Libri > Sherlock Holmes
Segui la storia  |       
Autore: PapySanzo89    17/02/2021    2 recensioni
Holmes pone una domanda a Watson del tutto imprevista e Watson si arrovella sul significato di quest'ultima.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 3.
 
 
Quella mattina salutai Holmes con più enfasi del solito e feci una colazione frettolosa, dovendo uscire il prima possibile per i biglietti del concerto di quella sera stessa.
Holmes mi guardò con espressione stupita e mi chiese se andasse tutto bene ma volendo fare trapelare il meno possibile semplicemente annuii prima di prendere giacca e bastone e dirgli di non andare da nessuna parte sicché avevo dei piani per dopo cena.
Non attesi nemmeno risposta e chiusi la porta, dirigendomi al botteghino.
 
Quando feci ritorno Holmes mi attendeva in piedi, le braccia dietro la schiena e un’espressione crucciata.
“Che c’è, amico mio?” gli chiesi dopo aver appeso il soprabito e sperando non fosse successo niente di grave. Lui mi guardò per qualche istante e dopo un’attenta analisi parve rassenerarsi.
“Niente, Watson, niente. Sei andato via così di corsa che pensavo… Ma dimmi, sono i biglietti per il concerto di questa sera quelli nella busta?”
Roteai gli occhi e mi finsi seccato (come se avessi mai potuto davvero nascondergli qualcosa) facendogli poi cenno di accomodarsi sul divano. Si sedette senza dire niente, guardandomi sempre con quell’aria furba, e io mi sedetti affianco a lui, più vicino di quanto mi fossi mai permesso prima.
Gli passai la busta senza troppe cerimonie e quando la prese la sua mano libera si posò sulla mia coscia -come faceva sempre ultimamente quand’eravamo seduti sul divano- ma questa volta la andai a coprire con la mia.
Holmes non sembrò dare segno di accorgersene se non che i suoi occhi si fermarono per diversi secondi sulla stessa riga del biglietto e sembrò ridestarsi solo dopo qualche attimo, riprendendo la lettura di luogo e ora del concerto.
La sua mano era calda sotto la mia ancora fredda dalla temperatura esterna e la sensazione era piuttosto piacevole. Non ero abituato a stringere mani più grandi della mia ma non ci feci nemmeno caso mentre il mio pollice andava ad accarezzarne il dorso.
Holmes rimase immobile, i biglietti ancora stretti in una mano, rigido come non lo avevo mai visto fin quando (e mi si perdoni il termine decisamente poco consono) letteralmente si sciolse -non avrei saputo trovare un’altra parola più calzante. Vidi i muscoli rigidi del collo e delle spalle rilassarsi, la mano che tenevo stretta tra la mia ricambiare il gesto e, pian piano, Holmes si poggiò con tutto il peso contro il mio fianco, la testa appoggiata alla mia spalla.
Alzai la mano portando le sue nocche alla mia bocca e le baciai, cauto, osservando la reazione del mio amico accanto a me. Di tutta risposta Holmes si sporse facendosi ancora più vicino e si poteva dire fossimo quasi abbracciati.
Avevo il cuore che mi martellava talmente forte nelle orecchie e nel petto che temevo seriamente che Holmes potesse riuscire a sentirlo.
Spostai di poco il viso e i suoi capelli mi sfiorarono le narici. L’odore di tabacco e prodotti per capelli mi investì in pieno e mi sentì arrossire per qualche strano motivo.
Rimasi comunque fermo in quella posizione, seppur scomoda, desiderando di non dovermi alzare mai più.
Holmes era rilassato e caldo tra le mie braccia e rimasi per diversi minuti in silenzio, ascoltando solo il suo respiro.
“Ricordo avessi menzionato il dover portare avanti un esperimento importante in giornata” dissi dopo diverso tempo, con la voce più ferma di quanto mi aspettassi. Holmes annuì leggermente.
“Può attendere, ho altro da fare al momento”
Sorrisi e gli accarezzai le mani. Le dita affusolate, il dorso, il palmo, le leggere vene sul polso che sparivano sotto la camicia, ne osservai le cicatrici provocate dagli acidi e i tagli da bisturi, o da qualche esperimento non finito bene.
“Sei davvero ossessionato dalle mie mani, Watson” mi disse col viso ancora nascosto nell’incavo del mio collo.
“Rimmarresti sorpreso da quante cose sono ossessionato da te, Holmes”
 
Rimanemmo così fin quando non sentimmo i passi della signora Hudson salire gli scalini per portarci il pranzo.
 
