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Autore: Fiore di Giada    03/02/2021    0 recensioni
Erron, sentendo queste parole, ridacchiò. Il suo cuore, in quel momento, era pervaso da un forte senso di sicurezza…
Gli occhi neri di Aquila Rossa scintillavano di fermezza e sincerità.
Si fidava di lui e, per questo, aspettava i suoi tempi.
Poi, si avvicinò ancora di più all’amante e le sue labbra catturarono quelle del nativo. Nella sua vita turbolenta, la presenza di Aquila Rossa era un miracolo.
Non gli importava nulla di essere un degenerato, per i loro incontri sessuali.
Del resto, il suo indegno padre non era stato un pastore di Dio?
Poco dopo , i loro volti si separarono e gli occhi celesti di Erron, lucidi di commozione, si rifletterono nelle iridi dell’amante.
– Grazie, Aquila Rossa. –
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza
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Implacabile, la serpe nera mordeva la sua carne e il sangue sgorgava dal suo corpo nudo.
Erron stringeva i denti, si contorceva, sbarrava gli occhi, inarcava il corpo, fin quasi a spezzarsi.
Il dolore dilaniava le sue carni, accendeva i suoi nervi, straziava il suo cuore.
Ma non avrebbe urlato.
Il serpente, ad un tratto, si attorcigliò attorno al petto scarno del bambino.
Erron sbarrò gli occhi, si agitò, ma la pressione delle spire della serpe aumentò.
E il suo urlo si spense nello sgretolio delle ossa spezzate.

Con un grido angosciato, Erron Black si sollevò a sedere sul letto, gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta.
Gocce di sudore bagnavano il suo viso, mentre il suo petto, nudo, era sollevato da ansiti sempre più rapidi. Dopo cinque mesi, erano tornati i ricordi di quelle orribili esperienze riemergevano nella sua mente.
Tanti, troppi anni di dolore non si annullavano in una pur giusta vendetta.
Il suo respiro, a poco a poco, si placò, ma la sua mano destra si strinse attorno al lenzuolo. Suo padre, il reverendo Theodore Black, era stato capace di manipolare e ingannare i fedeli della sua chiesa, ostentando un’apparenza scintillante di santità e virtù.
Tutti vedevano in lui un uomo onesto e puro, degno del Paradiso dei cristiani.
La sua mascella si irrigidì in uno spasmo di rabbia. La vera natura di Theodore Black era distante dalla virtù predicata nella Bibbia.
Nella sua abitazione, consumava squallidi amplessi contronatura con lui e i suoi fratelli e non si fermava davanti ai loro corpi di bambini e alle loro lacrime,mentre sua madre continuava a colpire i loro corpi col suo mestolo da cucina, pur di costringerli al silenzio.
Per lei, le apparenze di famiglia felice erano ben più importanti della serenità dei suoi figli.
Un singhiozzo si spezzò nel suo petto e bassi ruggiti di rabbia salirono sulle sue labbra. I suoi tre fratelli, disperati e sofferenti per quegli atti sessuali contronatura, avevano scelto la via del suicidio.
Vi ho odiati… Ma ora comprendo la vostra pena. Spero siate in pace. – mormorò. Avevano cercato una via di salvezza a quel tormento, che era stato loro inflitto dall’uomo che avrebbe dovuto educarli e guidarli nella difficile strada della vita.
Non poteva detestarli, perché erano stati sopraffatti da quel tormento.
Erano solo bambini e, come lui, erano costretti a sopportare le sue brame lubriche.
Per voi… Per voi… – sussurrò, amaro. Al compimento dei suoi diciassette anni, la sua vendetta si era compiuta.
Era stanco di sottomettersi a quei tocchi degradanti.
Quando suo padre gli aveva appoggiato una mano sulla spalla, lui, esasperato, gli aveva sferrato un pugno in pieno viso.
Poi, aveva stretto la pistola e gli aveva sparato in una gamba.
Per fortuna, mia madre è morta qualche mese prima… – mormorò, un sorriso freddo sulle labbra sottili. Un colpo apoplettico l’aveva sottratta alla sua vendetta, cinque mesi prima.
Se questo non fosse accaduto, anche lei avrebbe conosciuto la violenza della sua ira.
Suo padre aveva goduto del suo corpo e di quelli dei suoi fratelli, ma lei aveva coperto gli eventi con un manto di bugie e percosse.
Lei era colpevole tanto quanto lui.

