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Autore: Marydb13    04/02/2021    0 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 15- Mr. Mercer in un night
Molestare le ragazze? Siete rimasti indietro: nel 2018 quelli in pericolo sono i maschi!
 
 
Anno 2019, 14 febbraio, h 01,00
Genova, Italy (casa di Mary)
 
Erano passate quasi due settimane da quando i Settecenteschi, Lucia, Francesca, Emanuela e l’accoppiata Bianchi-Rossi avevano “espugnato” la sua casa e le cose si erano, ormai, quasi ristabilite. Cutler Beckett, dopo aver assistito all’improvvisato teatrino, aveva deciso, colto da un’improvvisa ondata di clementia, di non rimuovere Mr. Mercer dal suo incarico. Non che lo spettacolino pacchiano delle tre donzelle fosse stato particolarmente convincente, ma perché, come disse: ‹‹Mr. Mercer, non mi avevate detto di essere così popolare tra le giovani donne››. No, scusate, quello lo disse dopo… Hey, ma ha detto davvero così? Quel piccolo… non diciamo cosa, sennò la nostra storia non diventa più adatta ad un pubblico di minori… Comunque, ebbene sì, l’aveva detto davvero e non a torto, se proprio dobbiamo essere sinceri. Chiunque avrebbe potuto pensare una cosa del genere se avesse visto tre ragazze intessere lodi sulla sua persona, esaltando gesta del pari “E’ riuscito ad aprirmi la bottiglietta quando avevo sete: è il mio eroe!”. Per non parlare del fatto che stavano praticamente facendo i salti mortali pur di convincere Lord Beckett a non “portarglielo via”.

Ad ogni modo, ciò che disse in quel momento fu: ‹‹Ho come la vaga impressione che i fatti non si siano svolti proprio come li avete raccontati. Specie la leggenda per cui avrebbe trasportato Miss Innocenti in braccio per più di 10 chilometri…››
“Era praticamente l’unica cosa vera!” gli avrebbe voluto gridare la diretta interessata, ma fu costretta a trattenersi.
‹‹Ma sono anche convinto che, se non ci fosse un fondo di verità, non avreste organizzato questo teatrino›› E con queste poche parole aveva implicitamente concesso a Mr. Mercer di rimanere il carceriere ufficiale di Mary. Potete immaginare la gioia della poveretta. Riuscì a trattenersi dallo scoppiare in lacrime, solo focalizzandosi sull’immagine di Marta rinchiusa nello scrigno di Davy Jones, in attesa di essere salvata.

Poi, sempre a proposito di clementia, sentendosi in colpa per aver compiuto troppe buone azioni tutte in una volta (non se la sentiva proprio di essere così crudele da illudere i suoi nemici di avere una qualche speranza di ottenere clemenza nella lotta contro la Compagnia. Non sarebbe stato corretto nei loro confronti), Lord Beckett aveva ben pensato di ordinare un’impiccagione di massa, approfittando dell’assenza della sua assillante assistente. Il suo fidato gli aveva, infatti, riferito che quel giorno Miss Innocenti avrebbe avuto la temutissima simulazione di seconda prova. Nessuno dei due aveva ben capito di che cosa si trattasse nello specifico, ma dal comportamento nervoso (oltre ogni limite) dei compagni di classe, avevano intuito che non sarebbe stata una passeggiata e che, se erano fortunati, l’avrebbe tenuta impegnata per sei ore. Se a quelle si sommavano le due che avrebbe impiegato per gli spostamenti casa-scuola e l’ora di attesa prima che il ministero pubblicasse le prove, loro avrebbero avuto tutto il tempo per agire indisturbati.

Quello che Lord Beckett non aveva calcolato era che Maria Vittoria frequentava il liceo classico, unico indirizzo a cui il ministro dell’istruzione Bassetti aveva semplificato la prova e aumentato il tempo a disposizione per portarla a termine. Se prima i maturandi dovevano tradurre 18 righe di versione in tre ore, ora ne avevano a disposizione 6 per tradurre 8/9 righe scarse di latino, il cui testo era corredato di pretesto e post-testo, e confrontarlo con uno greco (con traduzione), attraverso la risposta a tre semplicissime domande. Inutile dire che in meno di due ore la studentessa aveva già consegnato la prova (riservandosi anche il tempo per suggerire ai vicini di banco) e in meno di tre era già nell’ufficio di Beckett per consegnargli i documenti sugli ancestrali della regina Nefertiti, come concordato. E lì lo trovò, ancora in veste da camera, mentre apponeva le ultime firme ai documenti che gli avrebbero permesso di far impiccare tutti i prigionieri attualmente presenti nelle carceri di Port Royal. Potete immaginare la sua faccia, quando se la vide comparire davanti, così presto. E quando quella gli domandò che cosa avesse intenzione di fare con quelle carte, rivolgendoglisi con un’espressione genuina ed innocente senza pari su questa terra, non ebbe il coraggio di deluderla.

Fu così che Mr. Mercer, invece dei documenti ufficiali che stava attendendo da ore, ricevette un ordine di rettifica da parte del suo superiore. L’impiccagione doveva essere svolta, ma i prigionieri dovevano solo fingere di morire soffocati. Sarebbe stata una farsa in grande stile, per far sentire “minacciati” i pirati più influenti e spingerli a cantare, nel duplice senso del termine.
In tutto questo, tuttavia, come potrete ben immaginare, Maria Vittoria sapeva perfettamente cosa Cutler Beckett stava per fare: aveva solo finto di riporre ingenuamente fiducia “nella gloriosa morale e risaputa clementia del Lord che avrebbe presto dominato su tutti i Mari e gli Oceani”. Avendo visto i film e letto i romanzi derivati, ricordava bene l’impiccagione di massa e aveva anche una vaga idea del periodo in cui sarebbe avvenuta. Per essere più tranquilla, tuttavia, aveva chiesto ai suoi “uccellini” (ora capiva come si sentiva Jafar, muhahaha) di tenere monitorata la situazione prigioni e questi non avevano avuto alcuna difficoltà a carpire le informazioni utili alle sveglissime e guardigne1 sentinelle di Port Royal.

Un altro problema che dovette affrontare in quei giorni fu spiegare a Mr. Mercer il motivo dell’improvvisa nostalgia nei suoi confronti che l’aveva attanagliata, casualmente, nel momento in cui Cutler Beckett aveva nominato la destinazione del suo viaggio. Mary, inizialmente, aveva tentato di rimanere sul vago, ma quando lui l’aveva messa con le spalle al muro (letteralmente), aveva inteso che, forse, sarebbe stato il caso di dirgli la verità. Se voleva giungere viva alla mattina del suo compleanno, come le aveva gentilmente ricordato il suo graditissimo ospite.
E con verità, intendeva tutta la verità. E quale modo migliore di dimostrargli la veridicità delle sue parole, se non mostrargli i primi tre film di Potc? No, non era uno scherzo e sì, ci aveva riflettuto bene: non era un altro dei suoi soliti colpi di testa (forse).

Nonostante fosse passato poco più di un mese e mezzo da quando aveva fatto conoscenza con alcuni personaggi di Potc, gli si era affezionata subito e non aveva nessuna intenzione di lasciarli morire, seguendo il corso della storia, senza aver tentato nulla per salvarli. Del resto, se proprio loro, a distanza di tre secoli, si erano potuti incontrare, doveva esserci un motivo. Sarebbe bastato che a incontrare i Settecenteschi fossero state delle persone nate prima del 2003 e queste non avrebbero potuto conoscere la loro storia, né aiutarli a cambiare il corso del loro destino.
Una volta giunta a questa conclusione, rimaneva la questione sul chi caricare di questo pesante fardello. La prima persona a cui aveva pensato era stata, ovviamente, Cutler Beckett. Era l’uomo più vicino a lei in quel momento che avesse un potere sufficiente per riuscire a scegliere di cambiare il corso di alcuni eventi, se solo lo avesse voluto. E poi, amore platonico per Hector Barbossa a parte (Sentito? Hector! Porta lo stesso nome del mio personaggio preferito dell’Iliade: non può essere una coincidenza! Nd: Mary), era il personaggio che ammirava di più dal punto di vista intellettuale e strategico. Inoltre, leggendo il romanzo a lui dedicato, specie la parte inerente alla sua infanzia, aveva scoperto alcune sue sfaccettature caratteriali che le ricordavano la se stessa di alcuni anni prima. Poi, però, l’aveva conosciuto, e si era subito resa conto che la sua sete di potere e i problemi di gestione dell’ansia sarebbero stati degli ostacoli non trascurabili.

Aveva, allora, pensato a Elisabeth, vera ed unica signora delle Mary Sue, ma al momento non aveva assolutamente idea di dove si potesse trovare, e poi aveva come la strana sensazione che c’entrasse qualcosa con la sparizione di Marta insieme a Jack Sparrow durante la battaglia con il Kraken. Anche se non fosse stata coinvolta, rimaneva, comunque, una pedina inaffidabile. E gli alti che le venivano in mente erano tutti o troppo distanti, o troppo volti al conseguimento di cause personali, oppure non avevano un potere sufficiente che gli permettesse di fare qualcosa di concreto per alterare la storia.
Fu così che, un po’ per esclusione, un po’ perché dopo la “scampagnata” in Toscana le sembrava di potersi fidare di lui (per certi aspetti), decise di raccontargli tutto. Contro ogni aspettativa, l’uomo ascoltò in pacato silenzio fin dall’inizio e non fiatò nemmeno quando la ragazza lo fece accomodare sul divano per vedere la prima cassetta della saga (ebbene sì, Mary aveva ancora delle videocassette della Walt Disney). Il primo ed unico commento che fece fu: “Ma io non sono così vecchio, basso e debole”. Come aspettarsi di meno da un orgoglio maschile ferito
Giunti agli ultimi atti del terzo film, tuttavia, Maria Vittoria spense istintivamente il televisore e, nonostante le proteste dell’uomo, si rifiutò categoricamente di consegnargli il telecomando. Mr. Mercer provò prima con le buone (non aveva, infatti, nessuna voglia di alzarsi dal divano… Su una cosa la mocciosa aveva ragione: si stava proprio bene con la copertina da pensionati. Qualunque cosa “pensionati” significasse), ma, al terzo richiamo andato a vuoto, si erse in tutta la sua altezza e fece per strapparglielo con la forza. Le aveva appena afferrato il polso con il solito garbo che lo caratterizzava, che vide il corpo tremante di lei e gli occhi che stavano diventando sempre più lucidi. No, no… Non stava per farlo, vero? Non le aveva (ancora) fatto nulla che potesse giustificare un tale comportamento.

