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Autore: rosafranc_09    10/02/2021    0 recensioni
[Alto Mare]
Ambientata durante l'episodio 2x03. La notte in cui Carolina fa visita a Casandra per portarle la cena, le due rimangono sveglie a parlare fino a tarda notte. Il giorno dopo Carolina comincia a mettere in discussione alcuni aspetti della sua vita, mentre continua a riflettere sulla loro conversazione.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando Carolina fece ritorno nella propria cabina era tardi, terribilmente tardi. La donna lo sapeva, e da un lato si sentiva profondamente in colpa. Sperava che perlomeno Fernando stesse già dormendo, in modo tale che lei riuscisse a cambiarsi e infilarsi silenziosamente sotto le coperte senza bisogno di svegliarlo. Tuttavia, quando si ritrovò davanti alla porta di legno della stanza, i suoi occhi registrarono immediatamente lo spiraglio di luce che usciva dalle fessure, segno che suo marito era ancora sveglio. Del resto, Carolina avrebbe dovuto immaginarlo: dedito com'era al suo lavoro, era normale che Fernando decidesse di rimanere sveglio fino a tardi se aveva ancora qualche affare da sbrigare. Sentendosi leggermente in colpa per l'orario, Carolina abbassò la maniglia ed entrò nella stanza. Ad un primo sguardo, la cabina sembrava vuota, Fernando non era né a letto né seduto alla sua scrivania, nonostante la luce fosse accesa, proprio come Carolina si era già accorta.

-Fernando, - lo chiamò lei, mentre si avvicinava al letto, -eccomi, scusa per l'ora.

Proprio in quel momento suo marito uscì dal bagno, con indosso la sua vestaglia da notte di colore blu ed evidentemente pronto per andare a dormire.

-Carolina, finalmente, stavo cominciando a preoccuparmi – la salutò Fernando, sedendosi a sua volta sul letto che condivideva con la moglie. Carolina invece rimase in piedi, consapevole del fatto che di lì a poco sarebbe dovuta andare in bagno per struccarsi. -Dov'eri finita? Credevo fossi andata a portare la cena a quella donna.

La donna ignorò l'improvvisa fitta di fastidio che la colse nel sentire il modo sprezzante in cui Fernando si era riferito a Casandra, incapace perfino di pronunciare il suo nome. Invece, optando per un tentativo di mantenere l'armonia all'interno della conversazione, scelse di rispondere:-Sì, infatti, ero con Casandra, -confermò, enfatizzando particolarmente quell'ultima parola. -Le ho portato la cena e poi ci siamo messe a parlare, e senza che me ne rendessi conto il tempo è volato via. Scusa se ti ho fatto preoccupare, menomale che non eri già andato a letto, così non ti ho svegliato... - aggiunse lei, accennando a un sorriso nella sua direzione.

In fondo era la verità, Carolina non aveva raccontato nulla di diverso da ciò che era effettivamente successo... e allora perché si sentiva così terribilmente in colpa? Perché il suo cervello la stava facendo sentire come se gli avesse appena raccontato una bugia? Del resto era andata proprio così, come lei stessa aveva detto: dopo che Carolina aveva portato a Casandra un vassoio con del consommé, dei toast e della frutta, affinché recuperasse completamente le forze dopo la seduta spiritica, le due si erano messe a chiacchierare. Carolina era stata così presa dalla conversazione e, beh, da Casandra in generale, che non aveva minimamente sentito lo scorrere dei minuti, e poi delle ore... fino a quando, dopo aver posato accidentalmente lo sguardo sull'orologio da parete della stanza, aveva realizzato di colpo che erano quasi tre ore che si trovava nella camera dell'altra donna. E allora, la realtà della situazione l'aveva colpita all'improvviso e si era affrettata a fare ritorno dal marito, dove avrebbe effettivamente dovuto trovarsi a quell'ora di notte.

Non sarà falso, ma non è nemmeno tutta la verità, e lo sai.

E quale sarebbe tutta la verità, di grazia? Che parlare con Casandra è stato piacevole e per qualche ora sono riuscita a non pensare alla donna con la quale mio marito mi ha tradito anni fa, il cui fantasma apparentemente sta perseguitando questa nave? Che adesso che ho risentito il suo nome dopo così tanto tempo non riesco neanche più a guardare Fernando negli occhi, soprattutto pensando che potrebbe averla uccisa lui? Che Casandra, tanto per cambiare, è riuscita a farmi distrarre e pensare ad altro,che è l'unica che mi fa sentire capita e apprezzata e non come se fossi una pazza?

Ad esempio. Ma non c'è solo quello. Perché non gli dici come ti ha fatto sentire tutte le volte in cui ti ha rivolto uno dei suoi sguardi adoranti, ti ha fatto una carezza o un complimento?

Carolina scelse volutamente di ignorare la fastidiosa vocina all'interno del suo cervello che evidentemente si sbagliava. Casandra non le aveva certo rivolto sguardi adoranti o chissà cosa... certo, aveva quel modo di fissarla così dolce e intenso, e forse, sottolineiamo forse, Carolina si era sentita un pochino, ma solo un pochino, sciogliersi dentro ogni volta che l'altra le aveva rivolto uno dei suoi sorrisi, o aveva allungato la mano per stringerle la sua in maniera rassicurante e protettiva... ma in fondo non significava nulla. Stavano semplicemente legando, facendo amicizia. Perché Carolina avrebbe dovuto sentirsi in colpa per quello, non aveva senso... no?

