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Autore: Sof32    09/02/2021    0 recensioni
Non sono brava a scrivere, questo mi è chiaro purtoppo. Però non ho potuto resistere e ho provato comuqnue a rappresentare questa piccola scena su come ho immaginato il risveglio di Kazuma dopo il capitolo 79.
Qualsiasi consiglio e nota sono assolutamente graditi sia sulla storia che sulla scrittura!
grazie mille
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kazuma, Yato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nella stanza, inondata dalla luce bianca e luminosa di un’eterna primavera, si sentì bussare piano alla porta.

*Buongiorno, ti ho portato del tè* La porta si aprì ed un ragazzo dall'aria composta entrò reggendo abilmente un vassoio sul braccio sinistro.

*Buongiorno Kazuma* rispose Veena rivolgendogli un sorriso dolce mentre lui poggiava il vassoio sul tavolo. Lei si stava distrattamente districando i capelli con le mani e sembrava emanare un bagliore proprio che faceva risplendere l’aria che la circondava.

*oggi non hai impegni Veena. La voragine sembra effettivamente essersi chiusa quindi dovrebbe rimanere tutto tranquillo per qualche tempo*  disse e fece per girarsi verso la porta ma un tocco gentile sul braccio lo fermò.

*Stavo pensando... perchè non scendiamo comunque giù? Potremmo andare a fare colazione da qualche parte. Che ne dici? *

 

Lui spostò rapidamente lo sguardo prima alla mano poggiata dolcemente sul suo avambraccio, poi al viso di lei; così luminoso e sereno. Tutto sembrava perfetto e circondato da un bagliore candido , perfino quasi accecante. 

La stanza intorno a lei era come uno sfondo sfocato e poi anche i suoi lineamenti sembravano svanire dentro quella luminosità diafana che aumentava di intensità fino a che anche Il suo sorriso radioso finì per dissolversi in quella luce.



 

Socchiuse gli occhi castani. Vedeva un soffitto logoro, intonaco scrostato e macchie di muffa.   Con una smorfia si portò una mano alla testa dolorante. Un odore di carta umida e birra rappresa lo circondava.
Era sdraiato su un divano sporco e sfondato, in quello che sembrava un ufficio abbandonato da tempo. Si girò alla sua sinistra dove, per terra su dei cartoni, dormiva Yato, rannicchiato su un lato come un bambino.

Si tirò su a sedere facendo cigolare le molle logore e irrigidendosi per il cerchio pulsante alla testa che quel movimento gli aveva causato.
 

Doveva essere appena l'alba perchè dalla finestra, crepata e sporca, trapelava solo una luce leggerissima che si posava sulle pile di giornali vecchi e documenti ingialliti.

si alzò pesantemente per dirigersi verso una paretina divisoria dietro cui sperava di trovare un cucinotto o comunque dell’ acqua per sciacquare via quel senso di nausea e malessere.

Dentro sentiva un vuoto malinconico. Una specie di rassegnazione passiva su cui non voleva soffermarsi. 

 

Dietro alla bassa parete c'era in effetti un angolo cucina con un bollitore. Ma ovviamente dai rubinetti arrugginiti non c’era verso di far uscire una goccia d'acqua.. 

Guardando verso il basso notò che la sua giacca era impolverata e macchiata di birra e anzi, in effetti, tutti i suoi vestiti erano in uno stato pietoso, era decisamente impresentabile.  

Si sfilò la giacca posandola con cura sul muretto e iniziò a sbottonare la camicia con uno sbadiglio svogliato. Fece per piegarsi per sganciare la cintura ma rimase pietrificato in quel gesto incrociando con la coda dell'occhio il suo riflesso in uno specchio. Si rialzò lentamente con gli occhi sbarrati e fissi su quel riflesso. La cintura slacciata a metà, i capelli disfatti. Era congelato davanti quell'immagine. Sollevò lentamente una mano per poggiarla sul segno che si affacciava vistosamente dal collo della maglia. In un attimo di incredulità lo strofinò di istinto con due dita ma la consapevolezza lo aveva già raggiunto prepotente. 

 

D'improvviso il suo corpo sembrò diventare ancora più pesante e gli mancò l’aria. involontariamente il suo viso si contrasse nell’orrore mentre gli occhi si riempivano di lacrime irrefrenabili che gli offuscavano la vista.

Mentre rimaneva lì,immobile e attonito davanti quell’ immagine, venne distolto da un gemito dall'altra stanza. Si giro per notare che nel sonno Yato si era rannicchiato di più e si stringeva il collo con un'espressione dolorante.

 

Con il volto neutro e lo sguardo vuoto si girò nuovamente verso lo specchio mentre le lacrime ancora scorrevano senza fine, come avessero avuto vita propria.

In fondo qulla era la strada che lui aveva deciso di percorrere conoscendo benissimo le implicazioni e rischi che avrebbe comportato. 

Non poteva assolutamente permettersi di cedere ora e causare a Veena altro dolore.  Fece dei sospiri profondi chiudendo gli occhi e ricacciando quelle lacrime in fondo al suo cuore. Doveva farlo e l’avrebbe fatto. 

Si forzò di ingoiare il nodo alla gola che gli toglieva il respiro ma sapeva che la rabbia e la frustrazione che sentiva gorgogliare dentro di sé non sarebbero diventate una sua debolezza perché ora vedeva con chiarezza che avrebbe potuto fare qualunque cosa, perchè questa era stata la sua scelta e il suo sacrificio. Aprì gli occhi, spenti, eppure anche colmi di risolutezza. Girandosi, afferrò fermamente la camicia ancora sporca e si mosse velocemente verso la stanza ora avvolta dalla luce abbagliante del sole ormai sorto.

 

Ormai non poteva tornare indietro e non avrebbe tentennato, avrebbe trovato la forza di fare tutto quello ciò che sarebbe stato necessario fare, qualsiasi fosse stato il prezzo da pagare.    Per lei. 


 
   
 
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