‹‹Mocciosa?›› il silenzio che seguì gli fece intendere che stava per accadere esattamente ciò che aveva temuto. L’unica situazione per cui nessun addestramento poteva preparare e che non si sentiva assolutamente in grado di affrontare: il pianto di una donna. Oltra ad essere un qualcosa di estremamente fastidioso e snervante, era l’unica cosa al mondo in grado di far sentire un uomo completamente inerme. E se c’era una cosa che lui odiava era non avere la situazione sotto controllo.
‹‹N-no, non piangere, p-per favore… aspetta un attimo!›› tentò, invano, di arrestare l’inevitabile. Ma non esisteva un manuale, un tappo, un qualcosa? Come poteva fermare quella cosa, senza pervenire all’eliminazione fisica del soggetto? Se si fosse trattato di un uomo, almeno, gli sarebbe bastato puntargli un coltello alla gola per farlo smettere di frignare, ma con una donna avrebbe solo peggiorato la situazione. Una cosa che andava davvero al di là della sua comprensione. (Maschilista! Nd: donne)

Snif, Snif.

No, no, no! Pessimo segnale! Prima iniziavano a tirare su col naso e poi

SIG, SOB, SOB!

Ecco, appunto! ‹‹B-basta adesso: si può sapere che ti è preso? Se proprio vuoi piangere, aspetta almeno che io ti abbia punita per non aver tenuto nascosto tutto questo!›› vedendo che tali parole non erano riuscite a confortarla (chissà come mai…), tentò, allora con le suppliche: ‹‹Non è più conveniente anche per te piangere una volta sola?›› Vedendo che neanche questa tecnica pareva funzionare, stremato, provò a scuoterla leggermente per le spalle ‹‹Moccio… Marì Victoria!››
Udire il suo nome pronunciato in maniera così poco civile (non a caso quei barbari degli Anglosassoni fanno parte del Common law e non del Civil law), ebbe l’effetto di placare un minimo il suo pianto. Approfittando di quell’attimo in cui sentiva di riuscire a pronunciare qualche parola senza essere interrotta dai singhiozzi, Mary si affrettò a spiegare: ‹‹M-mi dispiace, è che non penso che sia il caso di mostrarvi le prossime scene…›› per poi aggiungere, con un tono di voce ancora più flebile: ‹‹e a dire il vero, non credo di riuscire a reggerle nemmeno io››
‹‹Spero che tu stia scherzando›› partì subito in quarta lui, senza nemmeno finire di ascoltare quello che aveva da dire ‹‹Sapere in anticipo come Lord Beckett sconfiggerà definitivamente l’ultima resistenza della pirateria ci farà guadagnare un sacco di tempo prezioso e salverà un sacco di nostri uomini›› poi la fissò con lo sguardo più perforante che avesse mai ricevuto e le rivolse le ultime parole taglienti: ‹‹Molti di loro li hai anche conosciuti e ti hanno aiutato quando eri a Port Royal. Sei pronta a condannarli solo per un tuo capriccio? Proprio tu che sostenevi di non riuscire a sopportare la sofferenza delle perso…››
‹‹MORIRA’!›› l’urlo della ragazza, aggravato dal fatto che non avesse mai osato interromperlo prima d’ora, le diede la sua completa attenzione.

‹‹DI CHE STAI PARLANDO: CHI MORIRÀ?›› le urlò lui, di rimando, mentre la scuoteva con violenza per le spalle. Come si permetteva quell’insulsa ragazzina di interrompere un uomo che stava parlando? (Maschilista depravato e anche violento! Nd: tutte)
Come Mary trovò la forza per riuscire a rispondere in un momento come quello, fu un mistero anche per lei: ‹‹Lord Beckett…›› il solo pronunciare quel nome ebbe l’effetto di irrigidire l’uomo, che aumentò ulteriormente la presa e fece per ringhiarle contro nuove minacce. La ragazza, tuttavia, rendendosi conto che se l’avesse lasciato parlare, la questione si sarebbe risolta molto male (letteralmente, per quanto la riguardava), lo precedette e parlò senza mai prendere fiato: ‹‹Non riuscirà a sconfiggere i pirati: morirà e con lui buona parte del suo equipaggio. E i sopravvissuti periranno in avventure successive. Il povero Groves morirà nel quarto film, e così anche Gillette. Morirete anche voi, ucciso da Davy Jones e in una maniera orribile›› detto ciò, fu di nuovo assalita dai singhiozzi. Ora che aveva esternato le sue preoccupazioni, il peso che le opprimeva il petto si era notevolmente alleggerito, ma non aveva dissolto la tristezza immensa che il solo pensiero di poterli perdere le provocava.
‹‹E-E’ per questo che non volevo che vi avvicinaste a Davy Jones… e per colpa della mia incapacità avete già dovuto confrontarvi con lui per ben due volte›› SIG, SOB! ‹‹Io non voglio che moriate!›› La nuova ondata di pianto, però, fu bloccata da un’azione completamente inaspettata. Mr. Mercer le si avvicinò e, senza dire niente, la… abbracciò! Così, su due piedi, senza nemmeno un attimo di preavviso. Ma le voleva far venire un infarto, per caso? E poi che gli era preso? Non sembrava nemmeno lui! Quando aveva deciso di metterlo al corrente di tutto, si era preparata mentalmente a subire la sua ira in ogni forma e manifestazione, compreso l’occultamento di cadavere, ma mai si sarebbe aspettata un comportamento del genere. I suoi occhi, solitamente duri e fermi, ora erano illuminati dalla luce del divino perdono. Persino le sue mani, con cui aveva sparso il sangue di centinaia di innocenti, ora parevano guidate dal Santo Spirito, mentre si avvicinavano al suo volto, come a volerla rassicurare.

Vedendolo agire in maniera così adulta e civile, Maria Vittoria si sentì ancora più in colpa per aver dubitato di lui. Tra le lacrime di commozione, si affrettò a dirgli: ‹‹M-mi dispiace… Volevo dirvelo prima, ma non sapevo di chi potermi fidare. Se Lord Beckett lo venisse a sapere, si muoverebbe subito per cambiare gli eventi, ma così facendo rischierebbe di peggiorare la situazione. Se la storia cambia adesso, rischiamo di non riuscire più a prevedere cosa accadrà poi…›› Ma lui, ancora una volta, seppe sorprenderla. La zittì con dolcezza, come se volesse dirle: “sei già perdonata: che non se ne parli più”. Poi, rivolgendole uno sguardo carico di caritatevole amore cristiano, sollevò la mano destra verso una ciocca ribelle (quale delle tante? Ti ricordo che ho i capelli ricci. Nd: Mary) che le era sfuggita dalla coda, e… l’afferrò bruscamente per i capelli, per poi scagliarla a terra e iniziare a pestarla come se non ci fosse stato un domani.
Altro che santo silenzio e muto perdono: quella era la pace che precedeva la tempesta, l’attimo che precedeva l’ira meditata di Gesù quando cacciò i mercanti dal Tempio. Mr. Mercer era il bruto di sempre e Maria Vittoria non era ancora riuscita a capire che, se non si sbrigava a “scendere dalle nuvole”, non sarebbe sopravvissuta ancora a lungo nel mondo reale. Chissà che i due, in futuro, non avrebbero beneficiato delle reciproche differenze, migliorando i propri punti deboli… Ma, ahi loro, sarebbe occorso ancora mooolto tempo.

Ad ogni modo, dopo averla pestata dolcemente (“Solo legni dolci per la mia vittima prediletta” Nd: Mr. Mercer. “Ma chi sei, Don Camillo?” Nd: Mary) per un certo periodo di tempo, si concesse qualche istante per riprendere fiato e osservarla. Nonostante ci fosse “andato molto piano” per i suoi standard, la ragazza pareva aver accusato il colpo. Era rannicchiata a terra in posizione fetale, le braccia a proteggere la cassa toracica (e un po’ più in su😂). Alla centesima, Maria Vittoria aveva finalmente capito che l’uomo non l’avrebbe mai colpita alla testa, ergo proteggerla e lasciare scoperte altre zone dolorose era assolutamente inutile e controproducente. Ciò non l’aveva, tuttavia, esentata dal provare un dolore altrettanto lancinante. Mr. Mercer era un maestro nel provocare sofferenza nelle persone, senza lasciare segni fisici troppo evidenti sul loro corpo.

Così, senza che potesse fare nulla per evitarlo, due lunghe scie di lacrime si fecero strada lungo il suo volto (Avete presente quando ricevete una pallonata in faccia molto forte e, anche se non volete piangere, gli occhi iniziano a lacrimare da soli per riflesso? Lo stesso avviene dopo aver ricevuto colpi di una certa potenza in determinati punti… Chi pratica sport a contatto vero lo sa bene). Vederla così indifesa e tremante gli fece sentire come una morsa alla bocca dello stomaco, un senso di vuoto opprimente. Era una sensazione nuova per lui e, se qualcuno gli avesse chiesto di descriverla, non era certo che ci sarebbe riuscito. Inizialmente non riuscì a comprendere che cosa gli stesse provocando questa dolorosa sensazione, ma poi, lasciando cadere ancora una volta lo sguardo sui suoi occhi spaventati, finalmente capì. Era… la fame. (Non giudicatelo: è la prima volta in vita sua che salta colazione, merenda delle undici, pranzo, merenda e tè delle cinque. In più, la visione dei film aveva posticipato la cena di addirittura 47 minuti… una situazione drammatica, oserei dire…)

Grazie al richiamo del suo stomaco della coscienza, l’uomo decise che di botte (per il momento) la fanciulla ne aveva avute a sufficienza. E, se anche così non fosse stato, infierire più a lungo sul suo fragile corpicino avrebbe potuto compromettere la buona riuscita della cena e dei pasti per i giorni successivi, ergo, forse era bene trattarla con più cura. (Ma che sono, un cane? Nd: Mary)
Il resto della serata trascorse in una parvenza di tranquillità, con Mary che cercava di raccontare a Mr. Mercer il resto della storia, senza causare nuovamente la sua ira. L’uomo, tuttavia, parve riconoscere i suoi sforzi, perché la rassicurò subito: ‹‹Non ti preoccupare: per stasera ne hai già ricevute a sufficienza. Parla in assoluta libertà… Se proprio dovessi contrariarmi in qualche modo, vedrò di segnarmelo sull’agenda e conteggiartelo con le prossime punizioni›› Magnanimo, lui.
Dopo che la ragazza ebbe terminato il suo resoconto, volle indagare: ‹‹Ma se non vuoi aspettare all’ultimo per cambiare la storia, allora perché non hai voluto che partissi per Singapore?››
‹‹Beh, perché…›› Vedendola portare le braccia a protezione della testa e chiudere gli occhi, la interruppe, inarcando un sopracciglio: ‹‹C’è un qualche motivo per cui sembra che tu ti stia riparando dal sole, in casa, alle dieci di sera?››

