Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: chemist    02/02/2021    1 recensioni
Tyrion Lannister è membro di una delle più potenti famiglie di Westeros, ma deve guardarsi le spalle persino da suo padre e da sua sorella.
Sansa Stark è una figlia del Nord finita nella fossa dei leoni proprio mentre la sua casata viene abbattuta.
La figlia disgraziata e la scimmia demoniaca, uniti per caso contro un mondo che li disprezza e li vuole morti.
Ma con un’anima complementare al proprio fianco.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18: Un campione per il Folletto


 
La sala del trono, il processo, la promessa fatta a Jaime, lo sguardo affranto di Cersei, la sua voce che sovrastava e zittiva tutte le altre, la faccia allibita di suo padre…
Ogni cosa era ancora nitida nella memoria di Tyrion, il quale riuscì a visualizzarle ancor più facilmente dato che era al buio: perché dopo tutte quelle cose, dopo la caduta e la risalita, lo avevano riportato in cella, ad aspettare il giorno in cui il suo destino si sarebbe compiuto.
C’era però un pensiero, che sempre più spesso prendeva il sopravvento sugli altri malgrado questi fossero più gravi e impellenti: Sansa.
Dov’era? Come la stava trattando Baelish?
Pensava a lui, almeno ogni tanto?
“Su cosa riflette il nostro Folletto? I pensieri di chi sta per crepare mi hanno sempre affascinato”.
Una voce calda interruppe il suo subconscio.
“Si dice che le vipere striscino così silenziosamente da farti accorgere di loro solo quando ti hanno già azzannato”, rispose.
La fioca luce del giorno, infatti, aveva appena illuminato il viso di Oberyn Martell, che gli stava di fronte dall’altra parte delle sbarre.
“Credi che sia venuto ad ammazzarti?”.
“Scusami se ormai faccio fatica a scorgere in chiunque mi si avvicini un intento diverso da quello di ammazzarmi” replicò Tyrion. “Per quanto ne so, Cersei potrebbe aver assoldato l’intera città per portare a termine tale compito”.
“Forse dovrai ricrederti”, affermò sibilino il principe, “ma prima voglio togliermi una curiosità: consideralo uno dei miei tanti capricci. Hai ucciso tu il re?”.
Il nano rise amaramente. “Cos’è, hanno spostato il processo direttamente in carcere?”.
“Non hai risposto alla mia domanda”.
“No, non l’ho ucciso io. Sei stato tu?”, chiese Tyrion provocatoriamente.
Oberyn sogghignò divertito: “è così che parli ad uno dei giudici?”.
“Dubito che la mia condizione possa aggravarsi ulteriormente”.
“Tua sorella, al contrario, mi dimostra che al peggio non c’è mai limite”.
Martell chiamò quindi uno dei carcerieri, ordinandogli di aprire la cella; e dopo che egli ubbidì, entrò e si accomodò vicino alla finestra.
“Abbiamo qualcosa in comune, allora”.
“Eppure per certi versi dovrei esserle grato” sghignazzò il principe, tastandosi la corta barba nera. “Se non avesse accusato immediatamente te al banchetto, probabilmente sarei stato io il primo sospettato per l’uccisione del re: nessuno conosce l’arte dei veleni meglio dei dorniani, e nessuno avrebbe più motivi di me per cercare vendetta verso la casa Lannister”.
“Sul secondo punto avrei da ridire” disse Tyrion, quasi in un sussurro.
Sansa avrebbe più motivi di te, di tutti. E nonostante ciò, non è stata neanche lei.
“Ad ogni modo, il mio connubio con la regina sta prendendo una piega molto più serena di quanto mi aspettassi. Presto vostro padre mi proporrà apertamente di sposarla: di fatti, alla poveretta serve un marito dopo il decesso del vecchio grassone Baratheon e il voto di castità dell’altro biondino”.
Lo scherno alla relazione incestuosa con Jaime fu l’apice del grottesco.
