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Autore: ChrisAndreini    14/02/2021    3 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Unioni e fratture

 

Mercoledì 14 Agosto

-DA QUANTO TEMPO MI STAI SPIANDO?!-

Mathi non si aspettava visite che non fossero da parte di Will, non si aspettava che avrebbe mai rivisto Denny, e di certo non si aspettava che il ragazzo gli avrebbe urlato contro quella tremenda accusa.

Sobbalzò vistosamente, provocandosi un certo dolore alle costole ancora incrinate, e indietreggiò di qualche passo, molto confuso.

-S_spiare? Di che stai parlando?- chiese, con un filo di voce, confuso e preoccupato, e cercando in tutti i modi di non farsi prendere dal panico.

Perché Denny gli chiedeva una cosa del genere? Sapeva del suo lavoro? Se sì, quanto? L’aveva detto a qualcuno? Era in pericolo? Mathi doveva assolutamente impedire che finisse in pericolo, doveva farsi venire in mente un piano per salvarlo, a tutti i costi.

-NON MENTIRMI! LO SO CHE SEI STATO TU, È OVVIO CHE SEI STATO TU!- Denny continuò ad urlare, ma il panico di Mathi iniziò a scemare quando si rese conto che le sue parole cozzavano parecchio con i suoi gesti, perché Denny era entrato lentamente nella stanza e si stava guardando attentamente intorno, come se si stesse assicurando che fossero soli… e cercasse qualche telecamera nascosta.

“Che stai facendo?” avrebbe voluto chiedergli, ma si trattenne, e si guardò intorno a sua volta, confuso e senza parlare.

-SEI L’UNICO CHE HA I MEZZI PER FARE UNA COSA DEL GENERE! STUDI INFORMATICA, NO? MAGARI HAI USATO LE TUE ABILITÀ PER ENTRARMI NEL TELEFONO O CHISSÀ CHE ALTRO- continuò Denny, a voce sempre alta, e costante, e rimarcando molto il fatto che Mathi studiava informatica. Era… molto sospetto. Sospetto anche perché, mentre urlava, armeggiò nello zaino, tirò fuori un blocco per appunti, e cominciò a scrivere.

-Uhhhhh… uh?- Mathi era completamente senza parole, e il mal di testa causato dal non aver dormito per almeno tre giorni di fila non aiutava. 

-AH! NON HAI NIENTE DA DIRE, EH?! PERCHÉ SAI CHE HO RAGIONE!- Denny continuò la sfuriata, ma nello stesso istante sollevò il foglio di carta su cui aveva scritto qualcosa, e all’improvviso Mathi capì esattamente di cosa stesse parlando, si svegliò del tutto, e tornò ad un passo dal panico.

“Temo di avere un microfono addosso, ho bisogno del tuo aiuto, non so di chi altri fidarmi” 

Come aveva fatto a non pensarci?! Will si era avvicinato a Denny, era ovvio che avrebbe potuto installargli qualcosa addosso per assicurarsi che non conoscesse il segreto dell’agenzia, o in generale per tenerlo d’occhio. Aveva sottovalutato la sua crudeltà.

Si affrettò verso la sua scrivania (per quanto riuscisse ad affrettarsi con tutti i lividi che aveva) e prese un foglio di carta per rispondergli immediatamente, nel frattempo partecipando alla scenata che aveva messo su per eventuali microfoni.

-Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma mi dispiace deluderti, non ho alcun interesse verso di te, perché dovrei usare il mio studio per spiarti?- chiese, in tono canzonatorio, scrivendo in fretta e mostrando subito il messaggio rassicurante, mentre nel frattempo elaborava un piano per comunicare più liberamente.

“Ti aiuterò al massimo delle mie possibilità, aspetta un momento”

Lo vide tirare un silenzioso sospiro di sollievo, e accennare un sorrisino spaventato, prima che ricominciasse con le accuse.

-È quello che mi chiedo anche io, perché ti sei scomodato tanto?! Ma visto il modo in cui ti sei comportato con me, magari sei solo uno psicopatico che voleva divertirsi un po’- lo accusò, con disprezzo, sollevando un foglio con la scritta “Scusa per le parole” e avvicinandosi ad Apollo per accarezzarlo un po’.

Mathi nel frattempo stava controllando frettolosamente tutti i suoi accessori hi-tech cercando quello che facesse al caso suo, e a stento trattenne un “Eureka!” quando finalmente lo trovò.

Si limitò a continuare la pagliacciata.

-Sì, sì, ho solo giocato con te, quanto sono cattivo, ma proprio per questo cosa ti fa pensare che avrei interesse nello spiarti. Sei insignificante per me- gli faceva male al cuore dire quelle cose, ma sperava davvero che Denny capisse che non le intendeva. Non aveva mai inteso nulla di tutto quello che poteva aver sentito contro di lui. Voleva solo proteggerlo dal pericolo in cui l’aveva messo per errore. Avrebbe fatto di tutto per proteggere Denny, persino morire, se necessario. La sua vita non valeva così tanto, dopotutto.

Scrisse un nuovo messaggio su un foglio di carta, mentre Denny rispondeva.

-Sai che ti dico, non so neanche perché io sia venuto qui a parlare con uno come te. Sei un narcisista e rimpiango il giorno in cui ti ho parlato per la prima volta! Non pensavo potesse neanche esistere qualcuno di così egocentrico!- Denny si avvicinò preoccupato e gli fece leggere un nuovo messaggio “Grazie per l’aiuto” scritto immediatamente sotto quello di scuse di prima.

Mathi indicò la parola “Scusa” sul suo blocco per appunti, e poi mostrò il proprio messaggio “Prendi il telefono, ti scrivo appena sono certo che sia sicuro. Stai attento a ciò che dici ma sii naturale”. 

Gli porse poi un telefono sicuro di cui Will probabilmente non era a conoscenza, e quando Denny lo prese, le loro mani si sfiorarono.

Erano così vicini… Mathi non credeva che sarebbe mai più stato così vicino a Denny. Era passato poco più di un mese, ma era sembrata un’eternità. Gli era mancato tutto, di lui. I suoi capelli pieni di gel, i suoi grigi occhi che sprizzavano intelligenza, il suo delicato e piacevole profumo di agrumi. Tenne la mano un po’ troppo a lungo sul telefono, mantenendo il lieve contatto con le dita dell’amico per qualche secondo di troppo.

Denny la ritirò di scatto, indurendo leggermente lo sguardo, e Mathi si allontanò da lui, capendo l’antifona, e con le lacrime agli occhi.

Solo perché gli chiedeva aiuto, non significava che Denny lo volesse perdonare. Ma era giusto così. Mathi doveva essere grato anche solo per la fiducia immeritata, ed era meglio che non si avvicinasse nuovamente a lui. 

Lo avrebbe aiutato, messo al sicuro, poi basta! Addio, Denny! Sarebbe rimasto solo il suo pensiero costante prima di addormentarsi che lo avrebbe perseguitato nei sogni.

Un momento, non parlavano da troppo, Will poteva insospettirsi.

-Se non sai perché sei qui, allora vattene! Porta la tua paranoia altrove e non rompermi le scatole. O penserò che sei tu a spiarmi!- lo provocò, scrivendo un’ultima cosa su un foglio e mostrandogliela nel tentativo di rassicurarlo: “Ti proteggerò ad ogni costo, promesso!”

Denny strinse al petto il telefono che gli era stato appena dato e annuì, rassicurato ma ancora all’erta.

-Va a quel paese, Mathi!- gli urlò prima di uscire e sbattere la porta dietro di sé.

Mathi aspettò qualche secondo, facendo attenzione ai passi pesanti che si allontanavano da lui, poi si lasciò cadere sulla poltrona, sobbalzando leggermente per il dolore alla schiena. Anche se non era niente in confronto al dolore emotivo che lo stava assalendo in quel momento a causa della situazione in cui aveva cacciato Denny.

Accarezzò Apollo nella speranza di ottenere un qualche tipo di conforto, e dopo aver calmato il battito fugace del suo cuore con qualche profondo respiro, si spostò verso il computer, e si mise a lavoro. Aveva un sacco di controlli da fare, del lavoro da finire che era meglio non ritardare, e doveva restare concentrare e fare tutto il più in fretta possibile per non mettere Denny maggiormente in pericolo.

Eppure non riusciva a non togliere dalla mente l’immagine di Denny, mentre sulle dita sentiva ancora il flebile contatto che aveva avuto con la sua mano.

