Il
taxi si fermò con un leggero stridio di gomme.
Il tassista annunciò la fine della corsa e il
passeggero sul sedile posteriore, più veloce di qualsiasi
umano, scese dal
veicolo. Sembrava quasi fosse grato della fine di quella tortura: stare
su un
mezzo che puzzava terribilmente di un umano dedito all’alcool
era troppo per il
suo olfatto iper sviluppato.
Con la mano artigliata, allungò la tariffa della
corsa, gonfiata da una leggere mancia che sarebbe dovuta essere il
resto.
-Grazie
signore- disse l’uomo alla guida prima di
ripartire.
Sesshomaru
non ci fece nemmeno caso. Respirò a pieni
polmoni l’aria umida della sera. Nella mano sinistra teneva
una piccola
valigia.
Sebbene
fosse un demone, quel viaggio di ritorno era
stato particolarmente stressante: volo in ritardo, confusione al gate,
mocciosi
piagnucoloni. Mai come in quel momento aveva desiderato essere a casa
sua.
Guardò
la villetta davanti i suoi occhi: le luci all’interno
era accese.
Quel
viaggio di lavoro si era rivelato più lungo del
previsto. Quando al telefono aveva detto a Rin che si sarebbe
trattenuto un
giorno in più, lei aveva nascosto la delusione con la voce
migliore che potesse
fare.
Lui, dall’altro capo del telefono, aveva leggermente
sorriso a quella reazione: sapeva che Rin non voleva appesantirlo in
alcun
modo, anche se questo significava fare buon viso a cattivo gioco.
-Occuparsi
dei rapporti tra clan di umani e demoni
non è di certo facile. Io e le ragazze passeremo
un’altra serata tra donne e
quando tornerai saremo ancora più felici!- aveva trillato
lei, stringendo il
cellulare con veemenza, come per sfogare la delusione.
Il
demone oltre alla valigia aveva anche una grossa
busta: all’interno c’erano dei regali. Era
un’abitudine portare qualcosa dopo
un periodo di lontananza.
Si avviò a lunghe falcate verso la porta, superò
il
cancello del giardino, cercò le chiavi e le
inserì nella toppa.
La prima cosa che investì il viso di Sesshomaru,
oltre al calore, fu una raffica di urla indistinte.
-NO,
FERME!-
Quella
era la voce di Rin preoccupata.
Ancora sulla soglia di casa, Sesshomaru vide tre
figure correre impazzite per casa.
-Maledetta,
ridammi il mio telefono!- ringhiò senza
ammissione di replica Setsuna.
-Non
c’è bisogno di arrabbiarsi- cercava di dire
Towa.
-Tanto
non riesci a starmi dietro- canzonava Moroha.
Ne
aveva avvertito l’odore fuori, ma Sesshomaru
sperava che sua nipote fosse passata solo nel pomeriggio e poi fosse
tornata a
casa. Avere la copia di Inuyasha per casa era l’ultimo dei
suoi desideri.
-Ragazze,
per favore, non correte… oh, bentornato,
Sesshomaru!-
Questa
volta a parlare fu Rin, comparsa all’ingresso.
Il viso leggermente accaldato, la voce preoccupata ma gli occhi
illuminati alla
vista del marito.
Indossava un dolcevita chiaro, i capelli erano
arruffati, probabilmente perché cercava di contenere quelle
tre cose che, molto probabilmente,
gli
avrebbero distrutto casa.
Anche le ragazze si fermarono. Non avevano notato l’ingresso
di Sesshomaru, prese com’erano dalla litigata.
Towa fu la prima a prendere parola.
-Bentornato,
papà!- urlò con lo stesso entusiasmo di
Rin.
Setsuna,
ancora irritata con la cugina, si limitò ad
un’alzata di mano.
-Zio
Sesshomaru, qual buon vento!- disse Moroha con
quell’espressione che al demone ricordava tanto il
fratellastro. Pensava impossibile
che ci fosse qualcuno al mondo in grado di superare Inuyasha in
qualità di
essere molesto, ma si sbagliava: sua figlia era anche peggio.
