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Autore: Mary P_Stark    15/02/2021    2 recensioni
Liza Wallace è la nuova Geri del branco di Clearwater e, a discapito della sua giovane età, dimostra fin da subito di avere un potenziale enorme; il rapporto davvero unico con i suoi Huginn e Muninn, i magici corvi al servizio del Sicario Umano del branco colpisce fin dall'inizio l'intero branco. Questo suo potenziale verrà subito messo alla prova quando, a sorpresa, giungerà a Clearwater una famiglia proveniente da New York. I Sullivan sembrano una famiglia normale, almeno all'apparenza, ma il figlio Mark e suo padre Donovan metteranno in allarme il branco a causa del loro comportamento sospetto. Saranno dei temuti Cacciatori, o qualcun altro si cela nell'ombra, più pericolo e subdolo, tentando di portare lo scompiglio nel branco di Lucas, Devereux e Iris? (particolari della storia presenti nei racconti precedenti della Trilogia della Luna)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Epilogo.

 

 

 

L’alba stava tingendo i monti a est, incendiando le distese apparentemente infinite delle foreste canadesi e baciando con i suoi tiepidi raggi la piccola radura del Vigrond di Clearwater.

Assiepati attorno all’esile quercia sacra, i Gerarchi, il Guardiano del Santuario e le famiglie Sullivan, Howthorne e Wallace si apprestarono a congedarsi da Litha e Rohnyn, ormai pronti per il loro ritorno in Irlanda.

Dopo una serie di abbracci, baci e promesse di vario genere ed entità, Litha prese per mano il fratello, sorrise ai suoi amarok e mormorò: «Non avrete difficoltà a contattarmi, qualora doveste avere bisogno di me. Ma potete farlo anche soltanto per chiacchierare un po’. Mi farà sempre piacere.»

I tre giovani assentirono con gli occhi lucidi, le mani strette tra loro in una muta promessa di reciproca e mutua amicizia.

Lanciato poi uno sguardo a Lucas, Litha aggiunse: «Abbiamo delle vite in comune, Fenrir di Clearwater. Questi lupi ora fanno parte del tuo branco, e Liza è altresì la tua Geri, ma spero rammenterai anche il legame che ci unisce.»

«Non potrei mai prevaricarlo. Inoltre, ti devo troppo per non rispettarlo al meglio delle mie possibilità» assentì Lucas con tono serio.

Annuendo a quelle parole confortanti, Litha allora terminò di dire: «Sia questo un arrivederci, dunque. Le mie porte saranno sempre aperte per tutti voi.»

Ciò detto, svanirono letteralmente dinanzi ai loro occhi mentre un vento leggero si levava dal nulla per sottolineare la loro sparizione.

I più sconcertati si rivelarono gli Howthorne – da poco entrati in quel regno di misteri e magia – ma furono le reazioni di Dev e Iris a spezzare l’aura di leggera tensione formatasi tra i presenti.

Sköll e Hati, infatti, poggiarono istintivamente la mani sui rispettivi stomaci e Dev, divenendo pallido in volto, borbottò: «Odio la velocità di curvatura…»

«A chi lo dici» mormorò Iris, e l’attimo dopo si scusò con i presenti per rifugiarsi dietro casa a dare di stomaco.

Una risata collettiva spezzò quindi l’ansia fin lì accumulatasi e, mentre Rachel si scusava a sua volta per raggiungere la nipote, Donovan Sullivan scrutò i tre ragazzi sorridenti nel bel mezzo del Vigrond e domandò loro: «Pronti per riprendere la scuola?»

I tre annuirono con vigore e Mark, nell’ammiccare al padre, disse: «Credo che oggi pomeriggio andrò con Liza a fare shopping. Ho idea di aver bisogno di un nuovo guardaroba.»

«Niente più felpe col cappuccio?» domandò quindi l’uomo, sorridendo a mezzo.

«Già» ammiccò il figlio mentre Diana correva ad abbracciarlo con calore.

Liza e Chanel sorrisero di fronte a quella scena ma, quando Donovan si avvicinò loro, entrambe lo guardarono dubbiose e in attesa che lui parlasse.

Fu a quel punto che l’uomo le sorprese entrambe, abbracciando con calore Liza.

Sgomenta, la giovane lo sentì dire con voce roca ed emozionata: «Con tutto quello che è successo, non ho mai avuto il tempo di ringraziarti per aver salvato mio figlio. Grazie, Liza… grazie.»

Arrossendo suo malgrado – anche a causa del sorriso orgoglioso che Mark le tributò, e a quello ancor più orgoglioso di suo padre – Liza balbettò: «Oh, b-beh… n-non c’è p-problema. D-davvero.»

Donovan allora si scostò, le sorrise e aggiunse: «Hai salvato molto più della sua vita, Liza. Lo hai salvato anche prima di quell’incidente, e di questo ti sarò eternamente grato.»

Liza, a quel punto, sorrise a sua volta all’uomo e replicò: «Mi sono innamorata di lui, perciò direi che siamo pari, no?»

Era la prima volta che lo diceva ad alta voce, e anche su Mark – non solo su di lei – ebbe uno strano effetto, ma le piacque il calore rigenerante che quella frase ebbe nel suo animo.

Sì, era innamorata di Mark e, insieme, avrebbero affrontato il futuro come amarok, come parte di un branco e come compagni. Non stentava più a crederlo possibile; ora era certa che sarebbe avvenuto.