Ma sebbene rincontrarlo fosse stato meraviglioso, avrebbe di gran lunga preferito non vederlo mai più, e saperlo al sicuro.

Anche se una parte molto egoista di lui gli faceva battere davvero forte il cuore, sia per l’incontro, sia per quello che significava. Denny si fidava di lui al punto di chiedergli aiuto. Quindi non lo odiava così tanto! Doveva dare il massimo per meritare quella fiducia!

 

Venerdì 16 Agosto

Amabelle era fondamentalmente una ragazza piena di energia, soprattutto quando si trattava di rovinare la vita degli altri e correre dietro alle sue manie.

Ma non amava particolarmente le gite in montagna, soprattutto d’estate, perché le salite erano il suo tallone d’Achille, e non le piaceva sudare come un mulo.

Ma per Petra, questo e altro!

Anche se…

-Sei proprio sicuro che sia una buona idea andare da Petra adesso? Non è meglio, tipo, non so… aspettarla davanti casa quando torna?- chiese in direzione di Norman, che sembrava stanco poco meno di lei ma non si lamentava più di tanto.

-Petra sa quanto odi le gite in montagna, quale modo migliore per scusarti se non raggiungerla durante una gita in montagna?- spiegò Norman per l’ennesima volta.

-Ma Petra adora anche la solitudine, e interrompere la sua stupenda e solitaria gita in montagna con la mia presenza ingombrante non credo le farebbe molto piacere- insistette Amabelle, respirando a fatica.

-Amabelle lo stai facendo di nuovo- le fece notare Norman, in tono eloquente.

-Fare cosa?- Amabelle finse ignoranza.

-Pensi di fare qualcosa per gli altri mentre stai pensando a te. Di cosa hai paura?- chiese lui, spiegando e pronto a psicanalizzarla.

Amabelle rimase interdetta qualche secondo, poi sospirò.

-Di tutto? Di nulla? Senti, i sentimenti sono complicati, okay? È la prima volta che li esprimo con sincerità… e non so se ce la faccio, specialmente con Petra- ammise, intimorita.

-Vedila così, più continui a rimandare, più difficile diventerà alla fine ammettere i tuoi sentimenti. Credi che Petra meriti un’amica che non è sincera con lei?- chiese Norman, provando a farla ragionare.

-No, Petra merita il meglio del meglio del meglio, forse dovrei semplicemente farmi da parte e…-

-Ora non iniziare a buttarti giù così perché ci sono già parecchi personaggi in questa storia che ragionano in questo modo e rischiamo di essere ripetitivi- Norman la fermò prima che potesse continuare.

In effetti tra Clover, Mirren e Mathi, siamo messi molto male ad autostima. Per fortuna con Amabelle c’è Norman.

La replica della ragazza fu interrotta quando raggiunsero un largo spiazzo con una vista mozzafiato, dove però l’attenzione di Amabelle fu attirata da una figura che avrebbe riconosciuto tra mille, seduta su una roccia che dava direttamente sul precipizio, completamente a suo agio e intenta a fissare l’orizzonte immersa nei suoi pensieri.

Era bellissima.

Il cuore di Amabelle balzò nel petto, accelerando a tempo zero, i suoi occhi si riempirono di lacrime, e per la prima volta da quando avevano litigato, si rese conto di quanto veramente le fosse mancata la migliore amica.

-Petra!- chiamò, senza riuscire a trattenersi, facendo gli ultimi metri che la separavano dalla ragazza e facendola sobbalzare.

Ora, in una situazione normale, Petra sarebbe caduta nell’abisso per lo spavento, quindi se doveste mai trovarvi nella situazione di Amabelle non urlate contro qualcuno immerso nei propri pensieri in bilico su un precipizio. Anzi, fate prima a non mettervi sul bordo del precipizio in primo luogo, okay?

Ma questa è una storia romantica dove l’angst sto cercando di buttarmelo alle spalle, quindi Petra, che era molto abituata alle arrampicate, si mantenne perfettamente in equilibrio, girandosi nel frattempo verso Amabelle, sorpresa.

-Amabelle? Che ci fai qui?- chiese, dimenticandosi per un attimo di essere arrabbiata con lei.

E guardarla negli occhi fu troppo per la rossa, che scoppiò a piangere e le gettò le braccia al collo, rischiando seriamente di farla cadere.

Petra, sebbene allertata, la strinse e si mise più in equilibrio per evitare che finissero entrambe di sotto.

-Devi smetterla di raggiungermi in posti alti quando vuoi scusarti di qualcosa!- si lamentò, strisciando indietro per stare più sicura.

-Mi dispiace di averti mentito! Ho sbagliato, e non ho scuse, e mi dispiace così tanto che non hai idea!- in realtà Amabelle aveva preparato tutto un discorso per scusarsi, ma in quel momento, stretta all’amica, le parole le uscirono senza che riuscisse a controllarle, e senza che avessero neanche un vero e proprio senso.

Petra la fissava ad occhi spalancati, le guance leggermente rosse per la vicinanza. Non si aspettava assolutamente nulla di quanto stesse succedendo in quel momento. Ad essere onesta, non credeva nemmeno che avrebbe rivisto Amabelle tanto presto, soprattutto non in montagna.

Così la lasciò parlare e non la scansò.

Fu Amabelle ad allontanarsi leggermente, lasciandole un po’ il suo spazio e guardandola dritta negli occhi.

-Da quando ho iniziato con questi propositi ho esagerato, sono stata egoista, e ho messo tutti i nostri amici in secondo piano, ho messo anche te in secondo piano, solo per il mio desiderio di unire tutti. Credevo di fare una buona azione, ma per tutto il tempo stavo soltanto cercando di…- si interruppe. Erano giorni che ci rifletteva, e sebbene avesse trovato la soluzione e capito il suo vero problema, era ancora un po’ restia a rivelarlo ad alta voce.

-…ottenere soddisfazioni personali. Sentirmi importante, realizzare quello che volevo io, senza pensare agli altri. E ho sbagliato, ne sono completamente consapevole- abbassò la testa, provando ad asciugarsi le lacrime che era uscite così numerose da bagnarle i vestiti e appannarle la vista. Non era del tutto onesta, ma stava ammettendo già parecchie sue mancanze, una cosa che non aveva mai fatto prima con tale onestà.

Di solito cercava di trovare una qualche scusa per giustificare i suoi errori “Mio padre non mi ha chiamato”, “credevo avrebbe funzionato”, “È stato lui a cominciare e a provocarmi!”. Questa ammissione di colpa così chiara e ineccepibile era una grandissima novità per Petra, che la fissò a bocca aperta, senza parole.

-Se vuoi smetto completamente con l’operazione matchmaker, e non chiedo neanche il tuo perdono, solo la possibilità di redimermi- concluse Amabelle, seppellendo il volto tra le mani.

-Whoa! Amabelle, non esagerare!- esclamò Petra, completamente sconvolta dall’ultima frase, prendendola per le spalle e controllando che fosse proprio lei e non qualcuno che le aveva rubato la faccia.

A dire il vero a Petra sarebbero bastate le scuse sincere, non aveva bisogno di grandi atti d’amo… amicizia. Certo che Amabelle restava parecchio melodrammatica.

-Beh… in effetti l’operazione matchmaker dovrebbe continuare… ma è Norman il capo! E faremo tutto bene! E non ti costringerò a partecipare, e…- Amabelle ricominciò a parlare a raffica cercando di convincere Petra della sua buona volontà, ma la ragazza la interruppe subito.

-Hai dato il ruolo di capo a Norman?!- chiese, ancora più incredula, allontanandosi da quella che era chiaramente un’impostora.

-Sì! Mi aiuterà a calmarmi, non voglio perdere i migliori amici che abbia mai avuto solo per metterli insieme. E soprattutto non voglio perdere te perché sei la migliore in assoluto. E non ti biasimo se non vuoi più essere la mia migliore amica, ma…- Amabelle continuò il monologo di scuse, ma Petra la fermò di nuovo, prendendole il viso e iniziando a tirarle la pelle, ammutolendola di scatto.

-Uh… Petra?- chiese la ragazza, arrossendo vistosamente.

-Norman, la maschera è fatta molto bene, chi c’è sotto?- chiese poi Petra rivolta al ragazzo, che era rimasto da parte ma era stato presente durante tutta la conversazione.

-So che sembra strano, ma giuro che è Amabelle- confermò lui, cercando di non mostrare l’evidente divertimento per la situazione.

