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Autore: storiedellasera    06/02/2021    5 recensioni
E' da molto tempo che la giovane Abigail viene bullizzata dalle sue compagne di scuola.
Ma Abigail nasconde un segreto spaventoso...
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Abigail

 

 

Trovai i miei vestiti immersi in un gabinetto dello spogliatoio femminile della scuola.
Erano così impregnati di acqua putrida che li vedevo affondare lentamente, e inesorabilmente, verso il fondo. Qualcuno aveva anche avuto la bell'idea di orinarci sopra... come se gettarli semplicemente in quel sanitario non fosse un gesto abbastanza crudele. Oh, no! Non era sufficiente metterli solo a mollo nel gabinetto, dovevano anche sporcarli in quella maniera.
Anche le mie scarpe avevano subito lo stesso trattamento. Per fortuna non erano le mie preferite, ma le avevo comprate da poco.
Doveva esser accaduto durante l'ora di ginnastica. Qualcuno era entrato nello spogliatoio, aveva preso i miei visiti, le mie scarpe, e aveva messo su quel bello scherzetto.
Già... è così che i miei compagni di classe chiamavano quelle cattiverie ...solo degli scherzetti.

Sapevo benissimo chi erano i responsabili di quelle oscenità. Del resto era da più di un anno che subivo i loro abusi. Quello scherzetto, così come tutti gli altri, portava la firma di Harper e delle sue due succubi-amiche, Stella e Cloe.
Frequentavano il mio stesso liceo ma erano tutte più grandi di me.
Harper poteva essere definita come l'ape regina di quell'alveare fatto di aule, banchi, lavagne e corridoi. Era alta e portava lunghi capelli biondo cenere.
Aveva una forte personalità e questo, unito al suo bell'aspetto, le aveva donato una certa popolarità. Il suo fascino aveva attirato Stella e Cloe come il miele attira le mosche.

Cloe era una mia vecchia amica. Feci la sua conoscenza durante il mio primo anno in quella scuola. Ma in poco tempo la ragazza iniziò ad orbitare attorno ad Harper, separandosi per sempre da me.
Come poterla biasimare? Del resto Harper era una persona molto più carismatica e interessante di me. Vestiva sempre alla moda, apparteneva a una ricca famiglia e poteva vantare un notevole successo anche in rete. Postava di continuo foto che mettevano in risalto i suoi enormi occhioni da cerbiatta, magari mentre aspirava un frappè alla fragola da una cannuccia o magari mentre si trovava nella sua stanza da letto color rosa pastello. Apparentemente sembrava una dolcissima creatura fatata, ma era capace di escogitare angherie e atti così malvagi da mettere in imbarazzo persino il diavolo in persona.
Non so dire perchè Harper avesse deciso di tormentare proprio me. Magari c'era qualcosa nel mio aspetto che mi faceva apparire fragile e quindi, secondo la mente crudele di Harper, remissiva e incapace di ribellarsi.
Io non le avevo mai dato fastidio... eppure lei decise di rovinarmi la vita per il suo sadico divertimento.

I maltrattamenti esordirono pian piano. Inizialmente erano cose di poco conto. Atti malvagi commessi apparentemente senza alcuna premeditazione: un pettegolezzo, una battutina appena sussurrata, uno sgambetto o semplicemente qualche risatina alle mie spalle.
Non davo peso a quelle cose, semplicemente le ignoravo... e nell'ignorarle, le crudeltà nei miei confronti trovarono un terreno fertile in cui mettere le radici e crescere a dismisura.
Mi chiamo Abigail e questa è la mia storia.