E senza predizioni di Huginn a darle conforto. Il suo cuore glielo diceva, e lei era propensa a credergli.

Il picchiettare di Curtis Ahern sul quadro dell’orologio da polso riportò tutti al presente e, mentre lo sparuto gruppo si volgeva per osservarlo, il Capo della Reale Polizia a cavallo sorrise divertito e chiosò: «Se volete andare a scuola, converrà che vi muoviate… o farete tardi.»

Tutti, a quel punto, controllarono sia orologi che cellulari e, in breve, nel Vigrond vi fu un gran via vai di persone pronte a mettersi in pista per quella nuova giornata lavorativa e scolastica.

Lucas, accanto a Curtis, ammiccò al suo indirizzo e sussurrò: «Ti stavi emozionando troppo?»

«La faccenda stava diventando un po’ troppo melensa, e rischiavo di diventare diabetico. Inoltre, Liza si è parecchio esposta con quella confessione, così le ho offerto una scappatoia per non dover essere costretta ad ammettere altro» celiò Curtis, dandogli poi una pacca sulla spalla per raggiungere il suo pick-up.

Rock, da parte sua, guardò Diana e Dev e domandò: «Andiamo anche noi?»

Diana scrutò per un attimo Donovan, che assentì e disse: «Ti vengo poi a prendere io stasera. Tu vai pure con loro.»

Ciò detto, si avviò assieme a Mark e alla famiglia Howthorne per raggiungere le rispettive auto.

Richard, invece, mandò Helen sul retro della casa per capire come mai moglie e nipote ci mettessero così tanto a tornare, dopodiché disse: «Andiamo anche noi, Liza. Ti accompagno, poi vengo a riprendere le altre mie donne.»

«D’accordo» assentì la giovane, mentre Chelsey tornava da casa con gli zaini per entrambe.

Fu in quel mentre che Iris, Rachel e Helen tornarono e Dev, nel vedere il sorriso particolarmente radioso della moglie, le sorrise nell’andarle incontro e, abbracciandola, mormorò: «Non era l’effetto della velocità di curvatura, mi sa…»

«No, infatti» assentì lei.

Congratulazioni, ragazzi.

“Grazie, Gunnar. Davvero” replicò Devereux.

***

Tornare a scuola fu qualcosa di molto strano. I ragazzi e le ragazze di qualsiasi ordine e grado li guardarono con un misto tra timore reverenziale e compassione.

In molti si fecero avanti per complimentarsi con Liza e Mark per il coraggio dimostrato, oltre a spiacersi con tutti loro per la morte di Fergus.

Non senza sorpresa, i tre giovani si ritrovarono a fissare un piccolo altarino costruito appositamente per ricordare Fergus. Lo avevano posizionato sul fondo del corridoio principale del primo piano, in modo che tutti potessero vederlo.

Liza, Mark e Chanel trovarono un po’ strano pregare dinanzi a quell’accozzaglia di oggetti variegati, foto e dediche scritte su fogli colorati, ma non si tirarono indietro. Era vitale che continuassero a comportarsi il più possibile come prima.

Le loro preghiere all’amico si erano già elevate al cielo tempo addietro, tra le Luci del Nord, dove ora Fergus riposava con le sembianze di uno degli spettri di colore che rappresentavano Qiugyat.

Quand’anche loro, quindi, ebbero sistemato una candela colorata e un breve pensiero scritto a mano, poterono finalmente iniziare le lezioni.

Naturalmente, anche gli insegnanti vollero mostrare il loro interesse per gli sventurati allievi ma, anche in questo caso, il trio si prestò con pazienza a quel rito obbligato.

Grazie agli insegnamenti di Qiugyat, la parte del loro animo – e della loro memoria – deputata alle emozioni e reazioni istintive, era saldamente sotto controllo. Mark in particolar modo, non ebbe alcun problema a gestire l’imbarazzo di essere al centro dell’attenzione, per una volta.

Chanel si spese in un pianto rigenerante con Becky, una sua amica d’infanzia, e Sasha fu loro accanto per tutta la durata di quel primo giorno di scuola dopo l’incidente con l’amarok.

Fu comunque un sollievo uscire dal plesso scolastico e, come promesso quando ancora erano all’ospedale, Mark invitò Liza a uscire. La storia che aveva raccontato al padre era in parte una scusa; l’importante era stare con Liza, rendere tutto ufficiale una volta per tutte, non tanto cambiare il guardaroba.

Tributare il giusto peso, anche nel mondo degli umani, al loro legame, gli sembrava un atto necessario per rendere ufficiale il suo rapporto con Liza.

Insieme, quindi, non tornarono affatto a casa e, di comune accordo, si recarono allo Strawberry Moose per pranzare, dopodiché si dedicarono al già citato shopping.

Quando, però, entrarono in un negozio di abbigliamento, Liza afferrò Mark a un braccio e gli domandò: «Sei proprio sicuro di voler eliminare dal tuo guardaroba le felpe con il cappuccio?»

Lui scrollò una spalla e ammise: «Le ho sempre e solo portate perché volevo nascondermi dal mondo, ma credo di non averne più bisogno. Ma non per il motivo che pensi, quanto piuttosto perché ho deciso di ammirare ogni cosa che mi circonda senza alcun timore, e non farmi più tentare dalla facilità dell’anonimato e dell’oscurità.»

«Ogni cosa che ti circonda?» ripeté lei, sorridendo appena.