“Ellaria, la mia compagna, mi scongiura ogni giorno di accettare: alla sola idea di avere Cersei nel nostro letto impazzisce d’eccitazione, come darle torto…e, tutto sommato, credo che anche tua sorella sia allettata dalla prospettiva”.
“Nulla da obiettare al tuo fascino” lo lusingò sarcasticamente il Folletto, “ma ti avverto: non sarebbe la prima volta che Cersei viene promessa in sposa ad un uomo che non le aggrada e che poi, per un motivo o per l’altro, nel proprio letto non se la ritrova mai”.
“Stai insinuando che non le vado a genio?”.
“Sono ben poche le persone che le vanno a genio, mio lord; e questo nessuno può saperlo meglio di me”, strinse i denti. “Sapevi, ad esempio, che doveva sposare Loras Tyrell?”.
“Il fiorellino di Alto Giardino? Probabilmente tra i due il vero uomo sarebbe stato Cersei” sbuffò Oberyn. “No, Tyrell non ha più niente da offrirle, niente che non possa trovare in uomini che sappiano anche scoparsela. Io, invece, si”.
“Ovvero?”.
“Ovvero Myrcella. Tua nipote sposerà Trystane e, un giorno, diventerà la lady di Lancia del Sole: questo è assodato. Ma se la regina reggente mi sposasse, restituendo valore alla legge dorniana, alla fanciulla spetterebbe una carica persino più importante…”.
“Le spetterebbe il Trono di Spade, lo so” concluse la sua frase Tyrion, rimettendosi in piedi e sgranchendosi le gambe piccole e indolenzite. “Beh, mi dispiace doverti deludere ma finché non diventate ufficialmente coniugi, la legge dorniana non è applicabile ad Approdo del Re. Inoltre, non sono poi così sicuro che Cersei voglia favorire Myrcella rispetto a Tommen, e in ogni caso nostro padre non le lascerà la scelta”.
“Questo finché vostro padre è in vita” annuì Oberyn, prima che nei suoi occhi si accendesse una fiamma inquietante. “Vostro padre, tuttavia, non vivrà in eterno”.
Questa è una minaccia bella e buona. Non si nasconde più. E perché dovrebbe?
“Mio lord, ti consiglio, per il tuo bene, di non fare simili discorsi, neanche quando sei da solo in una cella con un nano accusato di regicidio. In questa città anche i muri e i pavimenti sembrano avere orecchie per ascoltare”.
“Che ascoltino pure” ribatté spavaldo Oberyn. “È forse un reato ricordare che tutti gli uomini sono mortali? ‘Valar morghulis’, dicevano nell’antica Valyria. E poco conta se la morte in questione sia giusta o sbagliata: d’altro canto, la giustizia è sempre stata cosa rara dalle vostre parti”.
Tyrion cominciava a perdere la pazienza: “posso sapere cosa ti ha spinto a venire qui, mio lord?”.
“Tu sei un esempio perfetto di quel che stavo dicendo”, rispose semplicemente il principe. “In tanti anni ho imparato che spesso le apparenze ingannano; e tu, apparentemente, sei talmente colpevole da convincermi che sei innocente. Non c’è stata abbastanza giustizia per te, come non c’è n’è stata affatto per Elia e i suoi figli, ma adesso mi viene data l’opportunità di regolare entrambi i conti”.
“Spiegati”, lo spronò Tyrion.
“Non c’è fretta: prima voglio un’altra risposta. È stato tuo padre a dare l’ordine, non è così?”.
“No”.
Ovvio che è stato lui, allora perché continuo a difendere un padre che non s’è mai comportato come tale, e che per giunta mi vuole morto da sempre?
“Sei un pessimo bugiardo”, disse infatti Oberyn. “Di chi sarebbe la colpa, dunque?”.
Si sentiva intrappolato in un ciclo in cui gli veniva chiesto di attribuire le colpe di eventi che non lo riguardavano a persone di cui non sapeva essenzialmente nulla.
