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Autore: FreDrachen    03/02/2021    2 recensioni
Luca aveva davvero tutto nella vita. Era una promessa del calcio, popolare tra i suoi coetanei tanto da essere invitato a ogni festa, ed era oggetto di attenzione di ogni ragazza e non.
Insomma cosa si poteva volere dalla vita quando si aveva tutto?
Basta, però un semplice attimo, un incidente lo costringerà a una sedia a rotelle, e per questo sarà abbandonato dalle persone che un tempo lo frequentavano e veneravano quasi come un Dio.
Con la vita stravolta si chiude in se stesso e si rifiuterà di frequentare la scuola. Sua madre, esasperata da questa situazione, riesce a ottenere la possibilità, dalla scuola che Luca frequenta, di lezioni pomeridiane con un tutor che avrà lo scopo di fargli recuperare il programma perso.
E chi meglio di uno dell'ultimo anno come lui può riuscire nell'impresa?
Peccato che Luca sia insofferente agli intelligentoni e non sembra affatto intenzionato a cedere.
Peccato che Akira non sia affatto intenzionato ad arrendersi di fronte al suo carattere difficile.
Due ragazzi diversi ma destinati ad essere trascinati dall'effetto farfalla che avrà il potere di cambiare per sempre le loro vite.
[Storia presente anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 2

 

«Vecchio non si direbbe, dato che sarò io il tuo tutor».

Doveva essere senza dubbio uno scherzo. E uno di pessimo gusto.

Lo squadrai da capo a piedi e lui sostenne impassibile il mio sguardo. Degli occhi così fermi, così come l'apparente mancanza di emozioni, non erano di certo di natura umana. Doveva essere senza dubbio un automa. Oddio! Un automa con il compito di farmi il lavaggio del cervello. Ma mai gliel'avrei permesso. Parola di Luca Tremonti.

Lui dovette aver percepito i miei pensieri perché socchiuse appena gli occhi, le ciglia lunghe che gli solleticavano la pelle.

«Qualcosa mi dice che non sono esattamente la persona che ti aspettavi, o sbaglio?»

Noooo, mi aspettavo un vecchio in tutù che ballava con il monociclo facendo il giocoliere con i birilli.

Certo che questo ragazzo spiccava proprio di intelligenza. Ma allora perché era qui?

Come risposta mi limitai ad assottigliare le labbra ma lui non parve prendersela.

«Se il gatto ti ha improvvisamente mangiato la lingua o l'hai ingoiata, ed è quello che spero, lascia che mi presenti. Sono Akira Vinciguerra e nelle prossime settimane sarò la tua ombra, il tuo sensei*. Temo che con me rimpiangerai di aver saltato così tanti giorni di scuola».

Mi sorrise accondiscendente ma sotto il velo della pelle mi pareva di vedere una certa sadicità. Era un demonio travestito da angelo. E mia madre aveva deciso di lasciarmi in sua balia? Doveva essere del tutto fulminata.

E fu dopo che la mia mente ebbe registrato il nome che capì quasi subito il motivo per cui non mi era del tutto estraneo.

Avevo letto di lui sul sito della scuola dato che era arrivato primo alle gare di chimica e secondo a quelle nazionali, insomma un genio delle materie scientifiche.

E allora che cazzo ci faceva con me che frequentavo il corso sanitario che si, era sempre scientifico, ma era considerato il corso dei casi umani?

Quando sfacciatamente glielo chiesi lui si limitò a sorridere. Stronzo.

«Sarò anche di biotecnologie ambientali, ma so dimesticarmi anche nelle materie del corso sanitario. In fondo ci sono solo poche differenze».

Spilungone e intelligente, un'accoppiata che mi aveva sempre fatto nauseare.

E poi che aveva da fissare dall'alto in basso?

Ah si vero, ero seduto sulla sedia a rotelle, quindi finché non avessi avuto di fronte un hobbit tutti mi avrebbero fissato in quel modo.

«Va bene genio cinese. Adesso spiegami come hanno fatto a convincerti a venire qui» dissi irritato dalla sua semi sfacciataggine.

I suoi occhi si rabbuiarono e incrociò le braccia al petto. «Mi secca dirtelo ma sono per metà giapponese non cinese. E per tua informazione sono qui per i crediti extra».

Già, avevo sentito di quell'idea presa d'esempio dalle scuole americane dove si facevano attività extra per ottenere più punti alla maturità ma pensavo l'avessero accantonata vista la dubbia utilità. Ma a quanto pare il preside era di tutt'altro avviso. Evviva.

«Quindi non riuscirò a farti cambiare idea giusto, Occhioni a mandorla?»

Vedevo che era infastidito e la cosa mi faceva più che godere. Sorrisi in modo innocente e questo lo fece rabbuiare di più.

