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Autore: LaNana    06/02/2021    0 recensioni
Liz ha ventidue anni, è solare, spigliata, bella e simpatica. Un giorno il destino le mette sulla strada il suo Mito: Dani Silva, famoso, dannatamente bello, allegro e gioviale, insomma, l'uomo dei sogni. Da lì un susseguirsi di situazioni esilaranti, comiche e nostalgiche. Che ne sarà di loro?
Dal primo capitolo.
Arrivata in corridoio, percorrendolo, incrocio altri due uomini FIFA e lì il mio cuore si ferma. Poi scalpita. Poi si ferma di nuovo. Poi…poi non lo so, so che sono rimasta impalata, bocca spalancata, lingua a terra e occhi fuori dalle orbite. Danilo Ricardo Dias Barros De La Silva. Meglio conosciuto come Dani Silva, portiere del Barcellona e della nazionale brasiliana. Non che il mio più grande sogno erotico, lo ammetto.
- Dani Silva.- bisbiglio più per autoconvincermi che sia lui che per altro. Mi passa a fianco e mi sorride. Sorriso bianco latte a duecentosettantasette denti. Ottantamila punti gratis per lei signor Dani Silva. Lo seguo con lo sguardo. Occhi neri e profondi, capelli corti e sempre spettinati, viso da Maschio, mascella squadrata, un metro e novantadue di muscoli e agilità, e tutto il resto che sbavo solo a pensarci. No non ce la posso fare.
- Ciao.
Mi sta salutando?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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The Chance
Segui il cuore.


Chapter fifteen.
Penalty Area.

 
Torniamo in campo motivate.
Per il secondo tempo occupiamo l’altra metà campo, possiamo vedere la nostra curva davanti a noi. Così è un po’ come se ci aspettassero ogni volta che corriamo verso la porta avversaria.
Mi inginocchio a slacciare e riallacciare gli scarpini. Ognuno ha il proprio rituale scaramantico, io slaccio e allaccio gli scarpini ad ogni fischio di inizio.
Dani indossa sempre due calzini spaiati, rosso a destra e blu a sinistra per le partite in casa e viceversa per le trasferte, Marisol sempre le stesse mutandine, Crista sempre lo stesso logoro elastico per capelli, Messi prima di un calcio piazzato fa sempre lo stesso numero di passi, Cristiano Ronaldo deve essere l’ultimo ad entrare in campo della sua squadra. Insomma, ognuno ha le sue.
Incrocio lo sguardo con quello di Crista e ci sorridiamo.
Marisol e Saray ai lati del cerchio di centrocampo, Nena alla sinistra di Crista, le altre nostre compagne dietro di noi.
L’arbitro fischia l’inizio del secondo tempo e, non appena le ragazze del Real Sociedad calciano il pallone, partiamo anche noi.
 
I minuti scorrono rapidi, così come il campo sotto ai nostri piedi.
 
Ci apprestiamo al 74° minuto col risultato ancora fermo sul pareggio. Prendo la palla da terra e la faccio roteare tra le mani prima di appoggiarla nella piccola area davanti alla bandierina, mani sui fianchi guardo le mie compagne di squadra e le avversarie dirigersi in area e prendere posizione, tre ragazze con la maglia celeste si mettono a metà strada tra me e il gruppo a fare da barriera. La porta del San Sebastián alla mia destra.
Al suono del fischietto arretro e decido.
Crosso al centro dell’area verso Saray, salta ma non riesce a prendere il pallone che viene invece respinto fuori dall’area di rigore, poi carambola tra i piedi di due avversarie prima di essere stoppato da Alma, arrivata oltre la metà campo dalla sua posizione di difesa, che lo passa alla nostra numero 9. Nena mi vede, sono nella mia posizione ideale, al filo dell’area. Senza nemmeno dovercelo chiedere mi sta passando il pallone con un pallonetto e calcio al volo una fucilata di destro.
La palla fende le giocatrici, colpisce la mano di una ragazza del San Sebastián, deviazione, va in rete, ma il giudice di gara fischia.
- CAZZO!- urlo frustrata, mentre vedo Marisol col pallone in mano, avvicinarsi all’arbitro per chiedergli di non annullare il goal.
È irremovibile, ma ci assegna un rigore. Il mio capitano si avvicina.
- Liz, lo tiri tu questo rigore.- e mi lascia la palla tra le braccia. Mi incammino verso l’area di rigore e quando arrivo al dischetto, lo posiziono.
Arretro asciugandomi dalla faccia le gocce di sudore, guardo il tabellone e vedo che segna il 78°, mi volto verso la panchina dove Gil è impassibile, una maschera di cera, Naa’weh mi incoraggia a tener i nervi saldi chiudendo la mano sinistra in un pugno.
Sento il cuore galoppare nel petto e martellare nelle orecchie, la spalla ha ricominciato a pulsare, il fiato corto e una sensazione crescente di ansia.
Chiudo gli occhi e subito la mente mi riporta al viso di Dani e a quel che mi ha detto.
 
