Serie TV > Wynonna Earp
Ricorda la storia  |      
Autore: AwkwardArtist    14/02/2021    1 recensioni
Storia partecipante all'iniziativa "San Valentino Exchange" promosso dal gruppo fb LongLiveToTheFemslash. Un improbabile crossover tra i personaggi di Wynnona Earp e l'universo cinematografico di Resident Evil.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La porta si aprì lasciando intravedere la luce all’interno della stanza e perdendo di fatto la mimetizzazione perfetta data dal muro screpolato ricoperto da manifesti pubblicitari in vari strati di età. Doc e Rosita entrarono e dopo poco il meccanismo si richiuse, lasciando il vicolo vuoto come lo era stato un momento prima. Preceduti da Nedley, entrarono nel piccolo ma celato rifugio della BBD. Furono accolti dal rumore metallico delle armi che venivano caricate e dalle chiusure dell’equipaggiamento di assalto. Dolls, Wynonna e il resto della loro minuscola squadra si voltarono verso di loro.
“Alla buon’ora.” Disse l’uomo alto senza smettere di prepararsi.
I baffi neri di Doc fremettero di disappunto e sbuffò sonoramente indicando l’armamentario pronto per essere utilizzato.
“Non sono d’accordo con questo sistema. Si rischiano solamente gravi perdite da entrambe le parti.”
“Per fortuna non è necessario che tu approvi.” Dolls lo fissò con ostilità. Poi, reciso come sempre, il militare si rivolse a Rosita. “Avete portato quanto promesso?” Quando la donna bruna assentì, lui si voltò a guardare Wynonna che era rimasta in silenzio. “Allora abbiamo tutto quello che ci serve.”
Rosita stese sul tavolo una planimetria del luogo al quale avrebbero di lì a poco tentato di accedere.
Fece segno a Wynonna di avvicinarsi, decisa a farle capire che in quel particolare caso aveva tutto il suo supporto.
“La villa-laboratorio è proprio al centro.” Indicò un’area piuttosto vasta oltre la quale si estendevano altre zone delimitate di colorazione diversa. “È indentificata come ‘Il Giardino’ ed è circondata da zone popolate da infetti. L’ultimo anello attorno alla proprietà è zeppo di mutanti. Questa volta la Umbrella ha fatto le cose per bene.” Concluse senza allegria.
Wynonna si limitò ad assentire e produrre una tacca con la canna di Peacemaker esattamente in mezzo al riquadro che indicava il posto dove Waverly era tenuta prigioniera da ormai troppo tempo.
“Andiamo a riprenderci mia sorella e se sperano di impedircelo lasciando qualche fenomeno da baraccone a fare la guardia, sbagliano di grosso.”
La voce profonda di Doc si udì dall’ombra dove era rimasto nel tempo di quello scambio.
“Wynonna, erano persone un tempo e là dentro ancora ci lavorano esseri umani.”
La giovane castana si girò verso di lui, lasciando finalmente esplodere tutta la rabbia che stava tenendo a bada.
“Mia sorella, mia sorella è un essere umano e non mi interessa minimamente della sorte di chi ha contribuito a farne una cavia da laboratorio. Perché tutti qua dentro sappiamo benissimo che per quanto possano averla cambiata, Waverly possiede più umanità di tutti noi messi assieme!”
I secondi di silenzio che seguirono furono rotti da Dolls che posò una mano sulla spalla di Wynonna e si assicurò che lei lo guardasse negli occhi prima di annuire e confermare “Andiamo a riprendercela.”
“Voi venite così?” Chiese poi a Doc e Rosita che sembravano appena usciti da un rodeo da bar.
“Rambo lo lasciamo fare a te.” Concluse l’uomo guadagnandosi una pacca da parte della bruna
“Troppi galli in quello che neanche è un pollaio, abbiamo cose più serie di cui occuparci.”
Rosita accettò di buon grado il giubbotto antiproiettile che Nedley le porgeva.