***
 
Cambiai abito due volte prima di decidere -che diavolo!- che non aveva nessuna importanza quello che avrei indossato e che dovevo smettere di comportarmi come una scolaretta alla prima cotta ed essere un vero uomo e scendere quelle dannate scale.
 
Holmes, ovviamente, mi stava già aspettando nell’atrio.
E la maledetta scolaretta alla prima cotta si fece risentire prepotentemente quando mi salirono le farfalle allo stomaco alla vista del sorriso caloroso di Holmes e dei suoi occhi colmi di qualcosa che ancora non sapevo ben identificare.
Aveva indossato il suo abito migliore, ed era bellissimo.
 
“Molto affascinante, amico mio” mi disse quando lo raggiunsi e sentì le guance imporporarsi (non riuscivo in alcun modo a darmi un contegno, pareva).
“Mi hai tolto le parole di bocca” gli risposi guardandolo negli occhi perché capisse che ero serio.
Anche il suo colorito solitamente pallido sembrò prendere di colore a quelle parole e me e rallegrai.
“Possiamo andare, allora” disse prendendo i soprabiti ma lo fermai con un cenno della mano.
Mi avvicinai ai fiori arrivati freschi quella mattina e presi due peonie rosse, staccandone il gambo.
“Credo che manchi qualcosa” sussurrai, conscio dei suoi occhi fissi su di me per tutto il tempo, mentre ripercorrevo i miei passi e andavo a sistemargli il fiore all’occhiello e facendo la stessa cosa sul mio completo “così dovrebbe essere perfetto”
Il rosso della peonia contrastava magnificamente con il nero del suo abito e alzai il viso per incontrare il suo sguardo.
Gli occhi solitamente duri come l’acciaio erano straordinariamente teneri e mi ritrovai a sorridere mentre una mano di Holmes si poggiava sulla mia spalla e timidamente mi accarezzava il collo col pollice.
Ed era quello il momento giusto. Era il momento perfetto e lo sentivo dalla pelle d’oca sulle braccia e dal viso di Holmes che sembrava prendere consapevolezza di sé e si avvicinava mentre io rimanevo fermo ad aspettarlo, in attesa.
“Watson” lo sentii sussurrare, incerto, “siamo ancora in tempo per-” lo presi di forza per la nuca e lo attirai verso di me ma un rumore al piano di sotto e dei passi frettolosi sulle scale ci fece separare in gran fretta e ancora non so dire con quale fortuna riuscimmo ad essere così pronti di riflessi.
Il cuore mi batteva nelle orecchie mentre guardavo la figura alta di Holmes fissare invece la porta con cipiglio infastidito, le guance lievemente arrossate e le sopracciglia contrite.
Una donna irruppe pochi secondi dopo nelle nostre stanze e si scusò per tutto il trambusto e per aver lasciato la padrona di casa al piano di sotto senza essersi nemmeno fatta annunciare ma era un caso grave, gravissimo. Suo fratello era scomparso da giorni e la polizia non stava facendo alcunché per trovarlo.
Io e Holmes ci scambiammo un’occhiata e, sebbene lui fosse ancora infastidito, fece un piccolo cenno d’assenso col capo e io abbandonai i biglietti di quella sera sul tavolo.
Bisognava trovare un uomo scomparso.
 
***
 
Ci vollero diversi giorni per trovare il, purtroppo ormai defunto, signor Blackwood e sua sorella non riusciva a darsi pace per l’accaduto.
Pianse tutte le sue lacrime a Scotland Yard, inconsolabile, e le rimasi vicino per darle quel minimo di conforto che uno sconosciuto avrebbe potuto dare. Purtroppo, a parte suo fratello, la donna non aveva famiglia, non aveva né marito né figli ed era rimasta sola al mondo.
Inconsolabile di certo.
Chiuso il caso io e Holmes tornammo a casa in silenzio, mortificati di non aver potuto fare niente di più che acciuffare l’assassino di Blackwood.
Non parlammo più del caso ed entrambi pensavamo che non avremmo mai più rivisto la nostra cliente.
A quanto pare ci sbagliavamo.
 
