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Autore: Sonrisa_    12/02/2021    1 recensioni
[Questa storia partecipa alla 'Challenge delle quattro stagioni', indetta da rhys89 sul forum di EFP]
[post Goldy Pond Arc]
[spoiler capitolo 96]
«Sono sicura che Emma avrebbe detto di sì.»
«Anche secondo me!»
Anche Ray ne è certo, ma non lo dice.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Emma, Ray, Yugo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La gestione (scempio imperdonabile) della seconda stagione è riuscita a farmi superare il blocco di scrittura che durava da mesi. :)
Non supererò la mai la mancata animazione di questo meraviglioso Arc, quindi mi consolerò con le fanfic.
Buona lettura ♥

 

Watching over you
you would do the same

 
 
 
 
Prestando attenzione a non urtare la pila di libri ai suoi piedi, Ray si stiracchia lentamente, mugolando quando sente la spalla sinistra dolere: tra qualche giorno, ne è sicuro, diventerà un tutt’uno con quella sedia su cui si ostina a passare la maggior parte del tempo. Sa che Gilda non aspetta altro che un appiglio per costringerlo a lasciare la stanza, così da riposare su un letto vero magari, quindi tiene ogni lamentela per sé: ha acconsentito a fare i pasti con il resto della famiglia – Gilda è stata furba a mandare il plotone dei piccoli per convincerlo a presentarsi in refettorio – ma non ha intenzione di concedersi altro tempo lontano da Emma.

È stata il pensiero fisso che lo accompagnato per quei ventuno giorni di viaggio, ora che sono di nuovo insieme l’idea di lasciarla gli sembra inconcepibile.

«Apri gli occhi, dai, Emma.» bisbiglia, mentre appoggia la testa sul materasso (ed ecco che a fargli male non è più solo la spalla, ma anche l’intera schiena).

Ray inizia seriamente a ponderare l’idea di mettersi a dormire sul pavimento da quella sera stessa.

Si concentra sul movimento regolare del petto di Emma che si alza e abbassa al ritmo del suo respiro, poi, quasi colto da un pensiero improvviso, guarda l’orologio appeso alla parete e inizia a contare.

Dieci, nove, otto…

Ray si alza e allontana la sedia dal letto.

… sette, sei, cinque…

I passetti concitati si fanno sempre più vicini.

… quattro, tre, due, un-

La porta si spalanca.

Per lui è la quarta mattina ad iniziare così, ma Anna gli ha rivelato essere diventata un’abitudine dei piccoli da quasi un mese: fanno capolino dalla porta della stanza subito dopo essersi svegliati e, ancora assonnati, intonano un “buongiorno” corale – spesso accompagnato da almeno qualche sbadiglio – ad Emma, promettendole di fare i bravi nel corso della giornata e di tornare da lei per augurarle la buonanotte.

Il cuore pulsante della famiglia non ha ancora ripreso conoscenza, ma ogni giorno la sua stanza è piena di vita, grazie al via vai costante di chi aspetta pazientemente il suo risveglio. La sua famiglia pare aver creato attorno a lei una nuova routine in cui ognuno le manifesta vicinanza in un modo diverso, ma il messaggio di fondo è sempre lo stesso: apri gli occhi, Emma, siamo tutti qui e aspettiamo te.

Lucas appare sempre in tarda mattinata e prende posto sulla sedia accanto al letto della ragazza, dal lato opposto a quello di Ray, poi si china per lasciarle una carezza tra i capelli e rimane in silenzio.

I ragazzi più grandi passano in gruppi ristretti, o talvolta anche individualmente, nel corso dell’intero pomeriggio; ci tengono ad aggiornare Emma sui programmi giornalieri della loro enorme famiglia e sulla loro nuova routine, ma le loro parole sembrano sempre nascondere un “ti stiamo aspettando, su, apri gli occhi”.

Don fa la sua comparsa dopo cena, raccontando con enfasi qualche aneddoto divertente della giornata, accompagnato da Gilda che, preso posto al fianco di Emma, guarda con apprensione la sorella, rivolgendole ogni sera le stesse parole: «Appena ti sveglierai aspettati un super abbraccio, seguito immediatamente da una bella ramanzina.»

È solo allora, quando tutti sono a letto, che Yuugo entra nella stanza e veglia il sonno di Emma nel silenzio della notte.

 

 
Ray lo aveva scoperto durante la seconda notte passata in infermeria.

«Allora non era stata Gilda.» aveva borbottato con la voce arrochita dal sonno, guardando la coperta poggiata sulle gambe.

«Ti sembro forse la quattrocchi piagnona?»

Ray non si era preso la briga di ribattere a quella domanda retorica, preferendo limitarsi a mormorare un ringraziamento sommesso prima di cercare di riprendere sonno, ma Yuugo si era dimostrato più loquace del solito.

«Se hai intenzione di dormire qui, almeno copriti. Tu ed Antennina siete sempre in prima fila per gli altri, ma quando si tratta di occuparvi di voi stessi fate davvero schifo.» aveva sentenziato, mentre gli avvolgeva la coperta anche attorno le spalle.

Ray lo aveva guardato con un misto di confusione e stupore, studiandolo quasi come se fosse un enigma.

«Non farti strane idee, lo faccio per me: i marmocchi sono già in pensiero per lei, vedi di badare un po’ a te stesso o diventeranno ancora più insopportabili.»

 

 
«Vieni a fare colazione con noi?»

Ray non ha mai avuto i riflessi tanto lenti – è una grazia che Gilda non sia nei paraggi per accorgersene – e impiega qualche secondo di troppo per mettere a fuoco Alicia e Jemima.

Probabilmente ha davvero bisogno di qualche ora di vero sonno.

«Vi raggiungo tra un po’.» mormora appoggiandosi al muro.

Le due bimbe lo guardano e poi si voltano verso colei che non accenna a svegliarsi.

«Emma, a te non dispiace se dopo ti facciamo compagnia noi mentre Ray dorme su un vero letto, giusto?»

La mancata risposta non dovrebbe stupire, ma al ragazzo sembra così terribilmente sbagliato quel silenzio.

Alicia e Jemima, però, sembrano assolutamente tranquille quando si voltano nuovamente verso di lui.

«Sono sicura che Emma avrebbe detto di sì.»

«Anche secondo me!»

Anche Ray ne è certo, ma non lo dice.

Il ragazzo si abbassa, così da essere alla loro stessa altezza, e scompiglia affettuosamente i loro capelli: «Mi tenete un posto accanto a voi a tavola? Arrivo subito, promesso.»

Quelle parole paiono avere il potere di illuminare i volti delle piccole che esultano prima di lanciarsi fuori dalla stanza.

Rimasti soli, Ray si avvicina di nuovo ad Emma e fa intrecciare le loro dita, fissando la mano che, quel giorno [1], non è riuscito ad afferrare.

«Ti stiamo aspettando.»

Quando sposta lo sguardo sul suo volto, Ray sente crescere la mancanza di quelle iridi smeraldine piene di determinazione.

«Quando aprirai gli occhi ci troverai tutti qui.»

Sembra una promessa e, forse, lo è davvero perché quando Emma apre gli occhi – dopo altri tre giorni che paiono infiniti – la sua famiglia è proprio lì.


 
 
[1] cap 64, ultima tavola.
  
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