Uscirono dal piccolo rifugio poco tempo dopo, aiutati dalle ombre della notte e dalla scarsa sorveglianza di quella zona periferica della città, mentre aperto sul tavolo rimaneva il dossier che Doc era riuscito a procurarsi su Waverly. Quello che conteneva nel dettaglio gli esperimenti condotti sulla giovane fino a quel momento, operazione che la Umbrella aveva denominato, con una sorprendente mancanza di fantasia, ‘Angelo Caduto’.
 
 
Nicole aveva già percorso più e più volte l’intero perimetro di quella stanza da dove non poteva fare altro che subire il bombardamento di immagini che le arrivavano dagli schermi posti su ogni parete.
Inizialmente sembrava che il suo piano di infiltrarsi con le informazioni che Doc le aveva fornito potesse funzionare. Ripensandoci a posteriori, si rendeva conto che più forti di tutto erano stati il desiderio di ritrovare Waverly e la paura di arrivare troppo tardi: la logica e la prudenza ne avevano risentito. Purtroppo c’erano alcuni fattori che la fonte interna del pistolero gentiluomo non poteva prevedere. Una di queste era la presenza di quel viscido di Champ Hardy. La sua copertura era andata in fumo in un attimo quando lui l’aveva riconosciuta. Avrebbe fatto pagare a quello stronzo omofobo ogni momento che stava ritardando la liberazione di Waverly. Sicuramente c’era il suo tocco dietro quella personale tortura alla quale la stava sottoponendo. Aveva in qualche modo sfruttato il suo desiderio di rivedere la compagna, che ora le compariva notte e giorno sugli schermi dei monitor, mentre faceva una vita che non era la sua, senza memoria di quella che era stata prima e senza comprendere che era chiusa in una prigione dalle mura a lei invisibili ma perfettamente reali e solide.
Alzò gli occhi e li fissò in quelli inconsapevoli di Waverly che osservava se stessa in uno specchio. Promise a quegli occhi che guardavano la figura riflessa senza davvero vederla – Waverly che non si ricordava di lei né di nessun’altra delle persone che amava – che le avrebbe restituito ogni cosa e che coloro che la stavano trattando come una proprietà da sfruttare avrebbero rimpianto il giorno in cui erano entrati a Purgatory pensando fosse un’operazione facile e priva di rischi.
 
 
Champ non poté trattenere un sorrisetto di soddisfazione pensando alla doppia prigionia di Nicole, che era costretta a guardare l’amata attraverso gli occhi freddi delle telecamere, puntate notte e giorno sulla vita che Waverly era convinta fosse reale. E in qualche modo lo era. La fase degli esperimenti più crudi era conclusa e comunque la giovane non ne conservava memoria. Da poco era iniziata la fase di osservazione alla quale sarebbe seguita quella operativa: testare la natura di Waverly direttamente sulle creature e sugli infetti per vedere fino a che punto poteva essere usata come un’arma. Lui aveva visto alcune riprese ed era rimasto impressionato dalla potenza distruttiva della donna che era stata il suo amore di gioventù. Non aveva sbagliato a vendersi alla Umbrella.
Perché di quello si trattava, di un contratto nel quale l’uomo riusciva a vedere solo vantaggi: una ricchezza che prima o poi avrebbe potuto sfruttare fuori da quella gabbia di vetro, e la possibilità di riavere Waverly, in qualche modo, che era decisamente qualcosa di particolare.
Anche lui era nuovo per lei e a Champ andava bene così. Sapeva, in quella zona di consapevolezza che teneva al minimo, giusto per non esserne disturbato, che difficilmente lei lo avrebbe tollerato se si fosse ricordata di chi era, di quella che era la sua dimensione affettiva e reale. Una dimensione di cui lui non faceva più parte, e a buon titolo.
Le mise le mani sulle spalle apparendo allo specchio dietro di lei.
“Stai benissimo così.” Le disse. “Andiamo, è ora di cena.”
Non si preoccupò dell’espressione di fastidio che le si dipinse sul viso al suo tocco.
