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Autore: sallythecountess    06/02/2021    0 recensioni
In questo capitolo finale della saga della famiglia Jimenez tutti i nodi verranno al pettine. Juan ritroverà la sua natura oscura e darà inizio ad una guerra che incendierà Los Angeles solo ed esclusivamente per amore di Mina. John dovrà affrontare non solo la fine della sua relazione con il suo amato Ethan, ma un enorme dolore che lo manderà totalmente in crisi e lo costringerà a crescere. I tre ragazzi Jimenez, infatti, si troveranno da soli a combattere con la paura di diventare orfani e inevitabilmente diventeranno adulti.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mìmi'
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Capitolo 2: l’ospedale
Gli vennero i brividi tornando in quella casa, perché il giardino era ancora pieno del suo sangue. Non parlò con nessuno, neanche con sua madre che aveva provato a dirgli qualcosa, che però non aveva voglia di ascoltare. Si ripulì in fretta e corse in ospedale, dove lo aspettavano i suoi tre ragazzi in crisi.
John, Jane e Johanna erano mano nella mano, seduti per terra di fronte all’ingresso della sala operatoria. Nessuno di loro aveva detto una parola per ore, John non aveva fatto altro che piangere, e le sue sorelle lo tenevano stretto.
“Bambini miei…” sussurrò una voce che loro riconobbero immediatamente, e in pochi istanti si trovarono avvolti dalle braccia affettuose della sua favolosa nonna, che era totalmente sconvolta. Johanna chiese solo “vostro padre?” ma rimase estremamente perplessa sentendosi una mano sulla spalla. Juan si sedette per terra insieme ai figli, ma rimase totalmente in silenzio e strinse John con tutte le sue forze.
Quel cavolo di ragazzo, oltre ad assomigliarle sempre di più, aveva preso a usare anche la sua crema per il corpo, così Juan chiuse gli occhi e per un attimo gli parve di averla ancora tra le braccia.
Tornò con la mente alle coccole che gli aveva fatto la notte precedente, e si sentì letteralmente morire. Ventiquattro ore prima era a casa tranquillo a giocare con Jeoy e Jemie, quando la notizia della morte di suo fratello lo aveva raggiunto. Mina si stava facendo sistemare i capelli insieme a Johanna, e lui le aveva raggiunte nella stanza accanto con un’espressione talmente addolorata da sconvolgere la sua compagna. Aveva detto solo “Carlos…” e Mina aveva capito, e versando due lacrime si era allontanata prendendolo per mano, per permettergli di piangere, di sfogarsi, ma lui non aveva fatto nulla. Da anni si preparava a quella notizia, ma non era riuscito ad avere una vera reazione, si era soltanto accoccolato sul petto di sua moglie, che lo aveva stretto forte accarezzandogli i capelli. Era stato così per tutta la notte, e Mina non aveva praticamente chiuso occhio, ma era un modo per dimostrargli il suo amore e la sua vicinanza, e Juan aveva apprezzato. Sapeva che non le avrebbe mai parlato e che probabilmente non aveva voglia di farlo, così gli aveva mostrato il suo amore e il suo supporto senza parole, e lui lo aveva adorato. Era stata l’ennesima prova del grande amore della sua compagna, e pensarci in quel momento gli spezzò letteralmente il cuore. Provò a scacciare quel ricordo incredibilmente doloroso, ma senza successo, e un altro ancora più triste gli tornò alla mente.
Poche ore prima del funerale, dopo aver parlato con miliardi di persone per ore, esausto e afflitto, aveva deciso che gli serviva una pausa. Aveva bisogno di lei, di quella sensazione di calore e pienezza che gli dava di solito, perciò aveva provato a cercarla, ma senza successo. Non riusciva a capire dove si fosse cacciata, ma poi Johnny gli aveva detto che era andata a far riposare Jemie, così l’aveva trovata stesa a letto nella penombra della camera da letto a coccolare quel loro bambino così tenero.
“Papito…”gli aveva urlato Jemie, gettandosi tra le sue braccia con foga, ma lei aveva solo sorriso, con una dolcezza infinita, e aveva detto piano “lascialo stare piccolino, papà è stanco…” accarezzandogli piano i capelli. Si era steso accanto a lei, allora, con Jemie sul petto e si era sentito di nuovo tranquillo, per un momento, ma quando gli aveva parlato, non aveva ascoltato.
“Jemie, tesoro, andiamo a cercare Johnny, sì?” gli aveva detto la mamma piano, ma quel piccolino si era stretto forte contro il petto del padre e aveva preso a raccontargli del gioco che stava facendo con sua madre.
“…papà non vuole sentire di Olaf, adesso…” aveva aggiunto lei piano, cercando di convincerlo, ma Juan accarezzando quella piccola testa riccioluta aveva solo sussurrato “no, va bene. E’ proprio quello che mi serve in questo momento…” facendola sorridere.