Petra aggrottò le sopracciglia.

-Cosa diamine è successo nei sette giorni in cui non ci siamo viste?!- chiese poi, inorridita.

-Sono cresciuta!- esclamò Amabelle, ancora in tono di scuse, ma parecchio confusa a sua volta dalla reazione di Petra.

-Quindi è vero che dai diciannove ai vent’anni le persone cambiano. Norm, mi confermi tutto quello che ha detto la ragazza?- Petra si rivolse di nuovo all’amico, che ormai ridacchiando annuì.

-Le scuse sono sincere- confermò.

-Wow, figo. D’accordo, pace fatta. Devo dire che mi sei mancata anche tu questi giorni- Petra diede ad Amabelle una pacca sulla spalla, e tornò all’osservazione, con un sorriso più sereno.

Amabelle rimase qualche secondo interdetta.

-Come, così?- chiese, quasi delusa dalla semplicità con cui Petra aveva accettato le sue scuse. Si era preparata un quantitativo enorme di discorsi strappalacrime, facce da cucciolo, e uscite di scena drammatiche. 

Ma mise subito da parte i pensieri egocentrici, e permise al sollievo di farsi breccia lentamente dentro di lei, anche se non osava sperare troppo.

-A me bastano delle scuse sincere, che obiettivamente da parte tua sono più uniche che rare, quindi… apposto- Petra alzò le spalle, molto semplicemente -E poi… wow, mi hai raggiunta fino a qui? Ci tieni molto più di quanto pensassi- aggiunse poi, accennando un sorrisino molto soddisfatto.

-Awwwww, Tray!!!- ormai con la speranza che andava alle stelle, Amabelle riscoppiò a piangere e gettò nuovamente le braccia al collo dell’amica, rischiando per la seconda volta di far cadere entrambe.

-Guarda che se continui così non realizzerò il mio proposito!- la mise in guardia Petra, reggendosi per miracolo (probabilmente il fatto che Norman era lì contribuì in parte).

-Giusto, dobbiamo tenerti in vita! Sei la persona più meravigliosa, incredibile, speciale, gentile, onesta, bellissima…- Amabelle la abbracciò più forte, con fare protettivo, e cominciò a snocciolare complimenti con il solo risultato che il cuore di Petra iniziò a battere fin troppo forte, le guance si fecero ufficialmente paonazze, e stava seriamente per perdere l’equilibrio.

-Va bene, va bene, ho capito! Santo cielo, un giorno di questi mi ucciderai per davvero!- Petra cercò di recuperare la compostezza, e scansò l’amica. Intendeva una cosa del tipo “Mi ucciderai per i troppi sentimenti che provo per te” ma Amabelle recepì un “Cadrò da un posto alto e morirò letteralmente”, quindi si scansò con più serietà.

-Capito, mi annoto di non saltarti addosso quando siamo in posti alti- promise, con la mano sul cuore, facendo arrossire ancora di più Petra per l’uso delle parole.

-Comunque, non ti esaltare così tanto. Ti sto dando il beneficio del dubbio perché Norman garantisce per te, ma prova ad usarmi di nuovo per far soffrire Mirren e non sarò così clemente!- per non soccombere all’imbarazzo, cercò di mettere distanze letterali e metaforiche tra lei e Amabelle, ma quest’ultima non si scompose di una virgola, e mantenne il sorriso splendente.

-Non lo farò mai più! Sono cresciuta di un anno e sono diventata miss maturità… ovvero ascolterò le persone ogni volta che mi dicono che sto esagerando. Ci metterò un po’ probabilmente a capire perfettamente dove sbaglio ogni volta, ma spero davvero di migliorare come persona, per essere all’altezza di…- Amabelle tornò a farsi venire i complessi, a Petra la fermò ancora più in fretta di Norman.

-Non ti buttare giù, Ames! Hai sbagliato, ti sei resa conto dell’errore, fine. Tutti sbagliano. Trovami una singola persona nel gruppo che non abbia fatto un errore grosso almeno una volta. Il fatto che vuoi migliorare per davvero ti rende migliore di molte persone, quindi continua a migliorarti e goditi la vita- la spronò, girandosi di nuovo verso di lei e accennando un sorrisino incoraggiante.

E Amabelle fu sul punto di baciarla, lì e ora, d’impulso, senza rifletterci neanche un istante.

Ma si trattenne appena in tempo. Perché doveva iniziare a frenare i suoi impulsi, soprattutto se rischiavano di infastidire Petra. Sì, lei l’amava, ma non poteva imporsi sulla sua migliore amica, ed era meglio migliorare sé stessa e capire i suoi problemi prima di muoversi in direzione della sua cotta.

Pertanto si limitò a ricambiare il sorriso, e asciugarsi le lacrime così numerose in quei giorni che rischiava di disidratarsi.

-Chiudendo il discorso… vi unite a me in questa gita? Volevo arrivare alle grotte dell’eco. E magari avventurarci anche fino alle cascate di ghiaccio, sulla vetta più alta- Petra cambiò argomento, e indicò due punti molto molto lontani da quel precipizio, facendo sgranare gli occhi di Norman e Amabelle, che furono seriamente tentati di rifiutare.

Poi Amabelle vide gli occhi brillanti di Petra, e capì che non poteva proprio dire di no, anche se già soffriva al pensiero dell’inevitabile dolore ai piedi del giorno seguente.

-Con super piacere!- acconsentì, mostrando un entusiasmo che non le apparteneva del tutto.

Petra le lanciò un’occhiata enigmatica. Si aspettava che rifiutasse, o si lamentasse un po’ prima di accettare, con un commento che faceva capire a Petra che lo stava facendo solo per lei. 

Si girò verso Norman, cercando una sorta di partecipazione. Amabelle non era più in sé!

Ma lui si limitò a scuotere la testa.

-Io ce la faccio solo fino alle grotte, mi dispiace- impose dei limiti, onesto.

-Mi va bene. Anche perché dopo rischia di farsi troppo tardi. Allora, vogliamo avviarci?- Petra si rimise in piedi senza alcuna difficoltà, e iniziò a raggiungere Norman, scalando i massi come un leprotto di montagna.

-Ehm… Tray…?- Amabelle però rimase indietro, ghiacciata sul posto, e rendendosi conto per la prima volta di quanto effettivamente fosse sul bordo… e in alto. Si girò verso l’amica in cerca di aiuto, e Petra non perse un secondo.

-Aspetta, ti prendo in braccio- si propose, abbastanza abituata a quel tipo di situazioni, ma Amabelle scosse la testa, arrossendo.

-No, non serve, basta che mi dai indicazioni, dove metto il... AAAHHH!- Amabelle per poco non scivolò, e si salvò solo perché Petra le prese al volo la mano rimettendola in equilibrio.

Sul serio, per fortuna c’era Norman con le ragazze. Non fatelo mai a casa! 

Rimettendosi in equilibrio, le due ragazze finirono davvero molto vicine, e per un istante, un singolo meraviglioso istante, in cui Petra l’afferrava stretta per evitare che cadesse, tenendosi in equilibrio con una maestria invidiabile, Amabelle fu convinta che sarebbe stata l’amica a baciarla.

Dopotutto i loro volti erano a pochi millimetri, Petra la guardava rapita, e ad entrambe le ragazze sembrava per stare esplodere il cuore nel petto, sia per lo spavento, che per altri motivi molto più intimi.

Poi quell’istante finì, quando una voce si affrettò nella loro direzione, preoccupata.

-Ragazze, state bene?- chiese Norman, offrendo una mano ad Amabelle per assistere Petra nel salvataggio della ragazza.

Maledizione! Perché c’era Norman con le ragazze?!

Beh, probabilmente doveva bilanciare gli effetti del suo potere che aveva salvato dalla morte la coppia per almeno tre volte.

-Sì, sto bene, grazie. Dovrei proprio smetterla di andare in posti alti- Amabelle la buttò sul ridere, e cercò di stemperare la tensione. Lanciò però un’occhiata di sbieco a Petra, che sembrava non essere stata minimamente intaccata dal momento appena avuto, ed era tornata quella di sempre. Forse Amabelle si era immaginata tutto?

-Meglio andare, dobbiamo mantenere un passo svelto se vogliamo sperare di arrivare alle grotte- si limitò ad incoraggiare gli altri a seguirla.