“Perché non ho segni dell’incidente?” Gli chiese lei a bruciapelo, lasciandolo a cercare la risposta, con quel suo modo superficiale di pensare, nella versione che le avevano rifilato in tutti quei mesi.
“Non ne sei contenta?” Disse invece, rinunciando a quel minimo sforzo che gli avrebbe consentito di trovare una risposta adeguata.
“Dovrei? Un evento che mi ha cambiato la vita e io non ne ho memoria, come di tutto il resto, a quanto pare.” Lo guardò socchiudendo gli occhi per fargli capire che il riferimento non era casuale.
“Tornerà, vedrai.” Fece lui già stufo di quell’esame e ansioso di calarsi di nuovo nella parte consumata che si era ritagliato.
“Mh.” Waverly si allontanò dallo specchio e da colui che si era a quanto pare scelta come compagno di vita, anche se in tutta onestà non riusciva davvero a comprendere con che criterio lo avesse fatto.
Si accorsero tutti e due della presenza di Jeremy, il tecnico di laboratorio che seguiva il percorso di recupero di Waverly o, per meglio dire, che era incaricato di studiarla e di tenere sotto controllo la sua assenza di memoria.
“È l’ora della terapia.” Il giovane indicò il piccolo vassoio con le capsule colorate e il bicchiere dell’acqua con il quale buttarle giù.
Champ gli indirizzò un infastidito cenno di assenso e si voltò di nuovo verso lo specchio, aggiustandosi la cravatta e sorridendo malignamente alla persona che sapeva prigioniera di quell’incubo in salsa orwelliana.
Waverly si avvicinò con rassegnazione al giovane bruno, senza avere più la volontà di capire o anche solo di opporsi: era come vivere con una benda sugli occhi, ma quello che fece Jeremy subito dopo ebbe l’effetto di strappare quella benda, e con un certo vigore. Non appena lei gli fu davanti, Jeremy coprì con la mano libera le terapie e indicò con la testa la tasca del camice da cui spuntava una pistola. Quando lei alzò gli occhi sorpresi in quelli spaventati ma decisi dello scienziato, lui approfittò per dirle col movimento delle labbra “Dobbiamo andare.”
 
 
Arrivare fino a lì non era stato facile e nemmeno gratuito. Dolls preferiva non ripensare alla maniera poco discreta con la quale Doc e Rosita si erano presentati a bordo della Chevy rossa e si erano aperti la strada investendo quanti più infetti possibile, con la bruna che, sporgendo fuori dalla portiera del passeggero, lasciava andare una selva di colpi dalla mitraglietta fornitale per gentile concessione della BBD. L’idea era di attirare l’attenzione della Umbrella per creare un diversivo, e da quel punto di vista l’entrata aveva sicuramente funzionato, ma aveva anche annullato l’effetto sorpresa. Tutta la base era in allarme. Occorreva fare presto.
Dolls fece cenno ai componenti della squadra più vicini. I due si misero immediatamente al lavoro sui pannelli dell’aerazione e in pochi secondi fecero scattare le aperture. Dopo essersi fatti spazio attorno alla periferia di quella piccola cittadina trasformata in un base dalla Umbrella, non rimaneva che raggiungerne il centro, i laboratori sui quali sorgeva la struttura denominata il Giardino. Si intrufolarono nei condotti, ringraziando che fossero abbastanza larghi da poter procedere velocemente. La fonte interna di Doc, che a quanto sosteneva Rosita si era fatta ammaliare dagli occhi color ghiaccio del pistolero, aveva distratto il computer principale, ma presto l’attenzione della Red Queen sarebbe tornata su quello che accadeva all’interno della sua area di osservazione e anche quello era un fattore che metteva fretta al piccolo gruppo. Nedley, che nonostante l’età e la preparazione non proprio militare stava dimostrando notevole agilità e resistenza, ora fece cenno a quelli dietro di lui di rallentare: erano entrati nella zona pattugliata dai mutanti. Bisognava ridurre al minimo ogni rumore e sperare che lo spray di cui si erano cosparsi prima di entrare nei condotti ingannasse davvero l’olfatto di quelle creature.
