Anime & Manga > Tokyo Ghoul
Segui la storia  |      
Autore: the angel among demons    08/02/2021    0 recensioni
A Tokyo i ghoul stanno sovrastando gli umani...ma se ci fosse una persona che può essere il rimedio? Che può essere la cura di questi mostri? E cosa succederebbe se incontrasse un dei ghoul più pericolosi del momento?
Dal primo capitolo:
"Ripresi a fissarlo mentre le domande riaffiorarono ancora.
Era incredibile come quel ragazzo mi faceva inquietudine ma nello stesso tempo non riuscivo a smettere di guardarlo. Era un tipo troppo interessante e misterioso..."
(ambientata dopo la fine della prima stagione - non seguirò i fatti successivi dell'anime)
Genere: Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaneki Ken, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Amy riposati! Quello era l'ultimo scatolone!" mi esclamò mia madre.

Ero così impegnata a portare su gli scatoloni del trasloco che non mi ero accorta di averli portati su tutti.

Mi passai la mano sulla fronte asciugandomi il sudore e feci un sospiro di sollievo. Mi sentivo proprio fiera di me.

"Tranquilla mamma, non mi sono sforzata troppo.." dissi dirigendomi al rubinetto della cucina a prendere un po d'acqua. Avevo bisogno di liquidi perché in realtà gli sforzi gli avevo fatti, ma cercavo di non farlo notare il più possibile per aiutare di più visto che mia madre sarebbe andata a un colloquio di lavoro da lì a poco e non volevo si stremasse subito. In fondo Tokyo era grande e caotica, tanto che facevi ginnastica solo per arrivare da un posto all'altro.

Guardai l'ora dal telefono. "Mamma devi muoverti ad andare o farai tardi..ed è meglio non sprecare questa occasione di lavoro, o ci tocca ritornare in America senza neanche più un soldo"

La sua faccia divenne preoccupata. "Ammetto di avere paura.."

"Avanti mamma, ti accetteranno" l'abbracciai.

In quel momento mi ricordai quando andavo a scuola in America e dovevo fare una verifica, mia madre mi sosteneva sempre, come stavo facendo io a lei in quel momento. Era quasi divertente quello scambio di ruoli.

"Grazie Amy, ora scappo" mi diede un bacio sulla fronte e uscì dalla porta in un attimo.


Per un momento rimasi lì a fissare la casa vuota, con solo i rumori dei tacchi di mia madre che si allontanavano per le scale dell'edificio e le gocce d'acqua che scendevano dal rubinetto chiuso.

Poi, il mio sguardo passò a uno degli scatoloni, per l'esattezza era quelle delle foto. Mi avvicinai e con un po di forza lo aprì. Ci fiondai la mano e tirai fuori la prima fotografia che mi capitò. C'eravamo raffigurate io e mia mamma nella vecchia casa.

Sorrisi istintivamente, e una lacrima di nostalgia solcó la mia guancia.

Se devo dire la verità...non so bene perché ci eravamo trasferite. Ogni volta che provavo a chiederlo a mia madre lei farfugliava qualcosa tipo il lavoro o che voleva cambiare stile di vita: dal tranquillo paesino a una moderna città. Ma in realtà una parte di me sospettava che fosse per mio padre.

I miei genitori si erano conosciuti lì a Tokyo. Mia madre si era recata in Giappone dall'America temporaneamente per degli studi e mio padre, uno scienziato giapponese, lavorava a un esperimento. In seguito nacqui io, una bambina per metà occidentale e metà orientale. Di altro poi non so più niente. O meglio nessuno mi ha più voluto dire altro...ah dimenticavo, mio padre è morto in misteriose circostanze prima che potessi avere ricordo di lui. Da lì mia madre tornò in America con me, evidentemente voleva dimenticare quel brutto avvenimento.

Una storia misteriosa la mia, eh? Già, e io ho dovuto viverla per 19 anni.


Un tuono mi colse di sorpresa facendomi cadere la foto per terra.

"Oh no..fa che non si sia rotta" la raccolsi da terra, per fortuna era intatta. L'appoggiai sopra lo scatolone e mi affacciai dalla porta-finestra.

Come immaginavo, stava per piovere. Bene, mi piacevano i temporali. Certo...magari non proprio quando ero da sola a casa in una città che non conoscevo. Corsi ad accendere la luce, così andava già meglio.

Mi sedetti sul divano ( l'unica cosa a parte i letti che era già montata ) e presi la mia borsa che era lì appoggiata.

Non cercavo nulla di preciso, più che altro mi annoiavo e volevo trovare qualcosa per passare il tempo.

Tirai fuori il libro che avevo iniziato a leggere in aereo durante il viaggio. Decisi di continuare a leggerlo.

Prima di aprirlo guardai di nuovo fuori dalla finestra : le nuvole avevano scurito completamente il cielo rendendo l'atmosfera cupa, cominciò a piovere, ma non forte anche se da lì a poco avrebbe iniziato di sicuro a peggiorare. Pensai a mia madre che non aveva neanche l'ombrello con se...sperai che le andasse tutto bene.