Mark assentì, sollevandole una mano per baciarne il dorso e, nel condurla all’interno del negozio, aggiunse: «Sai che mi piace stare in mezzo alla natura, ma più in generale ho sempre amato scoprire cose, luoghi e persone. Crescendo, però, ho avuto problemi sempre maggiori nel farlo, e nascondermi è diventata un’abitudine. Così facendo, però, limitavo il mio campo visivo. Certo, ero invisibile agli altri – o tentavo di esserlo – ma questo mi impediva di fare nuove esperienze. Grazie a voi, a te, tutto questo è cambiato, perciò non voglio più nascondermi.»

«Scopriremo assieme quanto ci circonda» dichiarò Liza, levandosi in piedi per dargli un tenero bacio. «Ma vorrei tenessi la felpa che avevi quando mi baciasti la prima volta. Ci sono affezionata.»

«Nessun problema… quella, piace anche a me. E’ legata a ricordi bellissimi» annuì Mark prima di guardarsi intorno e domandarle: «Da cosa cominciamo?»

«Camice?»

«Andata» annuì lui, avviandosi assieme a Liza verso quel reparto.

***

In compagnia del dottor Cooper e del dottor Johnson, Chanel annuì più e più volte nell’ascoltare le direttive dei due uomini finché, sorridente e pronta a tutto, dichiarò: «Ce la farò, non temete. Sarò un valido aiuto, alla clinica.»

«Ne siamo più che sicuri. L’importante è che tu ne sia convinta» la rassicurò Chuck, dandole una pacca sulla spalla.

La giovane assentì, lanciò uno sguardo tutt’attorno, agli strumenti chirurgici ben riposti nelle scaffalature, ai bendaggi, alle medicine per i licantropi contenute negli armadi a muro e, decisa, disse: «Non ho potuto dare una mano per salvare Fergus, ma ora ho deciso di imparare a dare il mio contributo, a non essere più passiva, e cominciare da qui mi sembra un buon inizio.»

«Contro quella belva spietata è servita una dea, cara, perciò non sentirti mai in colpa per questo…ma dare uno scopo al proprio futuro è sempre una bella cosa. E chissà, magari ti piacerà così tanto che sarai tentata di diventare un dottore o un veterinario, in futuro» le fece notare il dottor Cooper con un caldo sorriso.

Lei assentì, nel cuore la certezza di aver fatto il primo passo verso quello che aveva scelto come il proprio futuro. Ora, doveva solo mettersi d’impegno per realizzarlo.

***

Lo sconcerto nella voce di Brianna risultò essere tale da portare Iris a ridere divertita, mentre diceva: «D’accordo, stavolta ti ho davvero sconvolto.»

«Puoi dirlo forte!» esalò la giovane wicca all’altro capo del telefono. «Non soltanto sei stata testimone di un’epica battaglia tra due dee, ma il tuo spirito-guida ha dimostrato una capacità di adattamento a questo genere di lotte che davvero non mi sarei aspettata. Non avevo neppure idea che ci si potesse scindere a questo modo – tra spirituale e fisico, intendo – per combattere contemporaneamente due generi diversi di conflitto.»

«Beh, neppure noi lo pensavamo, ma abbiamo scoperto che potevamo farlo nel momento stesso in cui akhlut mi ha ferita con un contraccolpo psichico. Lei aveva ferito il mio corpo con la sua mente, e Gunnar aveva visto il colpo provenire dal piano astrale. Solo, non ha potuto fermarlo in tempo… ma lo ha visto! Una cosa incredibile» esalò Iris, ancora incredula.

Ripensare a quel combattimento, al modo in cui lei e Gunnar avevano interagito su diversi piani di realtà, la lasciava tutt’ora sconcertata, ma era lieta di poterne parlare con Brianna. Sapeva che, più di chiunque altro, l’amica avrebbe potuto aiutarla a capire e a cogliere quei particolari che le sarebbero potuti tornare utili un giorno.

Sperava con tutto il cuore di non dover bissare un simile evento, ma sapeva anche bene di vivere in un mondo di dèi e creature mitologiche, e non solo di esseri umani, perciò doveva essere pronta a tutto.

«Fenrir dice che Gunnar deve essere stato un ottimo stratega, in vita, per poter essere capace fino a questo punto di gestire un combattimento sul piano del surreale. Vorrebbe che ne parlaste con Thor e Beverly, perché ne potreste ricavare delle informazioni davvero interessanti…» le spiegò Brianna prima di aggiungere con tono dolce e protettivo: «…ma dopo la gravidanza. E’ meglio se adesso ti concentri solo su questo.»

Iris assentì tra sé, passandosi una mano sul ventre ancora piatto. Era stato Gunnar ad accorgersene, quasi strillando come un’aquila spennata nella sua mente, e saltellando metaforicamente per l’agitazione.

Il fatto di essersi reso conto della scintilla di vita presente dentro di lei lo aveva reso in qualche modo assai protettivo e un tantino paranoico e, da quando ciò era avvenuto, sembrava comportarsi come un uomo in un campo minato.

Sapeva tramite Gunnar che il potente guerriero aveva avuto, sì, due figli, ma sempre quando lui si era trovato lontano da casa, combattendo guerre a favore di qualche feudatario o del re di turno. Non si era mai trovato accanto all’amata moglie, quando i pargoli erano nati, e questo peso era perdurato nel suo animo anche dopo la morte.

Trovarsi, di punto in bianco, di fronte alla possibilità di veder crescere il cucciolo di Iris e di essere pienamente partecipe di tutte le fasi della gestazione, lo aveva reso guardingo, oltre che molto, molto premuroso.

