Storie originali > Soprannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: Asayuna    11/02/2021    0 recensioni
Francesco è un uomo sbadato, e per questo da qualche giorno lascia sempre le luci accese per non perdersi niente in giro per casa. Un giorno, però, viene incuriosito da una scarpa nel corridoio. Scoprirà, grazie a quella fatidica scarpa, che c'è una ragione più che valida se lascia tutto acceso in casa.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Come una normale mattinata, Francesco esce dal caldo delle sue lenzuola, infila i piedi nelle pantofole, mette gli occhiali sul naso e valica la porta della camera da letto. Le luci per casa sono ancora accese, chissà da quanto; i suoi amici ci scherzano continuamente su, talvolta speculano su come, grazie a lui, l'uomo di Neanderthal abbia scoperto la luce. C'è solo un piccolo dettaglio che stona in questo consueto mattino: c'è una scarpa in corridoio.
Per un attimo Francesco la fissa, ancora indeciso se il sonno gli gioca cattivi scherzi, oppure è di nuovo "quel fatto". Chi non lo conosce lo crederebbe per pazzo, ma ha davvero un buon motivo secondo il quale non spegne mai le luci. Di recente, si è reso conto di non trovare più le cose per casa: un giorno spariva un taccuino, un altro una tazzina da caffè, e quello dopo ancora la sveglia. Pensando di essere più sbadato del solito, decise di tenere le luci accese per un po', tanto, una bolletta della luce salata per una volta si può pagare.
Ma quello che più lo disturbava adesso alla vista di quella singola scarpa in corridoio era piuttosto il fatto che, sì, era convinto al 100% che non fosse la sua. La taglia di sicuro non coincide, è di una pelle un po' troppo pregiata per il suo portafoglio, ma, cosa più importante di tutte, è una scarpa da donna. Peccato che Francesco stia con Armando. Quindi, com'è possibile che sia in corridoio? Francesco la fissa, la prende in mano, e neanche il tempo di sbattere le palpebre che è sparita senza traccia.
«Basta, sto impazzendo» si dice, sbuffando spazientito. «Magari è proprio il momento di chiamare quello psichiatra».
Si gira verso la camera, diretto al comodino per prendere il cellulare, ma con suo grande dispiacere sbatte il viso contro un muro. Un muro? Ma alle spalle non c'era la porta? Si passa la mano sul naso indolenzito, pronto per inveire contro una divinità qualsiasi, e guardandosi avanti si accorge di un velocissimo fatto: la porta gli è apparsa davanti, alla stessa velocità di come la scarpa è scomparsa, ma stavolta non dà sulla sua camera, ma apre su una stanza vuota. Buia, ostile, piena di segreti.
«Ma che sta succedendo?!» ringhia con forza, per coprire il suo timore.
Il tempo di dirlo e la stanza torna come prima, illuminata fortemente dalle lampadine a LED fresche montate, piena di mobili e dal forte odore muschiato di chiuso.
«Questo è un thriller di fantascienza» piagnucola Francesco tremante dalla fifa. «Se sto dormendo, svegliatemi». Ci prova pure, il disperato: si pizzica così forte la guancia che potrebbe cadersene, ma invece rimane solo dolore pungente per tutto il viso. È sicuramente sveglio.
E così adesso si fa strada solo la più infima paura; prende il cellulare, e in lacrime tenta in tutti modi di chiamare Armando, ma non ha considerato un dettaglio rilevante: il telefono non è il suo. Poteva accorgersene già dal salva schermo, ma la password errata in continuazione magari è più diretta. Urla, il telefono cade, e come per magia il suo parquet se lo assorbe e sparisce nell'oblio.
«Adesso ne ho davvero abbastanza!» grida, e girandosi nuovamente viene sorpreso da qualcuno: una donna? Non è chiaro, le fattezze sono quelle, ma è senza volto. Inclina la testa leggermente da un lato, se potesse farlo starebbe sogghignando. D'un tratto, una voce gli balza nelle tempie: "Sei caduto nel mio mondo".
«Caduto? Come caduto? Io mi sono semplicemente alzato dal letto» gli risponde, agitando velocemente le braccia dinnanzi a sé.