Avevo letto solo due pagine quando sentii un forte BOOM. Sussultai. I tuoni? No, non erano quelli, era un rumore diverso. Rimasi lì impalata, proveniva dal tetto. Che diavolo poteva essere?.

Aspettai un po. Non ci fu più niente. Solo il suono della pioggia che batteva sui vetri.

Feci spallucce e continuai a leggere.

Lessi altre due pagine e la pioggia si fece più violenta, ma cercai di ignorarla continuando a leggere.

Successivamente ci fu un altro tuono, più forte, che fece saltare la corrente, spegnendo quindi anche la luce. Ero rimasta al buio.

"Okay calma Amy...è solo un temporale, a te piacciono i temporali..anche se ora se rimasta al buio e la pioggia sembra che rompa i vetri della porta del balcone..ma va tutto bene.." cercai di consolarmi da sola, e funzionò, almeno fino a quando ci fu di nuovo quel forte rumore sconosciuto di poco prima proveniente dal tetto, anche questo più forte di prima. Lanciai il libro, che cadde per terra.

"Ma che cos'è??" dissi rannicchiandomi nel divano, facendomi sempre più piccola.

Un altro tuono.

Poi di nuovo solo il rumore della pioggia.

Io,in tutto quel tempo, fissavo con gli occhi paralizzati dalla porta-finestra.



Un altro boom e qualcosa cadde sul balcone.

Fu improvviso.

Urlai e mi coprii gli occhi.

Cercai di riprendermi dallo spavento di quella cosa improvvisa.

Mi scoprii gli occhi e rimasi di stucco.

Non era caduto qualcosa.

Ma qualcuno.

Istintivamente mi alzai e corsi fino alla porta- finestra. Poi però mi bloccai.

Una parte di me voleva aiutarlo. L'altra aveva paura...infondo aveva uno stile un po strano : i capelli bianchi, vestito tutto in nero e a guardare meglio...aveva anche le unghie nere. Pensai subito che fosse un ragazzo dark, non c'era niente di male, ma che ci faceva sopra il tetto?

Mi tornarono in mente le classiche avvertenze dei genitori, compresa mia mamma, riguardo a non far entrare nessuno sconosciuto in casa,perché potrebbe essere pericoloso. E se anche quel ragazzo fosse stato pericolo?

Rimasi ancora ferma lì a studiarlo e domandarmi cosa fare, fino a quando tutto intorno a lui si cosparse di sangue. Il suo sangue.

"O mio dio.."

Non c'era più niente a cui pensare se non aiutarlo.

Aprii la porta-finestra e fui inondata dalla pioggia, che ovviamente entrò pure in casa. I miei lunghi capelli castani svolazzavano di qua e di là diminuendo il mio campo visivo, in più il balcone era scivoloso quindi dovetti cercare di non cadere mentre prendevo il corpo da terra, mettendo un suo braccio intorno al mio collo. Lo tirai su. Nonostante quel corpo fosse magro pesava un po, ma non ci misi molto a portarlo dentro e chiudere la porta-finestra.

Lo trascinai fino al divano e lo feci sdraiare in pancia in su.

Sussultai quando notai che aveva una maschera, una maschera abbastanza inquietante raffigurate una bocca con i denti, trapassata da una cerniera, e che gli copriva l'occhio destro. Nel balcone era girato a pancia e faccia in giù, quindi non l'avevo vista prima.

Mi feci un sacco di domande. Cosa ci faceva un ragazzo con questo temporale su un tetto? E i rumori forti che sentivo erano provocati da lui? Perché era vestito così? Che razza di decolorazione si era fatto per fare i capelli così bianchi? E soprattutto...perché indossare una maschera così spaventosa?

A un certo punto sentii il piede bagnato da un liquido più caldo della pioggia fredda. Guardai per terra, era sangue.

Giusto, dovevo muovermi a chiamare l'ambulanza.

Feci la chiamata, ma ovviamente per causa di quel temporale il cellulare non prendeva.

Bene, ero nella merda.

Mi guardai intorno pensando a cosa fare. Poi mi venne in mente che c'era un kit medico in uno degli scatoloni.

Iniziai a cercare e finalmente trovai lo scatolone giusto. Presi il kit e mi avvicinai al ragazzo, che stava continuando a sanguinare copiosamente dal fianco destro e dal braccio sinistro.

Aprii il kit, perfetto e ora? Non avevo idea di che cosa fare.

"Avanti Amy..non deve essere tanto difficile"

Presi l'acqua ossigenata e con del cotone iniziai a disinfettare prima la ferita al braccio, che sembrava meno grave.

Ci misi due minuti a togliere tutto il sangue,i nfine con qualche benda glielo fasciai, e stranamente non usciva più sangue.

Okay..ora toccava al fianco.

Prima di tutto dovevo sollevargli la maglietta perché potessi vedere bene la ferita.

L' alzai tutto di un colpo, non c'era tempo da perdere.

Feci lo stesso procedimento, ma la ferita era molto più profonda e capii che era inutile continuare con l'acqua ossigenata, perciò presi una benda e gliela legai forte per non far uscire più il sangue. Funzionò, quindi cominciai a togliere il sangue, e dopo averla disinfettata coprii completamente la ferita con le bende. Infine gli riabbassai la maglia.

