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Autore: CatherineC94    14/02/2021    1 recensioni
C’è una crepa in ogni cosa, e dietro forse ci sono i suoi occhi che lo aspettano.Questa storia partecipa al contest “All About Grindeldore” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aberforth Silente, Albus Silente, Ariana Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Crepe
«Ci tieni a lui, almeno quanto noi?».
 
La sua cella non ha finestre, sembra solo un muro infinito color della pece. Fa freddo, anche se non capisce se quel gelo proviene da dentro; sorride, sa che lui lo verrà a prendere molto presto. Ma anche se rinchiuso, certe volte con la mente esce fuori, torna indietro nel tempo.
Sulla pelle avverte ancora quelle due pozze blu che lo trafiggono, ormai è come marchiato ma non lo vuole far percepire da nessuno. Il mondo è immenso, come immensa è la furbizia umana che tende a venir fuori quando avverte la fragilità e lo sa bene, perché fa parte di quella piccola manciata di uomini che hanno capito come gira il mondo, anzi con più precisione a farlo girare a proprio piacimento.
Ma quegli occhi invece, sono potenti e lo marchiano.
Sente tutto il peso di quella domanda anzi, di quella richiesta e rimane ammutolito, per la prima volta nella sua vita. Cammina veloce in quel lungo corridoio senza vedere realmente nessuno; quella piccola casa è gremita di gente, c’è chi piange, chi sussurra e chi borbotta quando la sua figura arriva nella piccola sala.
Lo vede seduto al posto destro, avvolto in una veste color lavanda.
Sembra un vecchio, un uomo che ha patito mille dolori. Il suo volto, il suo bel volto è segnato da un’angoscia così antica che per un attimo indietreggia, impotente.
Il fratello lo osserva, gli occhi ricolmi di furia cieca e medita, vuole escogitare un mondo per ucciderlo.
Ride beffardo, sapendo che lui non lo lascerà nemmeno avvicinarsi.
Nel muro c’è una crepa e Gellert la fissa quasi ipnotizzato; Albus stringe con le mani il capo, disperato.
Lui non sa cosa dire, anzi andrebbe via senza guardarsi indietro ma c’è qualcosa che lo detiene e che gli blocca l’anima, quasi come una catena.
Nel muro c’è ancora quella crepa e Gellert non riesce a distogliere lo sguardo.
«Idiota cosa sei venuto a fare?» urla Abeforth.
Gellert nemmeno lo ascolta, nei suoi occhi così simili a quelli del fratello non hai mai notato alcunché di speciale; quel giovane ragazzo è rozzo, inadatto a ciò che lui e suo fratello avrebbero dovuto fare. Abeforth è  un essere comune che  nella sua frugalità ha intaccato l’animo di Albus che in quel momento non profferisce una parola.
«Digli qualcosa! Ha ucciso nostra sorella! Possibile che non ti importi un bel nulla?» urla ancora quella strana pietra disadorna di suo fratello e Albus alza il capo con un solo scatto fulmineo.
Gellert lo segue con lo sguardo; dalla sua persona percepisce un’aura di poter che lo fa quasi deglutire. La sua è furia cieca impregnata dal dolore più profondo.
In parte, Gellert sa il perché della sua scelta; Albus è da sempre stato l’unico alla sua altezza, l’unico che l’ha capito fino in fondo.  Quegli occhi non sono limpidi come li ha sempre ricordati, ma corrotti da venature, crepe che provengono dall’angolo più intimo del suo essere.
Si alza e con un cenno lo fa uscire fuori.
Nella bocca avverte un gusto amaro, deglutisce e aspetta; sa cosa lui dirà, ma in fondo ci spera.
« Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto».
La voce è tagliente, fredda.
Lontani sono quei giorni frugali e dorati, quando il mondo è stato a portata di mano.
Gellert l’ha sentito, in quella breve frase che l’ha perso per sempre.
Scappa, non lo sa nemmeno lui dove, rimandando, sperando forse di non doverlo mai incontrare.
Ma le pareti di quella cella sono scure, ammuffite; lui stesso è ormai un qualcosa che non serve più. Ha saputo della sua morte, da quel giorno cerca disperato una crepa su quel muro che non è altro che la sua stessa anima, la sua stessa cella. Le mani ruvide la toccano, continuamente e con la voce che fuoriesce flebile.
C’è una crepa in ogni cosa, e dietro forse ci sono i suoi occhi che lo aspettano.
Lo squadrano come quando l’ha battuto, quel giorno.
Le mani tremanti, il suolo freddo.
I suoi occhi invece sono pozze immense, dove ha ritrovato il rammarico più profondo; non ha mai capito che forse, al di là di ciò che lui considera bene c’è una sfumatura?
In quel limbo Gellert lo sta aspettando, anche in quel momento.
Albus invece ancora è fermo, a quel dannato giorno.
Quando hanno iniziato ad urlare tutti e tre; lei, con gli occhi così simili ai suoi stringe le ginocchia piangendo. Ariana, quei lunghi capelli color del grano e quella bocca distorta da un male al di fuori della sua estrema dolcezza urla; si dispera.
Aberforth, così odiato da Gellert solo perché rappresenta la voce concreta della verità li affronta, coraggioso.
Ariana cade, sotto il peso delle loro voci, sotto il peso delle loro coscienze.
Gli occhi vitrei, spalancati.
 Non ci sono crepe in quei freddi moniti.
Gellert impallidisce davanti a quello sguardo, puntato su di lui. Anche in quel momento, quando il mostro lo trova per ucciderlo nella sua prigione, gli pare di essere scrutato da Ariana.
Sul suo volto nessuna crepa, ma la sente ancora quella voce:
«Ci tieni a lui, almeno quanto noi?».
 
 
Note.
Ciao a tutti!
Questa storia non mi entusiasma granché, ma spero che sia di vostro gradimento. Questa storia partecipa al contest “All About Grindeldore” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP, il pacchetto da me scelto è questo:
  1. Quando: 1899 [anno della morte di Ariana]
Dove: Godric’s Hollow
Chi: Ariana Silente
Prompt [Bonus]: “I left my scarf there / At your sister’s house / And you’ve still got it / In your drawer even now”.
   
 
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