«No, non ti libererai facilmente di me. Sono disposto a tutto per svolgere al meglio questo incarico e che tu lo voglia o no assimilerai ogni cosa che ti sei perso».

«È una sfida, cinese?»

Lui afferrò i lati della cattedra improvvisata e si sporse in avanti cin fare quasi minaccioso,e forse ci sarebbe riuscito se non fosse che era abbastanza mingherlino di stazza. Uno così sul campo da calcio me lo sarei mangiato a colazione.

«Dal mio cognome avrai senz'altro capito che non sono proprio il tipo che si tira indietro e che perde»disse, e interpretai le sue parole come una sfida. Strinsi la mano a pugno preso in contropiede. Lo avremmo visto chi dei due l'avrebbe spuntata.

Il resto del tempo passò stramaledettamente noioso


Il resto del tempo passò stramaledettamente noioso. Lui provò a farmi delle domande sul mio stato attuale di preparazione e ovviamente gli feci notare che mi ero perso le lezioni di quei mesi e che era logico che non sapessi un accidenti di quello di cui stava parlando.

Lui alle mie repliche in tono sarcastico non rispondeva esplicitamente, ma i suoi occhi parevano urlare tutte le imprecazioni esistenti.

Il mio obiettivo sarebbe tanto fargli perdere le staffe prima o poi.

Per fortuna alla fine della tortura mentale mancavano pochi minuti e finalmente sarei potuto tornare a cazzeggiare come volevo.

Mi appoggiai con i gomiti sul banco e mi lasciai scappare un sonoro sbadiglio che Akira non apprezzò.

«Vedo che le tue buone maniere lasciano desiderare».

Perfetto oltre che secchione era pure un fissato della galanteria. Gente così doveva essere rinchiusa da qualche parte.

«La cosa ti dà fastidio, Akira?»

Pronunciai il suo nome scandendo ogni singola lettera caricandole il più possibile di sarcasmo.

Lui fece per replicare quando la porta si aprì e nella stanza entro una bionda dalle curve mozzafiato.

Aveva gli occhi grandi azzurri contornati da una tonnellata di eyeliner e matita e le labbra erano tinte di un rosso scarlatto. E che tette! Dovevano essere una quinta sicuro, e che rischiavano di uscire dalla scollatura della maglia attillata color bistro che indossava sopra un paio di jeans stretti che le facevano risaltare un paio di gambe affusolate e assolutamente favolose.

Lei si fece avanti e si mise di fronte ad Akira regalandomi lo stupendo panorama del suo sedere sodo.

Cazzo, se ogni volta che dovevo stare a sentire quel palloso dagli occhi a mandorla potevo bearmi di simile bellezza bè, mi sarei senza dubbio sacrificato per la causa.

«Potresti gentilmente smettere di fissare in quel modo la mia ragazza?»

Come? Cosa? Ragazza?

Ma ero per caso finito su un pianeta parallelo? Era impensabile che una figa del genere stesse con...bè uno come lui.

Era inconcepibile!

Distolsi lo sguardo da quel magnifico panorama in tempo per vedere lo sguardo ammiccante della ragazza. Chissà con quanta gente l'avrà già tradito.

Infine lei aprì le labbra rosse e carnose e prese a parlare. Inutile dire che la preferivo da zitta. Aveva una voce squillante che, chissà come mai, mi faceva pensare allo squittio di un topo.
Almeno la mia ex non sembrava così irritante. Esigente di attenzioni si ma almeno quando la sentivo non mi faceva venire una voglia matta di mettermi i tappi per le orecchie.

«Hai finito qui? Perché avrei un disperato bisogno di in passaggio in centro. Sai ho visto una maglietta stupenda in saldo...»

Quanto volevo staccarmi le orecchie dal cervello per smettere di sentire.

Quella continuò a parlare per un tempo che parve infinito, e avrebbe continuato se non mi fossi schiarito la voce.

«Scusa tanto se interrompo i tuoi drammi esistenziali ma fino a prova contraria il tuo ragazzo aveva a che fare con me»dissi irritato, un sentimento che non capivo. Perché dovevo esserlo se non m'interessava un cazzo avere le attenzioni di quel damerino?

Lei finalmente mi guardò fisso negli occhi e vidi che faceva ben attenzione a non fissarmi le gambe amputate, e per questo l'odiai. Era come tutti gli altri che si sentivano a disagio quando mi parlavano e che tendevano a guardarmi solo in faccia.

«Oggi mi pare che non dovevate fare cose importanti».