E poi sì, d'accordo, Carolina forse in quei giorni si era ritrovata a pensare un pochino (d'accordo, forse più di un pochino, forse abbastanza spesso) a lei e a tutte le cose adorabili che le diceva... cose che nessun altro le aveva mai detto prima in vita sua. E se anche così fosse stato? In fondo non ci vedeva nulla di male... era normale che facesse piacere sentirsi valorizzati e apprezzati, che ci fosse qualcuno che la ritenesse una persona generosa e speciale per la sua sensibilità, e non invece ingenua ed eccessivamente emotiva. Fernando, al contrario, aveva un carattere molto logico e pragmatico, e più di una volta Carolina aveva trovato il suo modo di approcciarsi alla vita parecchio distante dal proprio. Non come Casandra.

Sei piena di luce Carolina. Ed è l'unico modo di sconfiggere l'oscurità.

Le parole che Casandra le aveva rivolto qualche ora prima risuonarono un'altra volta nella sua testa, mentre il suo cuore accelerava. Fernando non glielo aveva mai detto. Anzi, adesso che ci pensava, stando al suo fianco si sentiva costantemente come se fosse lui la persona brillante e di successo tra i due, ricco, intelligente e a capo di una nave imponente e lussuosa come quella. Lei al contrario, perlomeno all'interno del suo immaginario, avrebbe dovuto sentirsi fortunata di poter amare e sostenere un uomo come lui, e assorbire di riflesso un po' della sua luce. Nessuno prima di allora le aveva mai fatto pensare che potesse brillare di luce propria. Era una sensazione così bella.

-D'accordo, non preoccuparti amore mio, ero comunque sveglio, - la rassicurò gentilmente Fernando, risvegliandola finalmente dai suoi pensieri, mentre alzava le lenzuola del letto per mettersi a dormire. -Cerca di non passare troppo tempo con quella donna, va bene? Non voglio che le sue chiacchiere sui morti e i fantasmi ti spaventino e ti diano alla testa.

Carolina sospirò. Certo, per lui erano solo chiacchiere. Il pensiero che Carolina potesse avere visto veramente una donna morta non lo sfiorava minimamente. Ormai non si stupiva neanche più. -Non abbiamo parlato solo di quello, - rispose Carolina, allungandosi verso il cuscino per prendere la sua camicia da notte bianca, che constatò essere stata accuratamente piegata dalla cameriera. Comunque, in effetti era vero ciò che aveva detto a Fernando: dopo un primo momento iniziale la conversazione si era spostata su ben altri argomenti; Carolina immaginava che Casandra avesse capito che fosse rimasta piuttosto scossa da quanto visto durante la seduta e avesse voluto provare a distrarla e cambiare argomento.

In effetti c'era riuscita. L'altra donna le aveva raccontato che in realtà era abituata a mangiare spesso il consommé, anche per quella ragione il gesto di Carolina era stato particolarmente apprezzato: i suoi genitori avevano origini francesi e sua madre lo aveva preparato molto spesso a lei e a sua sorella durante l'infanzia. Certo, Carolina avrebbe dovuto capirlo da sola, Lenormand non sembrava affatto un cognome spagnolo. E da lì, anche Carolina le aveva raccontato della sua infanzia, i pochi ricordi che aveva di sua madre, morta quando Eva aveva ancora pochi mesi, i piatti che mangiava più spesso da piccola, le torte di Francisca... E Casandra non l'aveva fatta sentire neanche una volta come se le cose che le stava raccontando fossero stupide o poco interessanti, ma al contrario l'aveva ascoltata attentamente per tutto il tempo. Parlare con lei le veniva così naturale e spontaneo; certo, la luce soffusa dell'abajour che aveva illuminato la stanza e il tono di voce sommesso di Casandra avevano contribuito, creando un'atmosfera intima in cui Carolina si era immediatamente sentita incoraggiata ad aprirsi. Adesso che si fermava a rifletterci, di nuovo, Carolina si rese conto solo allora di quanto in realtà desiderasse qualcuno che la ascoltasse, che la ascoltasse davvero, anche mentre parlava di cose stupide e triviali come le sue torte preferite o i cibi che le piaceva cucinare.

Realizzando che se avesse continuato a pensare così tanto probabilmente avrebbe finito per rendersi conto di molte altre cose che, molto probabilmente, sarebbe stato meglio non scoprire, Carolina prese la sua camicia da notte e decise di avviarsi finalmente verso il bagno, per prepararsi ad andare a dormire.

-E comunque il suo nome è Cassandra, - puntualizzò lei, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Dall'altra parte riuscì a udire distintamente la voce di Fernando:-Per me può chiamarsi come vuole, l'importante è che quando arriviamo a Rio sparisca per sempre e ci lasci in pace, una volta per tutte.

Ancora una volta, Carolina ignorò la fitta spiacevole che avvertì in seguito alle parole del marito.

...

Quella notte, Carolina ci impiegò più tempo del solito ad addormentarsi. Il suo cervello continuava a ripensare alla sua serata con Casandra, alla sua voce, a tutte le cose che le aveva detto. Quando la mattina seguente si risvegliò, non vedeva l'ora di rivederla. Il solo pensiero di parlarle e trascorrere del tempo con lei contribuiva a renderla felice già di prima mattina. Lei e Fernando si alzarono entrambi presto, una delle cose che di fatto la coppia aveva in comune: a lui piaceva ottimizzare il tempo ed essere produttivo fin di prima mattina, mentre Carolina era semplicemente una persona mattiniera. Le piaceva godere della luce del sole il più possibile, e apprezzava indubbiamente la tranquillità che si respirava quando in giro si vedevano ancora poche persone, la maggior parte delle quali preferiva indugiare a letto il più possibile per godersi qualche ora di riposo in più.

La coppia di giovani sposi si preparò in fretta, e dopo circa mezz'ora i due si trovavano già nel salone principale, pronti a fare colazione. Natalia se ne stava seduta ad uno dei pochi tavoli già occupati, evidentemente aspettandoli. Non appena li vide, la donna fece cenno alla coppia di avvicinarsi e sedersi accanto a sé. Carolina probabilmente si sbagliava, ma le sembrava che da quando il marito era morto il suo umore fosse notevolmente migliorato... almeno quando non era in pubblico.

