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Autore: SheHadTroubleWithHerself    09/02/2021    1 recensioni
Elisabetta è in perenne lotta con se stessa.
Mentre si lamenta della sua vita monotona, trema al solo pensiero di un cambiamento che possa stravolgerla.
Nella sua testa non può fidarsi di nessuno, e questo l'ha portata a chiudere diverse amicizie, ma ciò che brama di più è poter cadere sapendo che qualcuno l'afferri in tempo.
“Che cosa pensi potrebbe aiutarti a farti sentire meglio?”
“Una persona che riesca a farmi pensare che valga la pena svegliarsi ogni mattina e vivere un'altra giornata.”
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE

 

I suoi passi sono un lieve rumore che rompe il silenzio e raccolgono tutta l'attenzione del ragazzo che adesso non può fare a meno di guardarla.

“Ciao...” sussurra senza entusiasmo. “Scusa per l'improvvisata.”

“Tranquillo, non hai interrotto niente.” il solito sorriso amaro contorna la bocca di Elisabetta che ha le mani infossate nelle tasche del giubbotto.

“Fa un freddo cane, entriamo in macchina?”

Dopo qualche minuto la macchina è totalmente riscaldata e le loro spalle si rilassano al tepore. Non sono riusciti a parlare per tutto quel tempo, solo qualche occhiata lampo per essere sicuro che l'altro ci fosse ancora.

“Di cosa volevi parlare?” chiede quindi Elisabetta, è strano per lei prendere il comando ma non capisce il suo stato d'animo.

“Sono preoccupato.” risponde dopo qualche secondo. “E non ho alcun diritto di intromettermi o forzarti in qualche modo, ma ho bisogno di sapere come stai. Sempre. E non so nemmeno come esprimere tutte le domande che ho su di te.”

“Quali domande?”

“Perché sei sola? Perché fai un lavoro che non ti piace? Ma una in particolare mi sta tormentando da giorni.”

“Falla.” lo sfida, sapendo perfettamente cosa l'aspetta adesso. Ma se Claudio vuole togliersi quel dubbio è giusto che lo faccia.

“Perché vuoi morire?” lo dice con lo sguardo basso mentre si tortura le mani. Pronuncia quella frase con dolore, come se non volesse davvero credere a ciò a cui sta pensando. Come se fosse una cosa fuori dal mondo desiderare una cosa del genere. Lo è, in effetti.

Un profondo respiro fuoriesce dalle labbra di Elisabetta che non sa davvero come riordinare il mucchio di pensieri nella sua testa. Non ha mai avuto una vera e propria risposta, è sempre stato talmente semplice e vero nella sua testa da non doverlo mai giustificare in alcun modo ad alta voce.
“Non so come spiegarlo, e non riesco a capire perché io voglia trovare il modo per farlo proprio con te.” comincia quindi a parlare. Il suo tono di voce è basso e nella testa di Claudio risulta inquietante tutta quella tranquillità. “Ogni giorno che passa per me è sempre più sfiancante alzarmi dal letto, lavorare, tentare di comportarmi nella maniera più normale possibile. Non mi importa di compiacere nessuno, sono solo stanca di dover sopportare certi commenti. Penso di non dover appartenere a questo mondo, semplicemente non fa per me.”

Il suo sguardo rimane perennemente sulle sue stesse mani mentre cerca di estirpare una pellicina fastidiosa non sentendone nemmeno il dolore. Claudio non parla, non sa nemmeno quale sia l'espressione della sua faccia.
“Vorrei che tutto sparisse, vorrei che io sparissi. Cancellare tutto in un istante, non esistere e non dovermi preoccupare di come affrontare la giornata successiva. E' da codardi e non mi sono mai definita una persona coraggiosa. Quindi forse la risposta alla tua domanda è: non ho più alcuna voglia di lottare.”
Riuscire a finire quel discorso le fa venire voglia di affrontare quello sguardo, curiosa di cosa potrà dire lui adesso. Claudio la sta già guardando, e osservandolo non pensa di averlo mai lasciato così esterrefatto nelle poche occasioni in cui sono stati insieme. Ha una sguardo distante seppur sia concentrato su di lei.

“Non sei costretto a rimanere, né a dire nulla.” puntualizza Elisabetta cercando di trovare il modo per sbloccarlo dal suo stato di trance.
“Ho semplicemente sperato fino all'ultimo che mi rispondessi di non voler morire.” sussurra lui sfiorandole una mano. “Credevo davvero di sbagliarmi con quella supposizione.”

“Mi dispiace, allora. Posso però consigliarti di diventare un investigatore, potresti davvero fare strada.” vorrebbe che lui cogliesse l'ironia, ma Claudio non accenna nemmeno un sorriso.

 

Sono ormai le tre di notte inoltrate quando Elisabetta abbandona la macchina e con la schiena curva dal freddo ritorna a casa non voltandosi ulteriormente. Se prima non aveva sonno adesso i suoi occhi non accennano nemmeno a rilassarsi. Le si chiude la gola, sintomo dell'arrivo di un lungo pianto strozzato per non fare rumore e non svegliare sua madre. In pochi secondi le lacrime bruciano gli zigomi e inumidiscono la sottile federa del cuscino, le mani stringono ossessivamente le lenzuola.