La camminata fu un mezzo disastro: sudarono parecchio, Amabelle scivolò in otto diversi tratti di strada, prontamente ripresa da Petra, Norman o entrambi, Norman venne punto da una vespa sul braccio, un uccello non identificato la fece addosso a Petra e una volta giunti alle grotte erano chiuse per lavori di sicurezza.

Qualcuno di voi potrebbe obiettare che l’effetto Norman dovrebbe portare fortuna, quindi perché succedono così tanti imprevisti?

A questa domanda c’è una risposta molto semplice: l’effetto Norman aiuta le coppie a mettersi insieme, e la gita, sebbene piena di contrattempi, di certo aveva portato ad un grosso risultato.

-È stata l’uscita più divertente da molti anni a questa parte!- esclamò infatti Amabelle, una volta sull’autobus che li avrebbe riportati in città, controllando tutte le foto che aveva scattato quella giornata.

-Hai uno strano concetto di divertimento- borbottò Norman, controllandosi la puntura che per fortuna grazie ad una crema che aveva Petra iniziava a sgonfiarsi.

-Più divertente della Fiera di New Malfair?- chiese Petra, che cercava di pulire al meglio i capelli ma non sembrava turbata quanto Norman, anzi, sorrideva senza riuscire a trattenersi.

Amabelle ci pensò un attimo, osservando prima le foto, poi i suoi amici acciaccati e i propri vestiti sporchi di fango.

-Sì- ammise poi, quasi sorpresa -È la prima volta dall’inizio dell’anno che mi diverto davvero senza pensare all’operazione Matchmakers- spiegò, a bassa voce, come se avesse appena raggiunto un’altra epifania.

-E…?- Norman la incoraggiò a continuare, interessato.

-È… piacevole. Sono stata davvero bene con voi, ragazzi- si sporse verso di loro per stritolarli in un abbraccio, incontrando una certa opposizione iniziale che però si dissolse quasi immediatamente.

In effetti, per la prima volta, non aveva pensato ad altro che a Petra e Norman e a divertirsi, e l’impresa era stata resa più facile anche grazie ai problemi riscontrati durante la gita. Rimase leggermente più stretta a Petra, e le diede un velocissimo bacio sulla guancia, sorprendendola non poco.

-Grazie di essere di nuovo mia amica- la sussurrò all’orecchio, provocandole parecchi brividi lungo la schiena.

-Uh… eh… certo… figurati- iniziò a balbettare, mentre il suo cuore andava in corto circuito.

Amabelle si rimise seduta composta, e tornò a guardare le foto.

-Ho beccato il momento esatto in cui ti sei resa conto che qualcosa ti era finito in testa- ridacchiò poi, mostrando il telefono ad entrambi.

Non sembrava essersi minimamente resa conto della confusione di Petra, perché continuò come se nulla fosse.

E aveva deciso di accettare e aggrapparsi a quell’amicizia, almeno per il momento. Dopotutto, anche solo quello era abbastanza per renderla felice. E voleva davvero iniziare ad abituarsi a quella felicità, ritrovabile nelle piccole cose della vita.

 

Domenica 18 Agosto

-Max, non puoi dirmi una cosa del genere con così poco preavviso- si stava lamentando Roelke, e Max non le dava tutti i torti.

-Mi dispiace, ma la mia decisione è definitiva, non posso più lavorare qui- insistette comunque, molto sicuro di sé.

-Se è per via di mia nipote, non lavora più per me dopo quello che è successo, e farò in modo che tu non la debba vedere più, sono dalla tua parte in questa storia- Roelke provò ad assumere un atteggiamento più soft, puntando sulla ragionevolezza di Max.

E onestamente, il Max normale avrebbe ceduto e acconsentito a tornare a lavorare già a questa prima provocazione, ma si era imposto, con una lunga chiacchierata davanti allo specchio, di licenziarsi a prescindere da ciò che Roelke avrebbe offerto.

La sua salute mentale era più importante di qualsiasi altra cosa, e al momento Max non credeva neanche di riuscire a restare al Corona abbastanza a lungo senza pensare a Veronika e al suo cuore spezzato.

-Mi dispiace, ma ho preso la mia decisione- scosse la testa, imponendosi di essere categorico, anche se la voce gli uscì un po’ incerta.

E Roelke pensò di avere un’occasione, e insistette.

-Ti do un aumento! E puoi cambiarti turni scomodi se vuoi. Su, ripensaci. Sei il miglior cameriere che ho, siamo in estate, ed ho già una cameriera in meno- snocciolò motivi per cui Max sarebbe dovuto rimanere, con l’inconscio intento di farlo sentire in colpa, e fu lì lì per riuscirci.

Poi Max pensò che non aveva bisogno di essere ricco, che gli orari di lavoro non erano il problema, che il Corona era quasi vuoto d’estate, dato che i periodi più intensi erano quelli universitari, e che, su, dai, non era poi così bravo. Roelke se la sarebbe cavata anche senza di lui.

-Signora Donner, la prego, non posso proprio continuare a lavorare qui- cercò di convincerla a non insistere ulteriormente. Voleva risultare deciso, ma apparì quasi supplicante.

Aveva bisogno di allontanarsi dal Corona. Magari d’inverno sarebbe tornato a lavorare, ma adesso non ci riusciva proprio. Solo pensare a Veronika rischiava di farlo scoppiare a piangere, e c’erano troppe cose, in quel bar, che gli facevano pensare a lei. Come le aveva insegnato a fare il caffè, le rose che le aveva regalato per San Valentino, quando avevano ballato al bar, ed erano rimasti chiusi il giorno del suo compleanno. E poi il dopo, quando erano tornati amici come prima, e le aveva parlato di Manny… cavolo, le aveva parlato di Manny un sacco di volte, senza sapere di starne parlando alla persona in questione. Era così difficile, se proprio non poteva rivelare il segreto, almeno fermarlo dal mettersi in ridicolo in quel modo? Perché illuderlo così tutto quel tempo? 

Max scosse la testa, cercando di indirizzare il flusso dei suoi pensieri al presente, e Roelke sembrò capire la sua grande difficoltà, perché fece metaforicamente un passo indietro.

-Senti, ragazzo, ti capisco, probabilmente Kodie ti capisce ancora di più, ma sono stata in questa situazione. E non ti obbligherò a restare se non ce la fai. Ma… non è da te scappare da un problema- gli fece notare, squadrandolo un po’ preoccupata.

-Forse… ma non sto propriamente scappando. Sto cercando di allontanarmi e ascoltare me stesso per stare bene, e mi dispiace metterla in difficoltà, ma ho raggiunto il punto di rottura- spiegò, con gli occhi lucidi e un grande groppo in gola.

-Molto bene… le porte sono sempre aperte se hai bisogno di lavoro, sappilo. Mi dispiace per quello che è successo, Max, spero riuscirai a stare meglio- Roelke decise di non insistere, e gli diede una fragorosa pacca sulla spalla.

Max accennò un sorrisino.

-Grazie, signora Donner- fece un cenno di saluto e le diede le spalle per uscire il prima possibile dal locale.

-Suvvia, continua a chiamarmi Roelke come prima, basta con questa formalità- lo riprese lei, colpendogli la schiena leggermente con uno strofinaccio, e facendolo seriamente ridacchiare.

-Va bene, Roelke. Buona fortuna con tutto- la salutò un po’ meglio, guardandola riconoscente per la comprensione.

-Meh, mi servirà se voglio rimpiazzare due camerieri- borbottò Roelke, brusca, e tornando a lavoro.

Max uscì dal locale, sentendo che un piccolo peso gli si era appena levato dal petto.

Ora doveva solo evitare il Corona come la peste, stare lontano da ogni giardino e parco della zona e non cucinare mai più nulla che contenesse caramello o cannella e sarebbe stato apposto.

Semplice, piano a prova di errore. Non avrebbe incontrato, parlato o pensato a Veronika almeno per un po’ e tutto sarebbe andato…

-Ciao Max, esci da lavoro?- la voce di Norman, appena arrivato per andare probabilmente a prendere un caffè e lavorare sulla tesi, lo distolse dal suo pensiero.

-No, a dire il vero mi sono licenziato, ho appena dato le mie dimissioni a Roelke- spiegò, fermandosi a parlare un attimo.

-Oh, che peccato. Ti capisco bene e non ti biasimo, ma cucinavi molto bene- ammise Norman, dispiaciuto.