 

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Lasciai i miei vestiti in quel gabinetto, ero troppo disgustata per poterli toccare.
Seguii il resto delle lezioni indossando la tenuta da ginnastica con sopra il mio cappotto, anche se questo significata lasciar scoperte le gambe. Ai professori raccontai che avevo strappato i vestiti in un assurdo e strampalato incidente, scatenando risate e schiamazzi da parte dei miei compagni di classe. Non potevo raccontare la verità o sarei finita in brutti guai. Harper infatti era molto vendicativa.
Un giorno, qualche mese prima della vicenda dei vestiti nel gabinetto, provai ad affrontarla con una battuta. Le dissi che la figura della bulla dai capelli dorati, supportata da una coppia di ochette, era un clichè degno solo di qualche vecchio film.
Da allora le molestie nei miei confronti si fecero decisamente più aspre. Venivo spessa ferita con la punta dei compassi, frustata con i righelli e... quando le cose andavano veramente male ...venivo picchiata fuori dalla scuola da qualche gruppetto di ragazze incitate da Harper.
Lei inoltre mi dipingeva spesso come una persona promiscua e oscena.
In poco tempo, l'intera scuola mi additò come una depravata dedita ai più assurdi e indicibili atti sessuali. Anche se non avevo mai frequentato un ragazzo, nessuno dubitò dei racconti di Harper sulla mia persona... quei racconti che diventavano sempre più disgustosi e fantasiosi.

Quando la campanella decretò la fine delle lezioni, misi immediatamente i libri nello zaino e scattai fuori dalla classe il più velocemente possibile.
Riuscii a trattenere le lacrime fino a quando non mi allontanai dalla scuola. Fuori nevicava e il freddo pungente dell'inverno sembrava mordere e artigliare le mie gambe scoperte. Il mio respiro si condensava di fronte a me formando soffici nuvolette di vapore.
Sentivo le mie scarpe da ginnastica, decisamente inadatte a un clima così rigido, assorbire sempre più della gelida acqua per via tutta la neve che calpestavo.
Avvertivo lo scricchiolio sommesso del ghiaccio sotto i miei piedi e quel suono, in un certo senso, sembrava calmare i miei nervi tesi.
Asciugai le lacrime congelate sulle mie guance e continuai a camminare.
Quel giorno non andai a casa, non subito. Avevo prima bisogno di calmarmi altrimenti sarei corsa nella mia stanza e lì avrei pianto fino a sera.
La mia stanza era colma di libri dell'orrore. Adoravo quel genere letterario, specialmente le storie ricche di elementi sovrannaturali. Nessuna ragazza di mia conoscenza condivideva quella mia insolita passione e questo non fece altro che rendermi ancora più impopolare. Amavo le opere di Shelley, King, Blackwood, Matheson, Lovecraft...  storie in cui le normalissime vite delle persone venivano sconvolte dalla presenza di qualche mostro o di qualche entità proveniente dai più remoti e gelidi angoli dell'universo.
Rammento che da bambina ero terrorizzata dalla figura dei vampiri, dei fantasmi o di altre creature partorite dall'immaginazione di qualche brillante scrittore.
Ma con il passare degli anni scoprii che quelle paure non erano nulla se paragonate al terrore che provavo ogni volta che entravo a scuola, ogni volta che sentivo qualcuno ridacchiare alle mie spalle... ogni volta che guardavo il mio telefono.
Smisi di navigare su internet poichè era lì che potevo trovare gli insulti più gravi rivolti contro di me. Insulti e commenti, scritti da utenti anonimi (ovviamente), che mi facevano torcere le interiora ogni volta che li leggevo.
In poco tempo anche altri compagni di scuola iniziarono a tormentarmi. Volevano solo imitare Harper, scoprire quanto fosse divertente prendersela con me.

Vicino la mia casa sorgeva un incantevole boschetto di betulle.
Un sentiero mi portava direttamente nel cuore del bosco. Una volta lì, mi bastava oltrepassare il sentiero, svoltare a destra, superare un'altra manciata di alberi e finalmente raggiungevo il mio posto felice. Era un angolo di mondo che sembrava esser stato ritagliato solo per me.
In quel posto potevo trovare sollievo per la mia anima.
Ma non ero sola.
Qualcos'altro mi teneva compagnia per tutto il tempo. E io ero felice della sua presenza.