-Tu
non hai una casa?- fu la sola cosa che riuscì a
dire, ignorando i saluti precedenti.
Moroha
non sembrò per niente infastidita da quella
domanda, anzi, più lo zio sembrava irritato, più
lei ci trovava gusto. Dopotutto
suo padre l’aveva istruita a dovere. Sfoderò un
largo sorriso e disse:- Se vuoi
posso chiamare papà e farmi venire a prendere, se la mia
presenza non è gradita…-
Quelle
parole in realtà nascondevano una velata
minaccia: se Inuyasha fosse andato davvero a prenderla, si sarebbe
alleato con
la figlia per portare Sesshomaru al limite della sopportazione, il che
voleva
dire scatenare una lotta.
Alla sola idea Rin impallidì e, veloce come non mai,
si fiondò accanto al marito. Gli prese la valigia e,
chiudendo la porta, disse
rivolta a Moroha:- Ma no cara, tuo zio prova sempre a scherzare, ma con
scarsi
risultati-
Ricordava
fin troppo bene l’ultima volta in cui
Inuyasha e Sesshomaru avevano dato il via ad una lotta in casa, con
Moroha e
Setsuna schierate da una parte, mentre lei, Kagome e Towa cercavano di
sedare
gli animi dall’altra. Purtroppo non era stato per niente
facile: la percentuale
di sangue demoniaco nella fazione lottatrice era troppo elevata per
essere
sostenuta della loro e la povera Rin si era ritrovata il giorno dopo a
chiamare
una ditta specializzata in riparazioni dei tetti.
Setsuna, nel frattempo, decise di sfruttare quel
momento di distrazione per riappropriarsi del cellulare e fuggire lesta
in
camera.
-Tanto
lo so che hai una tresca con Hisui!- urlò
Moroha, rincorrendola.
-Aspettatemi!-
le implorò Towa seguendole.
Rin
tirò un sospiro profondo.
Subito sentì le spalle avvolte in un abbraccio:
Sesshomaru, silenzioso come sempre, l’aveva abbracciata. Poi
le sussurrò all’orecchio,
dolcemente:- Ti hanno fatta disperare?-
Lei sorrise, felice del ritorno del suo demone. Poggiò
una mano sul braccio possente di Sesshomaru e disse:- Un po’,
ma almeno non mi
annoio in tua assenza-
-Ti
ho portato una cosa- disse subito lui.
E
tirò fuori dalla busta una scatolina di velluto
blu. Rin l’afferrò emozionata. Il fatto che lui si
ricordasse sempre di lei in
ogni suo viaggio era quello che la rendeva più felice. Ormai
per loro era una
piccola abitudine: quando dovevano partire per i rispettivi viaggi di
lavoro,
tornavano a casa sempre con qualcosa.
Lo
ringraziò ancora prima di aprire la scatola.
-Ma
non hai visto cosa c’è dentro- disse lui.
Rin
scosse la testa.
-Non
hai mai sbagliato un regalo in tanti anni, non
credo che oggi sia giunto quel giorno-
E
infatti quando aprì la scatola, rimase a bocca
aperta. All’interno c’erano due orecchini, piccoli
e discreti come piacevano a
lei. Quello che a Rin piacque di più fu la forma, che
ricordava quella di una
farfalla. Le ali erano formate da piccoli rubini e la parte centrale da
brillanti.
Luccicavano così tanto che la loro forma discreta passava in
secondo piano.
Si girò verso Sesshomaru, guardandolo negli occhi.
-Te
l’avevo detto che mi sarebbero piaciuti- e poi
gli depositò un bacio sulle labbra.
Sesshomaru,
sentendo l’odore di Rin, l’attirò subito
a se e sentì che il nervoso per la presenza di Moroha stava
lasciando il posto
all’eccitazione. Ricambiò il bacio con passione
tanto da dimenticarsi di non
essersi ancora tolto il cappotto.