 
Nicole capì che qualcosa stava cambiando quando riuscì a cogliere il disappunto sul viso di Champ Hardy. Lo vide voltarsi e uscire dallo spazio di quella particolare telecamera proprio nel momento in cui ogni monitor si spense e una luce rossa iniziò a lampeggiare nella stanza. La giovane poliziotta si accanì sulla porta ma non poté che sferrare qualche calcio all’indirizzo della solida superficie di metallo. A poca distanza, ma di fatto sopra di lei, separate da strutture in acciaio anche la sua compagna stava realizzando che qualcosa era in movimento.
“Cosa pensi di fare?” Champ si era accorto della mossa di Jeremy e si stava dirigendo verso di loro. La mano del giovane scienziato, decisamente poco avvezza a tenere un’arma, stava tremando e Hardy ridacchiò. Ilarità che ebbe vita breve quando vide Waverly prendere la pistola e puntargliela contro con estrema e calcolata sicurezza.
“Resta dove sei perché ti sembrerà strano ma credo di ricordare di saperla usare.”
“Piccola, ma che stai dicendo?”
“Mi sembra anche improbabile di averti mai permesso di usare questi termini con me. Non so chi tu sia e nemmeno mi interessa ma ora farai quello che ti viene chiesto di fare.” Rispose lei in modo che non ammetteva repliche. Ma Champ ci provò lo stesso.
“Sono il tuo uomo.” Le disse e lei realizzò con fastidio che l’affermazione non sembrava del tutto campata per aria. ‘Forse di un’altra me’ Concesse mentalmente concentrandosi sulla contingenza della situazione in cui si trovava.
“Come procediamo?” Chiese a Jeremy senza distrarsi dal tenere lontano Champ, il quale comunque sembrava aver perso ogni energia ostile. L’uomo infatti vedeva chiaramente davanti a sé il fallimento del proprio meticoloso piano per il futuro e alzò le mani in segno di resa, proprio mentre la risposta di Jeremy si perdeva nel fragore di vetri che andavano in frantumi e porte che cadevano pesantemente al suolo. L’entrata della BBD, anche di un gruppo ristretto, poteva essere spettacolare quando lo volevano. Avevano attraversato il giardino dopo essere spuntati dai condotti appena fuori dai laboratori e avevano ritenuto che potesse bastare con le cautele.
Jeremy rimase a bocca aperta ma si riprese subito e, defilandosi in tutta fretta dietro la squadra in nero, pose la domanda che gli stava più a cuore “Ma dov’è Doc Holliday?”. Dolls scosse la testa divertito, Rosita ci aveva visto giusto anche quella volta.
Wynonna si precipitò verso la giovane donna che guardava i nuovi arrivati senza particolare emozione. “Non sai chi sono, vero?” Fu costretta ad ammettere guardando l’espressione neutra negli occhi solitamente vitali della sorella. Quando la giovane scosse la testa, decise comunque di abbracciarla “Non preoccuparti, baby girl, risolveremo anche questa. Intanto ti tiriamo fuori di qui.”
“È più facile che ci tiri fuori lei di qui.” Borbottò Jeremy e Wynonna si voltò di scatto verso di lui ma prima che potesse chiedere lumi, la sua attenzione cadde sull’altra presenza nella stanza, quella che il resto della squadra stavano tenendo sotto tiro.
“Cosa cazzo ci fai tu qui?” Inveì raggiungendo in due rapide falcate Champ Hardy che era rimasto paralizzato dalla loro entrata. “Anzi non ti sprecare a dirmelo.” Gli assestò un destro che lo mandò lungo e disteso. “Se non ti ammazzo è perché non ne ho il tempo. Alza le tue inutili chiappe e salvati se ti riesce.”
“Sento già la tua mancanza.” Gli disse Waverly con glaciale ironia, seguendo il piccolo gruppo di persone fuori dalla villa-prigione.