 

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Una mattina di quello stesso inverno, trovai nel mio armadietto di scuola un foglio di carta e una lametta di un rasoio. Qualcuno doveva averli infilati tra una lezione e l'altra. Provai paura quando vidi quella piccola e scintillante lama metallica del rasoio. Ma il vero terrore giunse quando controllai il foglio di carta. Si trattava di un disegno: era una mia caricatura che mi raffigurava con i polsi recisi.
Sul disegno c'era scritto: "risparmiaci la fatica e fallo tu tessa" seguiva poi una serie di dettagliate istruzioni su come avrei dovuto tagliarmi le vene dei polsi.
Vi era poi un'ultima e graziosa nota in fondo a quella pagina: "nessuno sentirà la tua mancanza."
Ero così sconvolta che le mie mani iniziarono a muoversi da sole... o almeno era quello che credevo. Strappai in mille pezzi il disegno e richiusi violentemente il mio armadietto. Delle risatine appena accennate si levarono alle mie spalle.

Finite le lezioni, iniziai a dirigermi verso il mio posto felice nel boschetto.
Era una giornata particolamente fredda. Il cielo era coperto da un manto di spesse nubi, sembravano creare una densa cupola grigia posta sopra l'intera città. La neve ricopriva le strade, i tetti e i marciapiedi e presto altri fiocchi bianchi sarebbero caduti dal cielo.
Mentre avanzavo per le vie del mio quartiere, sentii delle voci di ragazze alle mie spalle. Inizialmente non diedi peso a quei rumori... poi però mi resi conto che le voci erano sempre più vicine a me.
Non volevo voltarmi, sapevo che quelle voci appartenevano ad Harper, Cloe e Stella. Avvertii immediatamente un nodo allo stomaco e le gambe iniziarono a tremare per la paura (non per il freddo).
Continuai a camminare fingendo di non aver udito nulla. Ma quelle tre arpie ridevano e sghignazzavano come se volessero farsi sentire, come se volessero dirmi che erano proprio alle mie spalle e che non sarei riuscita a seminarle.
Nella mia mente riaffiorò l'immagine della mia caricatura con i polsi tagliati. Allora mi sembrò di soffocare e di esser braccata non da tre ragazze, ma da tre lupi famelici. Cosa volevano farmi?
Accelerai un poco il passo ed entrai nel bosco.
Provai subito un enorme senso di colpa. Iniziai a sentirmi meschina e spregevole.
Sarei dovuta andare a casa o da qualunque altra parte.
Invece scelsi di entrare nel bosco di betulle. Scelsi di proposito quel luogo, così che Harper e le sue amiche potessero raggiungermi tra quegli alberi così silenziosi e immersi nella candida neve.
Sentivo Harper continuare a sghignazzare alla mie spalle. Se solo avesse saputo del modo in cui sarebbe morta di lì a poco... di certo avrebbe smesso di ridere.

 

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Nubi oscure si ammassarono nel cielo, tingendo la giornata con i cupi colori della sera. Harper fu l'unica delle mie tre inseguitrici ad avvertire qualcosa di insolito attorno a lei. Iniziò a sentirsi irrequieta anche se non era in grado di spiegare quella strana sensazione. Spesso si voltava per controllare cosa ci fosse alle sue spalle... ma tutto quello che vedeva erano le forme scheletriche delle betulle stagliarsi contro il cinereo velo del cielo.
Per un solo istante, Harper ebbe l'impulso di andar via.
Quel bosco iniziò a sembrarle strano e inquietante. Era sicura che un elemento, un qualcosa, sfuggiva alla sua percezione... un qualcosa che rendeva grottesco tutto ciò che la circondava. Quelle emozioni la rendevano nervosa e più avanzava nella boscaglia e più avvertiva il terrore strisciare nel suo corpo.
Cloe e Stella invece non si erano per nulla accorte del pericolo che Harper, in minima parte, aveva percepito. Loro si limitavano a seguire l'ape regina.

Harper continuava a guardarsi attorno. Allora il bosco le sembrò innaturale, un panorama proveniente da qualche antica fiaba.
Non una fiaba per bambini... ma una di quelle fiabe piene di mostri e oscurità, dove qualcuno faceva sempre una brutta fine.