-Mamma,
papà! Per favore! Che
impressione!!!- urlò Towa, coprendosi il viso con le mani.
I
due si staccarono subito, o meglio,
Rin si staccò da Sesshomaru in preda ad un imbarazzo
maggiore di quello della
figlia.
Sesshomaru guardò Rin in preda all’agitazione.
Apriva la bocca cercando di dire qualcosa di convincente ma senza alcun
risultato. Si chiese perché si agitasse così
tanto: le gemelle avevano 14 anni
e non era più un mistero per loro il modo in cui venivano al
mondo i bambini.
Purtroppo Rin sembrava in preda al
panico più assoluto, quindi decise di salvare lui la
situazione.
-Cosa
c’è, Towa?- domandò come se non
fosse successo niente mentre si sfilava il cappotto.
La
mezzo demone si tolse le mani del
viso e, vedendo il padre così impassibile, si riprese
dall’imbarazzo.
Rin invece tirò un sospiro di sollievo,
grata al marito per averla tirata fuori da quella situazione. Era
davvero
difficile per lei gestire l’imbarazzo delle figlie davanti
agli scambi d’affetto
tra lei e Sesshomaru. Anche se alla fine quella che le dava
più pensieri era
proprio Towa, sua sorella Setsuna si limitava ad andarsene
silenziosamente.
-Ecco,
visto che sei tornato, volevo
chiedere alla mamma se potevamo ordinare delle pizze visto che Moroha
si
fermerà a dormire da noi-
-Oh
tesoro, ma certo. Mentre tuo padre
disfa la valigia, andrò di sotto in taverna a prepararvi la
stanza per la
notte- si affrettò a dire Rin, guidando la figlia per un
braccio verso la
cucina.
Prima
di sparire, si girò verso
Sesshomaru e disse:- Quando hai finito, vieni in cucina. Per noi
c’è altro da
mangiare-
L’occhiolino
finale fece capire al
demone che Rin aveva in mente di passare un po’ di tempo loro
due da soli e che
la presenza di Moroha era stata calcolata per tenere impegnate le
figlie.
-Va
bene- disse lui.
***
Nonostante
le camere si trovassero al
piano superiore, le tre cugine quella notte avrebbero dormito al piano
inferiore.
Towa e Setsuna avevano due camere
separate, ma quando Moroha si fermava da loro, Rin preparava sempre la
stanza
al piano di sotto, nella taverna. Lì c’era una
stanza con un grande letto
matrimoniale, che avrebbe ospitato tutte e tre per la notte, e un
grande
televisore per guardare un bel film in santa pace. Le ragazze avrebbero
avuto
tutto a loro completa disposizione senza disturbare i genitori e senza
essere
disturbate.
-Mi
raccomando, ragazze, non fate troppo
tardi e, soprattutto, non cominciate alcun tipo di lotta- si
raccomandò Rin.
Non
ricevendo risposta dall’unica
persona a cui era rivolta tale raccomandazione, decise di essere
più esplicita.
-Setsuna,
mi hai capito bene?- chiese.
Sua
figlia la guardò come se non fosse
colpevole di nulla.
-Non
è colpa mia, Moroha mi provoca-
-Io??
Zia Rin, spero che tu non le
creda- piagnucolò l’altra.
-Tranquilla,
mamma. Le controllo io- si
offrì subito volontaria Towa, tentando di alleggerire le
preoccupazioni della
madre.
Rin
fece finta di crederci e sorrise.
Mentre saliva le scale per andare in
cucina, però, sentì chiaramente
l’inizio di una litigata.
-Allora,
cuginetta, non hai intenzione
di dirci niente su Hisui?- aveva iniziato a punzecchiarla Moroha.
-Adesso
smettila, sei molesta!-
Dentro
di sé si augurò che la promessa
fatta da Towa potesse essere mantenuta.