 
 
Quando finalmente la porta si era aperta rivelando lo spoglio corridoio, Nicole aveva ringraziato quell’improvvisa fortuna, salvo pentirsene un minuto dopo, quando aveva sentito il rumore inconfondibile dei mutanti in avvicinamento.
“No, no, no!!” Maledisse la mancanza della sua arma anche se non avrebbe cambiato le sorti di uno scontro impari. Poco davanti a lei due pesanti grate piombarono al suolo. Il busto di Rosita, con la testa rivolta al pavimento, spuntò dalla prima apertura con uno stile che avrebbe fatto invidia a Lara Croft e due enormi pistole nelle mani.
“A terra!!” Impartì e quando Nicole ebbe eseguito l’ordine, scaricò gli interi caricatori addosso alle due creature mutanti che erano appena spuntate in fondo al corridoio.
“Andiamo, Rossa. La piccola Earp non me lo perdonerebbe se non ti salvassi le chiappe.”
Doc si era proteso oltre la seconda apertura e le tendeva una mano, pronto a tirarla su.
 
La riunione dell’eterogeneo gruppo avvenne all’ingresso dei tunnel con le rotaie che correvano sotto la villa e arrivavano nei pressi dell’uscita dalla cittadina-laboratorio. Era una via utilizzata solo dai membri della Umbrella coinvolti nel progetto. Forse avrebbero potuto cavarsela senza dover uccidere esseri umani, anche se a Wynonna l’idea non faceva né caldo né freddo visto per quale fine erano stati assunti. Quando il piccolo vagone si richiuse e tutti furono al sicuro a bordo, Dolls si mise ai comandi. Wynonna dette una pacca di incoraggiamento a Nicole che non staccava gli occhi da Waverly senza avere il coraggio di avvicinarsi. Glielo leggeva nel sorriso timido e distante che il miracolo non era avvenuto e che la giovane donna non si ricordava nemmeno di lei, neanche vagamente. L’imbarazzo che era sceso andava di pari passo con la voglia di ogni membro del gruppo di uscire da quella trappola tutti interi. Al resto avrebbero pensato una volta al sicuro.
Jeremy armeggiava con il portatile fornitogli dalla BBD per fare sì che la Red Queen aprisse le porte il tempo necessario a farli uscire. Il computer centrale non sembrava molto collaborativo. Ogni possibile fuga dal laboratorio era un rischio troppo grande per essere permessa. Meglio la distruzione totale di ogni organismo o virus chiuso all’interno del perimetro.
“Ci sono quasi!” Esclamò lanciando un’ultima occhiata adorante al pistolero baffuto che gli forniva ispirazione. Gli pareva addirittura più bello di quando lo aveva visto per la prima e unica volta, poche settimane prima.
Appena il vagone si fu ancorato alla fine della rotaia, scesero tutti e si diressero correndo verso le porte di metallo.
“Falle aprire!” Gridò Wynonna facendo sobbalzare il giovane nerd.
“Un attimo, un attimo!” Rispose lui sudando freddo e incespicando sui tasti.
“Un attimo che non abbiamo.” Si intromise Rosita, indicando almeno una decina di mutanti che scivolavano giù dalle pareti.
“Non possiamo nemmeno rischiare di portarceli dietro.” Wynonna estrasse la fedele Peacemaker decisa a eliminarne quanti possibile. Fu allora che il grido di Jeremy li fece voltare tutti verso Waverly.
“Ecco che comincia!” Gridò lo scienziato mentre attorno si iniziava a percepire una vibrazione. Gli occhi della minore delle Earp erano diventati completamente neri e dalle sue mani sembrava liberarsi una sorta di energia. Con uno scatto felino Waverly afferrò la faccia di una delle creature e in pochi minuti lo ridusse in cenere, con grande sorpresa del gruppo gli altri mutanti emisero una sorta di grido primario e si dispersero verso la zona interna della base. Se tutto sembrava mettersi incredibilmente a loro favore, quell’unica cosa a cui non pensavano in quel momento fu quasi la loro rovina. Waverly non ricordava nessuno di loro e ora che la sua energia oscura si era liberata, l’unica cosa che voleva era potersi esprimere.