‹‹E’ solo una precauzione… nel caso in cui doveste cambiare idea sul posticipare la mia eventuale punizione, hehehe›› si scusò lei, senza, tuttavia, dar segno di voler abbassare le braccia. Poi, udendo l’ennesimo sbuffo dell’uomo, si affrettò a rispondere al suo precedente quesito: ‹‹Se voi foste partito subito, non sarei riuscita a mostrarvi niente, né a chiedervi di non sterminare la ciurma di Capitan Barbossa››
‹‹E perché mai dovrei assecondare una richiesta così stupida?›› ridacchiò lui. Ogni giorno la sua ingenuità lo stupiva di più.
‹‹Perché è l’amore della mia vita e non lo sa ancora, ovviamente›› Esclamò, portando le mani al petto, con finta costernazione. Si prendeva gioco di lei? Ce l’avrebbe messa tutta per corrispondere allo stereotipo di mocciosa viziata e frivola. ‹‹Come faccio a sposarlo, altrimenti?››
‹‹E…?›› tagliò corto lui, capendo l’antifona.
‹‹E, per quanto io disprezzi i pirati, al momento sono l’unica speranza di salvare Marta. Se è rimasta davvero a bordo della Perla Nera al momento dell’attacco, ora si trova all’interno del forziere di Jones… in compagnia di un donnaiolo smodato, pazzo, alcolizzato, criminale e assassino›› nel pronunciare gli “attributi” di Jack Sparrow, la sua voce divenne particolarmente acuta e stridula. Ecco perché andava così d’accordo con Cutler Beckett.

‹‹Un altro ottimo motivo per sterminarli dal primo all’ultimo›› deliberò Mr. Mercer, in tutta tranquillità. Haha sempre più simpatico.
‹‹Non sarebbe più soddisfacente aspettare che i pirati la salvino, per poi ucciderla con le vostre mani?››
Il gioco non dovette dispiacergli, perché dopo una finta pausa riflessiva, rispose: ‹‹Ma, in effetti non sarebbe male, come prospettiva… Peccato che riusciresti sicuramente a trovare un modo creativo per impedirmelo››
‹‹Già, e se non mi venisse in mente niente di utile mi basterebbe rivolgermi a Lord Beckett…›› ecco la frecciatina, muhahaha.
Mr. Mercer non parve capire l’allusione, perché si mise a ridacchiare: ‹‹Ah sì? E cosa ti fa pensare che Lord Beckett prenderebbe ancora le tue difese? Vi consiglio caldamente di non montarvi troppo la testa: non gli siete così indispensabile come credete›› Lo smacco subito poche ore prima doveva pesare parecchio.
‹‹Io no, forse, ma la mia amica dalla chioma fiammeggiante sì…›› non fece nemmeno in tempo a finire di parlare, che lui proruppe in una grossa risata. Se non fossero stati già seduti sul divano, sarebbe certamente caduto a terra, trascinando lei con lui, data la sua forza impressionante. Così, invece, Mary riuscì a spostarsi velocemente, slittando sul divano, verso il punto più distante dall’uomo (e ciò nonostante, per poco non le finì addosso, comunque).
Quando le sembrò che l’uomo fosse nuovamente in grado di ascoltarla (e che non l’avrebbe spiaccicata contro lo schienale del divano), commentò: ‹‹Devo dedurne che non vi siete reso conto dei sentimenti, se così li possiamo definire, che il vostro onorato signore ha sviluppato per Marta. E poi sarei io la bambina…››

La faccia che Mr. Mercer face nell’udire quelle parole non fece altro che confermare i suoi sospetti: ‹‹Quindi, confermo, non vi siete accorto di niente››
‹‹E di cosa mi sarei dovuto accorgere, di grazia?›› esclamò lui, indignato più per il fatto di non essersi accorto dei turbamenti d’animo del suo capo che del fatto che la fanciulla in questione gli stesse simpatica come i Cristiani a Diocleziano.
‹‹Mah, per esempio del fatto che ultimamente le retrocessioni all’interno della marina sono avvenute quando, casualmente, un soldato si permetteva di fare commenti poco signorili sulla fanciulla in questione?›› finse di riflettere lei.
‹‹No, anche se ho notato un atteggiamento uguale e contrario nei confronti di chi metteva in luce le tue mancanze››
Mary non colse l’ironia racchiusa in quelle parole e, anzi, colse l’occasione per chiarire il dubbio che la assillava da settimane: ‹‹Lo dicevo io che ultimamente Beckett tendeva a promuovere chi mi bistrattava. Pensavo di immaginarmi le cose, ma se me lo confermate anche voi, allora…››
‹‹Siete davvero seria?›› il fatto che avesse utilizzato il “voi” le fece intuire quanto a Mr. Mercer importasse la verità sulla questione. Doveva davvero tenere molto al suo datore di lavoro (e te ne accorgi ora? Nd: tutti).
‹‹Purtroppo sì›› confermò lei ‹‹E prima che mi ammazziate per aver arrecato offesa al vostro onorato signore, vi pongo un quesito, a cui gradirei che rispondeste in maniera sincera. Se Lord Beckett, uomo che ammirate e stimate tantissimo, vi chiedesse la mano di vostra figlia o vostra sorella, voi accettereste senza esitare?››
‹‹Quando possiederò una famiglia ci penserò… ovvero mai, per mia fortuna››
‹‹Lo prendo per un menomale che non mi trovo in questa situazione perché sarei moralmente costretto ad accettare, ma non sarei mai tranquillo, sapendola nelle sue mani›› riassunse lei ‹‹E non dite di no, perché sappiamo entrambi che ho ragione››

Il fatto che non l’avesse uccisa seduta stante sarebbe già stata una conferma sufficiente alle sue supposizioni, ma il fatto che l’uomo avesse tentato di sviare il discorso, chiudeva definitivamente il cerchio: ‹‹Visto che siamo in tema di domande indiscrete, posso sapere da cosa nasce questo tuo improvviso odio nei confronti della pirateria? Mi sembrava che il tuo unico scopo nella vita in questo momento fosse mettere i bastoni tra le ruote alla Compagnia nella lotta contro quella feccia››
‹‹Non vi sfugge niente›› commentò lei, sfoggiando un sorriso evidentemente falso. Non era assolutamente da lei, cosa che mise subito in allarme l’uomo. Per essere una mocciosa viziata aveva un po’ troppi segreti, per i suoi gusti.
‹‹Come sempre››
‹‹Come sempre›› sospirò lei, per poi riprendere a parlare: <mettere i bastoni tra le ruote alla Compagnia quando commette delle azioni contrarie ai diritti inviolabili dell’uomo, cosa che ultimamente accade un po’ troppo spesso per i miei gusti… E voi non fingete di non capire: so benissimo che cosa stavate progettando di fare la settimana scorsa. Da quando in qua impiccare delle persone (senza un giusto processo, tra l’altro) è una cosa moralmente e legalmente corretta?››
‹‹Non potrai controllare gli affari di Lord Beckett per sempre, lo sai?›› le fece notare lui, trattenendosi dall’aggiungere: “persino ora non hai nemmeno la vaga idea di quante affari che non ti andrebbero a genio sta concludendo”.
‹‹Non fatemici pensare: sto già male solo all’idea di tutti quei bambini che in quest’unico mese sarebbero finiti sotto terra solo perché figli di un contrabbandiere o imbarcati sotto costrizione su una galena rubata›› sospirò, mentre assumeva una posizione più comoda e posava il mento sulle mani intrecciate. Si sedeva sempre così quando pensava a qualcosa di spiacevole e la cosa non sfuggì a Mr. Mercer, che intuì fosse meglio lasciar perdere le batoste, per una volta, e non interromperla. ‹‹E fidatevi se vi dico che nessuno capisce ciò che prova Cutler quando sente nominare un pirata meglio di me. Penso solo che il suo metodo non sia quello giusto, tutto qua››

‹‹Per essere una mocciosa che non sa distinguere una cima da una fune, giudicate la pirateria con un po’ troppa enfasi, per i miei gusti. Che cosa ne puoi mai sapere tu di commerci, navigazione, saccheggi, marina e quant’altro?›› Sebbene le sue parole potessero apparire dure, non vi era alcuna traccia di accusa nel suo sguardo. Si trattava di una semplice constatazione: voleva capire e nient’altro.
Ciò diede a Mary la forza per proseguire la conversazione: ‹‹Io? Assolutamente niente›› ammise, senza alcun problema: ‹‹Fino a qualche anno fa non avevo nemmeno idea che i pirati esistessero ancora nella mia epoca. Poi…›› si concesse una piccola pausa prima di proseguire. Prese un bel respiro e, prima di ricominciare a parlare, il suo cuore mancò un battito: ‹‹Sapete, i miei tre fratelli sono ufficiali di marina mercantile: primo, secondo e terzo, manco a farlo apposta, hehehe… o forse dovrei dire erano, dato che sono stati dichiarati dispersi in mare da sei anni, ormai. La loro nave stava facendo ritorno in Italia, quando sono stati avvistati dei pirati dei giorni nostri. Il primo in comando (non chiedermi il grado perché non ne ho la minima idea: so quelli dei miei fratelli solo per miracolo) ha inviato un segnale di allarme e poi il vuoto. Quando i soccorsi sono arrivati, la nave era già colata a picco da un pezzo e degli uomini a bordo neanche l’ombra. Dopo sei mesi di ricerche infruttuose, sono stati tutti dichiarati dispersi e il caso è stato chiuso››
‹‹Non è colpa di nessuno, dicevano. Sapevano che quella rotta non era sicura e avevano voluto rischiare comunque, dicevano. Ma la verità è un’altra…››
‹‹Dai la colpa alla burocrazia e alla corruzione dei piani alti›› la sua non era una domanda, ma una semplice constatazione. Chissà quanti discorsi del genere gli era toccato sentire nel corso della sua lunga carriera. E quasi tutti veritieri, per giunta, date le dinamiche del periodo storico in cui viveva.