Iris si chiedeva già se, nel corso dei successivi mesi, lui e Dev sarebbero entrati in competizione o se, come lei sperava, si sarebbero coalizzati per farla stare meglio. Si augurava che, almeno in quell’occasione, Dev avrebbe lasciato da parte le sue gelosie per fare fronte comune con Gunnar, o prevedeva già emicranie a pioggia.

«La settimana prossima mi farò visitare dal dottor Cooper, poi fisserò un appuntamento con la ginecologa. Qualche dritta in merito a effetti collaterali dovuti alla licantropia?»

«A parte quello più ovvio, e cioè che dovrai rinunciare a trasformarti fino al parto, direi che non rischi nessun tipo di simpatico contrattempo. L’unica a rischiarli ero io, ma perché sono sia wicca che lupa. Tu non hai questo problema, perciò goditi la gravidanza, se ti sarà concesso» le spiegò Brianna con un risolino. «Io ho passato gli ultimi mesi a imprecare in tutte le lingue che conoscevo, visto che sembravo un pallone aerostatico nonostante mangiassi solo quello che mi veniva detto. Ero gonfia di liquidi, irritata come un istrice e desiderosa di veder nascere Nathan quanto prima.»

Iris rise con lei, rammentando la gravidanza di zia Rachel, quando aveva dato al mondo Liza. Il dottore quasi non le aveva creduto, quando le aveva detto di aspettare un figlio e di aver bisogno di una sala parto, visto che le si erano rotte le acque.

Rachel doveva essergli sembrata una pazza, visto che la pancia quasi non le si vedeva. Quando, però, aveva controllato – dopo svariate insistenze – l’aveva spedita di corsa in reparto, resosi finalmente conto delle condizioni della sua paziente.

Tutto poteva essere, a quel punto. A ogni buon conto, avrebbe affrontato il problema solo quando vi si fosse trovata innanzi. In quel caso, non c’erano profezie che tenevano. Doveva solo aspettare.

«I ragazzi come se la cavano, nella loro nuova forma?» domandò quindi Brianna, cambiando argomento.

«Sono tornati a scuola un paio di giorni fa e, da quel che mi ha detto Liza, sembra andare tutto bene. Gli istinti animali paiono essere molto più forti, rispetto a quelli di un licantropo, o almeno così ci hanno detto. Però, pare che il tempo passato con Qiugyat sia servito loro per avere gli input giusti da seguire» le spiegò Iris, distendendosi meglio sul divano mentre, all’esterno, Chelsey giocava ad acchiapparella assieme a Mark, Chanel e Liza.

Era impressionante vedere l’agilità di movimenti e la velocità degli amarok, anche in forma umana.

«Sarà piacevole incontrarli e mettere a confronto le nostre capacità. Branson, nel frattempo, non fa che vantarsi della sua pupilla, dicendo a tutti che è la prima Geri – nella storia dei licantropi – a essere anche un lupo» ironizzò Brianna.

«Credo che rimarrà strabiliato, quando la vedrà. Al pari degli altri, Liza ha assimilato anche fisicamente la sua natura animale. Gli occhi sono diventati più affilati, quasi che qualcuno glieli avesse truccati per farglieli sembrare più… beh, non so che altro termine usare, se non predatori. E il modo in cui guarda Mark, e lui guarda lei! Non me la raccontano giusta, quei due» ghignò Iris, sentendo Brianna ridere in risposta. «Capisco perché, tendenzialmente, gli amarok  hanno l’abitudine di stare per conto loro. Si vede che sono fatti per la caccia, anche quando non sono in forma animale e, se non fosse che adesso le persone, tendenzialmente, non ti guardano mai veramente in faccia, forse qualcuno potrebbe subodorare che qualcosa non quadra.»

«Mi incuriosisci sempre di più! Non vedo l’ora che arrivi Natale per rivedervi tutti! Penso che Duncan abbia già prenotato tutta la carne disponibile nelle macellerie di Matlock, pur di farvi mangiare al meglio. Preparatevi a tonnelate di stufati e intingoli» ironizzò Brianna.

«Conoscendo il suo bisogno quasi maniacale di far stare a proprio agio gli ospiti, ho idea che tu non abbia esagerato più di quel tanto» esalò Iris. «Comunque, vedrai con i tuoi occhi che non esagero.»

Ciò detto, si volse a mezzo quando udì la porta d’entrata aprirsi per lasciar comparire la figura alta ed elegante di Donovan Sullivan.

Salutatolo con un cenno, chiuse poi la chiamata con Brianna dopo averle calorosamente mandato un bacio dopodiché si levò in piedi per raggiungere l’ospite e dire: «Sei arrivato presto. Qualcosa non va a casa?»

«Oh, no, va tutto bene. Volevo parlare un po’ con te, se non ti spiace» ammise lui, sorprendendola un po’.

«Ma certo. Dimmi pure. Qualche problema coi ragazzi?»

«Oh… no, non proprio. Cioè, ho notato che Mark tende a guardare me e Diana con occhi molto più attenti e guardinghi rispetto al solito e, tra le altre cose, mi ha chiesto di far insonorizzare camera sua. Sono qui anche per questo» le spiegò lui, facendola scoppiare a ridere per diretta conseguenza.