«Rilevanti tanto quanto le parole che ti sono uscite di bocca fino a quel momento?»domandai innocentemente e lei avvampò. Avevo colto nel segno e a differenza di quanto mi aspettassi Akira non intervenne, facendomi gongolare. L'oca era sola nella sua battaglia persa in partenza. Nessuno usciva vivi da uno scambio verbale con me.

Lei si riprese in fretta e sfoderò un sorriso finto.

«Ah, ma ora ti riconosco. Sei Luca Tremonti giusto?»

Wow, quanta perspicacia.

Alzai le sopracciglia. «Non pensavo che la mia inestimabile bellezza e intelligenza fosse giunta anche alle tue orecchie. Di te invece so meno di zero».

La vidi rabbuiarsi stringendo a pugno una delle mani con le unghie impregnate di smalto laccato. Infine mi sorrise. Cielo come attrice faceva davvero pietà.

«Avevo sentito parlare della tua parlantina. Uno come te non dovrebbe avere molti problemi a imparare da solo le cose e lasciare Akira a fare cose più importanti».

«Come rifornire il tuo guardaroba? Forse sarebbe il caso che ti dia una mano a comprare qualcosa di decente»dichiarai facendo cenno agli abiti che indossava, ben leggeri per le temperature di quel periodo. Ma come avevo fatto a reputarla bella fino a un attimo prima?

Lei pestò i piedi a terra come una bambina viziata e mi chiesi come non aveva ancora fatto conoscenza del pavimento visto che indossava due zeppe vertiginose. Come mai le ragazze apprezzassero quel capo d'abbigliamento era tutto un mistero.

«Come osi? Akira dii qualcosa. Come puoi permettere a questo zoppo di parlarmi in questo modo?»

Volsi lo sguardo su Akira e constatai che non aveva alcuna intenzione di intervenire in favore della ragazza anzi, pareva uno che non vedeva l'ora di tornarsene a casa.

Difatti quello che fece fu bofonchiare uno sbrigativo: «Ci vediamo domani alla stessa ora»al sottoscritto, mentre alla sua ragazza dedicò una lunga occhiata prima di lasciare la stanza.

Per un attimo rimasi con l'oca e temetti che mi potesse dare la colpa dello strano comportamento del fidanzato e che mi potesse soffocare con la tracolla della borsetta che aveva, talmente mini da poter contenere al pelo il telefono.

Ma per mia fortuna ciò non avvenne e la ragazza sgusciò fuori dietro al mio nuovo tutor.

Sorrisi. La partita con quell'Akira era appena iniziata, e avremmo visto chi dei due l'avrebbe spuntata.

 La partita con quell'Akira era appena iniziata, e avremmo visto chi dei due l'avrebbe spuntata

«Com'é andato questo primo giorno Luca? Il tuo tutor come ti sembra?»

La voce di mia madre mi riportò alla realtà mentre stavo giocando con il cibo spostandolo da una parte e l'altra del piatto.

Alzai lo sguardo su di lei e notai che aveva un che di speranzoso disegnato sul volto. Sperava che il suo caro figlio storpio avesse trovato uno scopo.

Bè si sbagliava di grosso. Quella era la mia punizione, e non meritavo di uscire da quella situazione.

Ma di fronte a quello sguardo fui solo in grado di mormorare qualche parola a mezza voce.

«Si sembra competente. No, iniziamo domani».

Una luce parve far brillare i suoi occhi mentre mio padre aveva assistito alla scena in completo silenzio.

Dopo l'incidente pareva che si fosse formato un muro invarricabile tra me e lui, e a malapena mi rivolgeva qualche occhiata. Non parlava più direttamente con me ma usava mia madre come intermediario, come se non fossi all'altezza del suo interesse. E faceva male si, sopratutto perché prima eravamo molto uniti.

Avevo cominciato a giocare a calcio perché faceva piacere a lui, e con il tempo era diventata la mia sola e unica ragione di vita.

Ma il karma meschino e sadico aveva deciso di rompere quell'idillio.
Sapevo che mia madre soffriva di quella situazione ma cosa potevo fare?

La mia vita non contava più nulla e forse mio padre faceva bene a considerarmi un fallito, una persona irresponsabile che era riuscita a rovinare la sua vita pressoché perfetta.

Nessuno parlò per il resto della serata e finito di mangiare annunciai la mia intenzione di andare in camera. Meglio la solitudine a quel silenzio glaciale.

Mi feci forza con le braccia dandomi la spinta per avanzare con la sedia a rotelle e colsi con la coda dell'occhio lo sguardo disgustato di mio padre.


*Trad dal giapponese: maestro
 

Angolino autrice:

Buonsalve :3
Ecco a voi il secondo capitolo *-*
Spero vi sia piaciuto *-*
Comunque commenti e suggerimenti sono sempre ben accetti :D

A presto!!

FreDrachen

 

   
 
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