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Autore: Helen_Book    07/02/2021    1 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Fu il dolore a far uscire Eileen dallo stato di incoscienza.

Cosa era successo? Dove si trovava esattamente?

Aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco l’ambiente circostante. Era immersa nella semi oscurità, il sole era tramontato da poco. Gli ultimi chiarori le diedero la possibilità di guardarsi intorno.

Il freddo e il forte odore di umidità erano la prova che con molta probabilità era finita in una cella. Il soffitto e il pavimento erano interamente in pietra, confermando la sua ipotesi.

Lentamente, provò ad alzarsi. Un forte giramento di testa la costrinse a desistere, ritornando nella posizione precedente.

Accidenti, ho ricevuto un bel colpo in testa.

Ad aggredirla non erano stati i gemelli, ma l’uomo che stava curando. Era l’unico che avrebbe potuto colpirla alle spalle.

Maledetto.

Con la mano destra si toccò la nuca, risalendo per la testa. Un dolore acuto la colse alla sprovvista.

Ecco, mi hanno colpita proprio qui.

La mano era pulita, non c’erano tracce di sangue.

Il sangue si sarà coagulato.

Il corpo le doleva, la tensione accumulata durante la giornata si stava facendo sentire. Per fortuna, le sensazioni che percepiva si limitavano a quello. Mentre era incosciente, non avevano approfittato di lei.

Mio Dio, non voglio neanche immaginare cosa poteva succedermi.

Rabbrividì al solo pensiero.

Riprovò ad alzarsi e questa volta, lo fece più lentamente. Alla fine, ci riuscì. Appoggiò la schiena e la testa alla parete, aspettando che la stanza smettesse di girare.

Dov’è Mala?

Quel pensiero iniziò a tormentarla. Si accorse di non avere più con sé né la tracolla, né il piccolo zainetto. Per non parlare poi del coltellino. Sicuramente era finito nelle mani di uno dei gemelli.

Maledetti, me la pagheranno.

La lista di persone con cui avrebbe dovuto fare due chiacchiere si stava allungando.

Eileen non era una persona vendicativa. Almeno questo è ciò che pensava. Più andava avanti, e più l’immagine che aveva di se stessa incominciava a cambiare.

Aveva difficoltà a riconoscersi.

La frustrazione e la rabbia la spinsero ad alzarsi in piedi, in cerca dell’amica. Respirò profondamente dalle narici, sopportando l’ennesima ondata di dolore.

Ne uscirò, ne usciremo, non c’è un’altra alternativa.

In quel momento, aveva veramente bisogno di una dose sostanziosa di puro ottimismo, la sua arma controllo il malumore.

Camminò per il perimetro della cella, mantenendosi incollata al muro. Una volta arrivata alle inferriate, si mise alla ricerca di una chioma bionda.

Le celle erano strapiene: uomini, donne e bambini con coloriti preoccupanti erano ammassati l’uno sull’altro, in cerca di calore. Ogni tanto qualcuno tossiva, rompendo il silenzio.

Tre guardie, a ritmo scandito, si muovevano avanti e indietro, intimidendo i prigionieri con sguardi minacciosi.

Sono tutti criminali?

Come se avesse udito la sua domanda, un bambino sui 5-6 anni, alzò la testa di scatto e incrociò il suo sguardo.

Gli occhi color nocciola riuscivano a scorgerla anche nell’oscurità. Non sembrava spaventato, né curioso, la fissava e basta.

Non seppe quantificare per quanto tempo rimasero a guardarsi. Il contatto visivo fu interrotto da un rumore alle sue spalle.

Non era sola.

Un brivido di paura le percorse la colonna vertebrale, facendole rizzare i peli su tutto il corpo. Lentamente si abbassò in cerca di una pietra, di un qualsiasi oggetto che la aiutasse a difendersi.
Non trovando nulla, aspettò che i suoi occhi si abituassero all’oscurità.