«Oddio! Non ci avevo pensato, ma capisco il problema. I lupi hanno un udito finissimo, e immagino non gli farà piacere sentirvi mentre fate sesso, o vi scambiate effusioni» asserì a quel punto Iris, prima di accorgersi dell’imbarazzo del collega. «Io, invece, dimentico che non dovrei essere così diretta con i senza pelo. Ai licantropi non fa né caldo né freddo, parlarne – così come farlo – ma capisco che dovrei andarci più cauta. Scusa.»

«Nessun problema» si limitò a dire Donovan prima di lanciare uno sguardo all’esterno e vedere il modo in cui Mark e Liza, pur non toccandosi fisicamente, stessero letteralmente facendo sfrigolare l’aria tra loro con il solo sguardo. «Quanto a quei due… sai nulla?»

«Mah… se un senza pelo si è accorto che c’è qualcosa, allora forse siamo nei guai. Non mi attento a chiederle nulla perché so che è una ragazza assennata, ma si guardano come se volessero divorarsi… e non in senso letterale» sbuffò Iris. «Tendenzialmente, i licantropi amano il contatto fisico e il sesso, ma non so se con gli amarok funziona allo stesso modo. Dobbiamo imparare nuovamente tutto da capo, con loro e, per farlo, ci servirà anche il tuo aiuto. Sappiamo bene che sei un bravo ricercatore, perciò vorremmo che ci aiutassi a stilare una sorta di prontuario sui loro comportamenti, e i ragazzi sono d’accordo.»

Donovan la fissò pieno di sorpresa e sì, pieno di un imbarazzato orgoglio e di quella scintilla di entusiasmo che fece sorridere Iris. Il ricercatore che era in lui pareva galvanizzato, all’idea di una nuova avventura, pur se stavolta si trattava di qualcosa di meno pericoloso, o dispersivo.

«Ne… ne sarei onorato. Davvero.»

«Bene. La prima a volerti parlare è Chanel. Credo che senta l’esigenza di mettere nero su bianco tutto ciò che sente, da quando è avvenuto il cambiamento. La morte di Fergus l’ha segnata molto, e penso sia in cerca di risposte» gli spiegò Iris, addolcendo lo sguardo. «Tu puoi capirla. Puoi aiutarla a farsi una ragione del dolore che prova e dell’ineluttabilità di certi eventi.»

Donovan assentì, reclinando il viso a scrutare il piccolo anello d’oro che portava al mignolo sinistro. Erano le fedi del fratello e della cognata, fuse assieme in un unico gioiello.

Lo aveva fatto coniare non appena aveva potuto riavere i beni personali della famiglia e, da quel momento, non se n’era più separato. Poteva perciò capire più che bene il senso di smarrimento di Chanel, oltre al perfido senso di colpa che poteva essersi insinuato in lei a causa della morte di Fergus.

Quell’opportunità del tutto nuova e insperata, avrebbe potuto dargli la possibilità di ricavare qualcosa di buono da tutti gli anni passati a compiere ricerche, a desiderare la verità con tutto se stesso.

Era pronto e preparato ma, più di ogni altra cosa, il suo cuore era finalmente risanato e ora poteva vedere con occhi nuovi sia il suo passato che il suo presente, così da poter essere d’aiuto a creare un nuovo futuro anche per quella ragazza.

Iris gli poggiò una mano sul braccio, riscuotendolo e, nel sorridergli, aggiunse: «Dopotutto, la tua ricerca non è terminata. Anche se ora non sarai più costretto ad andartene.»

«Credimi, ne sono felice» asserì Donovan, sorridendo poi al figlio quando lo vide comparire sulla soglia della porta-finestra, il volto accaldato dal gioco e lo sguardo smeraldino che rifletteva la sua nuova natura. Sì, era cambiato, come lo era lui stesso, ma era ancora il suo Mark.

Anche Liza e Chanel apparvero al suo fianco, un trittico apparentemente indissolubile e quest’ultima, sorridendo all’insegnante, esordì dicendo: «Gli hai parlato del progetto, Iris?»

«Sì, tesoro. Se te la senti, potete iniziare anche adesso.»

Ciò detto, si rivolse a un titubante Donovan per aggiungere: «Potete usare lo studio di Dev. C’è tutto quello che serve.»

Donovan, allora, scrutò il volto enigmatico di Chanel, anch’essa ferina e misteriosa al pari degli altri due amarok, non più soltanto la sua allieva, ma qualcosa di più e che avrebbe contribuito a svelare. Nell’alzarsi, quindi, le disse: «Andiamo pure.»

Chanel assentì e, in silenzio, seguì il professor Sullivan al piano superiore mentre Mark e Liza, simili a danzatori di un antico rito, si mossero per raggiungere le poltrone in salotto.

Lì, si accomodarono per guardare un po’ di TV mentre Chelsey, all’esterno, eralla alle prese con un diverso tipo di acchiappar ella con Huginn e Muninn.

Volgendosi a mezzo e sorridendo a Iris, mentre Liza era impegnata a fare zapping, Mark domandò: «Sbaglio, o mio padre è un po’ in ansia per noi?»

Scoppiando a ridere – allora, anche gli amarok non amavano i giri di parole, e ci sentivano benissimo, forse ancor più di loro! – Iris assentì e, scrutando a momenti alterni i due giovani, ammise: «Il vostro feeling è più che evidente, e penso sia in pensiero all’idea che tu possa combinarla grossa, Mark.»