Non esiste lui, non esisto io, non esiste il dolore, non esiste niente, solo il pallone.
 
Solo il pallone.
 
Espellendo tutta l’aria nei polmoni, mi giro verso la porta. Alzo le braccia inspirando profondamente ed espiro nuovamente.
L’arbitro controlla la palla sul dischetto e annuisce col capo, segnalandomi che tutto è pronto.
Guardo l’estremo difensore del Real Sociedad.
 
Le tattiche per calciare un rigore sono tante, credo vada principalmente a preferenza. Io non disdegno né il pallonetto, che gli italiani hanno ribattezzato cucchiaio nel 2006 dopo un perfetto tiro di Francesco Totti, né la cannonata rapida, potente e spedita in rete, anche se nemmeno centrare gli angoli mi dispiace. Quel che amo di più, però, è ingannare il portiere e lanciarla dritta, in mezzo alla rete, così mentre atterra nella direzione scelta, può godersi lo spettacolo del pallone che supera la riga della porta.
Tutte le mie compagne lo sanno e per questo motivo sono tese, perché per quanto divertente sia, anche se non particolarmente spettacolare, è forse il tiro con più probabilità di essere intercettato.
 
Tolgo il cerchietto dalla testa e lo rimetto.
L’arbitro fischia.
Breve rincorsa e tiro.
Osservo il pallone, giusto per accertarmi che entri in porta e mi limito ad un piccolo pugno di esultanza quando succede.
 
Ho tirato fortissimo, veloce e dritto in rete, sono andata sul sicuro, un proiettile imprendibile.
Mi volto facendo spallucce alle mie compagne, che mi raggiungono ridendo.
 
I minuti che seguono, vedono un succedersi di scambi di palla che non portano a nulla e un paio di tentativi delle giocatrici del Real di riportarsi sul pareggio, tentativi finiti in calci di rinvio, tra i guantoni saldi di Teresa o portati via da un abile e preciso tackle delle mie compagne.
Siamo riunite in area di rigore, per un calcio d’angolo a favore del Real. Resto fuori dalla mischia insieme a Crista.
Il terzino crossa in aera e dalla mia posizione non riesco a vedere granché, solo un continuo sgambettare e la palla rimbalzare da dei piedi a degli altri, finché si impenna sopra la confusione di teste, braccia gambe e divise celesti, blu e granata, e rimbalzando rotola verso di me.
Crista scatta in avanti e mi fa un assist con un colpo di tacco.
- VAI LIZ!- e voltandosi iniziamo a correre verso la porta avversaria; il tabellone segna l’89°, le gambe sono tormentate da crampi, i quadricipiti mi bruciano, mi fa male la milza, la spalla mi va a fuoco e sono esausta, non riesco nemmeno più a tenere il ritmo della respirazione. Superiamo la linea mediana e il cerchio da 9 metri, ansimando raggiungo l’area di rigore, il portiere esce dai pali, scivola cercando di rubarmi il pallone dai piedi e con un ultimo sforzo, roteo su me stessa, scartando la giocatrice e calciando un destro a porta vuota.
Con un grido di esultanza, mi inginocchio davanti alla porta, di fronte alla nostra curva, e mi lascio andare all’indietro, riprendendo fiato.
 
Barcellona 3 – Real Sociedad 1
 
Vengo raggiunta da Crista già pronta alle lacrime, poi una dopo l’altra arrivano anche le mie compagne.
Il quarto uomo segnala 3 minuti di recupero.
Tre minuti durante i quali ci limitiamo al possesso palla, a scambi brevi senza farci intercettare e, dopo quella che sembra un’eternità, arriva il triplice fischio e insieme ad esso un boato dalla curva.
Il Barcellona femminile ha vinto lo scudetto dopo 23 anni.
 