***
 
La signorina Blackwood si presentò qualche giorno dopo al 221B di Baker Street ma almeno questa volta si fece annunciare dalla signora Hudson.
Mi ritrovai curioso di questa visita inaspettata e guardai Holmes con fare interrogativo, dal canto suo non mi disse niente ma inforcò la pipa e una strana cupezza si impossessò di lui.
La signorina entrò portando un mazzo di fiori e un enorme cesto di frutta e mi affrettai a soccorrerla essendo che tutto sembrava troppo pesante. Lei mi ringraziò, le guance arrossate dalla fatica, e si sforzò in un timido sorriso che non raggiunse gli occhi. Il nero dell’abito da lutto la faceva sembrare ancora più pallida e minuta.
Mi disse che era venuta a ringraziarci; non riusciva a darsi pace per suo fratello ma almeno adesso sapeva la verità e non continuava a nutrire vane speranze. In tutto il discorso guardò Holmes solo una volta e lo trovai sgarbato essendo che era stato il mio amico a fare praticamente tutto il lavoro, come al solito. Le dissi che era stato tutto merito di Holmes e che se c’era qualcuno da ringraziare quello era lui.
Holmes si mostrò affabile ma c’era qualcosa che non andava e non riuscivo in nessun modo a capire cosa. La signorina Blackwood lo ringraziò calorosamente e non riuscì a evitarsi nuovamente il pianto, parlando del fratello.
Sentì una stretta di angoscia al petto per la povera donna e le porsi un fazzoletto, facendola accomodare in soggiorno e tenendole una mano nella speranza di alleggerirla, in qualche maniera, di quel peso orribile.
Fu in quel momento che Holmes si alzò, inventò una scusa e uscì di casa in tutta fretta.
Guardai la porta dell’uscio lasciata aperta e mi domandai cosa diavolo fosse appena successo mentre la donna continuava a singhiozzare.
Fu dopo diversi minuti che riuscì a riprendersi e si asciugò gli occhi col fazzoletto.
“Mi dispiace” disse con la voce ancora rotta dal pianto “devo essere stata un fastidio per il signor Holmes, mi dispiace davvero tantissimo”
Scossi la testa.
“Mia cara, Holmes era sconvolto quanto me dalla prematura dipartita del signor Blackwood e lei di certo non è stata un fastidio, anzi” dissi guardando i fiori e il cesto “è stata fin troppo gentile per quello che siamo riusciti a fare”
Lei semplicemente annuì.
La accompagnai alla porta appena si sentì in grado di alzarsi e fare ritorno a casa.
“Signorina Blackwood, nonostante le circostante è stato un piacere”
Lei mi guardò per diversi istanti senza dire niente e poi annuì.
“Potremmo vederci ancora, dottore? In circostante più liete, intendo”
“Londra è una grande città, signorina Blackwood, ma chissà!” sorrisi e lei si incupì ancora un poco anche se non avrei saputo dirne il perché.
Si allontanò lungo le scale e aspettai che il portone di sotto si chiudesse prima di chiudere la porta di casa.
Ma dove diavolo era andato a cacciarsi Holmes?
 
***
 
Holmes fece ritorno ad un’ora indecente dopo cena e io mi ritrovai a scattare in piedi dalla poltrona appena udii il portone di sotto aprirsi.
Lo raggiunsi alla porta d’ingresso, aprendola con più veemenza di quanto volessi e ritrovandomi Holmes quasi addosso.
“Holmes! Ma dove sei-?” e c’era qualcosa nello sguardo di Holmes, freddo come il ghiaccio, che mi fece fermare dal porre quella domanda.
Si scostò da me e appese il soprabito, mormorando qualcosa sull’aver già mangiato e che era troppo stanco e quindi andava a ritirarsi. Non mi diede nemmeno il tempo di augurargli la buona notte che la porta della sua camera si chiuse.
Cosa accidenti era successo?
 