Dopo averli salutati e aver ordinato da mangiare, la donna dai capelli biondi domandò a Carolina:-E tua sorella? Sta ancora dormendo?

Carolina si strinse nelle spalle, abbozzando un sorriso di cortesia. -Non lo so, può essere.

-Mh. - Natalia accennò a un sospiro pieno di sarcasmo. -Chissà che dopo ieri sera non abbia trovato la trama perfetta per un racconto sul paranormale.

Carolina alzò gli occhi al cielo. Considerando quanto fosse rimasta spaventata da tutto ciò che aveva visto, Natalia avrebbe decisamente potuto risparmiarsi il commentò, pensò tra sé e sé. Fernando, ovviamente, invece di prendere le difese della moglie e farle notare la sua mancanza di tatto, scoppiò a ridere:-Uno banale e di qualità scadente, se mi permetti. Questa mattina farò fare dei controlli al tavolo e al pavimento sottostante, sicuramente riusciremo a capire che trucco hanno utilizzato e questa faccenda si concluderà una volta per tutte.

Carolina preferì ignorarlo e non rispondere, immaginando che con ogni probabilità non avrebbe trovato niente. Invece, mentre lui e la sorella continuavano a parlare delle questioni amministrative della nave, i suoi occhi scansionarono il salone, nel tentativo di individuare Casandra. Non le ci volle molto a realizzare che non fosse ancora arrivata, almeno per il momento. Dopotutto nemmeno lei doveva essere andata a letto così presto, era più che lecito che stesse ancora dormendo.

Alla fine della colazione, Fernando si congedò per andare a rintracciare gli ufficiali che lo avrebbero aiutato a svolgere il suo controllo. L'uomo chiese a Carolina se volesse unirsi a lui, ma dal tono di voce si capiva che in realtà non si aspettava una risposta positiva. Naturalmente, Carolina declinò l'offerta. Dopo che Fernando se ne fu andato, anche Carolina si congedò:

-Bene, allora io vado... Spero che mi perdonerai se non ti faccio compagnia, - si scusò debolmente, non volendo tuttavia dare una spiegazione e specificare come (o più precisamente, con chi) intendesse passare la mattinata.

Natalia le sorrise, e questa volta Carolina ebbe la certezza assoluta che la stesse prendendo in giro:-Assolutamente. Divertiti con la tua chiaroveggente.

Carolina si sentì arrossire fino alla punta dei capelli, mentre in silenzio si voltò per allontanarsi dal tavolo, a cui Natalia rimase nuovamente sola. Non aveva risposto semplicemente perché sapeva che un qualsiasi tentativo di negare l'evidenza sarebbe risultato ridicolo, e probabilmente ben poco credibile. E poi, in fondo non è che Carolina si dovesse giustificare con qualcuno se voleva vedere con Casandra. Non stava facendo niente di male e non aveva certo bisogno di una giustificazione per vederla. Il solo fatto che la faceva stare bene doveva bastare, no?

Certo. Ripetitelo ancora un po' e forse ci credi davvero.

Nei giorni precedenti Carolina ricordava molto bene che Casandra si era svegliata abbastanza presto, proprio come loro, per cui l'ipotesi che fosse già sveglia non era poi così improbabile. Per prima cosa la donna andò a controllare sul ponte, per vedere se stesse passeggiando all'aperto, o magari fosse seduta su una panchina a prendere un po' d'aria. Tuttavia, nemmeno là di Casandra c'era traccia. Carolina tornò nella sala da pranzo, a vedere se nel frattempo fosse scesa per la colazione, e nonostante ora la stanza contasse un numero leggermente più alto di persone la cartomante non era tra loro. Non volendo andare a bussare alla porta della sua stanza per non rischiare di svegliarla, Carolina decise di fare un ultimo tentativo e andare a controllare se fosse con il resto dei suoi amici, in terza classe. Quando scese le scalinate e si ritrovò nell'area in comune riservata ai passeggeri di terza classe, la donna scoprì che la sua ipotesi era solo parzialmente corretta: Casandra era effettivamente lì, seduta ad uno dei grandi tavoli messi a disposizione. Soltanto che, per sua sorpresa, la persona con cui stava parlando non era uno degli altri quattro naufraghi, bensì Clara Romero, la cantante della nave. Carolina aggrottò la fronte, leggermente confusa. Da quando si conoscevano? Certo, Casandra era diventata subito piuttosto popolare, viste le sue singolari abilità, ma Carolina non si era aspettata che tra tutti, avesse legato proprio con Clara... forse, semplicemente perché non le aveva mai viste interagire.

La donna rimase per un attimo immobile, indecisa sul da farsi. Aveva voglia di parlare con Casandra, ma non era sicura che anche l'altra fosse disponibile. Non voleva certo disturbarla, o interrompere la sua conversazione con un'altra persona. Fortunatamente, ci pensò la stessa Casandra a risolvere il suo dubbio: non appena si accorse della presenza di Carolina, la donna fece un gesto con la mano palesemente rivolto a lei, invitandola ad avvicinarsi. Un po' titubante, Carolina decise alla fine di accettare l'invito, avvicinandosi alle due.

-Ciao Carolina, - la salutò Casandra, rivolgendole uno dei suoi luminosi sorrisi. Carolina sentì una sensazione di calore avvolgerla all'altezza dello stomaco.

Già, com'era? Ci fa piacere vederla e basta?

-Salve, - disse poi Clara. Carolina sperò di sbagliarsi, ma per un istante ebbe l'impressione di vedere nei suoi occhi un'ombra di tristezza. Si augurò dentro di sé che, qualsiasi cosa la turbasse, non fosse nulla di grave. Chissà, forse era per quello che si era rivolta a Casandra...