Erron, che succede? Stai tremando come una foglia e non è da te. – domandò una voce seria, seppur affettuosa.
Il giovane, per alcuni istanti, rimase silenzioso, poi si girò.
I suoi occhi cerulei si posarono sull’imponente figura seduta di Aquila Rossa, coperta solo dal leggero lenzuolo.
L’imponente e liscia capigliatura corvina scendeva sulle spalle, fin quasi a metà della schiena, mentre sul suo viso, dai lineamenti duri, seppur armoniosi, spiccavano gli occhi neri, dal taglio allungato, simili a due lastre d’onice.
La mano del pistolero si posò sulla guancia del nativo, in una gentile carezza, sfiorò le sue labbra sottili e indugiò sul collo. In quei duri anni, i pellerossa erano considerati esseri inferiori, condannati ad una vita di sofferenze atroci.
Eppure, lui aveva conosciuto il calore di una famiglia tra le braccia di quell’indiano chiuso e taciturno, eppure nobile d’animo.
La parola di quel roccioso nativo era scolpita nella pietra.
Con lui, aveva assaporato l’amore che gli era mancato, durante gli anni dolorosi dell’infanzia e dell’adolescenza.
Ma nemmeno a lui era riuscito a rivelare quella parte del suo passato.
Lo amava, ma il freno della vergogna mordeva la sua anima.
Eppure, non era stato suo padre a scandalizzare lui e i suoi fratelli?
Perché su di lui, che si era solo ripreso la sua dignità, ricadeva il peso del senso di colpa?

Il nativo, cauto, gli prese la mano destra tra le sue e la portò alle labbra. Per lui, quelle dita, così callose, erano morbide.
Le aveva sentite tante volte sul suo corpo nei loro incontri ed erano capaci di sublime delicatezza.
Erron… Il tuo spirito non è felice. Qualcosa ti tormenta ed è un’ombra triste legata al tuo passato. Vero? – domandò, gentile. Tra loro era nato un legame speciale, venato di sensualità e passione, ma la pena del suo amico e compagno ostacolava la loro piena felicità.
Erron era forte e indomito, affrontava con caparbia irruenza la vita, ma quella nube gli impediva di vedere oltre le miserie del reale.
L’altro chinò la testa e il sorriso sulle sue labbra si addolcì un poco. Aquila Rossa non aveva avuto alcun bisogno di parole, per capire i suoi pensieri e le sue emozioni.
La sua mente analitica aveva compreso, seppur non totalmente, la verità sul suo passato.
Con lui, poteva cessare la maschera dell’uomo sempre forte, pronto a gettarsi nelle risse.
Con un sospiro, si lasciò cadere disteso sul letto e Aquila Rossa lo seguì, la mano stretta attorno alla sua. Tuttavia, non riusciva ad aprirsi a lui…
Erano trascorsi cinque anni dalla sua fuga, ma non riusciva a rivelargli quel segreto torbido.
Suo padre, con una minaccia di morte, era stato neutralizzato, ma quell’ombra non si era completamente dissolta.
Stai tranquillo, Erron. Per ogni cosa, esiste un momento giusto. E, se per te non è ancora giunto, non forzare te stesso. Un fiume ha bisogno di scorrere libero, senza alcuna violenza da parte dell’uomo. – lo rassicurò l’altro.
Erron, sentendo queste parole, ridacchiò. Il suo cuore, in quel momento, era pervaso da un forte senso di sicurezza…
Gli occhi neri di Aquila Rossa scintillavano di fermezza e sincerità.
Si fidava di lui e, per questo, aspettava i suoi tempi.
Poi, si avvicinò ancora di più all’amante e le sue labbra catturarono quelle del nativo. Nella sua vita turbolenta, la presenza di Aquila Rossa era un miracolo.
Non gli importava nulla di essere un degenerato, per i loro incontri sessuali.
Del resto, il suo indegno padre non era stato un pastore di Dio?
Poco dopo , i loro volti si separarono e gli occhi celesti di Erron, lucidi di commozione, si rifletterono nelle iridi dell’amante.
Grazie, Aquila Rossa. –

   
 
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