***
 
Il mattino seguente Holmes mi salutò e mi passò le uova e la sezione sportiva del giornale per poi tornare a leggere con la pipa tra le labbra. Non aveva toccato cibo e non sembrava essere di molte parole, così mi sforzai di lasciarlo un po’ da solo e di dedicarmi alla stesura del prossimo racconto che ultimamente stava andando a rilento.
Mi resi conto solo diverse ore dopo che c’era qualcos’altro che non andava. La signora Hudson portò su la posta e trovai un invito di un mio amico del club per quella sera stessa e notai solo in quel momento il giorno della settimana.
Giovedì.
Mi voltai verso la finestra e notai il vaso vuoto, nessun nuovo mazzo di peonie, tristemente lasciato a se stesso.
Guardai Holmes che smistava svogliatamente la sua corrispondenza e mi ritrovai con la gola improvvisamente secca.
Che fosse cambiato qualcosa? Ma non avrebbe avuto alcun senso.
Scossi la testa e tornai al mio racconto. Holmes aveva detto di non fare le cose a metà, forse non aveva trovato dei fiori che lo soddisfavano o forse, semplicemente, i fiori non erano più una cosa d’obbligo essendo che i miei sentimenti erano più che chiari e lui era ricambiato.
Lo guardai di nuovo con la coda dell’occhio e mi diedi dell’idiota.
Conoscevo Holmes da diversi anni e sapevo che il suo umore cambiava molto spesso come cambiava il vento e, anzi, il fatto che fosse rimasto allegro per così tante settimane era di per sé un miracolo.
Mi rimisi a scrivere pensando di essere diventato davvero troppo paranoico.
 
***
 
Qualcosa però, ahimè, era cambiato o forse, per meglio dire, era tornato esattamente come prima.
Non avevamo più parlato della serata a teatro, non avevamo più parlato della signorina Blackwood o del caso e, a conti fatti, dovevo dire che non parlavamo e basta.
Holmes si era ritirato in un mutismo che non vedevo ormai da diverso tempo e qualsiasi mia iniziativa di un discorso cadeva nel vuoto. Temetti fosse ritornato addirittura all’uso della cocaina ma non notai né siringhe né lacci emostatici e quando restava in maniche di camicia per un esperimento gettavo un occhio con aria apprensiva verso le sue braccia, ma tutto sembrava a posto.
Erano sparite le occhiate languide, era sparito il sorriso canzonatorio e bonario ed erano sparite le battutine e le mani che si sfioravano in carrozza. Ero rimasto con un pugno di mosche, lo stomaco stretto in una morsa fredda e fastidiosa e il cuore pesante. Non riuscivo a capire quel cambiamento e pensavo e ripensavo a cosa fosse successo, se avessi sbagliato o se avessi detto qualcosa di male, ma non mi sovveniva nulla e Holmes da quel punto di vista non mi dava alcun aiuto siccome diceva -pretendeva!- che andasse tutto bene.
Passai diverse notti senza chiudere occhio ripensando alle settimane appena passate e a provare un’enorme perdita; mi sentivo quasi a lutto per qualcosa che sarebbe potuto essere ma che non era stata perché Holmes aveva deciso così, senza darmi nemmeno una spiegazione.
Eppure ogni tanto lo vedevo lanciarmi occhiate da dietro il giornale, fissarmi per qualche istante mentre credeva fossi distratto per poi tornare subito ai suoi affari mentre mi voltavo in sua direzione.
Non poteva essere tutto finito. Lo sguardo che Holmes mi aveva rivolto per giorni e giorni interi, il sentimento che c’era dentro quello sguardo, non poteva essere sparito nel nulla, era semplicemente impossibile.
Decisi che l’avrei affrontato il giorno dopo, parlando chiaramente e senza farmi distrarre dai suoi tentativi di sviare il discorso.
Sì, era l’unica soluzione.
 