-Ciao, - salutò infine Carolina, guardando entrambe. -Non volevo disturbare, se siete impegnate...

-No, - si affrettò a interromperla Casandra, -no, non disturbi, anzi, siediti. Sono felice di vederti, Carolina.

Carolina dovette fare del suo meglio per trattenere l'impulso istintivo di sorridere come un'idiota. Anche lei era contenta di vederla.

-D'accordo allora, - disse infine, prendendo posto di fronte a Casandra.

-Sì, io comunque adesso devo andare, ho le prove con la banda... - spiegò Clara, alzandosi in piedi. Carolina non era sicura che stesse dicendo la verità, o se invece lo stesse dicendo soltanto per lasciare sole le due donne. In ogni caso, decise comunque di non indagare.

-D'accordo, arrivederci, - la salutò Carolina.

-Arrivederci, - ripeté Casandra, la quale per un istante guardò negli occhi la giovane cantante, prima di aggiungere:-Mi raccomando, ricordati quello che mi hai detto.

Clara annuì, prima di sparire tra la folla di passeggeri che camminavano per la zona. Se doveva essere completamente onesta, Carolina doveva ammettere quel commento finale, dai toni leggermente criptici, aveva in parte stuzzicato la curiosità. Tuttavia, dal momento che non erano affari suoi e lo sapeva, preferì non dire niente. Evidentemente il suo viso dovette tradire tutta la sua curiosità, dal momento che Casandra specificò:-Ero scesa per fare colazione con i miei amici ma a quanto pare stanno ancora dormendo, così ho trovato Clara e anche lei era da sola, ho pensato di sedermi con lei e farle compagnia. È simpatica.

Carolina sorrise. -Sì, è vero, è una brava persona. C'ero anche io quando l'abbiamo scelta, sai? È subito piaciuta a tutti. Tra le persone che hanno fatto il provino per cantare a bordo della nave c'era gente con più esperienza, ma nessuno aveva la sua energia e il suo spirito. Per questo Fernando ha voluto puntare su di lei. L'hai mai sentita cantare?

Casandra annuì:-Sì, qualche volta sì, è vero è molto brava, avete fatto bene. A volte, anche se può sembrare rischioso, lasciarsi guidare dai sentimenti è la scelta giusta.

Carolina sentì il suo corpo farsi più teso a quell'affermazione, senza sapere perché. Che Casandra avesse voluto fare un riferimento implico a qualcosa?

-Sì, forse, immagino dipenda dal contesto, - rispose, abbassando per un attimo lo sguardo sul tavolo. -Comunque, se stai aspettando i tuoi amici ti lascio tranquilla, non voglio disturbare, davvero...

-Carolina.

Un mezzo sorriso divertito stava ora incurvando le labbra di Casandra, che le rivolse uno sguardo di affettuosa comprensione. La donna allungò la mano verso quella di Carolina e la strinse dolcemente, per poi aggiungere:-Smettila di scusarti, non è necessario, davvero, tu non mi disturbi mai. Anzi, in realtà sarei venuta io da te. Cosa dici, ti va di andare a fare una passeggiata?

Carolina annuì, alzandosi in piedi e, a malincuore, ritraendo la mano da quella dell'altra donna. La sensazione del suo tocco era così piacevole e rassicurante. Tra sé e sé Carolina si disse che un po' d'aria le avrebbe sicuramente fatto bene, se non altro per rinfrescarsi le idee. Casandra si alzò a sua volta, e le due donne cominciarono a camminare fianco a fianco verso il ponte.

-Sbaglio o hai detto che volevi venire da me?- chiese poi Carolina. -Mi stavi cercando?

Casandra annuì. -Sì, esatto, volevo ringraziarti per ieri sera. Dopo quello che era successo con il fantasma ero spaventata, ti dico la verità, però poi parlando con te mi sono tranquillizzata. Mi hai fatto sentire meno sola e... non lo so, più al sicuro. E poi, probabilmente avevi di meglio da fare che rimanere a parlare con me, sicuramente avresti preferito stare con Fernando.

Per un istante, Carolina fu attraversata dal dubbio che Casandra avesse aggiunto quell'ultima parte apposta per domandarle in maniera indiretta e velata se avesse effettivamente preferito stare in compagnia di suo marito o no. Ma no, sarebbe stato assurdo. Giusto?

Tanto quanto il fatto che, in realtà, tu di Fernando ti eri proprio dimenticata.

Mi lasci in pace, di grazia? Ho appena scoperto che l'uomo che ho sposato, oltre che un traditore, potrebbe anche essere un assassino. È normale che non sia esattamente la mia persona preferita con cui stare, al momento.

Certo. Se questo è quello che preferisci continuare a raccontarti.

-Ma no, figurati, anzi... - dopo un attimo di incertezza, Carolina aggiunse:-se devo essere sincera anche io, è stato lo stesso per me. Mi ha fatto bene parlare con te, mi hai rassicurata.

-L'ho fatto con piacere, - replicò Casandra.

-E comunque, non credo che Fernando abbia sentito più di tanto la mia mancanza... è sposato prima di tutto con il suo lavoro, - spiegò Carolina, con una punta di amarezza nella voce.

-Se è così, quello che ci perde è indubbiamente lui.

Carolina fece un sospiro divertito, abbassando per un attimo lo sguardo a terra, leggermente imbarazzata. Poi, riportandolo sulla sua interlocutrice, alla fine aggiunse:-Anche io ti stavo cercando, comunque... per questo ero scesa in terza classe, non ti ho vista a colazione nel salone della prima classe e allora ho pensato che fossi andata a trovare i tuoi amici.

Casandra annuì. -Sì, la sala è molto elegante e il cibo è molto buono, però mi sento un po' fuori posto là, visto che siamo in vena di sincerità. La maggior parte delle persone non le conosco, e ho la sensazione di non stare molto simpatica a quelli che invece sanno chi sono...