“Non ne ho idea. A quel tempo ero a Castel Granito, e soprattutto ero troppo piccolo per comprendere certi intrighi. Quel che è certo è che fu ser Gregor Clegane a stanare la principessa Elia, a stuprarla e ad ammazzarla brutalmente, con le mani ancora lorde del sangue del suo bambino che, naturalmente, aveva provveduto lui stesso a togliere di mezzo schiacciandogli la testolina contro un muro, al pari di una bestia qualsiasi”.
I dettagli più cruenti strapparono persino all’inscalfibile volto di Oberyn Martell una smorfia di irascibile rancore, alla quale seguì però un sorriso beffardo: “Senti senti, che cosa abbiamo qui? La verità, da un Lannister?”.
“È da un bel po' che dalla mia bocca esce solo la verità, ma non mi pare che le abbiate dato molto peso”.
“Hai reclamato un verdetto per combattimento, ma non hai ancora un campione” constatò il principe scacciando via la polvere dalla sua tunica e apprestandosi ad uscire.
“Nessuna delle mie opzioni iniziali è disponibile, in effetti”.
“Sai chi sarà il campione di Cersei?”.
“No”.
“Gregor Clegane”.
Un nome e un cognome, pronunciati con astio e avidità, furono sufficienti a rendere finalmente chiara la ragione di quella visita.
“Curioso come le porte della vendetta talvolta ti si spalancano davanti, non trovi? Tyrion Lannister, sarò io il tuo campione”.
Il cuore, che sembrava volersi fermare per la fredda agonia della prigione, divampò di speranza, e tornò a pulsare più frenetico di prima.
La Vipera contro la Montagna…potrebbe funzionare.

 

 
Le Dita erano quanto di più differente potesse esserci dalla capitale. Niente castelli, niente mura interminabili, niente mercati, pochissima gente (per lo più povera), e pareva addirittura che il sole non sorgesse mai del tutto, in quelle terre ammantate d’un grigio mogio e sciatto. L’unica cosa che aveva ritrovata era il mare, ma anche quello era estremamente diverso, scuro e ventoso, perennemente agitato…e comunque, dopo tante ore trascorse sulla nave, Sansa ne aveva ben donde, del mare.
Tuttavia l’aria della costa era sempre meglio del tanfo umidiccio e opprimente del piccolo palazzo in cui Petyr l’aveva condotta. “Ci tratterremo qui soltanto per qualche giorno; poi ti porterò in un luogo più adatto ad una lady”, le aveva detto, ma lei si sentiva sempre più debole, le doleva la testa e anche lo stomaco, e pregava dentro di sé che il momento della partenza arrivasse presto.
Nell’attesa, si recava spesso sulla scogliera, un anonimo e informe ammasso di rocce contro cui le onde si infrangevano incessantemente, ricoprendole di una schiuma bianca e gelida. Mirava l’orizzonte, fantasticando su un misterioso salvatore che, da un istante all’altro, sarebbe potuto giungere per prenderla con sé, salvarla da tutti quei sotterfugi che, nonostante fosse ormai l’erede di Grande Inverno, le sembravano ancora più grandi di lei, e condurla verso la libertà, quella vera, quella che sognava da innumerevoli mesi.
Quel salvatore cambiava continuamente identità: a volte era Robb, tornato dal mondo dei morti solo per riportarla a casa; altre volte era Jon, pesantemente vestito di nero come ogni Guardiano della Notte, cresciuto fino a divenire un uomo rispettabile; altre ancora era Theon, desideroso di redenzione dopo aver trucidato Bran e Rickon; avrebbe anche potuto trattarsi di uno straniero, magari un principe di Essos sbarcato a Westeros in esplorazione, oppure…oppure adesso le sembrava di vedere Tyrion, coi capelli scintillanti come l’oro, con una bandiera non porpora come quella dei Lannister, bensì nera come il loro destino; Tyrion che allungava una mano verso di lei per tentare di raggiungerla, ma che veniva sospinto dal vento sempre più lontano, fino a scomparire.
E scomparve. A Sansa pizzicavano gli occhi, perché si accorse che più tempo passava in quel paese dimenticato dagli Dei, più l’immagine del suo salvatore diventava confusa e sbiadita; si stava rassegnando al fatto che Ditocorto, forse, era l’unico a cui importasse ancora qualcosa di lei.