***
 
Ero pronto per iniziare una discussione per nulla piacevole quando mi ritrovai al tavolo della colazione e Holmes mi sorrise, affabile, e mi passò il piatto con bacon e pancetta.
“Buongiorno, amico mio, dormito bene?”
Tutta la mia risolutezza vacillò e lo guardai, sconcertato.
Allora era davvero solo l’umore del momento?
“Buongiorno” risposi accomodandomi a tavola e osservandolo guardingo.
“Qualcosa non va, Watson?” chiese inarcando un sopracciglio, sembrando seriamente in apprensione.
“No, no, amico mio. Tu piuttosto? Stai bene?”

“Meravigliosamente” e detto questo mi passò, come al solito, le pagine sportive.
Mi chiesi se fossi per caso del tutto ammattito e avessi preso troppo sul serio il pessimo umore di Holmes di quei giorni, forse era davvero solo una fase di passaggio dovuta magari alla noia di non avere più un caso degno di questo nome da diverso tempo.
Quando poi i miei occhi vennero catturati dal mazzo di peonie fresche depositate nel vaso sul solito tavolo vicino la finestra il mio animo si rasserenò del tutto.
Sembrava fosse tornato tutto alla normalità.
 
***
 
Holmes mi mostrò i biglietti dello stesso spettacolo che avevo prenotato io ma per quella sera e siccome, come diceva anche il mio amico, non credo nelle coincidenze, lo trovai un gesto estremamente romantico.
Mi sentivo molto allegro e il solo pensiero che avremmo potuto riprendere da dove ci eravamo interrotti quella terribile sera mi faceva sorridere come un idiota, più volte notai Holmes guardarmi e sorridere di conseguenza e questo non faceva altro che sollevare ancora di più il mio spirito.
 
