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Autore: AlessiaDettaAlex    15/02/2021    1 recensioni
[LL! Sunshine!! | Indovinate un po'? KanaMari! | slice of life e fluff, per controbilanciare l'angst del mese scorso | vita adulta di coppia | idealmente si piazza dopo Blonde, rich and powerful, ci sono dei mini riferimenti]
«Ha ragione Dia, ti vizio troppo» (dal testo)
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Kanan Matsuura, Mari Ohara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mari riposava sul divano sforzandosi di tenere gli occhi il più possibile aperti, le palpebre facevano movimenti penosi e il viso si rigava di smorfie faticose; la stanchezza l’aveva stretta non appena aveva toccato il divano e già sapeva che sarebbe stata un’impresa raggiungere il letto, più tardi. Davanti a lei, la tv trasmetteva un qualche episodio di una serie che guardava con piacere, ma che da qualche minuto aveva smesso di avere la presa sufficiente a tenerla sveglia.
Lontano, lo scorrere dell’acqua: Kanan lavava i piatti in cucina, immersa nel silenzio; ruotando di poco il viso riusciva a vedere la sua ragazza mezza addormentata in salotto, intenta a intraprendere un’estenuante lotta con se stessa. Sorrise. Aprì uno sportello e agguantò la tazza di Mari; preparò un tè caldo, poi recuperò un limone tagliato dal frigorifero e lo strizzò completamente nella bevanda, coi movimenti sicuri di chi conosce il rituale nei più piccoli dettagli. Mezzo cucchiaino di zucchero e la magia era compiuta. Camminò verso il divano, si sedette con un tonfo accanto a lei e lasciò che appoggiasse la testa sulla sua spalla.
«Sento odore di limone» mugugnò Mari attorcigliandosi al braccio di Kanan.
«Ti sbagli. Questo è mio» scherzò l’altra tenendo ben stretta tra le dita la tazza calda.
«Non è vero»
Mari ruotò la testa e il corpo in modo da trovarsi più comoda ad allungare le mani verso il tè, seguendo il movimento di Kanan che glielo allontanava tatticamente. Per sua fortuna, la messinscena durò poco.
«Sei un cane da tartufo» rise offrendole la tazza, evitando i movimenti bruschi per paura che nel suo stato potesse rovesciarsela addosso. O peggio, sul divano. Era già successo: decisamente meglio prevenire che curare.
«Non so come farei senza di te»
«Vivresti in una villa gigante, con uno staff pagato per fare queste cose quotidianamente»
«Preferisco mille volte te, love of my life»
Kanan sospirò, ma una gioia pacata già le traspariva dal sorriso.
«Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, dicevano»
Mari gongolò contenta, cominciando a sorseggiare il suo tè accoccolata su Kanan, che intanto le aveva fatto spazio tra il suo corpo e il suo braccio per permetterle di trovare la posizione perfetta.
«Ha ragione Dia, ti vizio troppo»
La mano di Mari raggiunse le ciocche dei capelli corti di Kanan, giocandoci a passarsele tra le dita, affettuosamente. La televisione ancora riempiva la stanza delle sue chiacchiere, del tutto inascoltate. Kanan appoggiò la guancia tra i capelli di Mari, controllando al tempo stesso che lei non si addormentasse con la bevanda in mano e compisse il disastro a cui poi avrebbe dovuto porre rimedio. Quando finì di bere, Mari appoggiò la tazza sul tavolinetto davanti al divano e sollevò la testa per schioccare un bacio sulla guancia dell’altra; con la scusa di volere un po’ di coccole prima di andare a dormire, però, ricadde inesorabilmente nel circolo vizioso di sonno e veglia. Tra uno sbadiglio e l’altro, Kanan se la ritrovò completamente addormentata pochissimi minuti dopo, quando decise di conseguenza che era arrivato il momento di portarla a letto. Col braccio libero circondo le gambe di Mari e la sollevò di peso.
Le volte che tornava a casa da lavoro in quello stato, erano anche quelle in cui proprio non aveva cuore di risvegliarla per farla andare in camera da letto con le sue proprie gambe; Mari spremeva tutte le sue energie ogni giorno, come d’altronde aveva sempre fatto sin dalla scuola. Affrontava viaggi di qualche settimana almeno una volta ogni due mesi, e quando era in Giappone lavorava senza sosta da casa o dall’hotel di Awashima. Per questa gran fatica, in cambio aveva tutto ciò che Kanan sapeva non avrebbe mai potuto offrirle: introiti del valore di qualche milione, prime pagine sulle riviste di business, inviti a ricevimenti prestigiosi – a cui Mari provava a portarla tutte le volte, incontrando tutte le volte resistenze e reticenze. Essere una giovane imprenditrice di successo aveva senza dubbio i suoi pro e i suoi contro; essere la partner di quella giovane imprenditrice era forse una sfida ancora maggiore. Non aveva mai amato i riflettori, lei. E anche se si vergognava ad ammetterlo, odiava l’idea di vedere con i propri occhi la vita che un qualsiasi uomo abbiente avrebbe potuto offrirle se fosse stato al suo posto. Ma su questo suo complesso ci avrebbe lavorato, gliel’aveva promesso, a Mari. Glielo doveva: e lo doveva anche a se stessa.
La adagiò sul materasso, e poi le lasciò un bacio a fior di labbra. Faticò un poco per spogliarla e poterla infilare sotto le coperte, al calduccio, ma il sorrisetto dolce che portava in volto l’aveva ripagata abbondantemente.
Aspetta, sorrisetto?
«Scema, sei sveglia» notò alzando un sopracciglio.
Mari allungò le mani sopra di lei fino a raggiungere i capelli morbidi di Kanan, per lisciarglieli mielosamente.
«Potevi fare il minimo sforzo di aiutarmi coi vestiti, principessina»
«Perché? Tu non hai mai avuto nessuna difficoltà a togliermeli» biascicò l’altra con la voce impastata dal sonno.
Kanan rise, anche stavolta aveva ragione; spostò la testa e le baciò una mano, teneramente.
«Stai delirando. Mettiti a dormire»
«Solo se mi abbracci»
Lei allora si accostò a baciarle una tempia e, prima di allontanarsi, le sussurrò in un orecchio: «Mi cambio e arrivo».
Naturalmente, non aveva bisogno di nessuna conferma per sapere con certezza che quando sarebbe tornata dal bagno l’avrebbe trovata già nel mondo dei sogni. Dormiva accoccolata su un lato, le mani strette tra loro come quelle dei bambini, i ciuffi dorati sparsi sul suo cuscino e il respiro regolare, lento e rilassato. Un angioletto.
Era come le diceva sempre suo padre: la felicità e la sicurezza di quella donna erano una sua responsabilità; questo potere suonava vertiginoso, ma non si era mai tirata indietro davanti a sfide rischiose; piuttosto, avrebbe fallito provandoci.
Si rincantucciò sotto le coperte accanto a lei, faccia a faccia, e le carezzò la schiena.
Fece silenzioso voto di continuare a prendersi cura di lei, ancora per lunghi anni.



 
Note di Alex
La vera battuta finale di questa storia doveva essere: «Non ho bisogno di cioccolata, perché tu sei una persona dolce», ma ho tradito _Alcor e niente.
Anche questa girava sul mio computer da agosto, era anche l'ora che ci mettessi un punto. Ho come l'impressione di avere appena portato il numerino delle fanfiction sulla KanaMari a livelli mai visti prima nel fandom italiano, per la gioia e l'orrore di molti. Me ne assumo totalmente il merito e il demerito.
Long live KanaMari!
Grazie di aver letto,
Alex
   
 
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