Carolina non poteva biasimarla. A giudicare dalle cattiverie che Natalia, Fernando ed Eva pensavano di lei, era normale che Casandra cercasse di evitare la prima classe, per quanto possibile. Carolina si sentì dispiaciuta per lei. L'ultima cosa della quale si ha bisogno dopo un naufragio, immaginava la giovane donna, era salire su una nave piena di persone pronte ad attaccarti. Senza sapere il perché, Carolina sentì in quel momento l'istinto di proteggere Casandra.

-Preferisco molto di più mangiare in un posto un po' meno di lusso, ma almeno con i miei amici, - concluse la donna.

-Mi dispiace tanto, sul serio, - rispose Carolina. -Mi vergogno io per il comportamento di Eva e Fernando nei tuoi confronti... La verità è che i problemi su questa nave c'erano già da prima che arrivassi tu. Però a volte è molto più facile trovare un sabotatore su cui scaricare la colpa, piuttosto che guardare in faccia la realtà.

Casandra annuì. -Sì, probabilmente è così. Comunque non ti preoccupare per me Carolina, non mi importa di loro. Possono pensare quello che vogliono di me, tanto non cambia la realtà dei fatti.

-Hai ragione. Non è da tutti, sai... riuscire a fregarsene di quello che pensano le altre persone. Ci vuole coraggio.

Un coraggio che anche Carolina avrebbe voluto avere, ma che purtroppo non era mai stato parte del suo carattere.

-Non è facile neanche per me, non pensare - le rivelò Casandra, -si impara piano piano, con il tempo. Avevi detto che anche tu mi stavi cercando, giusto?

-Ah, sì,- si ricordò Carolina. -Volevo sapere come stavi, tutto qua. Ti sei ripresa, dopo ieri sera?

Per un istante, il volto di Casandra sembrò come illuminarsi, come se avesse appena collegato ciò che Carolina le aveva chiesto agli avvenimenti della sera precedente. -Ah, sì, mi sono ripresa, grazie, mi sento molto meglio. Anche grazie a te in realtà, e al consommé che mi hai portato.

Sul viso di Carolina si dipinse un'espressione di inaspettata soddisfazione, contenta che ci fosse qualcuno che una volta tanto facesse caso alle piccole attenzioni che dava agli altri. Casandra era sempre troppo buona con lei. -Sei troppo gentile, non ho fatto niente, davvero...

-Non è vero, hai fatto tanto invece. Ti sei presa il disturbo di portarmi da mangiare, sei venuta a controllare come stavo, mi hai tenuto compagnia tutta la sera... per me è importante. È anche attraverso i piccoli gesti come questi che si capisce che tipo di persona sei.

Ormai la stessa Carolina si era abituata a dare così tanto per scontati tutti i piccoli gesti di affetto che faceva nei confronti delle persone che le stavano a cuore che le sembrava quasi strano il fatto che qualcuno li notasse e li riconoscesse.

-Ti ringrazio.

Le due donne erano sul punto di raggiungere la fine del ponte, quando Carolina vide una panchina libera poco lontana. Pensando che parlare da sedute sarebbe stato sicuramente più agevole, Carolina propose:-Ti va se ci sediamo?

-Sì, certo, - confermò Casandra, ed entrambe si sedettero sulla panchina.

-Sai, - riprese allora Carolina, per rispondere a quanto le aveva detto Casandra, -molto spesso ho come la sensazione che sia soltanto il mio dovere, preoccuparmi per gli altri. Che non sto facendo nient'altro che quello che ci si aspetta da me.

-Non è così invece, - le assicurò Casandra, allungando una mano per accarezzarle la guancia destra. Fu soltanto un breve istante, dopodiché ritrasse il braccio, ma questo non impedì a Carolina di avvertire un piccolo brivido propagarsi per tutto il suo corpo. -Te lo assicuro. Non dovresti permettere agli altri di farti sentire così.

-Beh, un po' è inevitabile, - si trovò a riflettere Carolina. -Quando mia mamma è morta la donna di casa sono diventata io, anche se ero molto piccola. Dovevo prendermi cura di Eva, essere quella responsabile, giudiziosa, affidabile. Mio padre era molto impegnato nell'azienda di famiglia, e anche se Francisca è stata un'ottima figura di riferimento tutti si aspettavano comunque tanto da me. Avrei dovuto prendermi carico io della nostra attività, o perlomeno il mio futuro marito, avrei gestito io il patrimonio di famiglia. Senza contare che qualsiasi cosa Eva facesse ne rispondevo io, specialmente quando era bambina... la aiutavo con i compiti, mi ripeteva le lezioni prima delle interrogazioni, le spiegavo gli argomenti che non riusciva a capire... non dirle che te l'ho detto, ma era veramente una frana in matematica, fin da bambina.

Casandra fece un sospiro divertito. -Stai tranquilla, il tuo segreto è al sicuro. Però, tu eri solo una bambina... non è giusto che si aspettassero così tanto da te.

-Lo so, - disse Carolina, -però era così. Non voglio che pensi che non voglio bene a mia sorella, o che starle dietro e seguirla per me sia stato un peso, perché non è assolutamente così. Però...

-Però avresti voluto anche tu qualcuno che si prendesse cura di te, e invece non c'era nessuno.

Carolina spostò lo sguardo sulla distesa blu che si apriva davanti ai suoi occhi, senza rispondere. Casandra aveva capito benissimo cosa intendesse dire, centrando perfettamente il punto. Era la prima volta che ne parlava con qualcuno, che si apriva su un argomento così delicato. Non sapeva come mai, tra tutti, avesse scelto proprio lei. C'era qualcosa in lei che spingeva Carolina a lasciarsi andare e parlare liberamente, esternando emozioni e sentimenti molto privati. Forse il fatto che si conoscevano ancora poco l'aiutava a sentirsi più a suo agio, dal momento che avvertiva di meno il peso del suo giudizio. O forse era il fatto che non aveva mai trovato prima d'ora una persona che l'ascoltasse in quel modo. Anche così, tuttavia, certe cose erano difficili da ammettere ad alta voce. Carolina si sentiva così terribilmente egoista a provare certe emozioni... con tutto il bene che Eva le voleva, poi.