***
 
Questa volta attesi io Holmes nell’ingresso e quando uscì dalla sua stanza non potei fare a meno di notare un pacchetto che stringeva insieme ai biglietti tra le mani.
Stavo per chiedere cosa fosse quando l’espressione di Holmes mi fece desistere. C’era di nuovo qualcosa che non andava ma non sembrava la stessa cosa avvenuta nelle giornate precedenti, non c’era acciaio nei suoi occhi né fastidio nella linea della sua bocca. Al contrario, sembrava un uomo distrutto, gli occhi che fissavano il pacchetto estremamente tristi e la bocca piegata nel sorriso più amaro che avessi mai visto. Ma il tutto durò per pochi secondi prima che Holmes tornasse in sé, come sempre faceva quando voleva celare le emozioni del suo animo e io rimasi lì a guardarlo, preoccupato come non lo ero da tanto tempo.
“Cos’è quel pacchetto, Holmes?” chiesi, non sapendo bene che altro fare vedendo le nocche di Holmes bianche per quanto stavano stringendo il pacco.
Holmes a quel punto mi guardò e sorrise mestamente.
“Questo, mio caro Watson, è un regalo per te”
Rimasi sorpreso da quell’affermazione.  In primo luogo perché non mi aspettavo assolutamente un regalo non essendo né il mio compleanno né un giorno particolare da festeggiare, e in secondo luogo perché un dono dovrebbe dare gioia anche alla persona che lo fa, eppure Holmes non sembrava per niente felice, in quel momento.
Mi tese il pacchetto e lo presi con cura, aprendolo delicatamente come se fosse qualcosa di molto fragile. Dentro c’erano dei gemelli in oro e madreperla e rimasi a guardarli per diversi istanti senza sapere assolutamente cosa dire.
“Holmes! Sei impazzito? Saranno costati una fortuna, non posso accettarli!”
Lui sorrise, serafico.
“Quanto sono costati, amico mio, non è di tuo interesse. Voglio solo sapere se ti piacciono e se mi farai il favore di indossarli questa sera”
Rimasi in silenzio a guardare prima Holmes e poi i gemelli e poi di nuovo Holmes.
“Holmes, sono bellissimi e io… perdonami amico mio, ma non so proprio cosa dire, sono semplicemente… troppo
Holmes si avvicinò e mi prese la scatola dalle mani, appoggiandola sul tavolino e iniziando a sbottonarmi le maniche della camicia.
“Come ti ho già detto Watson, non faccio le cose a metà”
Mi tolse i vecchi gemelli adagiandoli nella scatola e prendendo gli altri, facendo a cambio.
Era un gesto estremamente intimo. L’unica persona che mi aveva mai messo i gemelli era stata mia madre quand’ero ancora un moccioso e non riuscivo ad infilarmeli da solo senza farli cadere a terra. Ed ora, Holmes era lì, così vicino e così dannatamente bello.
“Questo è un regalo d’addio, Watson”
Devo dire che non capii, all’inizio.
Alzai gli occhi a guardarlo, ancora sorridente nonostante sentissi una morsa serrata attorno allo stomaco, e gli chiesi di ripetere, la voce molto meno ferma di quanto avessi sperato.
Mi guardò con gli occhi più tristi che avessi mai visto.
“Watson quello che hai fatto per me in questi ultimi tempi è stato… ammirevole” e volse lo sguardo da un’altra parte “ma la natura umana non si può cambiare, nemmeno se ci speri con tutto te stesso, nemmeno se ti sembra di esserci così vicino”
Ritornò a guardarmi ma mi duole ammettere che non stavo più capendo nulla, né il suo discorso né cosa stesse succedendo o il perché.
“Ho capito che non vuoi lasciare questi appartamenti, Watson, così me ne andrò io domani di prima mattina perché, amico mio, adesso è diventato davvero insostenibile, per me” prese un lungo respiro e sembrò riprendere il controllo di sé mentre le mani gli tremavano leggermente.
Dal canto mio, l’unica cosa che riuscivo a fare era scuotere la testa.
“Holmes, di cosa diavolo stai parlando? Andartene? E dove?”
Lui fece spallucce.
“Ho trovato qualcosa vicino-”
“No, no, lascia stare, non mi interessa. Tu non andrai da nessuna parte e non lo farò nemmeno io. Holmes! Spiegati per cortesia perché ti dirò la verità, mi sembri un folle che sta vaneggiando!”
Questo sembrò destabilizzarlo.
“Un folle? Sarei un folle? Watson! Guarda cosa mi hai portato a fare! Corteggiarti, sant’Iddio! Come se fosse una cosa possibile, come se tu potessi provare qualcosa per me solo perché ti ho mandato un mazzo di fiori. Però forse in questo caso hai ragione, sono io il folle che ho acconsentito a tutto questo. Avrei dovuto continuare a negare e tu avresti dovuto lasciar perdere, come ti avevo detto!”
Si era allontanato da me ed era andato a camminare davanti il caminetto spento, le lunghe falcate che gli permettevano di fare giusto un paio di passi prima di tornare indietro e le scarpe che calpestavano troppo rumorosamente il pavimento.
Mi avvicinai e tentai di afferrarlo per un braccio, di modo da farlo fermare, ma quello si scansò da me ulteriormente e continuò il suo andirivieni davanti al focolare.
“Lasciar perdere sarebbe stato un tragico errore” dissi sicuro di me e questo sembrò farlo ammattire ancora di più.