 

La familiare suoneria della sua sveglia la fa sobbalzare sul letto, si stropiccia lentamente la faccia mentre con una mano cerca di spegnere quella tortura. Le gira la testa, sente il naso chiuso a causa del pianto e ha la sensazione di avere il corpo completamente anestetizzato.
Guardandosi allo specchio realizza che nemmeno l'acqua fredda ha sgonfiato la pelle attorno ai suoi occhi che gridano con immensa chiarezza. Non capisce come ancora loro abbiano la forza di gettare ulteriori lacrime quando lei si sente in pace con se stessa e la sua rassegnazione .

Sono le nove e mezza del mattino quando varca la soglia del negozio, saluta con voce debole senza incontrare lo sguardo dei colleghi che semplicemente ricambiano senza prestarle troppa attenzione. Iniziano poi le pulizie di routine che spesso danno luogo a scambi di battute tra di loro, persino Elisabetta a volte riesce ad unirsi. Ma non quella mattina.

“Betta, tutto bene?” sente pronunciare alle sue spalle. E' Federico, ed è l'unico tra tutti che ogni tanto cerca di scalfirla con qualche domanda, ma lei semplicemente non sa fidarsi ormai di nessuno.

“Mhmh.” risponde quindi non distogliendo l'attenzione da ciò che sta facendo. “Hai uno sguardo strano.” insiste ritrovandosi finalmente faccia a faccia “Hai pianto?”

Cosa fare, mentire spudoratamente? Perché in ogni caso non se la sente di sfogarsi in quel momento. Non sa nemmeno cosa dire, non è triste per ciò che ha detto la notte precedente ma in fin dei conti si è pentita di averne parlato con Claudio. Ha visto la tristezza nei suoi occhi e ha sempre odiato portare dolore ad un'altra persona. Lui più di tutti non lo merita.

Forse il problema più grande era proprio quello, lei non sa portare gioia o leggerezza. E il pensiero di poter appesantire una persona come Claudio le fa ancora più pensare che la sua presenza è puramente tossica.

“Non preoccuparti, è solo un'altra giornata storta.” risponde liquidandolo in fretta, senza lasciargli il tempo di replica.

Diversamente dal solito, Elisabetta tiene il telefono in tasca per tutto il tempo, con il rischio che la titolare possa vederla e ripetere per l'ennesima volta il suo disappunto a riguardo. Ma una parte di lei è troppo curiosa di sapere quanto tempo passera prima di poter leggere un suo messaggio, quindi spesso si rifugia nel magazzino, accende lo schermo e viene trafitta dalla profonda delusione di non trovare mai nessun nuovo messaggio.

Viene poi colta di sorpresa quando fa la sua entrata anche Maddalena che subito la guarda con sospetto. “Che stai facendo?” le chiede con un tono tutt'altro che cordiale.
Si guarda intorno velocemente cercando una scusa plausibile per la sua presenza, “Stavo controllando delle taglie.” e una cosa che non ha mai sopportato è il suo calare sempre la testa. Avrebbe più volte voluto scaricare tutta la rabbia, dire a Maddalena quanto risulti infantile ai suoi occhi quando cerca di comandarla a bacchetta. Oppure farle sapere di non essere così ingenua, ma non ci è mai riuscita perché il silenzio risultava sempre più confortevole.

Dalla sua smorfia non sembra dare molto credito alla risposta, ma continua “Si può sapere perché hai sempre quel muso? E' davvero pesante vederti tutti i giorni sempre così seria e silenziosa.” e sbuffa la collega. Uno sguardo confuso prende posto sul viso di Elisabetta.

“Scusami?” è l'unica parola che riesce a pronunciare, improvvisamente non ha ossigeno nei polmoni e quella sensazione di soffocamento si ripresenta.

“Sempre a testa bassa, mai un sorriso e soprattutto quando Fede ti chiede come stai improvvisi questa facciata da vittima incompresa.” continua senza alcun rimorso, i suoi occhi sono ben piantati su di lei con aria di sfida.

“Sono qui per lavorare, mi sembra di starlo facendo. Il resto è irrilevante...” si difende tentando di mantenere un tono di voce deciso e per niente irritato.

Maddalena ruota gli occhi e sfilando la sua sigaretta elettronica dalla tasca esce dal magazzino per poi scomparire dalla porta sul retro, pronta come sempre alle sue solite e numerose pause.

Elisabetta respira profondamente un paio di volte e quando incamera dell'aria sente un bruciore, come se qualcosa volesse stroncarle il respiro. E nonostante le lacrime che vorrebbe versare e le urla che vorrebbe sputare in quel momento, decide di indossare la espressione migliore: indifferenza. Sguardo assente e muscoli rigidi, sempre sull'attenti come se si trovasse sul campo di battaglia. Come se da un momento all'altro potesse essere colpita da un proiettile.