Arrossendo un poco e passandosi una mano sulla nuca con fare nervoso, il giovane lanciò una rapida occhiata alla fidanzata – che ora portava al polso un piccolo bracciale in pelle e perline che lui le aveva regalato – prima di ammettere: «Ti giuro che non stiamo combinando niente di male. Nessuno dei due vuole cacciarsi nei guai, quando mancano ancora due anni al diploma. Ma è chiaro che, con i doni che possediamo, beh…»

Sollevando un sopracciglio con evidente ironia, Iris terminò per lui: «… possiamo dire che la mente è un potente strumento?»

Ora fu Liza ad avvampare, più ancora di Mark, così Iris ebbe la riprova di non essersi sbagliata. Sorridendo divertita e sì, anche assai intenerita dalla loro evidente decisione di comportarsi correttamente – almeno nel mondo reale – la donna asserì: «Tranquillizzerò tuo padre, senza per questo specificare cosa combinate. Va bene? Credo che, essendo un senza pelo, non capirebbe fino in fondo perché agite in questo modo.»

«E’ più forte di noi» cercò di discolparsi Liza. «Cioè, ecco, non è che ci caschiamo sempre, però…»

Liquidando le sue scuse con un sorriso, Iris scosse il capo e replicò gentile: «E’ la vostra natura animale. L’intimità, il sesso, la possessività nei confronti del compagno… sono tutte cose normali, in un licantropo, e ho idea che in un amarok siano ancora più radicate. A dirla tutta, sarebbe interessante, per voi, tornare da Qiugyat per approfondire meglio la vostra natura. Pensate che potrebbe essere d’accordo?»

I due giovani si guardarono vicendevolmente e, ancora, Iris intuì il percorso dei loro pensieri. Sorridendo, quindi, soggiunse: «Ci avevate già ragionato sopra, vero?»

«Per più di un motivo» ammise Mark. «Per riuscire a gestire il nostro legame con Litha, abbiamo incentrato i nostri addestramenti solo sui gangli di potere, ma ci sono ancora molte cose che ci paiono oscure, e che vorremmo conoscere.»

Ciò detto, lasciò la parola a Liza, che aggiunse: «Inoltre, pensiamo che sia ingiusto che lei rimanga sola tutto il tempo, in quelle lande desolate, e senza nessuno che le faccia visita. Noi siamo anche suoi, dopotutto. Ci ha creato lei – la nostra razza, insomma – migliaia di anni fa, e sarebbe giusto tributarle degni ringraziamenti. Non lasciarla in solitudine, insomma.»

«Mi sembra una cosa molto carina» annuì Iris.

«Pensi che Lucas mi consentirà, ogni tanto, di assentarmi per farle visita?» domandò a quel punto Liza, dubbiosa.

«Lucas è un bravo Fenrir. Non avrà problemi ad accontentare la sua Geri» la tranquillizzò Iris prima di aggiungere con fare malizioso. «Un consiglio, però. Cercate di contenervi, quando vi guardate o, prima o poi, farete scoppiare qualcosa. Ora non siete più ragazzi normali, e le vostre auree hanno un potere anche sul piano fisico. Poco fa avrei potuto cuocere un uovo, in mezzo a voi.»

I due giovani scoppiarono in una grassa risata di gola, arrossendo parimenti e Gunnar, nella mente di Iris, chiosò: Hai fatto bene a metterli in guardia. Non si può mai sapere, quando c’è il cuore di mezzo.

“Se fa scoppiare guerre, può anche far scoppiare una tubatura, nella giusta situazione” celiò la donna, facendolo ridere a sua volta.

Dal piano superiore, Chanel sorrise nel sentirli così ilari e Donovan, prendendo appunti su appunti, le domandò: «Ti turba il fatto di non avere un compagno come, invece, ha Liza?»

Levando un poco le sopracciglia di fronte a quella domanda inaspettata, lei scosse il capo e replicò: «No, in effetti. So che Mark rischierebbe la vita, per me e, anche se non sarà mai il mio compagno, a me sta bene così. Non mi precludo un futuro assieme a qualcuno, ma ora non mi preoccupa questo fattore. Sto solo pensando se, ciò che voglio per me, possa essere giusto anche per gli altri.»

Interrompendo il suo scrivere, Donovan la guardò dubbioso e domandò: «In che senso… per gli altri

«Per mamma, per papà, per Fenrir… per gli altri membri del branco che, così gentilmente, mi hanno accolta. Sento di essere egoista, quando penso a ciò che desidero per me» ammise Chanel, passandosi nervosamente una mano tra la folta chioma biondo castano.

Donovan, allora, le chiese di parlargliene e, quando la giovane ebbe terminato la sua dissertazione, l’uomo si limitò a sorridere e disse: «Penso che potrebbero essere soltanto orgogliosi di te. Non certo irritati, né delusi.»

«Davvero?»

«Dedicare se stessi agli altri non può che essere visto come il più altruistico dei gesti… indipendentemente da dove svolgerai questo tuo sogno. Ma hai ancora due anni di scuola, dinanzi a te, e molti altri di specializzazione, se la tua decisione è questa, perciò non preoccuparti di scelte che dovrai compiere solo tra molto, moltissimo tempo» la rassicurò Donovan, dandole una pacca sul braccio. «Vivi il presente, Chanel, rammenta con serenità il passato e impegnati per il futuro.»

La giovane allora assentì, gli sorrise e disse: «Sono contenta che sia venuto qui con la sua famiglia, professore.»

«Anch’io, Chanel. Credimi. Anch’io.»