Corro a perdifiato verso Saray e le balzo in braccio, raggiunte da altre compagne di squadra che si aggiungono a noi, saltandoci addosso, circondandoci e abbracciandoci.
Dalla tribuna scende ed entra in campo Mateo Ortiz, il presidente della società, che rilascia le dichiarazioni di rito alla stampa, mentre Gil ci raggiunge per aggregarsi all’abbraccio di squadra, Berto corre per il campo senza meta definita, sventolando una bandiera a scacchi blaugrana e inneggiando ai tifosi di urlare di più.
Lascio il gruppo e mi dirigo verso Crista che piange distesa sul prato e mi sdraio accanto a lei.
- Ce l’abbiamo fatta brasileira!- si asciuga gli occhi col dorso della mano mentre io annuisco senza riuscire a smettere di sorridere. Con un gridolino si solleva e mi abbraccia, schiacciandomi contro l’erba del campo da gioco.
- Ragazze,- ci voltiamo verso il presidente Ortiz in piedi a pochi passi da noi – complimenti.- ci porge la mano per aiutarci a rimetterci in piedi – Ci sono le foto con la stampa, venite.- ci fa strada col braccio verso un nugolo di fotografi e giornalisti.
Ci mettiamo tutte in posa per le foto ufficiali, poi Berto si allontana brevemente, per tornare con una bottiglia di spumante che agita e fa schizzare per aria, dalle casse dello stadio esce musica commerciale che gli speaker hanno messo per festeggiare.
Dal tunnel degli spogliatoi sbucano Dani e Gerard che camminano verso di noi, venendo ovviamente raggiunti e assaltati dai flash dei fotografi.
Il numero 1 del Barcellona sgomita tra i giornalisti scusandosi, liberatosi della calca si ferma a guardarmi con un ampio sorriso, una manciata di metri a dividerci.
- E così siamo entrambi campioni della Liga.- mette le mani nelle tasche dei jeans.
- Così pare.- gli sorrido passandomi la mano in faccia, cercando di togliere le gocce di vino che minacciano di entrarmi negli occhi.
- Sei stata pazzesca.- mi metto a ridere e ondeggio due dita della mano, doppietta! Gli occhi di Dani si distraggono verso la mia destra e, voltandomi, vedo Ortiz ridere e fare il pollice alto verso di lui, lui che si avvicina e si ferma a un passo da me – Mateo ci da pista libera.- con il suo sorrisino sornione mi guarda, cercando di capire se abbia capito a cosa si riferisca e sfidandomi allo stesso tempo.
- Avresti il coraggio di baciare in pubblico, davanti a tutti e davanti ai fotografi, l’autrice di una doppietta decisiva?- faccio un passo in avanti, mettendomi a giocare coi bottoni della sua camicia.
Con il sopracciglio destro alzato, sollevo il viso per incontrare il suo sguardo. Per qualche secondo ci fissiamo, con le sue braccia che mi circondano la vita stringendomi a lui, poi inclina nuovamente l’angolo della bocca verso l’alto.
- Oh, eccome se ce l’ho.- abbassa la testa e mi travolge in un bacio impetuoso.
Quando le nostre bocche si staccano, Dani scoppia a ridere.
- Puzzi da morire, ma sai di vino e sudore, che per me equivale a...- si gira verso le altre giocatrici, aprendo la camicia violentemente e facendo saltare i bottoni – FESTAAA!
Arrivano altre bottiglie di spumante che vengono stappate, agitate e spruzzate per aria, passate di mano in mano e scolate.
Ridendo passo la bottiglia a Marisol, quando sento un vuoto allo stomaco e le ginocchia cedere.
Tutto diventa nero.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Buonasera a tutt*!
Come avete letto finalmente il Barcellona ha vinto dopo 23 anni! Piccola curiosità
: davvero il Barcellona ha vinto dopo 23 anni nel 2012, e davvero Messi e Ronaldo hanno quei piccoli rituali scaramantici!
Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a lasciarmi una recensione al vostro passaggio, datemi un parere, battete un colpo!!! XD

P.S. ne approfitto per uno spazio privato: volevo ringraziare il mio migliore amico Sam, che mi supporta e corregge le bozze e gli errori sportivi, e mandare un abbraccio alla piccola Chibi Biscuit, che alla fine della sessione di esami dovrebbe portarsi in pari e leggere quel che sto pubblicando e scrivendo. Vi si ama forte.
LaNana

   
 
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