Ero nel mio posto felice da qualche minuto quando fui raggiunta dalle tre ragazze. Mi videro mentre ero intenta a gettare sul terreno innevato delle briciole di pane raffermo. Avevo sempre qualche torso di pane nel mio zaino, conservandolo proprio per quei momenti. Harper mi fissò come se non avesse mai visto un altro essere umano in vita sua. Del resto era così nervosa che aveva perso ormai perso la voglia di tormentarmi. Si sentiva lontana anni luce dal suo regno fatto di stanze rosa pastello, ammiratori e frappè alla fragola.
Cloe e Stella invece iniziarono a ridere a crepapelle quando mi videro. La mia presenza in quel bosco era così strana e bizzarra da ispirare chissà quante battute... chissà quanti altri scherzetti.
Fu quasi per caso che le ragazze notarono decine di piccoli occhi neri fissarle dall'alto dei rami sulle nostre teste. Appollaiati sopra le betulle, un manipolo di gufi delle nevi ci osservava nel silenzio più totale.
Cloe e Stella si ammutolirono per qualche secondo, poi però ripresero a ridacchiare e ad avanzare verso di me.
Harper invece rimase inchiodata sul posto, con il mento puntato all'insù e lo sguardo rivolto ai gufi. I rapaci sembravano averla ipnotizzata.
Non una sola piuma si muoveva, non un singolo verso veniva prodotto da quelle creature. I loro occhi erano profondi e bui come un abisso. Tutti loro scrutarono Harper con terrificante intensità.

Fu in quel momento che Harper si accorse di lui.
Un minimo, quasi impercettibile, movimento rivelò la sua posizione al fianco della ragazza. Harper sussultò. Tentò di levare un grido ma quello che uscì dalla sua bocca fu un pietoso verso appena sussurrato.
La madre di quegli esserini, ossia il grande gufo delle nevi, era più alto di tre uomini messi l'uno sull'altro. Quella maestosa creatura non si trovava su un albero, ma a terra, a pochi passi da Harper. Le sue magnifiche e bianche piume, attraversate da diverse macule nere, le offrivano una perfetta mimetizzazione con l'ambiente circostante. Avanzò tra i tronchi delle betulle.
Cloe e Stella si accorsero della sua presenza. Le loro urla riempirono di note acute e stridule l'intero bosco. Ma l'enorme rapace ignorò quei suoni.
Si avvicinò a quelle tre ragazze, a quelle tre intruse, e iniziò a studiarle a fondo.
I suoi occhi straordinariamente oscuri non riflettavano alcuna luce... salvo per due minuscoli puntini brillanti. Quegli occhi rivelavano tutta la spiccata curiosità del gufo nei confronti delle tre ragazze.
Harper e Stella erano incapaci di muoversi. Le gambe di Cloe invece cedettero e la ragazza crollò sul terreno reso soffice dalla neve.

Fissai a lungo le ragazze con sguardo rammaricato. Sapevo cosa stava per accadere.
Il gufo avanzò di un altro passo verso di loro. La sua forma aliena, le sue dimensioni e i suoi movimenti del tutto privi di suoni avevano devastato la mente di Harper e delle sue amiche che, nel frattempo, avevano smesso di gridare.
Harper notò poi una certa tensione nei movimenti del grande rapace. Quei movimenti  tradivano un'estasi crescere sempre di più nel corpo dell'animale.
Harper comprese che il gufo aveva fame.
La ragazza iniziò ad indietreggiare, attirando immediatamente su di se la completa attenzione del gufo. La giovane mise poi il piede su una roccia e scivolò a terra.
Fu allora che il rapace si avventò su di lei. Harper iniziò a gridare: si girò e iniziò strisciare sul ventre nella speranza di scappare.
Con un semplice balzo, la creatura alata la bloccò a terra. Uno dei suoi artigli si conficcò completamente nella coscia di Harper. Le sue grida si fecero più intense. Il sangue prese a gorgogliare dalla sua gamba arpionata dal gufo.
Mi meravigliò molto il colore del sangue. Era così cupo, così bruno. Iniziò subito a spargersi al suolo, creando una pozza sempre più ampia, bagnando e sciogliendo la neve circostante... e solo allora assunse le sfumature rosse che mi aspettavo di vedere.