Quando entrò in cucina, Rin vide
Sesshomaru seduto ad aspettarla.
-Invitare
Moroha è stato un tentativo
per ritagliarci un momento di pace?- le domandò subito.
Rin
si avvicinò, prendendo posto vicino
a lui.
-Sì
e no. In effetti domani mi
serviranno più mani possibili-
Sesshomaru
non capì.
-Ecco,
vedi… in effetti il fatto che tu
sia dovuto rimanere fuori più tempo del previsto non aiuta-
disse Rin
grattandosi la tempia visibilmente in difficoltà- ma ho
organizzato un pranzo
tutti insieme domani e…-
Sesshomaru
sperava di aver capito male.
-Tutti
insieme?- domandò
interrompendola.
Lo
sguardo del marito era troppo per
Rin. Si alzò con la scusa di mettere in tavola quello che
aveva preparato per
loro due. Mentre si muoveva, cercava di trovare il più
presto possibile le
parole adatte a spiegarli la situazione senza farlo infuriare.
-Beh,
mentre eri via… un giorno mentre
eravamo di turno io e Kagome in ospedale, abbiamo pensato che sarebbe
stato
bello fare un pranzo tutti insieme. Ormai tu e Inuyasha riuscite a
stare nella
stessa stanza senza cercare di uccidervi per più ore di
seguito, tua madre e
Izayoi sembrano amiche di vecchia data e le ragazze vanno
d’accordo-
Non
fece in tempo a finire la frase che
subito dal piano di sotto arrivò un tonfo, seguito dalla
voce infuriata di
Setsuna che urlava “MOROHA”.
-In
effetti è proprio quello che direi
io ora- disse sarcastico Sesshomaru.
-Normali
litigi tra adolescenti- cercò
di giustificarsi Rin mentre disponeva sul tavolo la loro cena.
Sesshomaru
osservò i piatti. C’era un
pasticcio di carne, probabilmente piccante come piaceva a lui, delle
verdure al
forno ben arrostite, pane fresco comprato quella stessa mattina e della
frutta
già lavata e tagliata all’interno di una grande
ciotola. Erano le cose che lui
preferiva mangiare in assoluto.
Molte volte aveva disprezzato gli essere
umani, ma Rin riusciva ancora a stupirlo.
-Hai
preparato apposta questi piatti per
rabbonirmi?- chiese sospettoso.
Lei
sorrise, come se avesse un asso
nella manica. E in effetti ce l’aveva. Si alzò di
nuovo e si diresse verso il
frigorifero, ne tirò fuori una piccola teglia a forma di
cuore, regalo delle
figlie per il compleanno, con all’interno quello che sembrava
essere un dolce.
-Ho
preparato una mini cheesecake all’arancia.
Leggermente aspra, come piace a te- disse lei trionfante.
I
vecchi detti di sua nonna si erano
sempre rivelati veritieri: per quanto davanti a lei ci fosse un demone
maggiore
potente, temuto e rispettato, Sesshomaru era pur sempre un uomo. E si
sa, la
via per il cuore di un uomo passa sempre per il suo stomaco.
Il
demone alzò le mani al cielo in segno
di resa.
-Hai
vinto. Umana 1- demone 0-
Rin
sorrise radiosa. Tornò al tavolo per
mangiare insieme, ma prima che potesse dire
“Itadakimasu”, Sesshomaru
l’anticipò
con una frase che lasciava ben poco spazio all’immaginazione.
-Domani
casa nostra si trasformerà in un
circo e va bene, ma questa- disse indicando la torta per lui- la
finiamo a modo
mio… di sopra!-
Forse Moroha sarebbe potuta diventare ospite fissa nei weekend.
Salve a tutti, lettori. So che
dovrei aggiornare le altre storie ( e i capitoli nuovi sono in fase di
preparazione), ma ho volevo assolutamente scrivere questa breve fic
visto il nuovo sequel che mi sta tanto ispirando.
Spero vi piaccia questo
capitolo.
Un saluto a tutti!