Potrebbe anche essere un topo.

Un’ipotesi probabile, capace di calmarle i nervi.

Un rumore continuo e ripetuto, attirò la sua attenzione.

Okay, non è un topo. Questo è assodato.

Affinò l’udito e con pazienza aspettò altri segnali.

Il suono proveniva dall’angolo destro della cella. Prese coraggio e a carponi, provò ad avvicinarsi. Il rumore diventò sempre più intenso, finché non riconobbe che si trattava di denti che sbattevano.

Qualcuno sta morendo di freddo.

Velocemente toccò il corpo davanti a lei, riconoscendo i suoi vestiti.

Mala! 

Affidandosi al tatto, tastò il corpo, notando che era incatenata.

Com’è possibile?

Una grossa catena le avvolgeva tutto il corpo, dai piedi fino alle spalle. Priva di coscienza, aveva la testa e parte della schiena poggiate al muro.

La fronte scottava, proprio come qualche ora prima.

Deve assolutamente essere curata.

Eileen maledì quei bastardi che le avevano portato via tutto ciò che era suo. Compresa la libertà.

Sapevi a cosa andavi incontro, venendo qui.

La rimproverò la sua coscienza.

Il senso di colpa per le condizioni dell’amica, la divorava.

Avrebbe potuto riferire alle guardie che conosceva Roman, in quel caso le avrebbero liberate.

Era un rischio, ma non vedeva alternative.

Come poteva comunicare con loro senza taccuino e senza qualcuno che traduceva per lei?

La disperazione era dietro l’angolo, pronta ad impadronirsi di lei.

Cercò di ritrovare un minimo di lucidità, respirando profondamente. L’aria entrò ed uscì dai polmoni.

Si concentrò su quel processo, finché non si riprese.

Abbandonò la sua posizione e si avvicinò nuovamente alle inferriate.

Prese il piccolo campanello che portava al collo e iniziò a farlo oscillare, attirando l’attenzione delle guardie.

“Silenzio! Se non smetti di scuoterlo, te lo frantumo in mille pezzi” la aggredì uno dei tre.

Sapeva che se ne sarebbe pentita, ma disubbidì agli ordini.

La guardia che le aveva parlato, si spazientì, avvicinandosi alla sua cella. D’istinto, Eileen si allontanò dalle inferriate, come se scottassero.

Una volta ottenuta la sua attenzione, indicò l’amica e, attraverso i gesti, gli comunicò la gravità della sua situazione.

“Mi dispiace, ma non riesco a capirti” disse l’uomo deridendola: “Quella piccola stronza, ha fatto più danni di quanto ci aspettassimo. L’abbiamo dovuta incatenare, se lo merita.”

Eileen scosse la testa e non si arrese. La guardia la ignorò, ritornando sui suoi passi. Frustrata, si mosse in avanti, per richiamarlo indietro, muovendo di nuovo il campanello.

Prima che potesse accorgersene, l’uomo si girò di scatto e glielo strappò dalle mani.

Lo lasciò cadere per terra e lo schiacciò con lo stivale, senza pensarci due volte.

Noooooo!

Avrebbe voluto gridare a squarciagola e riempirlo di insulti, ma non uscì alcun suono dalla sua bocca.

Presa dalla disperazione, iniziò a scuotere inferriate con tutte le sue forze, come un animale impazzito.

“Smettila, o farai la fine del tuo campanello” la minacciò lui, allontanandosi definitivamente.

Eileen cadde in ginocchio. Le lacrime le rigavano il viso. Silenziose, come lei, si ricongiungevano sotto il suo mento.

Priva di forze, si rifugiò al fianco di Mala, abbracciandola. Sperava di infonderle un po’ di calore, in attesa di affrontare il gelo della notte.



Buon pomeriggio a tutti! Ecco a voi un altro capitolo, spero vi piaccia. 

Buona domenica!

Helen


 
  
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