Sopraffatta da quelle emozioni, decise di rientrare nel palazzo. Percorrendo il corridoio, notò una stanza dalla porta socchiusa, dalla quale proveniva un vociare sommesso e vagamente sospetto. Pensò che le convenisse ignorare tutto e tirare dritto verso la sua camera, ma quando vi passò accanto udì un nome (o meglio, un soprannome) che attirò la sua attenzione, e non riuscì a resistere all’impulso di origliare.
“Novità sul Folletto?”, domandò una voce che riconobbe essere quella di Baelish.
“La capitale è in subbuglio, mio lord”, rispose invece una voce sconosciuta, probabilmente un sottoposto. “Il processo architettato dalla regina e da suo padre stava procedendo alla perfezione, finché lui non ha richiesto un verdetto per combattimento”.
“Tipico del nano. Ha fatto la stessa cosa quando è stato giudicato a Nido dell’Aquila: in quell’occasione riuscì a trovare un mercenario disposto a difenderlo per del vile oro, ma dubito che stavolta sarà così fortunato. Non ha più alleati alla Fortezza Rossa”.
“E anche se ne avesse non cambierebbe nulla: la regina ha già fatto sapere che il suo campione sarà la Montagna. Nessuno può passarla liscia contro quel diavolo” osservò l’altro, ridendo sguaiatamente.
“Già…qualunque scenario dovesse verificarsi d’ora in poi, prevederà l’uccisione del Folletto” commentò soddisfatto Ditocorto. “Un’altra testa che salta. Un altro passo verso la vetta. I tempi sono maturi…”.
Sansa trattenne il fiato. È vivo, dunque! È ancora vivo…ma come farà a cavarsela? Chi potrebbe sconfiggere ser Gregor?
Mentre cercava delle risposte a quelle domande, e mentre il battito del suo cuore accelerò alla notizia che l’ora di Tyrion non fosse ancora scoccata, Sansa si rese conto che la conversazione non era ancora finita: Baelish e il suo servo avevano solo abbassato la voce, per bisbigliarsi qualche altra cosa evidentemente segreta.
Si sporse un po' di più per carpire altre informazioni, ma nel farlo il suo piede urtò leggermente la porta, che cigolò fastidiosamente; nel medesimo attimo, nella stanza calò il silenzio.
No! Mi hanno scoperta!
L’immediato scalpitare che si sentì dall’interno la avvertì che stavano uscendo a vedere chi fosse, quindi fece finta di essere appena passata di lì, sperando di non destare dubbi.
“Sansa!”, chiamò la voce tagliente di Petyr, facendole gelare il sangue.
“S-si?”.
“Mia cara, dove sei stata?”.
“Ero sugli scogli…sono appena rientrata. Vorrei riposare un po'”.
“Certamente” sorrise lui, avvicinandosi lentamente e cingendole le spalle. Le sue dita erano sottili e fredde come delle lame.
“Sono contento che tu stia imparando ad apprezzare la mia terra d’origine. Il paesaggio non è un granché, ma qui sei al sicuro da ogni minaccia” aggiunse cordialmente. “Non ti ci abituare però: ripartiremo prima di quanto immagini, e non dovremo più nasconderci”.
“Mio lord…Petyr…dove siamo diretti?”.
Ditocorto, massaggiandosi i baffi, la fissò in modo enigmatico, probabilmente per capire se avesse ascoltato o meno il suo precedente dialogo.
“Andiamo nella Valle di Arryn. È lì che sposerò tua zia Lysa, ciò che rimane della tua famiglia. Tieniti pronta, Sansa: sta per cominciare un nuovo gioco”.

 

 
Quella sera Tyrion ricevette una seconda visita, ancor più piacevole della prima.
“Vedo che oggi siete in molti a preoccuparvi delle mie sorti”.
“E poi dici che nessuno ti vuole bene” scherzò Jaime, appena sedutosi accanto al fratello.