-Va tutto bene, Carolina, - continuò Casandra, stringendo un'altra volta la mano di Carolina. Quest'ultima si voltò nuovamente nella sua direzione, per guardarla negli occhi. La sensazione di contatto con lei era così piacevole che Carolina sperò dentro di sé che questa volta non ritraesse la mano. Per fortuna, Casandra non lo fece. Il fatto che quella parte del ponte fosse più isolata e meno frequentata contribuiva sicuramente a far sentire Carolina più a suo agio con le manifestazioni di affetto fisiche, dal momento che non avrebbe dovuto preoccuparsi di quello che avrebbero potuto pensare le altre persone. -Non devi sentirti sbagliata o egoista per il fatto di provare quello che provi, ti assicuro che non lo sei.

-Cos'è, adesso sei anche capace di leggermi dentro?- chiese Carolina in una lieve risata, colta di sorpresa dal fatto che, ancora una volta, Casandra aveva dato voce a quelli che erano stati esattamente i suoi pensieri.

A giudicare dal modo in cui mi guarda, non mi stupirebbe se fosse effettivamente così.

-No, non sono ancora capace di leggere nel pensiero, - le assicurò Casandra, ridendo a sua volta. -Anche se sarebbe molto utile. È solo che ti posso capire, ho solo pensato che, mettendomi nei tuoi panni, è quello che sarebbe normale provare.

Carolina le strinse la mano. Poi, dopo aver dato una rapida occhiata in giro per assicurarsi che non ci fosse stato nessun altro nelle vicinanze in grado di vederle, prese coraggio e intrecciò le dita con quelle di Casandra, per dimostrare all'altra donna quanto apprezzasse la sua vicinanza emotiva. La sua interlocutrice abbassò per un momento lo sguardo sulle loro mani unite, prima di riportarlo sul viso di Carolina, la quale le stava rivolgendo un timido sorriso adorante. Casandra ricambiò interamente l'occhiata, e Carolina avvertì il cuore farle una capriola all'interno del petto. Dio, l'effetto che quella donna aveva su di lei...

E menomale che non può leggerci nella mente, altrimenti sì che saremmo davvero fregate.

-È stato così anche per te e tua sorella?- chiese poi Carolina, che non voleva certo rischiare di annoiare la sua interlocutrice parlando tutto il tempo di sé stessa. Anche lei era interessata a scoprire qualcosa di più sul passato di quella donna misteriosa, che in quel momento più che mai la intrigava da morire.

-No, no, le cose tra me e lei erano molto diverse, - disse Casandra. A quel punto, Carolina notò subito un irrigidimento da parte sua. Forse, involontariamente, aveva toccato un tasto dolente? Non era certo sua intenzione ferirla...

-Non devi parlarne per forza se non ti va, - mise subito in chiaro Carolina, per non rischiare di mettere Casandra a disagio.

-No, non c'è problema, mi fa piacere raccontarti. Io e lei, beh... eravamo, cioè, siamo molto diverse. Abbiamo sempre avuto due caratteri opposti, fin da bambine. Io in realtà sono la più piccola, lei ha quattro anni più di me, e da bambini soprattutto la differenza d'età la si sente molto di più.

-Sì, chiaro, - confermò Carolina, annuendo.

-E soprattutto, lei era molto diversa da te. Non mi è mai stata vicina come tu hai fatto con Eva, non mi ha mai aiutato con i compiti o nella scuola o in generale. Ancora oggi ricordo pochi momenti con lei, purtroppo... - Casandra fece una breve pausa, prima di riprendere la sua spiegazione:- Aveva la sua vita, i suoi amici, i suoi giri, io ero semplicemente la sorellina piccola che se ne stava nella sua stanza e non doveva disturbare. E poi, avevamo anche interessi molto diversi. Lei era molto ambiziosa, essendo la maggiore progettava già di lavorare a fianco di nostro padre, un giorno... a me invece quel mondo non ha mai interessato. Preferivo leggere, scrivere o stare a contatto con le altre persone. Era anche più difficile per noi riuscire a trovare un punto di contatto, a causa di tutte queste differenze. Però le volevo molto bene... mi sarebbe piaciuto essere riuscita a dirglielo più spesso, ecco.

Una lacrima solitaria bagnò il viso di Casandra e le rigò la guancia destra. La sua voce, soprattutto nell'ultima parte del racconto, si era fatta più incerta e flebile. Carolina si sentì una completa idiota per averle fatto quella domanda, desiderando poter tornare indietro per rimediare all'errore. Sollevò la mano libera per asciugare la lacrima di Casandra, accarezzandole teneramente la guancia destra. Avrebbe voluto rivolgerle parole di conforto, ma l'altra donna la precedette:

-Scusami, non volevo...

Carolina sospirò, scuotendo la testa. -No, non devi chiedermi scusa, anzi, scusami tu, non volevo farti stare male.

La donna dai capelli biondi spostò la mano dal viso della sua interlocutrice per riportarla sul legno della panchina. Quella che invece era intrecciata alla mano di Casandra strinse forte la presa, in un tentativo di trasmetterle tutto il suo supporto.

-Carolina, è tutto a posto, davvero, mi fa bene parlarne con qualcuno... è un argomento delicato per me e di solito non mi piace farmi vedere debole dalle altre persone, per cui sono abituata a tenermi tutto dentro. Con te però è diverso, non lo so perché però parlare con te mi viene proprio naturale. Forse perché sento che mi puoi capire, non lo so, - spiegò Casandra, con un sospiro.

