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Autore: NyxTNeko    07/02/2021    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 105 - Non è abbastanza conquistare; uno deve imparare a sedurre -


Parigi, 13 luglio

I primi mesi del 1794, che corrispondeva all'anno II del calendario repubblicano, erano trascorsi rapidamente, a molti sembrò che fossero volati senza che se ne fossero effettivamente accorti. Eppure non si poteva certo dire che la situazione fosse rosea in ogni angolo della Francia, al contario, i tumulti che erano all'ordine del giorno, parevano addirittura sovrapporsi, mescolarsi, ingrandirsi. Il Regime del Terrore e i Giacobini divenivano ogni giorno sempre più impopolari.

Robespierre maggiore mandava continuamente uomini alla ghigliottina, ossessionato oramai dalla convinzione di avere attorno a sé solamente nemici della Rivoluzione: simile atteggiamento non fece altro che ledere la sua figura, soprattutto dopo aver fatto uccidere uno dopo l'altro i suoi più cari amici, tra questi anche Camille Desmoulins. Mentre il popolo versava in condizioni pietose, pareva essere tornati agli anni duri precedenti al 1789 e cominciava a dubitare dei risultati che aveva ottenuto fino ad ora: i prezzi erano alti e la cartamoneta era praticamente inutile, al pane si preferivano le patate, sperando che almeno questo alimento non divenisse troppo costoso e irreperibile.

Ma anche all'interno della Convenzione stessa il malcontento serpeggiava, assieme alla paura, al timore di perdere la propria incolumità, a seguito dell'esecuzione di Danton, una figura popolare, amatissima, che era stata, secondo il parere di alcuni influenti esponenti, inopportuna e ingiustificabile. Tra questi vi era Barras, che stava iniziando a pensare a come vendere cara la pelle pure stavolta, cercando, tuttavia, di far tornare alla ragione l'avvocato di Arras e tentare di convincerlo a chiudere la parentesi del Terrore con le sue misure eccezionali. La Francia si stava dimostrando sul campo di battaglia abile nel contrastare il nemico.

Sapeva, però, quanto fosse difficile, in quanto conosceva l'incorruttibilità di Robespierre, il suo carattere instransigente, poco incline alla socialità e incredibilmente diffidente e distaccato. Doveva farlo, altrimenti sarebbe stato travolto, assieme a lui, dalla furia che si sarebbe scatenata sul capo giacobino e avrebbe annientato chiunque fosse nei paraggi. Era certo che oramai nessuno lo sopportasse più, per questo bisognava tornare alla calma, ad un clima più leggero. Con i suoi colleghi, Barras approfittò della breve pausa che Maximilien si era preso, quest'ultimo aveva, infatti, intuito il clima ostile creatosi attorno alla sua figura ed era determinato a difendere e a portare avanti la sua idea di rivoluzione, per cercare una soluzione vantaggiosa. I girondini, erano pronti ad unirsi a loro per distruggere il nemico comune.

Marsiglia

Nel frattempo il generale Buonaparte, pur tenendosi aggiornato circa la situazione politica, si era concentrato sulla breve campagna ingaggiata dal comandante Dumerbion lungo il confine franco-italiano, il quale, in realtà dettava gli ordini dal suo letto, impossibilitato a muoversi a causa della gotta che gli rendeva difficoltoso compiere qualsiasi gesto, contro i gli austro-sardi e i piemontesi tra le Alpi Liguri. Per Napoleone fu l'ottimo pretesto che gli aveva permesso di studiare approfonditamente l'ambiente; essendo il comandante dell'artiglieria non vi erano particolari problemi nell'inoltrarsi in luoghi che difficilmente sarebbero stati presi in considerazione da altri. "L'Italia è l'unica strada" ripeteva a sé stesso, augurandosi di poterla intraprendere un giorno e raggiungere così la somma gloria.

Il suo valore non era stato meno elevato rispetto a quanto messo in evidenza a Tolone, svolse un ruolo valido, seppur lievemente offuscato dalla prodezza del generale Masséna che non esitava neppure un istante nel mostrare la sua potenza e la sua abilità. Oltre alla sua incredibile ferocia contro i nemici e la propensione alla razzia, che permetteva senza riguardi ai suoi uomini. Era un ufficiale intelligente, carismatico, ma rozzo, affamato di ricchezza, poco prospenso alla diplomazia e al dialogo. "Un ufficiale che domerò facilmente" aveva emesso sornione Napoleone tenendolo costantemente d'occhio: prima o poi la situazione si sarebbe ribaltata.