"Oh, e ti ringrazio per il vino: sarà una delle poche cose che mi mancheranno, qualora dovessi andare all'altro mondo" esclamò, versandoselo in un bicchiere e bevendolo avidamente. "Sii sincero: secondo te Martell ha qualche possibilità?".
"Non lo so. Non l'ho mai visto combattere".
"Neanch'io, ma 'Vipera Rossa' non mi sembra il nomignolo che ti viene affibbiato per caso...".
Sto cercando di convincere Jaime o me stesso?
"Se hai la coscienza a posto, gli Dei ti salveranno".
"Ho smesso da un bel po' di fidarmi degli Dei. Ho preteso un verdetto per combattimento solo per ritardare la mia esecuzione, per vedere se c'è ancora qualcuno che rischierebbe la vita per me senza essere pagato e...beh, per regalarmi un'uscita di scena più spettacolare!" spiegò Tyrion, con un'ilarità che stonava con la tensione del contesto. "E d'altra parte, cosa siamo noi agli occhi degli Dei se non dei miseri insetti?".
"A proposito d'insetti", s'illuminò Jaime; "ricordi nostro cugino Orson? Quello che batté la testa su una pietra quando era ancora un bambino e rimase un po' tardo...passava le sue giornate a schiacciare scarafaggi".
"Se me lo ricordo, chiedi?" replicò Tyrion alzando una delle sue folte sopracciglia. "Era la mia ossessione: anche dopo che te ne andasti io rimasi con lui a Castel Granito, incuriosito dal motivo che lo spingeva a compiere una tale strage. Per prima cosa gli domandai 'Orson, perché ammazzi gli scarafaggi?', ma l'unica risposta che ottenni fu 'li spiaccico tutti! Li spiaccico tutti!'", e nel raccontare imitò gesti e versi gutturali del povero cugino.
"Ti diverti a sfotterlo, vedo. Pensavo che i maltrattamenti subiti da bambino ti avessero avvicinato agli indifesi".
"Tutt'altro" lo contraddì, più serio che mai. "Ridere delle sventure altrui è l'unica cosa che mi fa sentire vagamente normale. Comunque, siccome Orson era indecifrabile, mi rivolsi ai maestri e agli eruditi. Sai cosa dissero? 'Sui grandi uomini della storia abbiamo montagne di libri, ma sui malati di mente abbiamo ben poco'...lo trovai davvero ingiusto. Non mi restò che tornare a osservare Orson, studiarlo, indagarne i comportamenti...non mi davo pace, mi svegliavo nel cuore della notte e nei miei incubi c'erano miliardi di miliardi di carcasse d'insetto che mi sommergevano fino a seppellirmi. Perchè lo faceva, Jaime? Non trovi che sia terribilmente crudele sterminare senza un motivo apparente tanti esseri viventi?".
"Non so dirti perchè lo facesse" commentò Jaime con disimpegno. "Uomini, donne e bambini muoiono ogni giorno (ma che dico: ogni minuto) in ogni angolo del mondo...a chi vuoi che freghi di qualche insetto?".
"Già, a chi frega?", ripeté Tyrion; poi tacque.
Fratello caro...una metafora perfetta, non credi?

Trascorsero il resto della serata a chiaccherare del più e del meno fino a quando Jaime non s'alzò da terra, lasciando intendere al fratello che era stanco e sarebbe andato a dormire.
"Lo invidio proprio il comodo giaciglio in cui stai per tuffarti, sai?" esclamò Tyrion. "È quasi un mese che dormo su queste dure e scabrose pietre del cazzo".
"Punto primo, è poco più di una settimana", ironizzò Jaime; "e punto secondo...non lamentarti sempre, ti assicuro che c'è molto di peggio: quando ero prigioniero degli Stark mi sbatterono in una gabbia grande quanto una scatola, a sorbirmi il fetore della mia stessa merda e del mio stesso piscio. Tu hai addirittura una latrina!".
"Oh si, che immensa fortuna che ho! Chissà se anch'io verrò liberato da una donna cavaliere di 2 metri pronta a scortarmi per tutti i Sette Regni...".