Già che c'ero, con una pezza lavai la scia di sangue da terra, così se mia madre tornava non si spaventava ancora di più...

Quando finii presi uno scatolone posizionandolo di fronte al divano sedendomi sopra.

Sospirai, mi ero spaventata tanto.

Ripresi a fissarlo mentre le domande riaffiorarono ancora.
Era incredibile come quel ragazzo mi faceva inquietudine ma nello stesso tempo non riuscivo a smettere di guardarlo. Era un tipo troppo interessante e misterioso...


Persa nei miei pensieri mi venne in mente una cosa, una cosa importante che avrei dovuto fare da subito.

E cioè sentire se gli batteva il cuore, perché ora che ci pensavo....non aveva ancora dato segno di vita, anzi..

Per un momento avevo pensavo... 'e se fosse morto? Io avrei non solo curato un morto ma avrei anche un trauma per tutta la vita'.

Gli afferrai il polso e con grande sollievo sentii i battiti, lenti, ma pur sempre battiti.

Sorrisi, avevo appena salvato una vita, mi sentivo potente, mi facevo schifo al solo pensare che volevo lasciarlo lì morente...ma ora non importava, lui era vivo.


Per un pó rimasi a guardare la sua pancia che si alzava e abbassava per i respiri, che si facevano pian piano sempre più regolari.

Questo mi face tranquillizzare di piú. Voleva dire che le mie fasciature sono servite a qualcosa.
Sospirai, di nuovo.

Quelle situazioni, oltre ad essere assurde, erano pure quasi impossibili che potessero accadere. E a me era appena successo. Mentre ero lí, sola con questo sconosciuto e il solo rumore della pioggia che mi faceva compagnia, quasi credevo di sognare.

Magari il volo non lo avevamo mai fatto, magari ero ancora nella mia tranquilla casetta in America, magari avrei potuto raccontare di questo sogno assurdo alla mia migliore amica Carly. Sorrisi pensando a lei.

Mi feci un pizzicotto sulla gamba.

Il sorriso si spense.

Ero più che sveglia.

Mentre mi massaggiavo il punto in cui mi ero pizzicata, pensavo a lei.
Quando da piccole mi diede metà del suo gelato perché il mio era caduto per terra, ai pomeriggi passati a studiare insieme, le nostre giornate film, i primi litigi, le risate che non finivano più, le mille volte che ci consolavamo l'un l'altra per i stupidi ragazzi con cui uscivamo... quando ci salutammo prima della partenza.
I suoi grandi occhi blu pieni di lacrime, e i boccoli biondi con cui cercava di coprirsi il viso, perché lei era così, si vergognava a farsi vedere cosí, ma io ero l'unica con cui riusciva a piangere.
Le presi i capelli e glieli misi dietro le orecchie, per vederla meglio, poi l'abbracciai con una stretta fortissima, lei mi sussurró all'orecchio una frase, l'ultima che ci fu stata tra noi.

"Non é un addio"

Quanto volevo fosse davvero così, certo esiste internet, ma con il fuso orario, l'impegno della scuola e la distanza non da poco facevo fatica a crederci.
Eppure mi aggrappavo a quelle parole.
Carly, anche se non c'era, rappresentava una sicurezza per me, in mezzo a quel mare di ignoto che per me ora era il Giappone.

Un altro tuono mi fece sobbalzare, riportandomi con la mente dov' ero in quel momento.

Ci fu poi un lampo, dove per qualche secondo fece luce sul ragazzo, facendomelo vedere meglio, realizzando ancora di più quanto fosse inquietante, soprattutto con quella maschera. Mi domandai se non gli dava fastidio. Cosí decisi di toglierla.

Mi avvicinai piano, mentre con gli occhi cercavo un bottone o un qualcosa per levargliela. Avevo fatto velocemente quando lo disinfettavo e bendavo perché non volevo che uscisse troppo sangue e quindi fosse stato troppo tardi, ma ora quasi non mi osavo a toccarlo.

Il tuono susseguito dal lampo di prima mi bloccó.

'Questo era davvero forte' pensai.

Continuai ad avvicinarmi.

Le mie dita si stavano avvicinando sempre di più.

Ancora un po...

Pochino...

Sfiorai appena il tessuto della maschera.

Improvvisamente aprí l'occhio di scatto.

Sussultai.

Il suo occhio era...rosso, e la parte bianca era...nera.

Mi bloccai dallo spavento.

Non ebbi neanche il tempo di pensare a qualcosa, o fare qualsiasi cosa, che si alzó con un salto, rimanendo seduto sulle ginocchia.

Lo sguardo era aggrucciato e i capelli bianchi gli scesero piano sul viso.

Per pochi secondi rimanemmo a guardarci dritto negli occhi.

Sembrava che il tempo si fosse fermato da quanto ci guardavamo intensamente.

Nessun pensiero mi passava per la testa.

Poi, mosse la testa di scatto verso la porta finestra, e senza rivolgermi un ultima occhiata, se ne andó.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Ghoul / Vai alla pagina dell'autore: the angel among demons