Il possente e affilato becco del gufo affondò nel cappotto di Harper all'altezza della sua spalla sinistra. Fu allora che Stella ritrovò la forza per muoversi. Urlò mentre fuggiva da quell'orrore. Sentivo le sue grida farsi sempre più lontane. Cloe invece non era ancora in grado di spostarsi o di distogliere lo sguardo da Harper e dal grande gufo.
Con un espressione di atroce terrore sul volto, Cloe fissava la sua amica dimenarsi a terra, preda dell'immenso rapace.
Anch'io restavo ferma sul mio posto. Non ero spaventata ma decisamente inorridita. Ormai il mio ruolo si era ridotto a quello di una mera osservatrice.
 
Il gufo, insensibile alle suppliche della sua vittima, levò indietro la testa e iniziò a stracciar via brandelli del cappotto di Harper. Il rumore della lacerazione dell'indumento vibrava nelle mie orecchie. La sua imbottitura si riversava all'esterno e formava morbide nuvole biancastre lì dove la stoffa e le cuciture erano state lacerate. Harper piangeva, graffiava il terreno e urlava nella speranza di sgusciar via dall'artiglio del gufo. Il suo volto era cosparso di neve e terriccio. Diverse pietruzze avevano graffiato le sue guance rosee e la sua fronte perfetta.
Il rapace le aveva quasi sfilato del tutto il cappotto, estraendo per un attimo l'artiglio dalla gamba della ragazza. Fu in quel momento che Harper riuscì in qualche modo ad alzarsi: si sfilò di dosso il cappotto -o ciò che ne restava- e iniziò a correre. Il gufo scattò in avanti e la ragazza alzò istintivamente la mano per proteggersi. Il rapace morse l'arto della ragazza con un movimento fulmineo.
Harper ritirò immediatamente la mano, ma quattro delle sue dita erano rimaste nella bocca del gufo. L'animale le aveva recise di netto.
Lui le ingoiò tutte in una volta e si udì chiaramente il suono gorgogliante dei muscoli della sua gola mandar giù quel boccone di carne.
Harper, nel vedere quella scena, fu colta dal più nero dei terrori. Urlò e riprese la sua fuga. I suoi versi disperati mi provocavano un'orrenda sensazione di vuoto nello stomaco. Il gufo riuscì a raggiungerla con un balzo. Con un singolo, silente battito d'ali fece perdere l'equilibrio ad Harper.
Lei cadde di schiena e le urla le si smorzarono in gola.
Strabuzzò gli occhi quando il gufo calò sulla sua persona. Premette una delle sue zampe sul petto della sua preda, in modo da ancorarla a terra.
Le costole di Harper non poterono sopportare il peso di quella creatura. Avvertii chiaramente il crepitio di quelle ossa sbriciolarsi sotto la pressione esercitata dalla zampa del gufo. Cloe sussultò nel sentire quei viscidi e possenti sciocchi provenire dall'interno del corpo della sua amica.
Harprer aprì di nuovo la bocca per gridare ma la sua cassa toracica, ormai irrimediabilmente fracassata in diversi punti, non le permetteva di generare suoni. Poteva a malapena respirare.
Ogni volta che immetteva aria nei polmoni, una scarica di dolore le attraversava il petto. Tossì del sangue, emettendo una serie di nauseanti rantoli.
Il sangue espulso dalla sua bocca disegnò sul terreno innevato dei crisantemi di un intenso rosso.
Il gufo scattò in avanti e affondò il suo becco nel ventre di Harper.
Fu come infilare un coltello nel burro.
Quando l'animale levò in alto il capo, per strappare la carne dal corpo della ragazza, tendini e tessuti organici furono tesi fino allo spasmo, lacerandosi in un tripudio di orrendi rumori. Le interiora di Harper si riversarono al suolo come una massa informa e pulsate di organi triturati. Il calore da essi emanato generava nuvole di vapore che si condensavano sul corpo ormai immobile di Harper.
Il gufo lanciò in aria il pezzo di carne che aveva strappato via dalla ragazza, lo prese al volo con un elegante movimento del becco... e ingoiò.
Nel frattempo, i piccoli gufi appollaiati sui rami delle betulle stavano osservando tutta quell'orrenda scena. Attendevano con ansia la fine del pasto della loro madre, così da poter banchettare sui resti di Harper.