"Brienne eseguì gli ordini di Catelyn Stark, non i miei. È la persona più leale che abbia mai conosciuto" asserì Jaime con decisione, quasi come se si sentisse additato lui stesso al posto dell'amica; e a Tyrion non sfuggì una strana espressione di rimorso che attraversò il suo volto nel nominarla.
"Non ne dubito. Ti è molto cara, vedo".
Lo Sterminatore di Re non disse nulla, era troppo orgoglioso per ammetterlo, ma il suo zittire non faceva altro che dargli ragione.
"Non fare quella faccia, non c'è niente di male: a dispetto delle circostanze ai limiti del circense in cui ci siamo sposati, anch'io ho finito per affezionarmi a mia moglie, che come sai non è più qui".
Jaime era sul punto di scoppiare a ridere prima di accorgersi che il fratello fosse serio.
"Ti manca?".
"Abbastanza", ammise il Folletto con un sospiro. "Insomma, non che avessimo questa grande alchimia, però...lei ne ha passate tante, Jaime; più di quante ne meritasse. Ed è per questo che te la affido".
"Come?!", disse l'altro, arrivando quasi a sputare il vino per la sorpresa.
"Hai capito bene: Cersei e nostro padre non alzeranno un dito per me, ma a te so di poter ancora chiedere aiuto. La sera prima del processo Baelish è venuto proprio qui, ha rapito Sansa e l'ha portata chissà dove, per chissà quali ignobili scopi. Promettimi che se dovesse accadermi qualcosa, se dovessi morire...la troverai, la salverai da Ditocorto e la porterai in un luogo dove nessuno potrà più tormentarla. Promettimelo, Jaime. È l'ultimo favore che ti chiedo".
Soppesò la reazione del fratello a quella richiesta, aspettandosi mille e più scrupoli legati al far parte della Guardia Reale, ma invece Jaime non batté ciglio.
Sarà perchè ha pietà di me...cazzo, che finaccia che ho fatto.
"Va bene. Te lo prometto" disse Jaime, sugellando tutto con un gesto da giuramento, conscio ormai che poco valesse la semplice parola di colui che era noto come Sterminatore di Re. "E se non potrò farlo personalmente, passerò l'incarico a Brienne: dopo tutto, questo era il suo scopo originale".
"In tal caso, sarò debitore a Brienne di Tarth due volte: per aver riportato a casa mio fratello e per aver dato un futuro migliore a mia moglie. Spero soltanto di rimanere in vita per saldare il debito, in qualunque modo".
"Lo spero anch'io", concordò Jaime, "ma adesso sarà meglio provare a riposare un po'. Ci attende una mattinata impegnativa".
"E che possa essere la prima di molte altre mattinate impegnative" brindò il Folletto con un'ultima coppa di vino. "Buonanotte, fratello".
Ricambiando il saluto, Jaime uscì dalla cella e si congedò, abbandonandolo in balia delle riflessioni su ciò che l'indomani aveva in serbo per lui.

Ciao a tutti!
Eccomi di ritorno con un capitolo molto introspettivo, molto dialogato, ma spero comunque soddisfacente (a tal proposito, vi ricordo che ogni recensione e/o consiglio è sempre ben accetta/o!).
Oltre che da Tyrion, per il quale si avvicina l'ora cruciale del verdetto per combattimento, siamo tornati anche da Sansa, che si è allontanata dall'incubo di Approdo del Re solo per finire nelle grinfie di Ditocorto, del quale ancora non riesce a comprendere i reali piani.
La divergenza delle trame dei due protagonisti continua a darmi molti grattacapi, ma spero di venirne fuori in qualche modo.
Intanto vi ringrazio per il continuare a seguire la storia e vi saluto, sperando di poterla aggiornare in tempi più brevi.
Alla prossima!
P.S.: per il confronto tra Tyrion e Oberyn del primo paragrafo mi sono ispirato largamente ai libri, mentre dalla serie ho voluto trasporre l'aneddoto di Orson Lannsiter, uno dei più emblematici e misteriosi dell'opera.
   
 
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