Per questo motivo la mancanza d'attenzione non aveva costituito un problema per il corso, al contrario, gli aveva offerto l'opportunità di analizzare a fondo le doti del suo collega, intuire quali potessero essere le sue ambizioni e aspirazioni, in modo da poterlo avvicinare alla sua ala. Similmente a come aveva fatto con i suoi aiutanti di campo, che gli obbedivano senza nessun tentennamento o esitazione, erano efficienti e preparati. La sua mente macchinosa si era già messa in moto, non poteva farsi sfuggire un ufficiale di quel livello.

Il collega nizzardo non poté che rimanere soddisfatto del supporto deciso, mirato, metodico, spietato che quel piccolo e giovanissimo artigliere gli aveva dato durante le battaglie che si erano susseguite lungo i valichi e le montagne. Calcolava e prevedeva sempre dove e quando agire simultaneamente e senza il suo contributo le vittorie conseguite sarebbero state senz'altro difficoltose. Era un tipo di poche parole, diretto, ligio e poco portato al divertimento, alle perdite di tempo, nonostante si lasciasse andare alle battute ogni tanto "Per lui non esiste nient'altro che il dovere ed è disposto a tutto per arrivare allo scopo prefissato" fu il suo giudizio.
All'artigliere bastava semplicemente alzare il braccio per essere obbedito dai suoi uomini, affascinati, trascinati dai suoi modi, dal suo traboccante carisma "Un'autorità incredibile per un ufficiale di appena ventiquattro anni".

La campagna si era conclusa in cinque settimane, come Dumerbion aveva voluto: attraverso il metodo e la prudenza, seppur gli ordini dei commissari, supportati dall'onnipresente Buonaparte, volessero puntare sull'offensiva pronta, energica, d'impatto - Che non avrebbe dovuto lasciare al nemico nemmeno il tempo di riprendere fiato dall'attacco a sorpresa - aveva aggiunto con arroganza e sicurezza il corso. Napoleone aveva già concepito la base della sua fortuna militare: la tattica lampo. Purtroppo il comandante non aveva la sua stessa veduta e i suoi obiettivi; perciò Buonaparte dovette adeguarsi controvoglia e con grande sforzo, ripetendo a sé stesso che i tempi non erano maturi.

L'estate arrivò prepotente, portando con sé il suo afoso caldo africano, che a Napoleone era mancato, abituato al clima corso, analogo a quello della Côte d'Azur. La campagna non poteva che fermarsi nel momento migliore, Napoleone, infatti, era deciso a trascorrere parte delle sue vacanze con la famiglia, senza smettere di girovagare instancabile, alla perenne ricerca di qualcuno che potesse sostenere il suo piano - È un ottimo modo per tenersi in allenamento - riferiva ai suoi aiutanti ogni volta che li sentiva mormorare, lamentarsi per il caldo o per le salite ripide - Siamo uomini d'armi, non certo dei politici, loro sono pagati per starsene seduti e in panciolle tutto il giorno!

Quelle parole rinfrancavano Marmont, Junot e Muiron, i quali approvavano il paragone, effettivamente non c'era niente di peggio al mondo dei politici, perennemente indecisi e chiacchieroni, uomini che, persi nelle loro ideologie astratte, non erano capaci di compiere azioni concrete e risolutive. A differenza dei militari, che sapevano come comportarsi, se guidati da uomini capaci - Avete ragione come al vostro solito, generale - avevano risposto in coro.

Dopo aver chiesto ed ottenuto l'opportuno permesso, voleva evitare di suscitare sospetti infondati, il giovane generale si era prefissato di andare a controllare la situazione del fratello Giuseppe, che gli aveva raccontato del modo in cui fosse venuto a conoscenza della sua fidanzata Julie e di come la sorella minore fosse desiderosa di incontrare il fratello ufficiale del quale le aveva tanto parlato - Non posso che accontentare la richiesta di una giovane donzella curiosa - aveva spiegato poi ai suoi compagni di viaggio, con tono paternalistico e il mento sollevato.

Questi erano sorpresi e contenti di scoprire che il loro comandante avesse voluto unirsi a qualche ragazza. Non potevano di certo essere al corrente degli innumerevoli tentativi di Napoleone di creare una propria famiglia, era stato quasi sempre rifiutato dalle ragazze di cui si era invanghito spesso, perché agli occhi delle loro famiglie era poco promettente o addirittura per nulla appariscente. Forse questa sarebbe stata la sua rivincita, in fondo il destino gli stava dando molte chance ultimamente. Quando giunse dal fratello venne accolto a braccia aperte, come d'abitudine, e si erano messi a parlare delle loro vite, l'argomento donne giunse subitamente - Sono entrambe delle bellissime ragazze, Nabulio - gli aveva descritto Giuseppe, era sinceramente innamorato di Julie.