"Fossi in te scapperei via. Al mio mondo piace mangiare le cose".
«Mangiare? Non ti sto capendo!» dice Francesco, con le lacrime agli occhi, ormai sull'orlo di una crisi di nervi. Tempo per le domande, però, non ce n'è, e la figura scompare. La porta dà sul corridoio, sempre aperta, sempre tutto normale. Il telefono è sul comodino, la stanza è in ordine, e la scarpa è ancora lì, come se non l'avesse mai presa in mano.
Sbuffa, si poggia sul letto e poggia la testa tra le mani. «Mi sono immaginato tutto? Sono davvero un folle? Armando ha ragione, sono strano da molte settimane. Sto delirando».
Una lacrima gli solca il viso, passando per il mento, e lentamente si lascia cadere. Tocca il pavimento e, pouf, è andata nel parquet. Però, che strano, ha lasciato qualcosa. Francesco stringe gli occhi, che stando a piangere non vede bene dalle lenti appannate. È... un solco? Nel parquet? Si alza e guarda bene. Che strano, il solco si allarga piano piano. Gli tornano alla mente le parole della figura misteriosa: "Al mio mondo piace mangiare le cose". Guarda il buco allargarsi sempre di più, al punto che potrebbe far entrare una pallina da golf. Ora potrebbe contenere una pallina da tennis. Grida forte, quasi inciampando su sé stesso. Afferra con forza il cardine della porta, che se non si fosse sorretto il suo tappeto l'avrebbe fatto scivolare, forse cadere all'indietro. Si guarda alle spalle: il letto è sprofondato nel buio più totale. Un buio dentato, affamato, brama ogni cellula del suo essere. Le lacrime scendono ancora, il buco si allarga sempre di più, è attratto dalla paura. Francesco si gira, non vuole guardarsi più indietro, inizia a correre per il corridoio. Non se lo ricordava così maledettamente lungo. Quella cosa sta distorcendo la realtà, non lo fa uscire, lo vuole. E lui corre, corre, affanna come un pazzo. Deve uscire, deve assolutamente uscire. Fa una svolta, ne fa un'altra, il corridoio è ancora lì. La luce sta venendo inghiottita assieme a tutto il resto, diventa un tunnel senza uscita. Scivola, cade faccia a terra, ma non si arrende. Anche se gli brucia in petto, le ginocchia sembrano abbandonarlo, e gli occhiali rotti non gli danno più la percezione delle profondità, non si può arrendere al vuoto. Deve lottare. Vuole vivere.
Con un ultimo, straziante grido, afferra quella che sembra l'aria, e si proietta nell'ultimo barlume di luce. Apre gli occhi e... sta nel suo vialetto. La luce intensa di mezzogiorno gli fa bruciare le cornee, come se la vedesse per la prima volta. Ancora spaventato a morte, si gira di spalle, non è pronto per rivederla, la cosa. Ma non c'è. Sono rimasti solo centinaia di detriti, probabilmente potrebbero ricomporre la sua palazzina. Francesco si lascia andare ad un pianto liberatorio. Ce l'ha fatta. Ha sconfitto il vuoto.
Aggiusta le lenti rotte sul naso, e si stringe le mani alle spalle, infreddolito. Si guarda intorno, qualche vicino è uscito di casa, stanno a telefono. Staranno chiamando i soccorsi. Chissà cosa diranno sulle testate giornalistiche: "Palazzina crolla misteriosamente, un sopravvissuto". Ma è successo davvero? Ne ha prove? Quel vuoto famelico ha lasciato tracce, o solo sfacelo?
Francesco s'avvicina alle macerie, le guarda, non è rimasto nulla. D'un tratto, qualcosa gli colpisce il capo.
«Ahi!» lascia uscire, massaggiandosi con delicatezza la testa. Si guarda davanti, un po' estraniato, e lì la vede, sui detriti, troneggiante. La taglia piccola, di pelle costosa, ma, cosa più importante, è una scarpa da donna. La stessa scarpa che ha iniziato tutto. La prende, se la guarda, e sente tutto un tratto una risata nella sua testa.
"Mi dispiace, non eri abbastanza appetitoso"
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Asayuna