Elisabetta fin da quando era piccola aveva un rapporto meraviglioso con sua madre, forse fin troppo attaccata alla sua figura. Ed è sicuramente quello il motivo se adesso non riesce e non vuole trovare la forza di parlarle più del necessario. Quell'immagine che idolatrava si è scoperta essere tutto ciò che potrebbe detestare. Ha provato a sistemare le cose anni fa, ma sua madre non ha impiegato lo stesso impegno.

“Tutto bene a lavoro?” è la domanda che le pone ogni sera appena varca la soglia di casa. E' un pensiero carino se solo la guardasse in faccia nel momento in cui lo chiede.

“Sì.” è la risposta secca che le riserva ogni volta senza sforzarsi di sembrare convincente. E a sua madre sembra bastare, lo deduce nel vederla completamente assorta nel suo cellulare.

Pensa sempre che la sua capacità di nascondere o mentire senza scrupoli sia un'abilità ereditata da sua madre.Così come è riuscita a nasconderle malamente numerosi compagni, lei è riuscita con maggiore successo a nascondere per anni il suo vizio del fumo, la sperimentazione di baci e tocchi poco casti compiuti con la sua (ormai) ex migliore amica, ma soprattutto il suo perenne stato di instabilità emotiva.

L'unica cosa che al momento non si preoccupa di mostrare è il puro sdegno nei suoi confronti.

Pensare a sua madre, per Elisabetta, è sempre il preludio di episodi che si incrociano nella sua mente e che le fanno ripercorrere tutto il loro percorso incendiandole ancora di più la rabbia. 
Cerca quindi rifugiarsi nella sua camera prima di poter compromettere il suo filtro cervello-bocca, ma è sua madre la prima a parlare.

“Sono arrivate le bollette da pagare.” la sua figura la segue mentre Elisabetta sprofonda sul letto, intenta ad indossare il pigiama. “Ok, domani le pagherò.” sono le uniche parole che le escono dalla bocca mentre gli occhi spiano lo schermo nero del suo cellulare.

“Hai presente la figlia della signora del secondo piano?” chiede sua madre, ma non aspetta nemmeno che lei le faccia alcun cenno,“Si sposa. A quarant'anni.” continua con indignazione.
In quel momento è l'ultima conversazione che vorrebbe affrontare, ma non riesce davvero a limitare il nervosismo che cresce dentro di lei quando risponde: “Quale sarebbe il problema?”

La donna davanti a lei è un insieme di tutte le abitudini retrograde che questo mondo dovrebbe abbandonare. Ha una visione della figura femminile in totale contrasto con quella di Elisabetta, quindi non dovrebbe stupirsi di quella reazione.

“Beh, è un po' tardi.” spiega con ovvietà mentre osserva in maniera distratta tutti i piccoli oggetti della libreria.

“Non vedo come la cosa ti riguardi. Ha tutto il diritto di fare ciò che vuole” le sue mani tremano lievemente nonostante siano impegnate a ripiegare i vestiti e non sa assolutamente con quale forza non la stia cacciando dalla sua camera.

“Volevo semplicemente parlare di qualcosa.” il suo tono di voce sembra quasi offeso.

“Adesso non ne ho voglia, soprattutto se l'argomento è così frivolo.” non sa perché, ma non riesce nemmeno a guardarla il faccia nel momento in cui sua madre lascia la stanza.

 

Si ritrova quindi abbandonata sul materasso nel vano tentativo di riuscire a rilassare almeno la metà dei muscoli contenuti nel suo corpo. Viene poi distratta da una lieve vibrazione che illumina lo schermo del telefono posto sul mobiletto accanto.
Non vuole guardare, sa benissimo che non è lui e anche se lo fosse non ha le forze per poter sostenere la situazione.

Questi sono i momenti in cui il suo desiderio di dissolversi improvvisamente si fa più intenso. Non vuole sconfiggere le sue paure, non vuole essere coraggiosa: l'unica cosa che vuole è far sparire ogni singolo pensiero a costo di non poterne creare più. Il gioco non vale la candela, non per lei. E nonostante nel mondo esistano milioni di ingiustizie, lei non prova alcun rimorso in ciò che pensa.

Nel momento in cui inserisce le cuffie nelle orecchie Chris Martin comincia a cantare, promettendo di aggiustare qualsiasi persona a cui la canzone è dedicata, promettendo che delle luci la riportino a casa.
E se da una parte è romantico pensare che qualcuno possa impiegare del tempo ad aggiustare tutte le crepe, forse è anche da egoisti permettergli di farlo.

Realizza che forse non è in grado di amare, che a malapena riesce a dimostrare del semplice affetto. Non riesce nemmeno a riceverlo.
E non vuole che nessuno perda del tempo per provare a riparare quelle crepe.



Capitolo un po' rattoppato, me ne rendo conto. Pensavo sarebbe stato più semplice scrivere di qualcosa vicino a me, ma si sta rivelando più difficile del previsto.
Mi sarebbe davvero utlie sapere cosa ne pensate fino ad adesso e capire il vostro punto di vista. Fossero anche critiche, sono ben accette
.





 

   
 
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