Carolina sentì un brivido percorrerle la schiena. - È esattamente la stessa cosa che provo io, sul serio. Non me lo spiego nemmeno io, te lo giuro.

Quando si era chinata in avanti per asciugare la lacrima di Casandra si era inavvertitamente avvicinata al suo volto, e soltanto in quel momento Carolina se ne rese conto. Dio, il suo viso era così vicino... Carolina vide i suoi bellissimi occhi neri posarsi per un momento sulle sue labbra, prima di tornare su quelli color nocciola di Carolina. Il suo cuore cominciò a battere all'impazzata.

Oh mio Dio. Mi ha appena guardato le labbra?

Realizzando di avere decisamente bisogno di mettere tra loro una distanza strettamente necessaria, Carolina si allontanò lievemente, schiarendosi la gola. Poi, per rompere quel silenzio pieno di tensione che si era venuto a creare, domandò:-Scusami se te lo chiedo, ma ho notato che hai parlato di lei al passato... le è successo qualcosa? Avete litigato?

Casandra esitò un attimo prima di rispondere, come se avesse bisogno di ponderare attentamente ciò che stava per dire. Alla fine rispose:-Sì, diciamo di sì, sono anni che non ci vediamo purtroppo. È una storia lunga...

Intuendo che sarebbe stato meglio per entrambe spostare la conversazione su altro, Carolina si decise finalmente a cambiare argomento:-Comunque un po' mi sono ritrovata in quello che hai detto prima, sai? Anche io ed Eva eravamo così, più o meno. Io passavo tanto tempo con mio papà e mio zio, mi portavano in azienda, ero più socievole, uscivo spesso con le mie amiche. Eva invece era più come te, anche lei stava molto in casa. Anche da piccola le piaceva scrivere, leggere, pensa che inventava addirittura storie e racconti con le bambole e i peluche che ci regalavano.

Casandra ridacchiò, e Carolina tirò un sospiro di sollievo nel vederla finalmente più tranquilla e rilassata. Era contenta che l'atmosfera pesante di prima si fosse dissipata in un clima più leggero.

-Anche io ero così, uguale. Ci passavo interi pomeriggi così, non mi annoiavo mai. Per i miei genitori ero come una specie di alieno.

Carolina rise, ricordando tutte le volte in cui lei e suo padre avevano dovuto andare da Eva e trascinarla a tavola di peso, perché altrimenti avrebbe continuato a rimanere immersa nel proprio mondo interiore per chissà quanto, continuando a promettere di arrivare tra “cinque minuti”.

-È un peccato che mia sorella si ostini a farti la guerra, - convenne Carolina, -chissà, magari avreste potuto diventare amiche.

-Chi lo sa, mai dire mai. E invece a te cosa piaceva, Carolina?

Carolina fu presa un po' in contropiede dalla domanda di Casandra, non capendo a cosa si stesse riferendo.

-In che senso cosa mi piaceva?

-Beh, cosa ti piace fare. Avrai avuto anche tu un un hobby, no? Non lo so, disegnare, cucinare, fare sport, leggere...

Carolina si fermò un secondo a pensarci, ma non le venne in mente niente. -Non lo so, non mi viene in mente niente. Come ti dicevo prima, non avevo tanto tempo da dedicare a me stessa, dovevo badare a mia sorella, pensare allo studio... Qualche volta andavo a giocare con qualche amica, ma non ricordo niente di particolare. Sarà che non c'è niente per cui sono particolarmente portata, forse.

-O magari non ci hai mai pensato perché nessuno te l'ha mai chiesto, Carolina. Se ci pensi ha senso che Eva sia riuscita a coltivare di più le sue passioni, aveva meno obblighi e responsabilità di te, aveva anche più tempo a disposizione per esplorare i suoi interessi. Però questo non significa che tu valga di meno di lei.

Carolina rimase colpita dalla riflessione di Casandra. Era un'altra delle tante cose a cui non aveva mai pensato prima... per tutta la sua vita, una parte di sé si era sempre segretamente sentita inferiore a sua sorella minore. Eva Villanueva, la scrittrice che sa sempre tutto. Era lei quella con il talento, quella intelligente e piena di immaginazione. Carolina invece era la sorella affidabile, giudiziosa e responsabile. Non aveva mai pensato che forse, se le cose fossero andate in maniera diversa, anche lei avrebbe potuto avere l'occasione di sviluppare il suo lato creativo.

-Però, sono convinta che anche tu devi avere qualcosa che ti piace fare, qualcosa che fai soltanto per te stessa, perché ti fa stare bene e basta. Tutti ce lo abbiamo, Carolina.

Ancora una volta, Cassandra ci aveva preso. Se avesse indovinato un'altra cosa sul suo conto senza che Carolina ne facesse parola probabilmente quest'ultima avrebbe seriamente incominciato a pensare che fosse in grado di leggere nel pensiero.

-Sì, in effetti qualcosa c'è. Sei la prima persona a cui lo dico, neanche Eva lo sa... - ammise Carolina. Non aveva mai voluto parlarne con nessuno perché si sarebbe sentita profondamente ridicola nel farlo, oltre che indubbiamente giudicata. Però, ormai stava piano piano imparando a fidarsi di Casandra, e aveva appena constato che il sentimento era reciproco. Inoltre, era la prima volta che qualcuno le chiedeva espressamente cosa le piacesse, che voleva sapere qualcosa sul suo conto soltanto perché era interessato a conoscerla, senza secondi fini o per una questione di convenzioni sociali. E la verità era che dentro di sé anche Carolina sentiva il desiderio di parlarne.