‹‹Anche loro hanno le loro colpe, non dico di no. Del resto, quale uomo sano di mente manderebbe delle persone disarmate in una zona che brulica di pirati e trafficanti, solo perché la legge di alcuni stati di cui attraverserebbero le acque vieta il trasporto e l’utilizzo di armi sui mercantili?›› il suo tono di voce si stava pian piano alterando, man mano che toccava gli argomenti che aveva più a cuore.
‹‹Mi state dicendo che non gli è permesso portare nemmeno un fucile?›› domandò lui, seriamente scioccato dalla scoperta. Maria Vittoria non pensava che l’avrebbe pressa così sul personale, ma meglio così. Un auditore empatico era sempre meglio di uno annoiato.
‹‹Neanche un coltello che non sia da utilizzare per scopi culinari›› rincarò la dose lei ‹‹L’unica cosa che gli è concessa (a volte) è avere a bordo un mercenario che li istruisca su come rallentare gli eventuali attacchi pirata. Sì, rallentare, perché come potrebbero fare di più da disarmati contro dei criminali armati? E i trucchi sono del calibro di disegna la sagoma di una pistola sul cartone e poi mostrala, sperando che i pirati se la bevano… Perché i pirati locali non sanno perfettamente che non possono utilizzare armi, no, no››
Dire che Mr. Mercer era indignato era un eufemismo. Ma quale pazzo avrebbe mai permesso ai suoi uomini di svolgere degli incarichi che equivalevano ad un suicidio di massa? Maria Vittoria trascorreva le sue giornate a lodare i progressi della legislazione moderna e di come i diritti dell’uomo avessero nettamente migliorato anche le condizioni dei lavoratori. Se questo era il progresso di cui parlava, allora preferiva vivere felicemente nel Settecento, dove le guerre erano dichiarate apertamente e la gente comune non si doveva sacrificare solo per mantenere uno stato di pace apparente. Perché era ovvio che se, proprio negli stati di provenienza di quei criminali, vigevano certe leggi anche per i forestieri, i governi locali dovevano essere a conoscenza del fenomeno e favorirlo.

‹‹Comunque, non ho nulla contro le Istituzioni italiane: fanno tutto ciò che possono pur di mantenere rapporti pacifici con gli altri Paesi. E poi dicono che noi Italiani siamo tutti mafiosi e non rispettiamo mai le regole. Se così fosse i miei fratelli sarebbero qui, adesso›› le sue parole confermarono la teoria dell’uomo per cui i Paesi civili moderni non erano molto distanti da quelli della sua epoca.
‹‹Se la colpa non è dello Stato, allora di chi è?›› volle indagare lui. La ragazzina prima aveva fatto un’affermazione che gli aveva fatto intuire che avesse le prove per poter affermare che tale “tragico incidente” avrebbe potuto evitarsi.
A quella domanda, il sorriso di Maria Vittoria si fece ancora più mesto, fino ad assumere quasi i connotati di una smorfia dolorosa: ‹‹Avete presente quando, dopo l’incontro con Orione vi ho detto che un tempo ero solo una mocciosa viziata e che se fossi morta allora, sarebbe stato un bene per tutti?››
‹‹Difficilmente dimentico una donna che piange tra le mie braccia, in un bosco isolato, di notte›› la frecciatina era sicuramente rivolta a prendersi una rivincita dopo il “difficilmente dimentico chi cerca di seppellirmi” pronunciato da Maria Vittoria, due settimane prima.
In condizioni normali, Mary sarebbe sicuramente scoppiata a ridere, oppure avrebbe finto di tenergli il broncio. Questa volta, tuttavia, si limitò a constatare, con tono perfettamente freddo e distaccato: ‹‹Immagino che sia così›› Poi fece un respiro profondo e pronunciò le parole che aveva avuto premura di pronunciare, sin dall’inizio di quella conversazione: ‹‹A volte mi comporto alla stregua di una bambina di tre anni per riuscire a perseguire determinati scopi. Per convincere Lord Beckett a non impiccare tutte quelle persone, tanto per fare un esempio››
‹‹O quando in prigione avete finto di non saper individuare le costellazioni che, immagino, i vostri fratelli vi abbiano insegnato per prime››

‹‹Come ho detto, non vi sfugge mai niente›› scosse lievemente la testa, lei, per poi riprendere il discorso: ‹‹Ma c’è stato un tempo in cui ero molto peggio di così... Mi vantavo di essere una principessa e, come tale, guardavo tutti dall’alto in basso e avevo delle pretesa da piccola diva. Ero viziata come pochi e non sapevo accettare un no come risposta, nemmeno dai miei familiari. Ero davvero una persona terribile, ma, nonostante questo, i miei fratelli mi volevano un bene dell’anima. Per loro ero la principessina di casa e mi viziavano decisamente più del necessario. Ma me ne sono resa conto solo a 12 anni, quando la nave con a bordo i miei fratelli non ha fatto ritorno››
‹‹Sapete, era la prima volta che si trovavano tutti e tre sulla stessa imbarcazione. Così come era la prima volta che prestavano servizio su una nave trasporto-container: era un lavoro decisamente svantaggioso e che non li avrebbe aiutati a progredire nei ranghi. Ed era anche la prima volta che sceglievano di imbarcarsi per un mese, invece che due e mezzo. Strani i casi della vita, eh?››
‹‹Per una volta mi trovo d’accordo con voi›› proferì l’uomo, forse perché ancora toccato dall’argomento “marinai morti eroicamente in servizio”.

‹‹BEH, INVECE NO: PER NIENTE!›› l’urlo improvviso della ragazza lo lasciò completamente di stucco. Ed era la prima volta che gli capitava in tutta la sua carriera. ‹‹Il caso non c’entra un bel niente: i miei fratelli hanno accettato quell’incarico solo perché la qui presente mocciosa viziata gli ha fatto talmente tanta pressione che loro, troppo buoni, non sono riusciti a rifiutarsi. E tutto solo perché volevo che arrivassero in tempo per la mia festa di compleanno›› quando arrivò a pronunciare l’ultima frase, lo fece con una voce appena udibile e con una calma apparentemente inscalfibile.
‹‹Patetica, non è vero?›› domandò lei, con sguardo spento, anche se l’uomo ritenne che fosse meglio non proferire parola al riguardo. Di certo, non si aspettava una confessione del genere, ma ora iniziava a comprendere un po’ meglio il perché di questi suoi cambiamenti repentini di atteggiamento. Probabilmente, per rimediare ai suoi problemi caratteriali precedenti, doveva aver scelto di mutare drasticamente la sua personalità. La cosa più stupida che avesse potuto fare, insomma. Quando una persona cerca di essere ciò che non è con troppa insistenza, finisce con il perdere la cognizione della propria vera identità e per apparire “finta” o “sbagliata” agli occhi degli altri. E la mocciosa doveva esserne accorta, perché in quel periodo era evidente il suo tentativo di “selezionare” i vecchi aspetti caratteriali che sentiva come propri e quelli nuovi che avvertiva come adatti a formare la sua vera personalità. Attività di ricerca interiore che, probabilmente l’avrebbe tenuta impegnata ancora per alcuni anni, come dimostravano le attuali incoerenze (es. Combattere contro dei criminali indossando un grembiule a fiori), ma che l’avrebbe, finalmente, portata al suo obbiettivo iniziale. Diventare una versione migliore di sé stessa.

‹‹Incredibile come un unico giorno possa stravolgere completamente la vita di una persona. E lo stesso si può dire del mio compleanno: sono nata il giorno del martedì grasso e, fin tanto che ero piccola, è capitato più volte che il Carnevale cadesse proprio il 15 di febbraio. Dal 2012 però, caso strano, tale festività è caduta sempre molto più in là, spesso a marzo. E sempre nello stesso anno ho scoperto che il giorno dopo San Valentino è dedicato alla festa dei… singles! E poi mi chiedo perché sono sfortunata in amore, bah!›› ecco, era tornata la solita Mary ‹‹Comunque, questo è l’anno buono: un ragazzo mi regalerà una meravigliosa rosa rossa, me lo sento!››
‹‹Se speri ancora in un’improvvisa dichiarazione d’amore da parte di quel deficiente, sei messa addirittura peggio di quel che pensavo›› La prese in giro lui, cogliendo l’invito della ragazza a cambiare argomento.
‹‹Haha, molto divertente. Comunque non sono così disperata…››
‹‹Lo sei››
‹‹No, non lo sono››
‹‹Lo sei››
‹‹Oh, e va bene! Forse lo sono un pochettino, ma che cosa c’è di male?›› domandò lei, innocentemente.
‹‹Tutto, quando si tratta di quell’ameba che sa solo prendere bei voti a scuola e fare delle proposte indecenti alle ragazzine disperate›› constatò lui, duro.
‹‹Non sono… così disperata›› mentre rispondeva, dovette reprimere l’istinto di mostrare un’espressione disgustata. Certe proposte, un gentiluomo del passato non le avrebbe avanzate nemmeno ad una “ragazza dai capelli sciolti”.
Mr. Mercer dovette intuire il suo pensiero, perché si limitò ad annuire, concorde.

Intuendo che fosse il caso di troncare la discussione, decise di renderlo partecipe delle ultime news sulla sua famiglia. Così, tra l’altro, avrebbe evitato che l’uomo la tartassasse ancora con domande del tipo “I tuoi genitori quando tornano?”, “Sono proprio sicuri che l’assenza di uno chaperon non comprometta il buon nome della loro famiglia?” o “Possibile che si fidino a lasciare una mocciosa da sola per quasi due mesi?”. Quando voleva, sapeva essere davvero assillante. ‹‹Ah, tra parentesi, poco fa ho sentito mia madre: ha detto che il 15 tornano a casa. Giusto in tempo per il mio compleanno: che fortuna!››
‹‹Già, che fortuna inaspettata›› mormorò lui, ironico. Per lui sopportare una persona 24 ore su 24 richiedeva già uno sforzo erculeo, figurarsi altre due.
‹‹Siete la prima persona a non bramare l’arrivo della mia avvenente madre, sapete?›› ridacchiò lei, notando la sua espressione corrucciata ‹‹Ma sono certa che non vedrete l’ora di conoscere mio padre: sapete, l’abilità nello storpiare e italianizzare i nomi stranieri l’ho ereditata proprio da lui››
‹‹Posso immaginare››
‹‹L’altro giorno mi ha chiesto: come procedono le ricerche per Catlero? E quando gli ho fatto notare che il suo nome è Cutler Beckett, mi ha risposto: E io che ho detto? Catlero Bacchetta›› Quell’uomo era un mito.
Mr. Mercer, in quel momento, non sapeva se provasse più rabbia per il modo orrendo in cui il nome del suo superiore era stato ridotto, oppure shock all’idea che esistesse davvero qualcuno in grado di storpiare i nomi peggio della mocciosa lì presente: ‹‹Per caso ha trovato altri… soprannomi?›› la domanda, apparentemente nata da una genuina curiosità, era in realtà volta a trovare i mezzi per s*****e i suoi commilitoni. Sarebbe stata la giusta vendetta per aver diffuso a Port Royal quel soprannome orribile che aveva quasi distrutto l’aura di mistero che aveva costruito con fatica attorno alla sua figura.