***

Tre anni dopo – Circolo Polare Artico

 

La tempesta aveva cessato di sferzare le lande gelide e apparentemente prive di vita del Nord del mondo e Muninn, nell’osservare il paesaggio monocromatico che aveva innanzi, disse al fratello: “Di tutte le cose che avrei potuto pensare di fare, mai avrei immaginato di ritrovarmi qui, un giorno, a congelarmi le penne mentre aspettiamo mamma e i suoi amici.”

Huginn ridacchiò tra sé, annuì con la testolina e scrutò verso ovest, in direzione di uno spuntone di roccia ove due figure nere, e dalle sagome di lupi, ululavano alle multicolori Luci del Nord.

Era incuriosito da quell’immagine poiché, tre anni addietro, aveva intravisto nel futuro qualcosa di molto simile, e non comprendeva perché il suo dono gli avesse permesso di vedere proprio tre lupi.

Ormai da tempo, Chanel si recava al Polo Nord in separata sede, perciò era del tutto normale che, quel giorno, vi fossero solo Mark e Liza a porgere omaggio a Qiugyat. Perché, quindi, nella visione di tre anni addietro – e che gli era tornata prepotente alla mente poco meno di mezz’ora addietro – aveva visto anche l’altra amarok?

Fu solo intorno alla mezzanotte polare, che Huginn comprese.

Di corsa e nelle sue forme di lupo, Chanel apparve inaspettatamente all’orizzonte e, sotto il cielo cosparso di miriadi di luci fumose e color degli smeraldi, raggiunse infine i suoi compagni e lanciò il proprio saluto a Qiugyat.

“Ora la visione è completa, giusto, Huginn?” domandò Muninn al suo fianco.

“Così parrebbe, eppure…” mugugnò pensieroso Huginn, scrutando dubbioso i tre amarok ancora fermi sulla sporgenza rocciosa, ora intenti a parlare mentalmente tra loro.

Quei giovani avevano sconvolto non poco la vita all’interno del branco, e non soltanto per via della loro stupefacente natura predatoria e competitiva. Gli amarok possedevano innumerevoli doti che li rendevano degli avversari temibili, per i licantropi, e l’aiuto del professor Sullivan si era rivelato importante, per poter catalogare e analizzare con chiarezza l’intera faccenda.

La cosa che però aveva fatto scalpore non erano state tanto le loro impressionanti capacità, o la loro velocità quasi imbarazzante quanto, piuttosto, un fatto di tutt’altro genere.

Nei primi giorni del nuovo anno che era seguito alla battaglia con akhlut, quando le acque si erano finalmente calmate e tutto era parso essere tornato alla normalità, l’anima di Mark si era rivelata al suo possessore, dimostrano di essere senziente.

Quest’ultima si era palesata durante una riunione al Vigrond, dichiarando di essere Istar, il figlio maggiore di Gunnar, tornato a nuova vita per poter camminare al fianco del padre ancora una volta.

Tutto ciò aveva riempito di immensa gioia il laendvettir, e questo aveva altresì spiegato perché, fin dall’inizio, Mark e Iris avessero vicendevolmente dimostrato un attaccamento particolare, in tutto e per tutto filiale.

Questo nuovo e inaspettato evento, a parte avvicinarli ulteriormente, li aveva spinti a scoprire se anche Istar, divenendo un’anima senziente all’atto della morte, avesse sviluppato le doti di un lӕndvettir.

I loro infruttuosi tentativi di mettere alla prova Istar, aveva dato così la possibilità di scoprire che gli amarok non possedevano doti mentali paragonabili a quelle dei licantropi.

A ogni buon conto, questo aveva reso più chiare le istintive doti difensive di Mark che, combinate alle qualità nell’attacco di Chanel e alle capacità tattiche di Liza, li rendeva un trio perfettamente equilibrato.

“E’ questo che vedesti, Huginn?domandò Liza, dal colle, strappandolo ai suoi pensieri.

Come avevano sospettato, divenendo amarok, anche la portata del suo dono di Geri si era sviluppato. Pur non potendo vedere attraverso gli occhi di Huginn come accadeva con Muninn, la distanza da cui il corvo del Pensiero e la sua padrona potevano parlarsi mentalmente, era aumentata.

“Sì, mamma. Ma davvero non mi sarei mai aspettato che volesse significare questo.”

“Ci è andata bene, allora. E’ stata una bella visione, dopotutto.”

“Sì, direi di sì.”

Qiugyat comparve in quel momento dinanzi ai tre lupi e la dea, nel vederli assieme, sorrise e disse: «Se siete qui, e tutti assieme, immagino che abbiate grandi notizie.»

“Ho deciso di raggiungere Litha in Irlanda e studiare medicina a Dublino, dopodiché aprirò un Santuario lì” dichiarò Chanel, parlando per prima e sorprendendo così i suoi due compagni.

Di quel segreto, Chanel aveva messo a parte soltanto i genitori e i membri del Santuario di Clearwater, che l’avevano aiutata in quegli anni a comprendere appieno la portata della sua missione.

Ora che le veniva chiesto di scegliere del suo futuro, ogni cosa le sembrava semplice. Già scritta per lei. E lei avrebbe seguito quel sentiero a testa alta, consapevole di ciò che avrebbe potuto portare di buono agli altri.

La dea assentì orgogliosa, carezzando piena di affetto il volto della giovane donna. «E’ un buon progetto. I tuoi genitori cosa ne pensano?»

“Verranno con me, e mi aiuteranno a gestire il Santuario. Hanno entrambi lavori che non li vincolano al luogo d’origine, inoltre comprendono – e sostengono – il mio desiderio di ricominciare, di creare qualcosa di nuovo e in un nuovo luogo.”