Cloe si portò le mani alla bocca, tremava come una foglia mentre guardava la creatura sbranare la sua amica. Emanò un belato appena percepile quando notò una contrazione nel corpo di Harper... e allora capì che la ragazza era ancora viva.
Probabilmente aveva perso i sensi durante il primo morso del gufo, o magari era deceduta per alcuni istanti.
Sta di fatto che Harper si era rianimata quel tanto che bastava per rendersi conto che l'incubo non era ancora finito e che il gufo doveva ancora saziarsi.
La creatura affondò di nuovo il becco nel ventre squarciato di Harper, spezzandogli la spina dorsale. La ragazza levò indietro il capo e smise per sempre di muoversi.
Soddisfatto, il gufo trangugiò un ultimo boccone di carne.
Le sue candide piume bianche del muso erano intrise del sangue della sua vittima. Il rapace si concesse qualche secondo di pausa prima di rivolgere la sua attenzione su Cloe.
Lei stava piangendo e io avevo compreso che la ragazza aveva perso ogni speranza. Il gufo la fissava con quei suoi occhi colmi di un'oscurità insondabile.

Mi voltai verso Cloe e lei ricambio con il suo sguardo atterrito.
"Corri" le dissi.
Inizialmente lei non comprese il mio comando. Subito dopo, con le gambe tremolanti, Cloe si sollevò dal suolo. Ogni suo gesto veniva captato dallo sguardo impassibile del gufo. La ragazza mi lanciò un'ultima occhiata prima di voltarsi e fuggir via da quel bosco.
Il grande gufo si voltò verso di me. Cercava di capire se ero stata ferita dalle tre ragazze, dalle tre intruse. Del resto la creatura mi aveva sempre trattata come una dei suoi tanti figli. Lasciai che il rapace mi scrutasse per bene, volevo che capisse che non ero stata toccata da Harper e dalle sue amiche.
In quel momento, i piccoli gufi spiegarono le ali e si ammassarono attorno al cadavere di Harper.
E mentre la grande madre si voltava per sparire tra gli alberi del bosco, i suoi figli iniziarono a mangiare i resti di quel corpo.

 

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Sono passati tre anni dalla morte di Harper. La polizia, non avendo alcun indizio sulla misteriosa scomparsa della ragazza, ha deciso di archiviare il caso.
Ogni anno, in città, viene organizzata una processione in suo nome. Una parte di me è infastidita da tutti quegli onori nei confronti di una ragazza che è sempre stata crudele con me.
Stella, insieme alla sua famiglia, si è trasferita da tempo in un altro paese. Non ho avuto più notizie di lei. Posso dire che è uscita per sempre dalla mia vita.
Cloe invece è rimasta in città.
Di tanto in tanto, quando esco dall'università, mi capita di vederla mentre passeggia con le sue nuove amiche. Cloe è cambiata moltissimo dopo la sua tremenda vicenda nel bosco. E' dimagrita parecchio, come se fosse stata colpita da una tremenda malattia debilitante, ha profonde occhiaie scure e si gratta di continuo i polsi.
La vedo trasalire ogni volta che una rondine o un piccione svolazza vicino a lei.

L'altro giorno ci siamo incontrate per caso in una stradina deserta vicino l'università. Lei rimase immobile, pietrificata, quando si accorse della mia presenza... come se avesse visto un fantasma. Presumo che, per lei, io sia più terrificante di uno spettro.
Per diverso tempo siamo rimaste a fissarci, senza dir nulla, restando a debita distanza l'una dall'altra. Io non lasciavo trapelare alcuna emozione.
Lei mi osservava mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Iniziò poi guardarsi attorno, a controllare il cielo e gli alberi nei giardini delle case vicino a noi.
Sapevo benissimo cosa stava cercando... cosa temeva di trovare. Ma nessuno orrore si palesò al suo cospetto.
Ripresi a camminare e la superai, senza dire una parola.




Da tre anni Cloe ha smesso di tormentarmi... perciò, almeno per il momento, non corre alcun pericolo.



   
 
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