‹‹Uhm, vediamo›› rifletté lei, non sospettando minimamente delle losche intenzioni del suo coinquilino, come suo solito ‹‹Michael Davis è diventato Michelangelo Deviso, Theodore Groves, Teodoro Groverio, Gillette lo pronuncia come il capo di abbigliamento, Jack Sparrow, Giacomo Sparrovo, Edward, Eduardo e gli altri non me li ricordo, ma ti posso assicurare che sono uno meglio dell’altro, hahaha… Comunque, Mr. Mercer, perché state prendendo appunti?››
‹‹Non vorrei rischiare di dimenticarmi queste perle›› mentì lui. E con questo, la questione verità su Potc era ufficialmente conclusa. Forse.
Nei giorni seguenti, invece, come preannunciato, non vi erano stati avvenimenti degni di nota. Mary continuava a svolgere il suo dovere di studentessa, congiuntamente a quello per onorare la promessa fatta a Cutler Beckett. Non doveva più inventarsi scuse per passare al Porto Antico a chiedere informazioni ai marinai sul tratto di mare in cui i suoi fratelli erano scomparsi, dato che, ormai, Mr. Mercer conosceva le sue motivazioni. In più, da un paio di settimane, arrivava sempre puntuale in palestra: un vero record, per quanto la riguardava. Anche se, a tal proposito, un dubbio la assillava: aveva come la vaga sensazione di starsi presentando a lezione allo stesso orario di sempre. Com’era possibile che prima fosse considerato un ritardo e ora non più, se l’orario delle lezioni non era mutato di una virgola? Marco-Sensei sosteneva che la causa di questa sua sensazione fosse il fatto che il parroco avesse fatto regolare le lancette dell’orologio, in maniera più precisa, ma i conti non tornavano comunque!

E a proposito di campane, l’unico rintocco dell’una interruppe la pace della sera e i pensieri della ragazza che, tra una cosa e l’altra, si era distratta e aveva scordato che cosa stesse facendo. Diede la colpa alla stanchezza e si apprestò a riordinare le due montagne di pagine sparse che aveva il coraggio di chiamare “appunti”, prima di godersi, finalmente qualche ora di meritato riposo. Mentre riponeva i libri, si ritrovò a canticchiare: “E’ l’una di notte, e tutto va bene2!”. Avere quasi 19 anni e non sentirli.
Come a voler smentire la sua frase, il suo cellulare iniziò a squillare a tutto volume. Non appena la fanciulla udì la prima nota della sigla giapponese di Naruto Shippuden, si lanciò a pel di leone verso l’oggetto diabolico, sperando di riuscire ad abbassare il volume prima di destare l’orco Mr. Mercer dal suo sonno. E, inaspettatamente, parve riuscire nell’impresa.
Sospirò sollevata, per poi raccogliere l’oggetto delle sue preoccupazioni e cercare di scoprire quale essere immondo avesse avuto l’indecenza di contattarla ad un orario del genere. Non poteva essere il Signor Giovanni: lui chiamava solo ed esclusivamente nel cuore della notte, in modo da scocciare il più possibile.

Come lesse il nome del contatto, tuttavia, si sciolse come neve al sole. Francesco, l’essere perfetto, nonché amore della sua vita. E, guarda a caso, di tutti i giorni in cui poteva cercarla con una certa insistenza, proprio il giorno di San Valentino. “Coincidenze, io non credo” ridacchiò tra sé e sé, mentre si dava una rapida sistematina ai capelli e si apprestava a rispondere. A che servisse farsi bella se, tanto, il suo “amato” non avrebbe potuto vederla, era un mistero.
‹‹Sì, pronto?›› simulò la più totale freddezza e compostezza, quando, in realtà su suo volto si era già impresso un sorriso da ebete, con tanto di occhi da pesce lesso.
‹‹Mary, meno male che hai risposto! Ti prego, aiutaci! SIG, SOB!›› la voce incerta del ragazzo fu interrotta da una serie di singhiozzi incontrollati. Pareva quasi che qualcuno vicino a lui stesse piangendo.
Maria Vittoria, che era ancora mezza imbambolata dal sonno, non riuscì a comprendere subito la gravità della situazione. Anzi, stava per dire qualcosa di molto intelligente, come “Sì, ti amo anch’io”, quando un’altra voce si sostituì a quella del proprietario del telefonino: ‹‹Mary, vieni subito, per favoreee. Qui si mette male: siamo circondati!››

‹‹Jack?›› ma che stava succedendo? Cosa significava “siamo circondati”? Era un attacco terrorista? Li volevano rapire, forse? Ne doveva sapere di più, e alla svelta, se voleva anche solo sperare di arrivare in tempo per fare qualcosa. Si sforzò, quindi, di rimanere lucida e calma, mentre gli parlava: ‹‹Jack, cerca di rimanere calmo e concentrato: devi dirmi dove siete››
‹‹COME C***O FACCIO A STARE CALMO? Tu non sai…››
‹‹No, non so. E se non mi spieghi che cosa sta succedendo, non posso nemmeno dare indicazioni alla polizia…›› ribatté lei, sempre sforzandosi di apparire calma.
‹‹NO, NIENTE POLIZIA!›› la interruppe Francesco, improvvisamente rinvenuto, dopo aver udito tale parola.
‹‹E perché scusa? Non siete nei guai?›› domandò lei scettica. Non era che si erano andati ad infilare in una situazione poco “pulita” e che la situazione era sfuggita loro di mano?
‹‹Tu non capisci… Se mia madre viene a sapere che mi trovavo in un posto del genere, mi disintegra!›› esclamò lui, in preda al panico. In effetti, la signora Ciuffreda sapeva essere, hem, pressante
‹‹Ovvero?›› domandò lei, per l’ennesima volta, sperando che le dicessero, finalmente, dove diavolo si trovassero.

Sfortunatamente, proprio in quel momento iniziarono a sentirsi delle interferenze di rete che, sommate a dei rumori indefiniti in sottofondo, non rendevano affatto possibile la comunicazione. L’ultima cosa che la ragazza udì, prima che la linea cadesse definitivamente, fu: <<’Fa’n c**o quella t***a di Marta e quel suo c***o di lavoro!››
Ottimo: e ora cosa poteva fare? Oltre a pestare a sangue chi aveva osato insultare gratuitamente la sua amica, ovviamente, ma quello era sottointeso. E per poter attuare la sua vendetta, ahi lei, doveva prima recuperare i due deficienti.
Sospirando, si apprestò a fare l’unica cosa che poteva permetterle di trovare qualche informazione utile sulla situazione in cui si trovavano i nostri due (anti)eroi, ovvero contattare il fratellino di Marta. Come? Sulla chat di “Clash of clans”, ovviamente. Il piccolo e dolce Fabietto non avrebbe mai risposto ad un SMS normale di una vecchia racchia come lei. Come aveva voluto precisare in un paio di occasioni, l’unica delle amiche di sua sorella a cui avrebbe risposto era quella gran gnocca di Francesca.

E così era stato, anche quando Marta, Lucia e Francesca erano sparite a bordo di una nave pirata in un’epoca lontana. La madre di Maria Vittoria aveva contattato le madri delle altre, spiegandogli a grandi linee quello che Cutler Beckett le aveva detto, rassicurando, così, le famiglie sul loro stato di salute. Tuttavia, mentre la famiglia di Lucia non aveva grossi problemi economici, quelle di Francesca e Marta traevano il loro sostentamento quasi ed esclusivamente dallo stipendio delle due ragazze. Maria Vittoria aveva, dunque, adottato lo stratagemma di fargli pervenire settimanalmente delle somme di denaro che, spacciate per lo stipendio percepito dalle due durante le “missioni di scoperta archeologica” (solo lei e Beckette potevano trovare una scusa così scadente), erano in realtà direttamente erogate dal conto personale di Mary. Quest’ultima, infatti, ogni mese riceveva dai genitori una somma che assomigliava più ad uno stipendio che a una paghetta e, dato che negli ultimi anni aveva scelto di vivere come una normalissima studentessa delle superiori, aveva messo da parte un discreto gruzzolo. E se i soldi non li usava per aiutare qualcuno, cosa era nata vergognosamente ricca a fare?
E a tal proposito, la famiglia di Marta era un caso limite: tutti i soldi che entravano in quella casa finivano, irrimediabilmente nelle mani del padre, giocatore d’azzardo incallito. Quell’uomo era una bestia: non c’era nascondiglio che non riuscisse a trovare e non c’era centesimo che non riuscisse a fiutare. L’unico modo che Mary aveva, dunque, per essere certa che la madre e il fratellino di Marta avessero il denaro necessario per pagare le bollette e fare la spesa era consegnargli i soldi precisi, giorno per giorno. Tale tattica, tuttavia, avrebbe potuto mettere in imbarazzo la signora Canessa (di origini Emiliane). Emozione che, invece, non avrebbe provato nessun ligure, alla vista di belle banconote fumanti; e si dava il caso che questo fosse l’unico aspetto caratteriale che caratterizzasse entrambi i fratelli.