-Grazie, puoi sempre raggiungerci alle serate cinema di venerdì, ci sono parecchi stuzzichini- lo invitò Max, cortese. Solo perché aveva litigato con Amabelle non significava che si sarebbe allontanato anche da Norman e dal resto del gruppo. Era depresso in quel periodo, ma non per questo meno amichevole.

-Ci farò un pensiero, promesso, anche se sono molto impegnato perché devo ancora dare alcuni esami e finire la tesi possibilmente entro ottobre quindi, eh, sai com’è- Norman indicò la borsa pieni di libri.

Max lo capiva benissimo. Aveva conseguito la triennale lavorando in due anni e mezzo, sapeva esattamente quanto lavoro ci volesse.

-Buono studio, allora. Ci vediamo- lo salutò, per non disturbarlo ulteriormente, ed entrambi procedettero per la loro strada.

Allora, a cosa stava pensando? Ah, sì, non avrebbe incontrato, parlato o pensato a Veronika almeno per un po’ e tutto sarebbe andato…

-Oui, ja, sì, lo so… vater…- parlando in tedesco con scivoloni in francese, Varonika era uscita dal café nello stesso istante in cui Norman era entrato, e Max rimase bloccato sul posto un momento di troppo, e venne immediatamente beccato dalla ragazza al telefono, che lo fissò sorpresa, ignorando per un attimo la chiamata.

Aveva un grosso cappello a tesa larga che la celava da occhi indiscreti, e occhiali da sole che la rendevano ancora meno riconoscibile, ma ormai, dopo le volte che Max era stato ingannato da lei, era certo che l’avrebbe riconosciuta tra mille.

Una parte di lui era ancora deluso da sé stesso per non aver unito prima i puntini. Come aveva potuto essere così cieco da non accorgersi che il suo ragazzo e la sua più stretta collega erano la stessa persona?!

-Ti richiamo!- Veronika interruppe il silenzio sceso tra loro, chiudendo la chiamata senza neanche ricevere risposta, a sbloccando Max, che le diede le spalle e provò a ritirarsi da quella situazione.

Che sfiga di tempismo!

-Max, aspetta, possiamo parlare, ti prego?- Veronika iniziò a seguirlo, con lo stesso tono di scuse e gli occhi da cucciolo che utilizzava sempre da quando si era scoperta la verità. 

Un tono che lo rendeva debole e allo stesso tempo infuriato.

Perché se c’era qualcuno, in quella situazione, che doveva far sentire male l’altro, quello era Max, mi dispiace deluderti, principessina Veronika Krone.

E dopo qualche metro di fuga, Max si fermò, e si girò verso la ragazza, deciso a parlarci chiaro e chiudere una volta per tutte la faccenda.

-Cosa abbiamo da dirci?- chiese in tono freddo, incrociando le braccia per mettere la massima distanza emotiva tra i due.

-Ecco…- Veronika sembrava un po’ presa in contropiede dalla chiacchierata imminente, ma non si lasciò frenare a lungo -Vorrei spiegarti esattamente il motivo per cui ho fatto ciò che ho fatto- prese coraggio, pronta a dire tutto.

Max si guardò intorno, la strada non era molto piena, ma c’era comunque qualcuno che passeggiava e delle persone alla fermata dell’autobus poco distante.

-Non credo sia una buona idea rivelare fatti segreti e personali in pubblico, principessa- mise in guarda la ragazza, con freddezza.

Veronika si guardò intorno a sua volta, un po’ allertata, e sistemò meglio gli occhiali dal viso.

-Possiamo sederci da qualche parte a parlare, magari?- provò a proporre, indicando una panchina.

-No, perché non hai nulla da spiegarmi- Max la interruppe immediatamente, facendola impallidire leggermente. Non che cambiasse poi molto, dato che la sua pelle di porcellana era già bianca come il latte.

-Max, so che sei arrabbiato, ma se mi lasciassi spiegare, potremmo provare a…- Veronika provò a convincerlo almeno ad ascoltarla, ma Max non ne aveva davvero bisogno. 

Perché non sarebbe cambiato nulla, lo sapeva già.

-Credo che tu abbia frainteso un po’ la mia reazione- la fermò di nuovo -Permetti a me di parlare- chiese poi, avvicinandosi di un passo per evitare che la loro conversazione venisse udita dai passanti.

-Okay…- la voce di Veronika era un sussurro. Sembrava parecchio sorpresa da come gli eventi si stavano sviluppando.

-Non ti biasimo per aver tenuto il segreto- la frase successiva di Max la sorprese ancora di più, e lo fissò a bocca aperta.

Ma il ragazzo non aveva finito.

-Sono deluso? Sì. Sono ferito? Assolutamente! Mi sento tradito nel profondo? Ovvio. Ti biasimo? …eh, che potevi fare?! Non sono arrabbiato. Ma voglio tirarmi fuori da questa faccenda- disse semplicemente, facendo poi un passo indietro, per rimarcare il concetto.

Veronika era senza parole.

-In che senso?- chiese, timorosa, non del tutto certa di voler sapere cosa intendesse ma incoraggiandolo a continuare a parlare mentre cercava un modo di rispondere.

-Scandali reali, regni perduti, principesse in incognito… sono una persona troppo ordinaria per immischiarmi in queste situazioni. Voglio solo… vivere la mia vita tranquilla, superare questa cosa, e dimenticarti presto. Ti sei divertita, sono stato bene con te, ma adesso basta. È finita!- ogni parola sembrava entrare nel petto di Veronika come una pugnalata al cuore, ed era lì lì per scoppiare a piangere, prostrarsi in ginocchio e implorare perdono. 

Ma era una principessa a cui avevano inculcato ogni singola regola del bon ton fin da quando era piccola, e riuscì a mantenere la compostezza e il sangue freddo per continuare la conversazione.

-Non mi sono divertita, Max! Non volevo che la situazione andasse avanti così a lungo- ci tenne a giustificarsi, scegliendo parecchio male le parole. Va bene che era composta ed elegante, ma dentro di sé stava comunque andando nel panico.

Perché sì, era abbastanza palese che si fossero lasciati alla luce dei fatti recenti, ma era la prima volta che il concetto veniva espresso a voce alta, e una piccolissima parte di Veronika voleva ancora sperare di recuperare la situazione, anche se sembrava impossibile.

-Mi dispiace per il tempo perso, ma consolati con il fatto che sia finita- Max aveva chiaramente capito cosa intendesse, ma finse ignoranza, le diede una leggerissima pacca sulla spalla, e fece nuovamente dietro front.

Veronika gli afferrò il braccio, e lo girò verso di lei, decisa a non finire così la conversazione.

-Lo sai cosa intendevo! Volevo dirti la verità, e non stavo con te per degli strani motivi egoisti. Io ti amo, Max, e tutto quello che ho fatto, detto e provato per te, ad eccezione della mia identità, era reale- si spiegò, guardandolo negli occhi per trasmettergli tutta la propria sincerità.

Max distolse in fretta lo sguardo, chiaramente in difficoltà.

Non era così facile per lui dimenticare la ragazza, che in qualsiasi forma gli aveva fatto battere forte il cuore. E voleva, con tutto il cuore, credere che potessero risolvere la cosa, e sistemare la situazione.

Ma non poteva darsi false speranze, e sapeva, in cuor suo, che la loro relazione era destinata a fallire in partenza. Quindi perché complicarsi inutilmente la vita e soffrire di più alla fine?

-Forse- le diede il beneficio del dubbio -Ma hai una soluzione?- chiese poi, ammutolendo la ragazza, che esitò per parecchi secondi, prima di abbassare lo sguardo e scuotere leggermente la testa.

-…no- ammise poi, sospirando rassegnata.

-Quindi non abbiamo molto altro da dirci, o sbaglio?- Max alzò le spalle.

-Potremmo… restare amici- la voce di Veronika era un sussurro così flebile che a momenti non si sentì neanche lei, ma Max capì il senso del messaggio, e strinse i denti.

Davvero aveva il coraggio di chiedergli una cosa del genere?!

-Potresti trovare un amico dallo status migliore, e non voglio ritrovarmi invischiato in scandali reali- disse freddamente, prima di scansare il braccio, darle nuovamente le spalle, e andare via.

-Max…- Veronika provò a richiamarlo, con le lacrime agli occhi.

Max non la guardò neanche mentre replicò un ultimo: 

-Ti ho rispettato per mesi, ora rispettami anche tu e lasciami in pace- che la frenarono sul posto.

Checché ne dicesse lui, in effetti era ancora parecchio arrabbiato, ma era il dolce e comprensivo Max, non lo avrebbe mai potuto ammettere, neanche a sé stesso.

