Natasha gli lancia un’occhiata che non promette niente di buono: “Stai diventando insopportabile lo sai vero? Lo stai facendo apposta per rovinarmi la serata?”
“Ti ricordi cosa mi hai detto in Wakanda, prima della battaglia contro Thanos?”
“Più o meno, a cosa ti riferisci?”
“Al fatto che avresti voluto ritirarti a vita privata come Clint.”
“Era un momento particolare e poi tu mi hai risposto che non ero il tipo di andare in pensione o ricordo male?”
“Naturalmente ricordi benissimo, ma a volte penso che non sarebbe male comprare una casa in mezzo al nulla come ha fatto Barton e vivere in pace io e te.”
“Tu sei nato e cresciuto a Brooklyn James, non dureresti una settimana in mezzo al nulla e poi io e te non siamo come Clint e Laura.”
“E cosa ci manca?”
Natasha lo guarda fisso e il suo sguardo è freddo e vuoto come se in un attimo non fosse più lì ma di nuovo a Mosca, avvolta dalla neve gelata.
“Te lo devo proprio dire?” e la sua voce è tradita e fredda come lo sguardo, “A volte sei proprio un idiota.”
Bucky sbatte la mano di vibranio sul tavolo facendo vacillare pericolosamente le bottiglie di birra, poi chiude gli occhi e fa un respiro profondo imponendosi di mantenere la calma.
“Ok, se proprio ci tieni sono un idiota e ora mi spieghi qual è la differenza tra noi e i Barton?”
“La differenza è che loro hanno tre figli!” sbotta piena di rabbia e frustrazione, “Clint ha la responsabilità di una famiglia, ha tre ragazzi da crescere mentre noi ne ne avremo mai” prende un respiro alzandosi in piedi e ribaltando la sedia, “Vaffanculo James, ti devo ricordare cosa mi hanno fatto a Mosca per la mia festa di laurea?”*
A passi veloci va verso la finestra, scosta la tenda e finge di guardare fuori dando le spalle alla stanza.
Bucky si morsica il labbro, poi si avvicina lentamente, posa una mano sulla spalla di lei che con un gesto se la scrolla di dosso.
“Scusami, non ci ho pensato” silenzio, “Dai Nat non fare così.”
Natasha si volta e lo guarda quasi a sfidarlo: “Noi non potremo mai essere una famiglia, questo lo sai vero? Forse ne vorresti una, forse vorresti dei bambini.”
“Non ci ho mai pensato in realtà… Quando ero giovane l’unico problema che avevo era mettere insieme il pranzo con la cena e divertirmi il più possibile, poi c’è stata la guerra, poi sono morto… E per il Soldato direi che avere una famiglia era l’ultimo dei pensieri.”
“Ed ora?”
“Ed ora l’unica cosa che conta, dopo tutto quello che abbiamo passato, è che siamo insieme.”
“L’unica cosa che conta? Sei sicuro?”
Bucky annuisce: “Sì e hai ragione tu, sono un idiota.”
“Non lo sei, solo qualche volta ti comporti come se lo fossi.”
“Sono perdonato?”
“Solo se mi prometti che domani parlerai con Sam.”
“Questo si chiama ricatto, lo sai vero?”
“No nient’affatto, piuttosto un’opportunità di scelta che ti offro: o Sam o niente perdono.”
“Che vuol dire…”
“Che questa notte così come molte altre a venire tu dormirai sul divano.”
Bucky solleva gli occhi che teneva bassi e alza gli angoli delle labbra in quello che è l’inzio di un sorriso e Natasha si sente in pericolo perché sa che se lui la guarda e sorride in quel modo, lei non riuscirà mai a mantenere quello che ha appena minacciato di fare.
“Ok prometto di parlare con Sam e adesso vieni qui dai.”
Bucky lascia che il sorriso appena accennato si apra illuminandogli gli occhi, si avvicina e allarga le braccia e Natasha entra in quell’abbraccio che il più delle volte è la conclusione alle loro litigate.
Si spostano sul divano rinviando all’indomani di sistemare i resti della cena, fuori continua a piovere a giudicare dal rumore sui vetri, dentro “Moonlight Serenade” di Glenn Miller riempie la stanza, Natasha è seduta con “La spia che venne dal freddo” tra le mani.
“Com’è?” chiede Bucky alzandosi per cercare il pacchetto delle sigarette.
“Non male, sono solo all’inizio” alza gli occhi dal libro, “Mi hai promesso che avresti smesso…”
“Non è vero” Bucky si accende una sigaretta tornando a sedersi e distendendo le gambe sul tavolino.
“E allora fammi fare un tiro” Natasha allunga la mano e Bucky gliela cede, “Ehi non dirmi che ti sei fatto graffiare ancora da Liho?” esclama la donna con riprovazione, osservando il graffio che sta quasi scomparendo.
“Lo dici come se fosse colpa mia, guarda che non mi fa piacere essere graffiato da quello sporco traditore, volevo solo dargli una carezza, dalla prossima volta lo toccherò solo con il braccio sinistro, si spunterà gli artigli finalmente.”
Liho accoccolato sulla spalliera del divano, socchiude gli occhi e lancia un’occhiata sdegnosa a Bucky, poi emette un miagolio roco che sta a significare che accetta la sfida.
Bucky si sdraia con la testa sulle ginocchia della donna, la sigaretta tra le dita e il portacenere sul tappeto, mentre Natasha riapre il libro e si immerge nella lettura tenendolo con una mano, mentre con l’altra accarezza i capelli di Bucky.
“Se fai così fra dieci minuti mi addormento e…”
“E…”
“E avevo in mente di finire la serata in un altro modo.”
“Se ti addormenti ti sveglio io.”
“Ok… Io, te e Glenn Miller chi lo avrebbe mai detto” Bucky sospira soddisfatto.
“E Liho.”
“Già, Liho… Sarebbe stato tutto troppo perfetto.”
Natasha ridacchia, chiude il libro tenendo un dito come segnalibro e si abbassa a baciarlo.
“Sembra tutto un sogno anche a te Natalia?” bisbiglia a voce bassa Bucky, quasi per paura che tutto svanisca all’improvviso.
“Sì, anche a me James” risponde la donna allungandosi a prendere un plaid e tirandolo sulle gambe di Bucky.

FINE.

* Nel Programma Vedova nera, ogni ragazza deve rinunciare ad essere una persona per diventare un’arma. La famiglia e la maternità sono considerate delle mere distrazione, cose alle quali le reclute dovranno rinunciare, per questo la sterilizzazione fa parte della cerimonia del diploma di laurea della Red Room.
  
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