Il fratello lo conosceva bene, non era particolarmente abile nel celare i segreti e i sentimenti - Da come ne parli ne sono più che convinto fratello - aveva confermato Napoleone sorridendo - Inoltre hai affermato che dispongono di una buona dote, per cui oltre alla bellezza possiedono ben altro - il secondogenito non era mai stato attaccato ai soldi, tuttavia non sopportava le ristrettezze economiche a cui la famiglia era costretta, lui poteva rinunciare ai lussi, ma non voleva più sentire lamentele da parte loro. Per cui se la famiglia Clary era davvero così ricca da sistemarli definitivamente, come Giuseppe gli aveva riferito, stressato dalle sue incessanti domande, allora non potevano farsela scappare. Doveva controllare, accertarsi di persona, che corrispondesse alla realtà.

- Parli proprio come un capofamiglia - ridacchiò il maggiore, il fratello si era proprio calato nella parte e ci riusciva davvero bene, era nato per il comando, per essere a capo dei Buonaparte - Nabulio, se ci sentisse nostra madre penso che approverebbe l'idea anche più di me, a proposito come sta ad Antibes? - gli aveva domandato infine.

- Sta bene, si lamenta come al solito sul caldo, sul cibo, sulla gente, sulla Francia, sul prezzo di qualsiasi oggetto o alimento - iniziò Napoleone elencando, attraverso le dita e tono cantilenante, i continui borbottii della signora Letizia che, in fondo, facevano divertire i figli - Ripete che i corsi sono meglio dei francesi e che non si sottometterà mai ai loro costumi

- Insomma la normalità - scoppiò a ridere Giuseppe, constatando quanto madre e figlio fossero somiglianti. Si era alzato e aveva proposto al minore di avviarsi presso l'abitazione della due ragazze e dalla famiglia. Il figlio maschio dei Clary, Etienne che aveva preso il posto del padre François dopo la sua dipartita, in effetti, non accettava il fatto che le sorelle frequentassero questi forestieri o profughi corsi, come li denominava, di cui aveva sentito dire ogni sorta - Magari se gli parlerai...ad esempio di guerra non sospetterà di noi... - gli fece presente un po' agitato, mordendosi le unghie.

- Non allarmarti - disse Napoleone tranquillamente - So cosa ci vuole per gente simile - poggiò una mano sulla spalla del fratello - Vedrai che ci adorerà - ammiccò convinto.

- Mi fido del tuo giudizio - disse tirato Giuseppe, si massaggiava il collo, sorrise non appena scorse la bellissima dimora in cui abitavano. Napoleone comprese che Giuseppe ci aveva visto giusto: erano ricchi e rinomati in città, era realmente bramoso di incontrarli ora, si accorse solo in quel momento di avere un aspetto miserando rispetto al fratello che si era agghindato elegantemente per l'occasione. Avrebbe puntato sul fattore sicurezza di cui abbondava.

Non appena bussarono ed entrarono, i Clary li accolsero con grande riguardo, soprattutto Napoleone del quale avevano sentito parlare esclusivamente da Giuseppe - Così siete voi il famoso generale Buonaparte - stringendo le mani ad entrambi che gli avevano rivolto un doveroso inchino di cortesia - Accomodatevi vi prego - Etienne indicò all'ufficiale un'ampia poltrona, vicina a quella del capofamiglia, mentre Giuseppe era seduto accanto a Julie ed Eugénie Desirée che allungavano il collo nella direzione del giovane ufficiale. Lo avevano immaginato più robusto e alto del fratello, invece era di fattura decisamente delicata e ben modellata, nonostante l'uniforme un po' rovinata. I due si somigliavano parecchio, ed erano dei giovani uomini affascinanti ed avvenenti, dai lineamenti singolari e seducenti.

Servirono ai due ospiti dei dolci appena sfornati ed Etienne ne aproffittò per fargli alcune domande sulla situazione al fronte in cui operava e Napoleone, quando udirono il suo nome rimasero colpiti dalla sua stranezza, rispose con prontezza e sicurezza, come se sapesse ogni cosa - Per me la Repubblica sta semplicemente sprecando le sue risorse in una guerra di confine, quando potrebbe tranquillamente adoperarle per penetrare in Italia in maniera offensiva - rivelò alla fine. Come previsto, Etienne cambiò opinione su di loro. Giuseppe poté tirare un respiro di sollievo, ancora una volta era in debito con Napoleone.