Veronika rimase sul posto, con il cuore spezzato e la consapevolezza che in fondo lo meritava. 

Qualche secondo dopo, il suono del telefono la riportò alla realtà.

-Ja? Vater!!- uff, l’aveva detto a suo padre che l’avrebbe richiamato lei. Non voleva proprio parlargli, era già una situazione abbastanza complicata.

-Un momento, tu sei la principessa Veronika?- un passante per strada sembrò riconoscerla, e Veronika si calò maggiormente il cappello sul capo e scappò via con un flebile -No, hai sbagliato persona-, come ormai era diventata la prassi quei giorni. Sapeva che mancava poco al suo ritorno in patria, e dopotutto aveva parlato con Max.

…ma sentiva comunque come se dovesse fare qualcosa prima di tornare a casa e rinunciare per sempre all’amore e alla felicità.

Qualcosa di grosso, rispettoso e allo stesso tempo esagerato.

Chissà se Denny avrebbe potuto darle il numero di telefono di Amabelle.

 

Lunedì 19 Agosto

Denny aveva passato gli ultimi cinque giorni nell’ansia più totale, con il telefono regalatogli da Mathi sempre in tasca e cercando di essere naturale e allo stesso tempo non rivelare troppe cose. 

Chiudersi in camera, dopotutto, sarebbe sembrato sospetto, e anche smettere definitivamente di parlare. Ma come si può essere naturali quando si teme di essere spiati? E non aveva neanche la minima idea di come fosse successo. Nè se poteva effettivamente fidarsi di Mathi.

Ci aveva pensato a lungo, prima di andare da lui, ma alla fine aveva deciso di buttarsi. Perché si rifiutava di credere che Mathi fosse il tipo da vendere informazioni per soldi, quindi non poteva essere lui a spiarlo, anche se sicuramente la sua agenzia c’entrava qualcosa. Oppure era davvero paranoico, ma tanto valeva essere sicuri.

E poi… rivedere Mathi era stato meraviglioso, anche se non avrebbe dovuto sentirsi così, lo sapeva.

Ma i suoi caldi occhi scuri, il suo rassicurante sorrisino imbarazzato, e la sua dolce voce erano stati una specie di scossa che l’aveva quasi distolto dalla realtà nei pochi minuti in cui era stato lì.

Anche perché, quella era stata la prima vola che l’aveva visto da ragazzo gay dichiarato (con sé stesso almeno). E se mentre approcciava la camera non credeva sarebbe stato diverso, quando aveva visto Mathi si era invece sentito come se una porta si fosse spalancata nel suo cuore, facendo entrare tutte le emozioni represse da quando l’aveva conosciuto, e, cavoli, come aveva fatto a resistere sei mesi interi, quando solo con uno sfiorare di dita aveva rischiato di buttarsi addosso a Mathi e baciarlo?!

…lo stava per baciare davvero, si era trattenuto per miracolo. E solo perché la sua ansia per la situazione era entrata in gioco.

In effetti quella situazione era estremamente preoccupante e ansiosa, e Denny sperava davvero, con tutto il cuore, di sbagliarsi. 

Ma che altro poteva essere? Quante probabilità c’erano che Veronika rivelasse il suo segreto a Denny e guarda caso il giorno successivo il fidanzato della ragazza lo scopriva? Certo, magari qualcuno poteva averli sentiti, ma Denny era convinto fossero soli e in un luogo sicuro, non gli era sembrato di sentire nulla nelle vicinanze.

Era l’unico ad aver sentito la confessione… e c’era una grossa probabilità che non fosse solo come avrebbe voluto.

Seppellì la faccia nel cuscino cercando di non pensarci, e posando in un angolo il nintendo che aveva utilizzato fino a quel momento. Risolvere gli enigmi del professor Layton non lo aiutava a risolvere quello reale che aveva al momento.

E Mathi si ostinava a non scrivergli su quel telefono. Chissà, magari aveva fatto male a fidarsi di lui, e il telefono era falso, o un modo di tenerlo d’occhio, o il vero microfono, magari era meglio gettarlo via e cavarsela da solo.

Proprio mentre faceva queste riflessioni derivate dall’ansia e dalla paranoia, sentì una vibrazione, e prese il proprio telefono per abitudine, controllando il probabile messaggio da parte di Max che sicuramente gli aveva appena riferito che sarebbe tornato presto per cucinare la cena.

Ma il suo telefono non aveva nuove notifiche.

Sentì un’altra vibrazione, che chiaramente non proveniva dal suo cellulare, e trattenne a stento un’esclamazione quando si rese conto che ciò che aspettava da cinque giorni stava finalmente arrivando.

Il suo cuore iniziò a battere furiosamente, e prese il telefono di Mathi con mani così tremanti che per poco non gli cadde a terra.

Gli era arrivato un messaggio da un numero sconosciuto.

“Telefono sicuro, ma possiamo comunicare solo in questa chat, quindi niente chiamate o internet per nessun motivo”

“Oh, sono Mathi”

“Cioè sicuramente lo avevi capito ma è meglio specificare per non metterti ansia”

Sì, era chiaramente Mathi, il suo Mathi, quello che era stato il suo migliore amico per mesi prima che un bacio e un’identità segreta rovinassero tutto.

Denny si affrettò a rispondere e comunicarono tramite chat, nel silenzio più totale: 

Numero sconosciuto

Finalmente, ci hai messo un secolo

Scusa, dovevo essere sicuro che il telefono fosse sicuro e finire alcuni lavori per non far insospettire…

Lascia stare

Forse dovremmo cominciare dall’inizio

Cosa è successo?

Non lo so

Un casino di roba 

Non ci credo che è passato solo un mese e mezzo

Mi dispiace, Dan

Credo che qualcuno mi spii, comunque, non so in che modo, ma temo senta le mie conversazioni

Per chiarire, quel qualcuno non sono io, non mi permetterei mai

Se lo pensassi non ti avrei chiesto aiuto

Lo so, ma… 

Sì, lo so che sei intelligente

E grazie della fiducia

Significa davvero tanto per me

Cercherò in tutti i modi che sia ben riposta

…eh, scusa se sto andando per la tangenziale 

Da quanto tempo pensi che qualcuno ti spii?

Non so da quanto, ma sicuramente mi spiava il 10 Agosto

Perché un’informazione è uscita fuori ed ero l’unico a conoscerla

Che informazione?

Non so se posso dirtelo

…Dan, ti sto per fare una domanda che non vorrei farti

Ma devi rispondere sinceramente

Perché altrimenti non saprei come aiutarti 

E non voglio metterti nei casini più di quanto non stia facendo

No anzi aspetta non te la faccio cercherò di aiutarti in altro modo senza coinvolgerti troppo

So tutto, Mathi

Cosa?!

Ho sentito tutto quello che tu e Duke stavate dicendo, da quando parlavate di Apollo

 

Seguirono alcuni secondi senza risposta, nei quali Denny iniziò a chiedersi se avesse fatto bene a fidarsi di Mathi e ammettere le sue conoscenze. Poteva anche non essere Mathi ma il cattivo… improbabile perché l’impostazione dei messaggi era proprio quella di Mathi, ma magari qualcuno lo stava obbligando a scrivere, o era Mathi il cattivo fin dall’inizio. Probabilmente avrebbe dovuto portarsi quel segreto nella tomba, ma, ad essere sincero, aveva bisogno di dirlo a qualcuno. Aveva bisogno di sfogarsi, e ammettere la sua paura per quello che aveva sentito. E poi come poteva Mathi aiutarlo se non si dicevano tutto.

Solo che Mathi non rispondeva

…perché non rispondeva?!

 

Mathi, sei ancora lì? 

Mi sto spaventando

Spno wui!!!

Scusa!

Non volevo spaventarti 

Scusa

Non so che dire

Scusa

Non scusarti

Santo cielo mi dispiace non volevo che lo scoprissi!

Mi dispiace tantissimo!

Mathi…

Cancellerò questa conversazione da qualsiasi possibile rete e dal telefono in modo che nessun altro lo scopra

Non lascerò che ti succeda nulla, te lo prometto

Cavolo!

Grazie

Ma ora possiamo tornare al problema?

Sì! 

Scusa

Non scusarti! 

Hai ragione, scu…

Uh

Allora, dato che mi hai dato una risposta, ti dirò che io credo di sapere chi potrebbe spiarti

???!?!?!?!