“Un tragico errore è stato tutto questo, Watson!” quasi urlò per poi appoggiarsi con le mani al camino, le spalle curve in avanti e l’aria di una persona che ha perso qualsiasi voglia di combattere “Pensavo che in qualche modo sarebbe stato divertente. E oh, mio Dio, lo è stato! Pensavo a un esperimento del quale ti saresti stufato subito e saremmo potuti tornare alla vita di tutti i giorni, io che fingevo di non essere follemente innamorato di te e tu che andavi al club e flirtavi amabilmente con le clienti” a quel punto aprii la bocca per ribattere ma non mi lasciò nemmeno iniziare “ma tu non ti sei comportato come mi aspettavo. E quando mai lo hai fatto, Watson? Hai iniziato a guardarmi in modo diverso, non hai scansato nemmeno un mio tocco e, anzi, ti sei fatto addirittura avanti per primo, alle volte. E quando mi hai stretto la mano? Te lo giuro, Watson, in quel momento ho pensato che mi sarebbe andato bene morire perché lo avrei fatto da uomo felice”
Al suono della sua voce, così mite e così triste, mi si spezzò il cuore.
“Eppure… la signorina Blackwood…”
Corrugai le sopracciglia e mi chiesi cosa diavolo centrasse lei in tutto questo.
“Una bellissima donna, sola al mondo, con una cotta per il più bel dottore di tutta Londra che si presenta a casa nostra per portare doni e tastare il terreno col sopraddetto dottore…”
Lo guardai stralunato.
“Holmes, non penserai che-!”
Si voltò in mia direzione e capii all’istante che il ricordo di quegli occhi così tristi me lo sarei portato nella tomba. Lo raggiunsi senza neanche accorgermene e lo strinsi a me con quanta più forza possibile. Holmes si divincolò, tentò di scostarsi da me ma sapevo che non mi avrebbe mai colpito e così approfittai della forza bruta e lo strinsi ancora più forte, obbligandolo in quell’abbraccio.
“Non ho nessun ricordo della signorina Blackwood. Non saprei dire se fosse bionda o castana, se avesse gli occhi chiari o scuri né se fosse graziosa o meno. So che esiste una signorina Blackwood, lì fuori da qualche parte, ma so che non riuscirei a riconoscerla per le strade di Londra; non le ho rivolto più di uno sguardo perché non ho altri che te in mente, Holmes. E pensavo di essere stato chiaro, mi sembrava di essere stato cristallino a riguardo.”
Smise di divincolarsi e nascose il viso nell’incavo del mio collo mentre mi afferrava la giacca del completo con entrambe le mani, come a volersi dare un sostegno. “Non voglio andarmene da questi appartamenti, Holmes, perché qui dentro ci sei tu e se tu vuoi andartene allora ti seguirò perché non ti libererai di me” presi un profondo respiro e gli baciai piano la tempia, sfiorando per la prima volta con le labbra i capelli impomatati. “Sono disperatamente innamorato di te, Holmes. Non c’è nessuna signorina Blackwood come non ci sarà mai nessun altra donna. Voglio…” sospirai “voglio potermi svegliare insieme a te e vedere se sei così di pessimo umore anche appena sveglio. Voglio seguire i casi con te e scrivere di questi ultimi mentre tu ti lamenti di quanto io sia prosaico ma poi mi appoggi una mano sulla coscia e ti appoggi a me di peso. Voglio poter lasciare la città, quando invecchieremo, e passare il resto dei nostri anni in campagna lontano da sguardi indiscreti e facendo qualcosa di banale come imbiancare staccionate e coltivare fiori. Voglio passare il resto della mia vita con te, Holmes. E non so come questo non ti sia ancora ben chiaro”
Mi baciò che non avevo ancora terminato la frase.
Gli afferrai la nuca tra le mani e ricambiai il bacio con quanto più ardore possibile, stringendolo a me come per paura di vederlo scappare lontano, ma grazie a Dio non sembrava intenzionato ad andare da nessuna parte.
Quando ci separammo per riprenderei fiato io non ero in grado di allontanarmi da lui nemmeno di un passo e Holmes aveva le mani che tremavano lievemente.
“Ti amo” dissi il più chiaramente possibile, con tutto il sentimento di cui ero capace, guardandolo questa volta negli occhi. E Holmes sorrise. Sorrise in quel modo che lo rendeva più giovane di dieci anni e gli illuminava gli occhi. Sorrise e mi sembrò che il mondo fosse finalmente in pace. Sorrise e, con lui, sorrisi anch’io.
“E temo che perderemo anche questa volta il concerto” risi piano, andando ad accarezzargli una guancia ben rasata e sfiorandogli lo zigomo alto col pollice. Rise anche lui e poggiò la mano sulla mia, baciandone il palmo.
“Temo tu abbia ragione, ragazzo mio”
 
I biglietti vennero dimenticati sul tavolo, la porta venne chiusa a chiave e io mi ritrovai a passare l’intera notte nella camera di Holmes, tra le sue braccia.
 
E finalmente riuscii a scoprire com’era Holmes appena sveglio, ma questa è una storia che terrò solo ed unicamente per me.
 
 
 
 
Fine.
 
 
 
 
NOTE:
E abbiamo finito!
Beh, spero vi abbia strappato un sorriso in qualche modo :3
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Sherlock Holmes / Vai alla pagina dell'autore: PapySanzo89