 Solo dopo molto tempo, e molte carezze a Mina e abbracci a Jemie, il piccolo si era addormentato, e lei si era convinta che lo fosse anche il padre, così aveva fatto per allontanarsi, ma Juan le aveva preso la mano.
“Come stai, mi amor?” gli aveva chiesto piano, con quei suoi enormi occhi azzurri tristi e lui aveva sussurrato solo “ora bene”. Le aveva accarezzato piano il viso e lei aveva sorriso, ma era palesemente dispiaciuta e si vedeva chiaramente.
“Cosa posso fare per te?” aveva sussurrato con i suoi enormi occhioni languidi e Juan le aveva solo risposto “andiamo a casa subito dopo il funerale, l’unica cosa che voglio è stare con te e con i ragazzi. Tornare alla nostra vita serena e godermela anche per Carlito, che non avrebbe mai voluto nient’altro…”
“Anche se dovrai vedere Frozen mille volte?” aveva risposto lei ridendo e lui l’aveva solo baciata. Ripensarci in quel momento era terribilmente crudele, ma Juan si era appena reso conto che quella era stata l’ultima volta che le cose erano andate normalmente. L’ultima volta in cui l’aveva baciata e abbracciata. Adesso, con Johnny tra le braccia che aveva il suo odore e lei su un freddo tavolo operatorio, era incredibilmente doloroso pensare a quel momento.
La madre di Mina provò a fargli delle domande, ma lui non ascoltò e qualcun altro rispose “Jo, non sa nemmeno dove si trova in questo momento, dagli tregua…” ricevendo in cambio un rarissimo sorriso di gratitudine di Juan.
Nell’ultimo anno Joey Stanley era diventato un caro amico della famiglia Jimenez, ma anche di Johanna, la madre di Mina, perciò l’aveva accompagnata in ospedale quando aveva saputo. Non sapeva cosa fare, non gli era mai capitata una cosa così dolorosa, ma voleva in ogni modo aiutare quella famiglia che ammirava tanto, così provò a portare cibo e bevande calde, ma nessuno sembrava intenzionato a toccare nulla.
L’intervento di Mina durò diciotto ore quasi, e purtroppo non fu risolutivo. Il dottore spiegò a Juan che era stato un primo passo, perché Mina era stata colpita molto gravemente in diverse parti del corpo, e molti organi erano interessati.
“Abbiamo dovuto fermarci, perché il suo corpo non avrebbe retto oltre, ma purtroppo la situazione è di una gravità estrema e temiamo che possa peggiorare da un minuto all’altro…” concluse mortificato il chirurgo e Juan annuì soltanto, chiedendosi cosa diavolo avrebbe dovuto dire ai ragazzi.
“Dobbiamo tenerla sedata, per il dolore e perché non è in grado di respirare da sola, ma potete andare a salutarla, se volete…”spiegò l’infermiera, ma nessuno di loro sembrava avere il cuore abbastanza forte da reggere la vista della povera Mimi in terapia intensiva.
Juan moriva dalla voglia di vederla, ma non si sentiva in diritto di chiedere di entrare. Pensava che il suo dolore, in quanto semplice marito, valesse meno di quello dei ragazzi e di Johanna. Mina per loro era una madre e una figlia, due figure insostituibili, pilastri dell’esistenza, mentre un marito, tutto sommato, può sempre essere rimpiazzato. Eppure per Juan lei non era sostituibile, ed aveva un valore immenso, ma non se la sentiva di far prevalere le sue necessità su quelle dei suoi ragazzi. L’idea che lei non fosse mai uscita da quella sala operatoria l’aveva ossessionato per diciotto ore, perciò aveva bisogno di vederla, ma credeva che tutti condividessero il suo stato d’animo, ma non era così. I ragazzi si guardarono soltanto, con occhi spauriti e quasi colpevoli. Nessuno di loro aveva la forza di andare a vederla, John soprattutto era terrorizzato all’idea di vederla sofferente o in fin di vita. Johanna capì, e decise di rispettare il dolore di quei tre ragazzini, così porse la mano a Juan e lui annuì soltanto.
Vederla lì, pallida, addormentata e piena di tubi fu dolorosissimo, e dovettero più volte asciugarsi le lacrime. Johanna era letteralmente disperata, e per un attimo non riuscì a trattenere il dolore, sussurrandole solo “bambina mia…”. Non potevano toccarla, e neanche avvicinarsi troppo, ed era ancora più difficile da accettare, ma Juan le prese la mano e disse piano “è ancora qui, sta ancora lottando e Mìmi è forte come nessuno. Ha preso da te, no? Vedrai che non mollerà senza aver combattuto con le unghie e con i denti, perché non ci lascerebbe mai volontariamente. Quindi non fare quella faccia triste Jo…” facendola commuovere.
Nota:
Ciao a tutti, e grazie per aver letto. Allora siete furiosi con me per aver torturato così la povera Mina? Siete dispiaciuti? Fatemi sapere, vi aspetto.
   
 
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