Approfittando della splendida giornata Etienne propose al generale e al fratello di proseguire la conversazione in giardino, i due accettarono - A patto che vengano anche loro, non sarebbe gentile lasciare queste poverette in casa, senza godersi questo stupendo dì - Etienne accettò la sua 'condizione' - Così non sentirete la nostra mancanza - sussurrò a Desirée, dopo averle allungato il braccio. La ragazzina arrossì inconsapevolmente, non si aspettava che un estraneo cogliesse così bene questo suo desiderio di libertà.

Trascorsero il resto della giornata a passeggiare in giardino, inebriati dal profumo dei fiori che penetrava nelle narici, tra il cinguettio degli uccelli e le fronde leggermente mosse dal tiepido venticello che rendeva l'aria meno soffocante, in serenità. Il discorso sulla guerra venne presto accantonato, anche perché persino Napoleone non aveva voglia di parlarne troppo, doveva restare prudente, accorto. Nel mentre camminava teneva d'occhio il fratello, avendo subito colto l'intesa e il sentimento sincero sbocciato tra lui e la ventitreenne Julie, intravedendolo nei loro sguardi trasognanti e nelle dolci risate. Sul suo volto si formò un sorrisetto compiaciuto "Giuseppe è sistemato ormai, ora manca solo il matrimonio ed è fatta".

Tuttavia si accorse che Desirée lo stava fissando insistentemente, probabilmente attratta dal suo aspetto mediterraneo. I loro sguardi s'incrociarono, la sedicenne si perse in quelle grigi iridi, penetranti e tempestose, Napoleone, chinandosi leggermente scorgeva le sfumature delle sue iridi scure che cambiavano leggermente tonalità in base alla luce e che rendevano quegli occhi da cerbiatta, interessanti. Alcuni ciuffi di capelli le scesero sulla fronte, mettendo il risalto il viso ovale della ragazza, le accarezzò dolcemente la guancia arrossita, dopo averle spostato un riccio ribelle.

Eugénie Desirée si scopriva innamorata di lui, quel lungo naso quasi scolpito e quelle labbra disegnate la lasciarono senza fiato. Ritenne che fosse un dipinto dotato di vita propria. Eppure non ebbe il coraggio di baciarlo, una paura sconosciuta la frenò, non voleva compiere un passo più lungo della gamba. D'altronde era il primo uomo che stava frequentando in tutta la sua vita.

Buonaparte non le diede fretta, per il momento gli fu sufficiente - Credo sia il momento di tornare a casa, piccola

- Di già? - gli chiese di getto, senza riuscire a frenare la lingua. Napoleone annuì tacitamente - Ci rivedremo? - domandò apprensiva.

- Se il destino lo vorrà, sì - le aveva dato delle speranze perché pure lui si rese conto di provare qualcosa per lei, non sapeva se amore, infatuazione o semplice affetto.

Nizza

Recuperati i compagni di viaggio, che volevano essere informati sul suo incontro con la madamoiselle Clary, Napoleone si era rimesso in cammino, raccontando com'era andata, ed era tornato al quartier generale.

Una sentinella gli venne incontro e gli riferì che c'era una missione importante che i commissari Saliceti e Robespierre minore volevano assegnargli. Gli porse gentilmente una lettera - Per voi generale - lui la prese, la aprì e la lesse: gli ordinarono di recarsi a Genova, presso l'incaricato d'affari francese Jean Tilly affinché questi riuscisse a persuadere il doge della Repubblica dalla guerra che si era scatenata lungo le città vicine.

Secondo il loro parere Buonaparte era l'uomo perfetto in quanto era stato colui che aveva stabilito una comunicazione tra la città ligure e Marsiglia durante la campagna, conosceva a fondo la lingua, la parlata corsa era simile al genovese per cui si sarebbero compresi senza alcun problema, inoltre era l'unico che pareva loro integro moralmente. Non avrebbe mai tradito la Rivoluzione e i suoi ideali, era, in fin dei conti, una missione segreta, il generale corso avrebbe dovuto riferire le loro fortificazioni per usarle al meglio e vincere la guerra.

Gli diedero le istruzioni quello stesso giorno. Napoleone non prese tempo e ripartì alla volta di Genova assieme ai suoi uomini - Mi raccomando, non compite follie, è una missione importante, dobbiamo essere concilianti e affabili, lasciate che sia a condurre le operazioni - li avvertì.









 

 

   
 
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