Ti ha accompagnato in camera di Norman

Quando poi ci siamo incrociati davanti alla porta di camera mia

FRED?!

GIUSTP!!

COME HO FATTO A NON PENASRCI?!

Fred?

Si è presentato così, mi inquietava tantissimo, ma ho pensato fossi solo…

rigido

Si chiama Will Hacks, è il mio capo, ed è la persona peggiore del mondo

Ma non credevo sarebbe arrivato a tanto

Comunque tranquillo, ti terrò al sicuro

E possiamo capire come ti spia

Come?! 

Sì, è semplice

Lui di solito usa semplici cimici molto piccole, che si possono tranquillamente infilare nei lembi di un pantalone, o nelle maniche di una giacca, o sotto una scarpa, tutti posti dove non si notano particolarmente.

Quando l’hai incontrato, si è mai avvicinato troppo, o ha toccato i tuoi vestiti, anche per poco?

No! 

Non l’ho fatto avvicinare non sono mica pazzo!

Era inquietante!

E non sono così facile

Lo so, lo so, sei etero

Veramente…

Ma non intendevo in senso strano, anche solo per aiutarti.

Tipo quando ti ha afferrato davanti alla mia camera per evitare che cadessi

Mi sono allontanato quasi subito, non credo che avesse tempo

E poi non indossavo gli stessi vestiti quando ho parlato con Sonja

Aspetta, pensi che Will sia il responsabile dello scandalo della principessa Veronika?!

TU SAPEVI DI VERONIKA?!

Tu come sai di Veronika?!

L’ho scoperto come tutti quando sono iniziati a circolare rumors e ho fatto qualche ricerca 

Uff, sì

Veronika mi ha confessato tutta la storia

E il giorno dopo arriva il suo ragazzo che dice che qualcuno gli ha venduto l’informazione e partono i rumors

Non può essere una coincidenza, no?

Ma è illegale!

Duh, lo so che è illegale. Tutta la tua roba è illegale

No, intendo… la vendita d’informazioni senza previa autorizzazione è una violazione della prima regola dell’agenzia!

Se Will ha davvero venduto l’informazione senza autorizzazione…

E se l’ha fatto il giorno dopo è impossibile che abbia ricevuto autorizzazione

Significa che ha usato mezzi dell’agenzia per fini personali

Potrebbe finire in prigione per anni!

Non voglio finire in mezzo a questa situazione, Mathi

Dimmi come togliermelo dai piedi, non so ancora dove…

Hai ragione, scusa

Mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo

Non che possa farci molto con questa informazione dato che dubito abbia lasciato prove

Torniamo a noi, che cosa indossavi entrambi i giorni. Oppure ha mai avuto accesso al tuo telefono?

Aspetta un momento!!

Cosa? 

Si è accesa una lampadina?

…piedi

 

Denny posò un attimo il telefono e prese le scarpe che teneva sotto al letto.

Essendo un ragazzo relativamente povero, non aveva un gran numero di scarpe, e solitamente indossava sempre lo stesso paio, il più comodo ed estivo che aveva, il maggior numero di volte.

Erano un po’ rovinate, ma facevano ancora il loro lavoro.

E Fred… o Will, che dir si volesse… aveva insistito per togliergli le scarpe, quando Denny era ubriaco sul letto di Norman.

L’unico capo d’abbigliamento che aveva indossato sia la notte del bar che la mattina della confessione.

Le controllò con attenzione, senza troppa fretta, ma non ci mise molto a notare che la suola, da parecchio un po’ scollata in un lato, aveva un’apertura con dentro quello che a prima vista poteva sembrare un piccolo bottone, ma che non aveva alcun senso di trovarsi lì.

E tutte le paure del ragazzo divennero realtà, mentre dei sudori freddi iniziavano a scendergli lungo la spina dorsale.

Era vero

Fred, o Will, lo aveva avvicinato mer mettergli una cimice, e aveva sentito tutte le sue conversazioni, o quasi, per due settimane intere.

Aveva ragione ad avere paura.

Ed era indiretto responsabile di tutto il casino successo a Veronika e Max.

Lo sapeva che non avrebbe dovuto farsi approcciare da quel tipo!

Ma pensava che essere cauto l’avrebbe aiutato.

Evidentemente non lo era stato abbastanza.

Basta, non voleva mai più uscire da solo in tutta la sua vita.

O con Max, o con altri amici, o sarebbe rimasto a casa, che era sempre la scelta giusta.

Riprese il telefono, che aveva vibrato parecchio, e tornò alla conversazione con Mathi, per metterlo al corrente degli ultimi sviluppi.

Le sue mani tremavano, ma non poteva permettersi un attacco d’ansia in quel momento.

 

Ho trovato la cimice

Era nella scarpa

!!!!!!!

Quindi ti spiava davvero

Mi dispiace Dan, avrei dovuto stare più attento 

Non volevo che finissi in questo casino

Cosa faccio adesso?! Se la butto via si insospettirebbe

Ma non voglio che senta altre mie conversazioni

Voglio uscire da questa storia!

Ovvio!

E ne uscirai, promesso!

Senti, ti consiglio di aspettare che torni tuo fratello o tuo padre, e dire ad alta voce che vorresti comprare scarpe nuove perché quelle vecchie sono ormai troppo rovinate. 

Poi domani vai a comprarle, così Will sente che stai facendo sul serio, e alla fine butti le scarpe incriminate

Potrebbe essere infastidito, ma non dovrebbe avere sospetti

E se prova ad approcciarti di nuovo, basterà dire che non sei interessato e che sei etero

Potrebbe essere insistente per un po’, ma se per qualche settimana ti fai sempre trovare con Max, o Clover, o Amabelle, dovresti stare apposto.

Tanto a Settembre la mia squadra va via

E non dovrai più preoccuparti di lui, o di me

Sarà come se tutto questo non fosse mai successo

Come se noi non fossimo mai esistiti

Te lo prometto!

Sembra un buon piano

 

La frase che Denny aveva scritto non esprimeva neanche un decimo di tutto quello che avrebbe voluto replicare, dalle mille parolacce ansiose per quella situazione, a commenti sarcastici e infastiditi per come Mathi lo aveva messo in pericolo, fino a qualche romantico “Non voglio fingere che tu non sia mai esistito nella mia vita”, o “Non sono etero, e non posso dirgli che tu sei l’unica persona che mi fa battere il cuore” 

Ma alla fine decise di reprimere tutti i sentimenti che provava per lui, a favore della sua sopravvivenza.

Prese la scarpa, ed infilò nuovamente con attenzione la cimice al suo interno.

Ora doveva solo mettere le scarpe il più lontano possibile da lui, parlare poco per un paio di giorni, e poi l’incubo sarebbe finito per sempre.

…per sempre.

Senza più Mathi.

La sua mente tornò a cinque giorni prima, quando l’aveva visto per la prima volta da settimane.

Beh, la prima volta da non ubriaco e non di sfuggita.

Ed era stato un colpo al cuore, positivo e allo stesso tempo negativo.

Perché da un lato era stato felicissimo di rivedere quello che purtroppo o per fortuna sarebbe sempre stato ricordato come il primo bacio e il primo amore.

E dall’altro… stava male.

Mathi stava davvero male, quando l’aveva visto.

Lividi ovunque, ferite sulle braccia, occhiaie profonde e incarnato pallido nonostante il sole splendente che picchiava in quei giorni d’estate.

Non era mai stato così male nei mesi precedenti.

E Denny, in un piccolo angolo della sua testa, non poteva fare a meno di chiedersi… perché? Perché Will… o qualcun altro… si è accanito così con lui? Lo avevano picchiato? Sembrava più che probabile. Ma prima non lo facevano, perché adesso che lui e Denny non erano più amici?

…era colpa di Denny? Proprio della loro amicizia, che era stata scoperta ed era chiaramente illegale?

Ma se anche fosse stata scoperta, perché accanirsi così tanto?! Chi poteva essere così crudele da ferire così tanto una persona?!

Che razzi di posto era l’agenzia?! Come poteva Mathi lavorare per quelle persone?!

Le dita del ragazzo si mossero sulla tastiera prima che potesse controllarle.

 

È stato Will a picchiarti?

Cosa?

Quando ti ho visto, mercoledì, eri pieno di lividi, e non ti muovevi bene, è stato Will?

Non preoccuparti per me, pensa a te stesso adesso

Io me la caverò

È stato Will?