«Sono felice per te, figlia.» Ciò detto, Qiugyat scrutò gli altri due lupi e domandò: «Quanto a voi, cosa avete da dire, figli cari? Sembra che abbiate in serbo un grande segreto, e non vediate l’ora di dirlo a qualcuno.»

“Finalmente abbiamo trovato due amarok… si trovavano a Vancouver fino a un paio di settimane fa, così abbiamo contattato Litha perché li liberasse dal giogo dell’akhlut che li teneva schiavi” disse Mark dopo una breve occhiata a Liza.

La sorpresa di Qiugyat fu grande, ma non per Chanel che, annuendo orgogliosa, dichiarò: “I primi li avete trovati voi, ma giuro che non rimarrò indietro. Farò del mio meglio per scovarne a mia volta.”

Qiugyat, allora, li fissò tutti parimenti con occhi colmi di un amore a stento contenibile, prima di domandare loro: «Per questo… non eravate mai assieme, quando venivate da me?»

I tre assentirono con un certo imbarazzo ma Liza, con tono più che mai determinato, disse: “Ci siamo fatti carico di trovare altri come noi che potessero tornare da te, Qiugyat, poiché troviamo insostenibile che a noi sia stata concessa la libertà, mentre altri continuano a vivere nell’ombra degli akhlut.”

Chanel annuì con vigore, aggiungendo: “Non so quanti siano ancora in vita ma, se sarà possibile, parte delle nostre energie saranno spese sempre nella loro ricerca.”

“Per te, madre” soggiunse Mark, reclinando ossequioso il musetto al pari delle altre.

Qiugyat crollò in ginocchio dinanzi a loro e, stringendoli nel suo abbraccio immateriale, sospirò sopraffatta dalla commozione e mormorò roca: «Nessuna dea potrebbe essere più orgogliosa dei propri figli, più di quanto lo sono io ora.»

“Anche Litha lo era, quando le abbiamo raccontato del nostro progetto, e Lucas – il nostro Fenrir – ci ha spesso permesso di uscire a caccia proprio per trovare altri amarok come noi” le spiegò Mark, lieto che il loro gesto l’avesse resa felice.

Qiugyat sorrise loro nell’annuire e, dopo essersi risollevata, lanciò uno sguardo verso sud, verso le due nere figure che, immerse nel bianco immoto dell’artico, stavano avvicinandosi a loro.

Due lupi dal passo aggraziato e la corporatura forte si avvicinarono al quartetto sotto gli occhi sempre più emozionati della dea e, quando la coppia li ebbe raggiunti, si sedettero sulle zampe posteriori per scrutarla pieni di ammirazione.

I loro manti corvini erano così lucidi da riflettere le diafane Luci del Nord e Qiugyat, nel carezzarli entrambi con dita insicure, sorrise fin quasi a farsi dolere le gote.

Trattenendo per sé le lacrime che avrebbe desiderato versare dalla gioia, domandò alle due lupe testé giunte: «Quali sono i vostri nomi, figlie mie?»

La lupa dagli occhi color zaffiro che, per corporatura, pareva essere la maggiore tra le due, disse piena di meraviglia: “Il mio nome è Sakura Ōkami1, mentre la mia compagna di vita, qui accanto a me, è Miriam O’Reilly. Mark e Liza ci hanno aiutato a scorgere la Vera Via, e ora siamo al servizio del Dagda Mór, esattamente come loro.”

L’altra lupa, all’apparenza più timida, reclinò un poco il capo, prima di soggiungere: “Ci hanno promesso che non dovremo più uccidere uomini e donne. E’ vero?”

Qiugyat provò l’istinto feroce di uccidere ogni akhlut rimasto sulla faccia della Terra, di fronte a quelle parole piene di dolore e speranza insieme, ma si limitò a sorridere alla lupa, abbracciandola teneramente.

Pur non avendo più un cuore vero e proprio, lo sentì battere all’impazzata nel suo corpo immateriale e le lacrime che preseso finalmente a scenderle sul volto, pur se irreali, fecero comprendere agli amarok quanto Qiugyat fosse emozionata.

«Non dovrai più farlo, te lo prometto. Te lo prometto, tesoro mio» mormorò la dea, allargando le braccia perché tutti i suoi figli si unissero a quell’abbraccio.

Liberi. Non più schiavi. Nuovamente in grado di vivere appieno le loro esistenze. Questa sarebbe stata la loro esistenza, da quel momento in poi.

Dopotutto, forse, per gli amarok e il loro futuro c’era ancora speranza.

Fu anche per questo che le Luci del Nord presero a danzare come mai prima, con un’intensità e un fulgore che, negli uomini ignari, fece nascere cori di sorpresa e timore.

Qualcuno avrebbe pensato a una tempesta solare, a strani sconvolgimenti magnetici, ma i ragazzi presenti in quelle gelide lande sapevano la verità. Era solo il cuore di una dea, a lungo dimenticata, che aveva ripreso a battere con vigore.

 

 

1 Ōkami: (giapponese) significa ‘lupo’.

 

 

N.d.A.: qui si conclude la storia di Liza e il percorso iniziato da Iris nelle terre americane. Ora mi prenderò un po’ di riposo e mediterò su altre storie e altri eroi. Vi ringrazio per avermi seguita fino a qui e spero di ritrovarvi quando inizierò una nuova avventura. A presto!

  
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