-A me piace molto la moda, in generale, e mi piace anche molto cucire, - ammise alla fine, con un po' di esitazione. -Me lo ha insegnato Francisca quando ero molto piccola, diceva che per una donna è importante saper allargare un pantalone, una gonna, fare dei rattoppi... ma la verità è che ha incominciato a piacermi sul serio, e ho iniziato a farlo più che altro per me stessa. E poi ogni tanto faccio dei bozzetti, così, anche se non li mostro a nessuno perché non credo di essere all'altezza. Lo so, è una sciocchezza, però se proprio devo dirti qualcosa che mi piace...

Sicuramente i suoi disegni non avrebbero mai potuto essere paragonabili alla raccolta di racconti già pubblicata da Eva, o dal romanzo che da lì a poco avrebbe fatto uscire. Però Carolina ci metteva comunque impegno e passione nel realizzarli, e anche se indubbiamente non erano un granché, per lei erano importanti. In un certo senso, era come se ci mettesse dentro anche un pezzo di sé stessa, della sua anima.

-Io non penso affatto che sia una sciocchezza Carolina, - la contraddisse immediatamente Casandra, -non sottovalutarti. Hai mai pensato di approfondire questa tua passione? Chissà, magari un giorno potrebbe diventare un lavoro, potresti ottenere dei riconoscimenti.

Carolina scosse la testa. Un lavoro? Non che l'ipotesi non le interessasse a priori, ma allo stesso tempo era qualcosa che non aveva mai veramente preso seriamente in considerazione. Fintanto che Fernando sarebbe stato suo marito e con il patrimonio della famiglia di Carolina alle spalle, sicuramente la giovane donna non si sarebbe mai ritrovata nella condizione di dover lavorare per necessità. Il pensiero di farlo soltanto per sé stessa e per ottenere un riconoscimento, facendo qualcosa che in realtà, per quanto Carolina cercasse di minimizzare, la appassionava molto, era una nozione completamente nuova. Tuttavia, adesso che Carolina per la prima volta si era resa conto del fatto che fosse effettivamente un'opzione che aveva a disposizione, avrebbe mentito se avesse detto di non sentirsi minimamente attirata da quella possibilità.

-Non lo so, non ci ho mai pensato, - ammise Carolina, -però ti assicuro che non sono niente di che, sul serio, sono solo disegni amatoriali.

Da un lato Carolina stava morendo dalla voglia di chiedere a Casandra se le andasse di vederli. Era una parte di sé che Carolina aveva da sempre desiderato condividere con qualcuno, seppur segretamente. E nonostante in passato la vergogna e il timore del giudizio altrui la avevano sempre bloccata, spingendola a nascondere tutto come se fosse stato qualcosa per cui essere derisi, adesso che finalmente ne stava parlando apertamente si rendeva conto di quanto effettivamente desiderasse esprimere quel lato di sé. Quanto effettivamente voleva che qualcun altro lo vedesse. O forse, semplicemente, Carolina non aveva mai trovato qualcuno in grado di capirla e ascoltarla come faceva Casandra, qualcuno che la mettesse così tanto a suo agio da portarla a fare in pochi giorni ciò che con Fernando non era mai riuscita a fare in una vita intera.

Dall'altro lato, però, Carolina non voleva certo rischiare di annoiare l'altra donna e farle perdere tempo con qualcosa che non le interessava. Certo, dubitava fosse il caso di Casandra, ma comunque... e poi lei era sempre così elegante e indossava sempre vestiti bellissimi, Carolina avrebbe trovato a fatica le parole per descrivere quanto fosse stata stupenda la sera prima a cena in abito da sera. Era così bella da togliere il fiato. Sicuramente non voleva che guardando i suoi disegni pensasse che fossero veri e propri obbrobri, se paragonati ai capi d'abbigliamento che lei era abituata a portare.

Così, Carolina si ritrovò a sperare che fosse l'altra donna a chiederle di poterli vedere, in modo tale da non dover correre il rischio di ricevere una risposta negativa – per quanto improbabile. Fortunatamente, la sua sintonia con Casandra non venne meno nemmeno in quell'occasione, dal momento che la sua interlocutrice poco dopo domandò:-Ti andrebbe di farmeli vedere, Carolina? Sono curiosa. Se non ti va non sei costretta, assolutamente, - mise subito in chiaro Casandra, -non voglio forzarti. Se non vuoi non ne parlerò con nessuno, però mi piacerebbe molto dare un'occhiata ai tuoi bozzetti.

Carolina sentì il cuore che le batteva all'impazzata all'interno del petto, mentre nel suo stomaco fu come se fosse esploso un incendio, una dirompente sequenza di fuochi d'artificio. Era la stessa sensazione che aveva avvertito poco prima, quando aveva visto gli occhi di Casandra posarsi sulle sue labbra, e i loro visi erano stati così terribilmente vicini... Cosa le stava succedendo? Perché si sentiva così? E soprattutto, cos'era quella sensazione che stava provando? Dopo una rapida analisi, Carolina giunse alla conclusione che dovesse essere per forza un senso di contentezza misto a nervosismo. D'altra parte stava per mostrare per la prima volta a qualcuno i suoi bozzetti, a cui lavorava con dedizione fin da quando era una ragazzina e che nessun altro al mondo aveva mai visto. In fondo era normale sentirsi un po' agitati, no? Ecco, ecco cos'era, soltanto un po' di sana agitazione, perfettamente normale.

-Mi farebbe davvero molto piacere, - rispose Carolina, lasciandosi andare a un sorriso entusiasta. -Solo, promettimi che questa cosa rimane tra di noi, okay?

Casandra annuì. -Certo, te lo prometto.

A malincuore, Carolina lasciò andare la mano di Casandra per alzarsi e dirigersi assieme a lei verso la sua cabina. Il suo stomaco era ancora in subbuglio, ma non le importava. In quel momento, Carolina era raggiante di gioia.

   
 
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