“No, cazzo!” Esclamò Wynonna vedendo che il soggetto più vicino alla sorella, oramai priva di qualunque controllo, era proprio Nicole.
“Waverly…” La giovane rossa fece qualche passo indietro mentre la Earp ne faceva qualcuno verso di lei. “Fermati ti prego. Non è possibile che non ti ricordi niente. Mi avevi chiesto di sposarti, poco prima di essere portata via.” Niente, se non le mani ancora cariche di energia che si alzavano in direzione della sua testa. Si udì il clic del cane di una pistola che veniva sollevato. Anche l’attenzione di Waverly venne attirata in quella direzione. Wynonna con le lacrime agli occhi, stava puntando la canna di Peacemaker sulla sorella.
“Mi dispiace, baby girl, ma so che non riusciresti a perdonarti di avere ucciso la persona che ami.”
Prima che potesse premere il grilletto però Nicole afferrò le mani di Waverly e la baciò di impulso, guidata dalla disperazione e dall’istinto. Negli attimi che seguirono tutti trattennero il respiro per non disturbare il momento di stasi, poi lentamente gli occhi della giovane ritornarono al loro colore originale.
“Nicole!” la rossa vide la consapevolezza tornare nello sguardo della compagna prima che questa le si gettasse contro, baciandola ancora e ancora.
“Quanto tempo ho passato qua dentro?” Chiese incredula Waverly dopo che fu soddisfatta della riunione.
“Diciotto mesi.” Nicole abbassò gli occhi, sentendo tutta la responsabilità di quel lungo periodo.
“E che cosa avevi risposto?” Domandò allora la giovane Earp che aveva ritrovato in un secondo la sua attitudine solare.
“Eh?” Fece la poliziotta, meno rapida a cogliere quella sequela di cambiamenti.
“Alla proposta di matrimonio?” Proseguì la Earp ma prima che la compagna potesse rispondere alzò una mano con fare perentorio.
“Aspetta un attimo…” Disse socchiudendo gli occhi e voltandosi verso la sorella che le osservava con aria trasognata.
“Wynonna, mi hai veramente puntato quel cannone contro??” Inveì gesticolando in direzione di Peacemaker.
“Uh… ma stavi per ammazzare la rossa, Porco Demone, Wave.”
“Ma cazzo, Wynonna!!” Le saltò addosso iniziando a tirarle i capelli come quando erano piccole, nell’ilarità generale. In fondo se l’erano cavata tutti senza danni permanenti.
 
 
Quando ebbero messo diversi chilometri tra loro e quel posto da incubo, si fermarono su un’altura dalla quale si poteva ancora cogliere il riflesso di Raccoon City nella luce del sole calante.
“Come faremo a essere sicuri che non ci riproveranno?” Chiese Wynonna a Dolls, indicando la sorella che si stava rifacendo del tempo perso appiccicata alla rossa che aveva decisamente un’aria instupidita dall’amore. In fondo era anche San Valentino, pensò guardando con un sorriso le goffe manovre della loro nuova recluta, Jeremy, per attirare l’attenzione di Doc Holliday.
“Ti basti sapere che tra poco un gruppo che da qualche anno si è incaricato di svelare gli esperimenti illeciti delle grandi corporazioni, renderà pubblici gli affari sporchi della Umbrella. Avranno ben altri grattacapi da risolvere che non cercare di riprendersi Waverly, anche perché non gli è andata esattamente bene, no?”
“No.” Concesse Wynonna con un sorriso. “E chi sono questi attivisti dei nostri tempi, per poterli ringraziare un giorno?”
Dolls stirò le lunghe membra.
“Di preciso non lo so nemmeno io. Ho parlato con uno dei membri, Geek Monkey, via computer. Si fanno chiamare Clone Club.” Concluse allontanandosi dalla sporgenza per tornare verso il loro furgone.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Wynonna Earp / Vai alla pagina dell'autore: AwkwardArtist