Non permetterò mai che ti faccia lo stesso, starò molto più attento d’ora in poi, non devi temerlo!

 

Quindi era stato lui. Era stato lo stesso uomo che con un sorriso affabile e modi cortesi aveva approcciato Denny per impiantargli una cimice nella scarpa, tenerlo sotto orecchio due settimane, e vendere informazioni top-secret a duca di altri paesi.

Una persona estremamente pericolosa, violenta, che in qualsiasi circostanza Denny non avrebbe mai voluto neanche vedere da lontano, figuriamoci approcciare volontariamente.

“Potrebbe finire in prigione per anni”

Perché questa informazione lo colpiva proprio adesso?

“Non preoccuparti per me, pensa a te stesso”

Sì, doveva lasciare Mathi e stare al sicuro.

Eppure non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine del suo volto contratto dal dolore mentre cercava di prendere il telefono il più in fretta possibile, e offrirgli il proprio sostegno nonostante tutto quello che gli fosse successo, probabilmente anche a causa sua.

Denny era stato arrabbiato con Mathi per parecchio, dato che l’aveva infilato in quella situazione.

Eppure… non riusciva ad aggrapparsi a quella rabbia.

Non riusciva a lasciare andare la pericolosissima scarpa che teneva in mano, pesante come una bomba pronta ad esplodere in ogni momento.

Alla fine la posò a terra, ma solo per sostituirla al telefono, dove scrisse a Mathi il risultato del breve ma intenso dibattito interiore che aveva appena avuto.

Un risultato scaturito da un forte istinto incontrollabile.

La sua terza azione spericolata per il proposito dell’anno nuovo.

E probabilmente quella che l’avrebbe irrimediabilmente portato alla morte.

Ma ehi, non doveva pensarci troppo, giusto?

 

Ti aiuterò ad incastrare Will

???

No…

Sono serio, Mathi. Possiamo usare la cimice per attirarlo in una trappola

No! 

No!!

NONONONONONONONONO!!!!!

NON CI PENSARE NEANCHE!!!

È TROPPO PERICOLOSO!!!

Ti sei avvicinato a me nonostante fossi il membro di un’agenzia di spionaggio e ora ti preoccupi che sia in pericolo?

Non volevo che le cose andassero così avanti

Mea culpa

E dato che so di aver fatto il più grande errore della mia vita, non ti permetterò di metterti in pericolo così!!!!

Perché, tu non sei in altrettanto pericolo se non uno peggiore?

Che c’entra?! Io sono un membro dell’agenzia! L’ho scelta, questa vita!

E mi merito il pericolo

Tu no!

Non ti permetterò mai di metterti in pericolo!

Non sarai tu a fermarmi

Ma la mia ansia probabilmente

No, aspetta, cancella

Ho deciso!

Voglio aiutarti!

Perché?! DOVRESTI ODIARMI!!!

HAI SENTITO QUELLO CHE HO DETTO A DUKE?! TUTTO CIÒ CHE C’È STATO TRA DI NOI ERA FINTO!

Certo, come no, è quello che dicono sempre tutti nei film

Non ci crederò finché non me lo dirai guardandomi dritto negli occhi

E se anche lo fosse, ti aiuterei comunque 

Perché Will ha fatto un torto alla mia famiglia

E ho tutta l’intenzione di vendicarmi

Da dove ti è venuto tutto questo coraggio inappropriato?!

Da te probabilmente

Sei impossibile!

Non lo farò, non ti aiuterò ad aiutarmi!

Butta quelle maledette scarpe e dimenticami!

Se non mi aiuterai sarò ancora più in pericolo

Quindi decidi, Mathi

Mi aiuti ad aiutarti

O mi guardi da lontano mentre cado a peso morto tra le braccia della persona più pericolosa che abbia mai incontrato

Scelta tua

Perché sono in fase emo e se dovessi morire potrebbe non importarmi particolarmente

Non dire una cosa del genere neanche per scherzo!!!

Va bene, ti aiuto!

Ma non morire!

E starai lontano dal pericolo

E ci organizzeremo bene

E non farai mai nulla senza consultarmi

Va bene

L’ho detto per provocarti, in realtà

Perché voglio restare al sicuro

Sennò poi chi lo sente Max

Non vale farmi ridere

È una situazione seria e sono nel panico!!

Aspetta, sta tornando Max

Meglio interrompere qui la conversazione

Ci sentiamo più tardi per i dettagli

Meglio, perché devo fermare l’attacco di cuore

Chi è adesso che prova a farmi ridere in situazioni gravi?

Siamo due incorreggibili

Ciao ciao

A dopo xo

 

…xo?

Un bacio?

Perché quel generico segno di saluto aveva fatto battere il cuore di Denny più forte della possibilità di morire per mano del capo di una squadra di agenti speciali che di lì a pochi giorni avrebbe dovuto ingannare?

Denny fece dei profondi respiri per calmarsi, dato che non voleva che Max lo beccasse sull’orlo di un attacco di panico e chiedesse cosa stesse succedendo.

Era molto confuso sui motivi per cui aveva proposto quella missione suicida.

Ovviamente voleva aiutare Mathi, vendicare Max e Veronika, e prendersi una rivincita sull’uomo che l’aveva spiato per due settimane.

Ma al tempo stesso, non era quello l’unico motivo, lo sapeva bene.

Voleva stare con Mathi.

Stava cercando in tutti i modi, inconsciamente, di passare il più tempo possibile con lui, perché non riusciva ancora a rassegnarsi che presto avrebbe dovuto lasciarlo andare via per sempre.

E magari, chissà, sconfiggere il boss finale, il grande cattivo, avrebbe liberato la principessa e permesso ai due di vivere felici e contenti.

La vita non è un videogioco, ma la speranza è l’ultima a morire, giusto?

Denny sperava solo di non pentirsi della sua decisione.

Ma ormai era tardi per i ripensamenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

La natura ha dato a Denny l’ansia perché senza sarebbe un dio invincibile! 

No, ma scherzi a parte, Denny è troppo forte, dai! Vi ho fregati con lo scorso capitolo, vero? 

Denny è troppo intelligente per cadere nei soliti cliché. Ed entrambi, Denny e Mathi, sono anche troppo intelligenti per prendere sul serio le parole che si sono detti quando sanno perfettamente di averlo fatto solo per show, quindi non vi aspettate un momento in cui litigano per questo.

…per altro, forse, ma non per questo.

È stata una parte bellissima da scrivere, li adoro.

E mi mancavano un sacco.

Passando al resto del capitolo… Petrabelle! Sarò onesta con voi, le scuse di Amabelle dovevano essere più drammatiche. Avevo programmato il fluff, ma doveva aprirsi molto di più. Poi ho pensato… nah, l’ho già fatto con Norman, e Petra non è tipa di molte parole. Quindi rendiamola più fluff e divertente nel suo essere melodrammatica, e sono parecchio soddisfatta del risultato. Mi sembra che l’angst degli ultimi capitoli sia stato ufficialmente superato.

Certo, poi si torna a Max e Veronika, e le tensioni restano, ma siamo comunque solo ad agosto, mancano ancora quattro mesi. E credo che entrambi i membri della coppia abbiano torto e ragione insieme.

Hanno bisogno di un po’ di tempo per riflettere.

Chi non riflette invece è Denny che ha concluso il proposito. Abbastanza presto, vedo. Bravo lui!

Comunque, tralasciando, Buon San Valentino!!!

Avrei voluto scrivere uno speciale da mettere nella raccolta di side stories: Life Bites

Ma non avevo tempo.

E ho preferito pubblicare questo capitolo per festeggiare.

Purtroppo sono ancora sommersa di studio, ma dal 25 sarò libera.

E probabilmente non aspettatevi un capitolo prima di allora.

Perché il prossimo capitolo avrà una delle scene cardine della storia, di quelle che ho in mente da quando ho iniziato (e per farvi capire, alcune scene cardine finora sono state il reveal di Veronika, la confessione Ferren sull’altalena, e il bacio Mathenny in discoteca, quindi sì… sarà una scena importante) e voglio descriverla bene, quindi mi prenderò il mio tempo per renderla perfetta.

Inoltre tornerà Clover e si scoprirà cosa ha fatto da quando si è “lasciata” con Diego.

Insomma, un capitolone.

Grazie a tutti quelli che continuano la storia, spero davvero che il capitolo un po’ più leggero vi sia piaciuto.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mathi e Denny elaborano un piano per attaccare Will, Max trova Clover in un bar

   
 
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