Tuttavia, riuscire a comunicare con la dolce creatura (Quello lì è Tremotino, altroché! Nd: Mary) non era affatto semplice, come esposto in precedenza. L’unico trucchetto che aveva trovato Mary, per dimostrare di essere degna di parlare con lui nonostante il misero aspetto (Fa anche lo schizzinoso, il marmocchio. Nd: Mary) era stato quello di sconfiggere il suo villaggio (Liv. 13) di Clash of Clans. Riuscendo nell’intento con un misero municipio di livello 9, si era meritata il suo rispetto. O meglio, SenecaPadre86 se l’era meritato, Maria Vittoria chi la conosceva? Moccioso arrogante. Glielo aveva mai detto nessuno che peccare di ὕβϱις (= tracotanza. Ho provato a traslitterare il termine con l’alfabeto latino, ma non si può proprio vedere) conduceva alla rovina? Doveva raccontargli di Agamennone e la guerra di Troia un giorno o l’altro.
E così, anche quella sera:

*CHAT DEL CLAN*
SenecaPadre86: Urgente: dove ha lavorato tua sorella prima di partire?
SuperGoku04: Chissà… non posso mica ricordarmi tutti i posti da cui l’anno cacciata
(Cervello di Mary: e l’H dove l’hai lasciata? SIG, SOB, SOB!)
SenecaPadre86: Peccato. Era l’unica speranza di Francesca.
SuperGoku04: …
 
*REALITY*
Fabio ricordava talmente poco gli spostamenti della sorella che le aveva appena inviato la posizione e una brochure illustrativa, con tanto di tre buoni per dei Cocktail gratuiti. Nominare l’amica bionda dava sempre i suoi frutti.
“Bene, bene, bene: che cos’abbiamo qui?” borbottò, mentre dava un’occhiata veloce al volantino pubblicitario. Il luogo in cui i suoi due compagni di Karate si trovavano era, evidentemente, un luogo di perdizione o, come lo chiamava la gente comune, “un Night” (immaginarsi la vocina stridula del tipico Milanese che fa a fare un “Apericena”). Ma che diavolo ci facevano quei due in un posto simile? E no, era sicura al 100% che non si trovassero lì per scelta, perché l’esperienza dell’ultima gita aveva traumatizzato tutti: maschi e femmine, professori e studenti. La famosa uscita didattica in cui avevano pernottato in un Bordello. Illegale persino per le leggi della liberale Olanda. Gestito da Bielorussi che non parlavano altro che la loro lingua. In un pessimo quartiere. Frequentato da una banda di criminali che, se la bellezza media dello studente del liceo classico fosse leggermente superiore agli standard, non si sarebbero fatti problemi a prendersela anche con la loro classe.

Ad ogni modo, pensare ai traumi del passato non sarebbe servito a nulla. Ora come ora l’unica cosa che importasse era raggiungere il luogo in cui ipotizzava che potesse trovarsi l’amore della sua vita. E anche Jack, sì, se lo ricordava. Ma soprattutto Francesco. Una volta salita in macchina, avrebbe chiamato la Polizia e spiegati i suoi sospetti. Le sue informazioni non erano molte, ma era certa che avrebbero almeno inviato una pattuglia a controllare. Se ci fossero state risse, spari o qualunque altra situazione grave se ne sarebbero accorti subito e avrebbero saputo cosa fare.
Prese le sue decisioni, l’ultima cosa da sistemare era Mr. Mercer. Maria Vittoria, per quanto avrebbe desiderato non dover andare da sola in un luogo del genere, non se la sentiva di svegliarlo. E non lo diceva solo perché le spiaceva tirarlo giù dal letto a quell’ora, ma soprattutto perché temeva in una sua violenta reazione. In più, c’era sempre la possibilità che le proibisse di andare, e, in una situazione simile, non poteva assolutamente rischiare.
Risoluta, prese una penna, un foglio di carta e annotò velocemente un messaggio in cui spiegava dove fosse diretta e perché. Se Mr. Mercer si fosse svegliato prima del suo rientro avrebbe, per lo meno, saputo dove fosse. Fatto ciò, si avviò verso la porta d’ingresso, cercando di fare meno rumore possibile. La sua camminata ricordava quella di gatto Silvestro quando cerca di avvicinarsi alla gabbietta di Titti, senza fare rumore. Se solo si fosse potuta vedere dall’esterno, sarebbe scoppiata a ridere da sola.

Poi, raggiunto il suo scopo, scese velocemente le scale che portavano al garage, e poi dritta in auto. I suoi amici la aspettavano: non c’era un minuto da perdere.
‹‹Bene, bene, che cosa abbiamo qui?›› la frase, pronunciata da una voce cupa e misteriosa e accompagnata da un coltello premuto contro la giugulare, le fece gelare il sangue nelle vene.
Qualcosa le diceva che, invece, un po’ di tempo lo avrebbe perso.

Dopo qualche secondo di puro smarrimento, la ragazza si decise a sollevare lo sguardo verso lo specchietto retrovisore e l’immagine che vi vide riflessa, le fece scappare un sospiro di sollievo. Fortunatamente, era solo Mr. Mercer, con il suo contorto senso dell’umorismo.
Quest’ultimo, sentendola rilassarsi, ritrasse il pugnale, sbuffando, per poi lasciarsi scappare un: “E’ la prima volta che qualcuno si tranquillizza dopo aver visto la mia faccia. Sei proprio assurda, tu”.
Maria Vittoria, dal canto suo, non perse tempo e lo redarguì seduta stante: ‹‹Ma dico, vi sembra il caso? Mi è quasi venuto un infarto… pensavo che foste un rapitore!››
‹‹Chi mai potrebbe nutrire un tale interesse da spingerlo a rapirti?›› le fece notare lui, ridacchiando sotto i baffi. Adorava spaventarla e, ancor più, prenderla per il c**o.
‹‹Non è una questione di gusti. Per quello non ho di che preoccuparmi…›› rispose subito lei, indispettita, mentre cercava la sua immagine riflessa nello specchietto di sinistra, nella vana speranza che la sua precedente affermazione non fosse, poi, totalmente veritiera. Ma forse avrebbe fatto meglio a non guardare e mantenere quella soave illusione. E, come se ciò non bastasse, nel vedere la sua espressione delusa, Mr. Mercer non riuscì a trattenersi dal ridere e fare sarcasmo. Quell’uomo mancava davvero di empatia e spirito di compassione.
Maria Vittoria, comunque, scelse saggiamente di ignorarlo (la sua inesistente autostima non avrebbe retto uno scontro diretto con la dura verità) e completò il suo discorso: ‹‹Penso che il titolo, l’influenza e la ricchezza della mia famiglia gli farebbe decisamente più gola››
‹‹Non fa una piega›› ammise lui, nella cui mente era ancora vivido il ricordo di quella che, allora, aveva ritenuto essere una semplice rapina. Con il senno di poi, avrebbe potuto insospettirsi anche solo notando come i presunti “topi d’appartamento” non avessero tentato di rubare neanche un francobollo, ma allora non conosceva ancora la vera identità della ragazza. Chi se lo sarebbe mai aspettato?

‹‹Comunque, come avete fatto?›› gli domandò lei, che ancora non riusciva a capacitarsi di come fosse riuscito a giungere fin lì, prima di lei e senza farle sospettare nulla. Ma che era, un ninja?
‹‹Se svelassi tutti i miei trucchi non sarebbe più divertente, non trovi? Rovinerei l’alone di mistero, capisci?›› Le sembrava di sentir parlare Marco-Sensei. La sua influenza non gli faceva bene per niente!
‹‹Smettereste di farmi perdere anni di vita, però›› borbottò lei, che stava ancora tentando di calmare il battito cardiaco. Un giorno o l’altro ci sarebbe rimasta secca: se lo sentiva.
L’uomo ridacchiò, di rimando, mentre cercava una posizione più comoda e domandava, con un’inaspettata disinvoltura: ‹‹Dove siamo diretti?››
‹‹Siamo?›› domandò subito lei, confusa ‹‹Ma non mi volete chiedere cosa sto facendo o, comunque, cercare di ferma…?››
‹‹So già tutto›› la interruppe subito lui, facendole il segno universale dello “STOP”, con la mano. L’espressione dei suoi occhi lasciava intendere che stesse pensando qualcosa del tipo: “Certo che è proprio lenta!”.
‹‹M-ma come?›› si astenne dall’aggiungere: “se non lo so nemmeno io che gli ho parlato al telefono. Sarebbe parsa ancor meno professionale (e sveglia) di quanto già non fosse.
‹‹I piagnistei di quelle due donnicciole si sarebbero sentiti fino a Genova›› le fece notare lui, ovvio, per poi incitarla a partire.
“Come dargli torto?” pensò lei, imbarazzata. ‹‹Siamo diretti in un luogo che potrebbe essere definito un incrocio tra una taverna e una casa chiusa›› cercò di spiegargli, utilizzando due immagi che anche un Settecentesco avrebbe potuto avere ben chiare.
‹‹Non avevi detto che la prostituzione fosse illegale nel tuo Paese?››
‹‹Lo è, ma come sempre esistono dei cavilli legali che permettono di allentare le strette maglie della legge. E dove non arrivano i cavilli, arriva la corruzione›› sospirò lei, rattristata. Se c’era un crimine che la rattristava, quello era proprio l’istigazione/costrizione alla prostituzione. Maria Vittoria, sarà anche stata una ragazza “all’antica”, cultrice di valori che ormai erano considerati obsoleti, ma non credeva di scostarsi troppo dall’opinione generale femminile, se pensava che quel tipo di costrizione fosse 1000 volte peggiore della morte e 100 della tortura. Davvero non riusciva a immaginare l’esistenza di uomini capaci di compiere delle azioni così indegne, senza il minimo rimorso, o, ancora peggio, autoconvincersi che la loro merce fosse felice di assecondarli. Avrebbe veramente voluto conoscere uno di quei clienti, per chiedergli di guardarla negli occhi e giurarle che pagare per forzare un essere umano indifeso non gli facesse venire gli incubi per il resto della loro vita. Lei, dopo l’esperienza ad Amsterdam non riusciva più nemmeno a vedere “Pretty Woman”.

‹‹Bel posto in cui sono andati a rintanarsi…E tu insisti a sbavare dietro ad uno così?›› E via con la frecciatina del giorno! Se non criticava qualcosa non era contento. Che nervi.
‹‹Non si sono diretti lì per puro diletto, se è questo che state insinuando››
‹‹Ma certo: deve essersi perso mentre coglieva le rose, in inverno, per poterti dichiarare il suo amore incondizionato. Poi deve aver visto una fanciulla ferma ad un crocicchio e chiesto indicazioni per raggiungere la valle in cui gli uccellini cinguettano tutto il giorno, i fiori non sfioriscono mai e il cielo è sempre solcato dall’arcobaleno. Come ho fatto a non pensarci!›› Se non fosse stata arrabbiata per le continue frecciatine su un argomento per lei così sensibile, avrebbe potuto avere la tentazione di scoppiare a ridere. Mr. Mercer aveva raccontato tutta la storiella simulando una voce femminea e imitando le movenze di un’oca giuliva che non ha ancora nemmeno rivolto la parola all’uomo dei suoi sogni, ma già pianifica il matrimonio e la loro vita insieme. Se solo non avesse dovuto guidare, lo avrebbe volentieri filmato: uno spettacolo del genere accadeva una volta sola nella vita.
‹‹Non posso garantire per Jack, ma posso giurare sul fatto che non mi metterò mai più a dieta in vita mia che Francesco non entrerebbe in un posto del genere nemmeno sotto tortura. Non dopo il viaggio d’istruzione dell’anno scorso›› lo sguardo che fece mentre parlava, gli fece intendere che fosse meglio non indagare sull’argomento, ragion per cui si limitò a domandare: ‹‹Qualcosa che dovrei sapere sulle taverne moderne?››

‹‹La musica al loro interno è assordante e, insieme alle luci stroboscopiche può compromettere il senso dell’orientamento, se non siete abituato. Le ragazze hanno un’età inversamente proporzionale alla quantità di pelle scoperta, ma non sono delle ragazze dai capelli sciolti: è la moda del nostro tempo che è così. Se proprio non resistete alla tentazione di approfondire la conoscenza con una donna o un uomo, non si sa mai…Ahio, stavo scherzando!›› perché quel bruto doveva essere sempre così manesco?
‹‹Dicevo, se proprio dovete,›› la sua bocca diceva così, ma il suo sguardo pareva intimargli: “Provate anche solo a pensarci e vi faccio mangiare insalata e broccoli per il resto dei vostri giorni” ‹‹accertatevi che abbiano almeno metà coscia coperta. Le altre, come dicevo, potrebbero essere minorenni e, quindi, un biglietto di sola andata per il carcere. E non fatevi fregare dall’età che dimostrano: il trucco può davvero fare miracoli››
‹‹Niente risse, niente infrazioni della legge e, soprattutto: non accettate nulla che vi venga offerto. Nelle altre regioni, di fronte ad un cocktail offerto, si può concedere il beneficio del dubbio, ma qui siamo in Liguria e nessuno fa niente per niente. Chiaro?››
‹‹Cristallino›› rispose lui, esasperato. Ma chi si credeva di essere, sua madre?
*****

Anno 2019, 14 febbraio, h 01,30
Genova, Italy (Quartiere inventato)
 

Fortunatamente, il locale indicatole dal fratellino di Marta era situato in un quartiere non troppo distante dalla casa di Mary, ma le occorsero comunque quasi 30 minuti per giungervi. Se non avesse rispettato i limiti di velocità vigenti avrebbe, certamente, potuto guadagnare qualche minuto, ma ne valeva davvero la pena? Cinque minuti avanti o indietro non avrebbero, certo, fatto la differenza: se i suoi amici si fossero trovati in serio pericolo, anche giungere dopo soli tre minuti avrebbe potuto essere inutile. Se, invece, avessero “esagerato” nel metterla in allarme, allora 25 o 30 minuti non avrebbe fatto tutta questa differenza. In più, mentre scendevano verso “valle”, era stata ricontattata dall’agente Rossi (ormai l’aveva inserito tra i numeri preferiti in rubrica), che le aveva riferito che la pattuglia inviata a controllare il luogo sospetto non aveva rinvenuto niente di particolarmente significativo. L’unica cosa da segnalare era qualche gruppo di ragazzi e uomini “brilli” che facevano un po’ troppa confusione, ma la musica era, comunque, talmente alta da sovrastarli.
Due agenti avevano, comunque, rivolto qualche domanda agli addetti all’entrata, dato che, trattandosi di un locale “esclusivo”, veniva presa traccia dei documenti identificativi dei clienti e i loro nomi venivano segnati su dei registri. Nessuna traccia di Francesco e Jack, tuttavia.
A quel punto, potevano solo sperare che il luogo da cui Francesco aveva chiamato si trovasse nelle vicinanze del locale e che i due ragazzi fossero ancora lì. Altrimenti non sarebbero mai riusciti a trovarli da soli.

Mentre cercava parcheggio, si ritrovò a pensare a quante volte aveva sognato che capitasse una cosa del genere, anche il suo ruolo e quello di Francesco erano invertiti. Nella sua mente di ragazzina ingenua, sarebbe stato un ottimo modo perché il suo “principe azzurro” comprendesse i sentimenti che provava per lei (Ma dove? Quell’ameba si innamora di qualunque essere respirante, tranne te! Nd: Mercer) e le si proponesse, magari regalandole una bella rosa rossa… Ma chi voleva prendere in giro? Certe cose uno sgorbio come lei le poteva giusto leggere nei libri. Da bambina poteva ancora sperare che, da grande, il suo aspetto sarebbe migliorato, ma ormai aveva già 19 anni e ciò che era fatto, era fatto. Il suo aspetto non avrebbe più potuto subire cambiamenti significativi o, comunque, sufficienti a “salvare” in qualche modo la situazione. Che, tra parentesi, le sarebbe davvero piaciuto poter incontrare chi aveva deciso di scrivere che tutte le principesse delle favole dovessero possedere una bellezza fuori dal comune. Così illudevano le bambine! E anche gli avidi pretendenti di queste ultime. Specie se, poi, i genitori ed i fratelli delle sopracitata parevano delle divinità greche. Le ingiustizie della vita, SIG!

Comunque, tornando a noi, non appena Mary e Ianiro giunsero sul vasto piazzale alla fine del quale sorgeva il famigerato Night (già dalla descrizione si può capire come si tratti di un posto completamente inventato. Da quando in qua in Liguria (specie nel Levante) ci sono pianure abbastanza vaste da consentire la costruzione di una piazza di certe dimensioni?) “La rosa dei venti”, assisterono ad una scena oltremodo indecorosa. Francesco e Giacomo erano praticamente rannicchiati su loro stessi, abbracciando le gambe strette al petto e dondolandosi avanti e indietro, mentre fissavano il vuoto, con occhi vacui. Nel frattempo, i “pretendenti” li circondavano e non risparmiavano commenti provocanti.
A quanto pare, Francesca (la bugia che Mary aveva raccontato a Fabio non era, poi, così distante dalla realtà), prima di essere incatenata ad uno scoglio, aveva promesso a Marta che, nel caso in cui le fosse capitato qualcosa, l’avrebbe sostituita nell’ultimo lavoretto serale che aveva ottenuto. Se non si fosse presentata per un lungo periodo, al suo “rientro” l’avrebbero certamente licenziata. E lei questo non poteva permetterselo, non di nuovo. La sua famiglia aveva tremendamente bisogno di quei soldi.
Marta, tuttavia, aveva scordato di riferirle il dettaglio della divisa “appariscente” e “mooolto poco coprente” che le dipendenti che servivano dietro i banconi dovevano indossare. Aveva, inoltre, sbadatamente tralasciato di dirle che alcune sue colleghe, nel mentre, si esibivano in spogliarelli e danze poco consone su una pedana rialzata, situata al centro della stanza principale e che copriva quasi l’intera lunghezza della sala. Tutto intorno, personaggi di dubbia reputazione, sedevano su comode poltroncine di diverse forme e spessori, bevendo come se non ci fosse un domani e “godendosi lo spettacolo”. Alcuni di questi, inoltre, solevano intrattenersi con bellissime donne che davano tutta l’aria di non essere loro congiunte, né fidanzate, né conoscenti. Chi ha orecchie per intendere, intenda. E, talvolta, anche qualche barista o ballerina, si univa a loro, specie se aveva bisogno di “arrotondare”.

A onore del vero, tale servigio non era richiesto alle nuove arrivate, ma le occhiate che le avevano lanciato alcuni clienti le avevano fatto intendere che, una volta terminato il suo turno, avrebbe potuto avere qualche piccolo problema nel tornare a casa. Ancora vestita e viva, soprattutto. Preoccupata (e a buona ragione), aveva pensato di contattare Giacomo, detto Jack, (l’unico compagno di classe di cui si fidasse e che non le sbavasse dietro come un cammello), che aveva trascinato in quell’avventura anche Francesco, con cui praticava Karate. Quest’ultimo, che stava per mandarlo a quel paese per averlo disturbato nel pieno di una versione di Greco, come aveva sentito nominare la bella, era corso sotto casa di Jack, che abitava a soli dieci minuti da lui. A quel punto, i due baldi giovini dovevano decidere il da farsi. Si trattava di una situazione delicata, che non capitava proprio tutti i giorni di affrontare. Un singolo errore avrebbe potuto compromettere la buona riuscita della “missione di salvataggio” e condurre tutti e tre alla rovina.

L’unico lato positivo in quella situazione era che, per lo meno, Francesca aveva avuto la lucidità di chiedere aiuto a due karategi esperti. Se fossero insorse delle complicazioni, avrebbero saputo cosa fare e, soprattutto, non trattandosi di Karate tradizionale, in quegli anni avevano ricevuto accorte indicazioni su come affrontare anche i “combattimenti per strada”. Indicazioni, come “L’importante nella vita, così come nel combattimento, è… fare scena!”. E fu proprio a questo savio principio di Marco-Sensei che i due si ispirarono, mentre decidevano di non prendere l’auto, ma di giungere fino a destinazione (10 km), correndo. Sarebbe stata un’entrata spettacolare, degna di Schwarzenegger, senza dubbio. C’era, però, un piccolo dettaglio che i due non avevano calcolato: nessuno dei due era Schwarzenegger. Ed infatti giunsero a destinazione completamente “spompati” e talmente sudati che le poche ragazze presenti badarono bene di stargli alla larga, altro che acclamare i loro nomi con occhi adoranti.
Ad attenderli, inoltre, una triste sorpresa: il locale malfamato non era uno, ma due. Le insegne, in realtà, una piccola differenza l’avevano: sotto una delle due, infatti, si poteva leggere una piccola scritta blu luminescente, che recava le lettere “LGBT”.
Caso volle, però, che Francesco, cieco come una talpa, avesse appositamente scelto di non indossare gli occhiali, nella vana speranza di riuscire a fare colpo su Francesca (Ma se sei fidanzato, cretino! Nd: Jack. Ma portiamo lo stesso nome: è un segno! Nd: Francesco. Hey, anch’io faccio “Francesca” di terzo nome! Nd: Mary. Mocciosa: dignità. Nd: Mercer), e che si fosse fatto accompagnare dall’unico ragazzo talmente ingenuo da non capire che cosa quella scritta potesse significare. Fu, dunque, questo il motivo principale per cui i due decisero di entrare in entrambi (chiedere indicazioni va contro la morale maschile), partendo prima con quello più vicino: il locale “friendly” nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. Vi capitarono, tra l’altro, l’unico giorno della settimana in cui si “esibivano” solo giovani uomini; ma nemmeno quest’ultimo dettaglio fece intuire ai nostri svegli anti(eroi) l’orientamento sessuale del “pubblico”.
Ed ecco spiegato come i due “salvatori” si erano trasformati in damigelle da salvare…

“E’ proprio vero che sono cambiati i tempi” sospirò Mr. Mercer, che ancora non riusciva a credere ai propri occhi. Da quando in qua le vittime di violenza per o pera di un “branco” erano degli uomini e non una ragazza dal fisico divino e che soleva uscire abbigliata in maniera poco consona persino per i canoni del XXI secolo? Adolescenti brutti come la fame, pure. Ma in che mondo erano finiti?
“Imbarazzante” commentò mentalmente Mary, mentre si apprestava ad allontanare i soggetti molesti. Anche se, ad onore del vero, il malinteso era nato, per lo più, per colpa dei suoi amici. Del resto, quale non-spogliarellista entrerebbe in un locale gay a petto nudo (già, si erano tolti la maglietta durante la corsa per non rischiare di bagnarla di sudore… come se potesse servire a qualcosa. Bah, maschi! Nd: me), in pieno inverno, ed esibendosi in pose “seducenti”? Erano proprio due deficienti.
Poi, però, vedendoli ancora seduti a terra, piangenti, sentì una stretta al cuore e non se la sentì di infierire oltre. Del resto, le donne erano abituate a “stare in guardia” e studiare trucchi per difendersi, specie se erano costrette a raggiungere un luogo a piedi ad orari poco consigliati. Per Francesco e Jack, invece, doveva essere un’esperienza nuova… e traumatizzante. Che poi, le sarebbe tanto piaciuto sapere per quale motivo gli uomini non si facevano problemi a fare “cat calling” o, addirittura molestare le donne, ma, come era la loro dignità ad essere presa di mira, ecco che urlavano terrorizzati, scappavano, chiamavano le forze dell’ordine, cercavano vendetta, … (anche senza un vero motivo). Giusto per fare un esempio, una volta una signorina transgender aveva bussato contro il finestrino della macchina del padre di Mary, per chiedere indicazioni. Non l’avesse mai fatto: questo aveva cacciato un urlo talmente forte da essere udibile fino dalla Francia e poi aveva tentato di investirla. Gli omofobi erano strani.

‹‹Tieni: prenderai un accidente, altrimenti›› Francesco comprese a che cosa si riferissero quelle parole, solo quando si tolse dal capo l’oggetto che gli aveva momentaneamente oscurato la visuale. Maria Vittoria lo aveva appena centrato con la stessa giacca che aveva prestato ad Emanuela poche settimane prima.
‹‹G-grazie Mary (*pronuncia letterale all’italiana*)›› riuscì a pronunciare a fatica, mentre ancora cercava di trattenere le lacrime. Era stata l’esperienza peggiore della sua vita e non l’avrebbe augurata nemmeno al suo peggior nemico. Ora capiva perché le sue amiche e la sua fidanzata lo pregavano sempre di accompagnarle a casa, quando faceva buio e si pentì di tutte le volte in cui, scocciato, gli aveva detto di “darsi una mossa”, di “non fare le bambine” o che “tanto casa loro era a due passi”. Si sentiva uno schifo al solo pensiero dell’egoismo e dell’ignoranza che aveva dimostrato in quei frangenti.

Vedendo che, però, il ragazzo non dava segno di riprendersi, la ragazza gli consigliò: ‹‹Sentiti libero di sfogarti: è il minimo, dopo tutte le mie crisi isteriche a cui hai assistito hahaha››
‹‹Tu non hai mai pianto, però›› le fece notare lui. Allora ogni tanto faceva caso anche a quello che faceva lei. Joy!
‹‹Non in pubblico: non sembro né abbastanza attraente, né abbastanza indifesa per potermelo permettere. Ma a casa… a volte mi ritrovo a pensare che mi converrebbe scrivere allerta meteo arancione sulla porta della mia stanza. Eviterei ai miei genitori di affogare nel mio mare di lacrime›› ridacchiò lei, per poi proporgli, con un tono più serio: ‹‹Se mi giuri che, poi, non ti terrai tutto dentro, ti racconto una cosa che non sa nemmeno Takashi-Sempai››
‹‹Hai seriamente un segreto così importante?›› la prese in giro lui, che ben sapeva dell’amore platonico che tutte e sue compagne di karate provavano per lui.
‹‹Ebbene sì, lo confesso›› ammise lei, simulando un’aria sconfitta.
‹‹Allora, immagino non potermi assolutamente perdere quest’occasione…››
‹‹Prova a raccontarlo a qualcuno e ti faccio perseguitare dal mio coinquilino dal coltello facile›› lo freddò subito lei. L’espressione terrorizzata dell’amico le fece intendere che aveva afferrato il concetto.
‹‹Quando avevo sette anni, mi sono allontanata dai miei genitori durante una festa a Via Reggio e, proprio quando pensavo di essermi completamente persa, ho visto una signora molto bella, che indossava dei vestiti simili a quelli delle Winx››
Udendo quelle parole, Francesco scoppio a ridere: ‹‹Hai chiesto indicazioni ad una prostituta?››
‹‹Con il senno di poi ho fatto bene: chi meglio di loro conosce le vie meno sicure di una città? E comunque era molto gentile›› Mary sorrise a quel ricordo. Quanto era ingenua all’epoca. Se solo fosse stata un po’ più grande avrebbe capito quale fosse la sua reale occupazione e avrebbe chiesto ai suoi genitori di assumerla nella loro tenuta di campagna. Del resto avevano sempre bisogno di cameriere, addette alle pulizie e governanti ‹‹Quando mi ha vista avvicinarmi, mi ha detto di essere una prostituta e mi ha chiesto se sapessi che cosa significasse. E io le ho risposto, bella tranquilla: sei una fata!››

‹‹Sei davvero assurda›› le disse lui, sempre più perplesso.
‹‹Sai perché ho risposto così? Perché tutte le volte che guardavo le Winx alla televisione, mio padre litigava con mia madre, dicendole che non poteva permettere a sua figlia di guardare un cartone animato dove c’erano delle ragazze vestite da prostitute. E così è nato l’equivoco›› ridacchiò lei, per poi giungere, finalmente al punto della discussione: ‹‹Le ho chiesto perché fosse così tanto truccata e lei mi ha risposto che il trucco è l’armatura di una donna. Se una donna lo mette, sa di non poter piangere, perché le lacrime lo scioglierebbero, restituendole un aspetto vergognoso3››
Udendo una riflessione tanto profonda, Francesco non rispose nulla: non avrebbe saputo che cosa dire. Una cosa, però, era certa: non avrebbe mai più pronunciato il termine “prostituta” con disprezzo.
‹‹Tutto questo per dire che quando mi vedete truccata non sta per cadere il cielo… Sì, lo so che lo dite, non sono sorda a tal punto. Comunque, dicevo, quando sono truccata è perché so che rischio di scoppiare a piangere come una fontana››
‹‹Ma quindi alle gare…››
‹‹Non rimango impassibile di fronte agli insulti perché sono strana, non provo sentimenti o qualunque altra cavolata vi venga in mente. Semplicemente so che sarebbe un’azione inutile e che, tanto, nessuno prenderebbe le mie difese… A parte Takaschi-Sempai, ovviamente. Il mio eroe c’è sempre per me!›› ironizzò lei, alla fine, rendendosi conto di aver fatto prendere una piega poco positiva al discorso. Se i suoi amici e compagni non capivano che, anche se non era bella ed era forte quasi quanto loro, aveva dei sentimenti, non aveva nessuna intenzione di essere più esplicita di così nello spiegarglielo.
Come volersi a dimostrare, l’unica parte del discorso che interessò a Francesco fu l’ultima: ‹‹Hahaha Takashi-Sempai! Un giorno dovrete spiegarmi che cos’ha il maestro che io non possiedo. Com’è possibile che tutte le donne cadano ai suoi piedi?››

‹‹Umiltà›› Francesco ebbe come la sensazione che quella parola avesse assunto una dimensione concreta e l’avesse trafitto ‹‹Saggezza›› altra pugnata ‹‹Prestanza fisica›› duplice pugnalata.
‹‹Ma ha ottant’anni!›› obbiettò lui, offeso nel profondo dell’orgoglio.
‹‹Esatto. Quindi, ti consiglio di iniziare a fare le flessioni non solo quando ti vuoi presentare ad una ragazza, sperando di fare colpo›› raffica di pugnalate ‹‹Galanteria›› pugnalata ‹‹Coraggio›› altra pugnalata ‹‹Conoscenza delle lingue vive››
‹‹Hey, questo è sleale!›› si lamentò lui. Poverino, non era colpa sua se aveva scelto il classico.
 
Nel mentre, Jack e Mr. Mercer osservavano la scena straniti. Erano abbastanza vicini da poter vedere che cosa succedeva, ma troppo lontani per poter udire le loro parole.
‹‹Che cosa gli è preso?›› domandò, infatti, il Settecentesco, vedendo Francesco che si stava via a via accasciando a terra, contorcendosi ogni volta che Mary apriva bocca, peggio di Giulio Cesare alle Idi di Marzo.
‹‹Mary (*sempre pronunciato all’italiana* lo sta trafiggendo›› gli rispose Giacomo, come se fosse la cosa più normale del mondo.
‹‹Ma se non ha niente in mano›› gli fece notare lui.
‹‹Non sono ferite fisiche…›› disse Jack, vago. La sua espressione sofferente mostrava l’empatia che provava per il compagno, in quel momento.
‹‹E questo rumore stridulo che copre la musica?›› domandò, ancora, Mr. Mercer, sempre più sconcertato.
‹‹La convinzione che va in frantumi›› sentenziò lui, enigmatico. “Aveva ragione la prof. Bardolasa: chi pecca di ὕβϱις fa sempre una brutta fine…” si trovò a pensare, nel mentre.
 
 
Note:
1- (Chi l’ha notato è un grande) ho giocato con il duplice significato del termine latino “vigilia”, che al singolare significa, appunto veglia (ovvero stare svegli), servizio di guardia notturna, … Mentre al plurale significa, generalmente “sentinella”. Scusate i miei scleri notturni, hehehe.
2- Chi è vecchio come me, avrà certamente collegato la frase al cartone animato “Robin Hood” della Disney.
3- Un piccolo tributo ad un anime (tratto dall’omonima serie di Light Novel giapponese “Saiunkoku Monogatari”, che io purtroppo non posso leggere perché non sono mai stati tradotti né in inglese, né in altre lingue all’infuori del giapponese, SIG!) che ho adorato quando ero una ragazzina.
  
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