Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Spoocky    17/02/2021    1 recensioni
Non riuscendo a venire a patti con il finale di "Stardust Crusaders", ho voluto ipotizzare un finale alternativo in cui la Fondazione Speedwagon (e alcuni fattori sovrannaturali) intervengono di prepotenza per salvare una vita.
E' la mia prima incursione in questo fandom, ho cercato di mantenermi il più fedele possibile alla caratterizzazione dei personaggi.
Spero sia di vostro gradimento.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jean Pierre Polnareff, Joseph Joestar, Jotaro Kujo, Noriaki Kakyoin, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza
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Disclaimer: I personaggi appartengono ai legittimi aventi diritto, non guadagno nulla da questo racconto, scritto solo per divertimento.

Questa storia partecipa all'Advent Calendar del gruppo "Hurt/Comfort Italia - Fanart & Fanfiction".
Come scritto nell'intro, si tratta della mia prima incursione in questo fandom.
Ho iniziato "Jojo" da pochi mesi e devo ancora finire "Vento Aureo", ma già lo adoro e spero che questa storia sia di vostro gradimento.

Buona Lettura ^^


Kakyoin riuscì a percepire, più che vedere, il suo ultimo Emerald Splash che andava a segno.
Quella sensazione fu il suo ultimo conforto mentre tutto il suo mondo sprofondava nel buio.
Qualcosa dentro di lui gli fece intuire che doveva essere morto. Non percepiva nemmeno più la presenza rassicurante di Hierophant Green al suo fianco.

Si sentì terribilmente solo e spaventato finché, all’improvviso, non vide una luce soffusa in fondo a quella specie di tunnel.
Venne accolto da una voce familiare: “Anche tu qui, ragazzino? Non prendertela, ma non avrei davvero voluto rivederti così presto.”
Le parole suonarono stranamente rassicuranti alle sue orecchie mentre la luce assumeva la forma conosciuta di Muhammad Avdol, con Iggy appollaiato sulla sua spalla che, per assurdo, scodinzolava.
“Avdol?” chiamò il ragazzo, confuso.
“Yes, I am!” sorrise il mago indicandosi con il pollice.
“Ma, se sei qui, vuol dire che…” la voce gli si spezzò in gola e dovette coprirsi il volto con una mano per nascondere le lacrime mentre crollava in ginocchio, sconvolto dalla realizzazione.

Subito Avdol si chinò su di lui e gli pose le mani sulle spalle, lasciando che gli appoggiasse la fronte sul petto per consolarlo mentre si sfogava. Kakyoin s’aggrappò alla schiena dell’egiziano, stringendosi a lui mentre tutto il suo corpo veniva scosso da violenti singhiozzi. Nonostante avesse lottato e combattuto senza paura fino a quel momento, era pur sempre un ragazzo di diciassette anni.
Persino Iggy si fece strada uggiolando fino all’incavo del suo collo, e vi strusciò il muso, carezzandolo piano con la linguetta che sapeva di caffè, come le sue gomme preferite.

“Cosa faccio, Avdol?” balbettò il giovane, tra i singulti “Cosa faccio adesso?”
Il mago lo strinse a sé, posandogli una mano sulla nuca per rassicurarlo, ma il suo sguardo fu attratto da qualcosa alle spalle del giovane: il portale da cui era passato per raggiungerlo, qualunque cosa esso fosse, non si era ancora richiuso.
Nonostante il mago sapesse, in cuor suo, che quel passaggio non era destinato a lui, sorrise: “Non disperare Kakyoin: sembra che il Destino ti abbia donato una scelta.”
“Cosa vuoi dire?” domandò il ragazzo, sollevando gli occhi ancora lucidi verso l’amico.
“Ascoltami bene, Kakyoin. Sei molto giovane, e quello che DIO sta facendo va molto oltre l’ordine naturale delle cose. Credo quindi che il Destino abbia voluto in qualche modo sistemare le cose. Io ed Iggy ormai abbiamo fatto la nostra vita e ormai siamo in pace, ma la tua morte, ad una simile età, deve andare troppo oltre le regole. Per cui adesso ti si aprono davanti due strade: la più semplice è continuare da dove sei ora, e sperare di trovare la pace. L’altra, la più difficile, è tornare indietro e lottare, perché avrai salva la vita ma non tornerai come prima.”
“Cosa devo fare?” Chiese il giovane, confuso.
Ancora una volta, Avdol gli carezzò i capelli: “Devi decidere tu. Nessuno può farlo al tuo posto.”
A quel punto, fu Iggy a prendere l’iniziativa e, con il muso, spinse il ragazzo nella direzione da cui era venuto.

Kakyoin si guardò indietro e vide Jotaro, il suo primo e più caro amico, Polnareff, che gli aveva salvato la vita portandolo in braccio lontano da Geb, e il signor Joestar, che per tutto il viaggio lo aveva trattato come se fosse un altro nipote.
Qualcosa dentro di lui lo tirò verso quella direzione.
“Il tuo cuore ha già deciso, figliolo.” Sorrise Avdol “E’ ora di andare, per tutti noi.”
“Avdol, io non…”
“Non aver paura, Kakyoin: il peggio è ormai passato. Porta i nostri saluti a tutti gli altri.”
L’immagine di Avdol che salutava ed Iggy che scodinzolava in braccio a lui, furono le ultime cose che il giovane vide, prima di essere di nuovo risucchiato verso il buio.
 


Gli uomini della Fondazione Speedwagon incaricati di recuperare il corpo di Noriyaki Kakyoin per poco non ebbero un infarto quando il corpo martoriato del giovane che reggevano tra le braccia ebbe un sussulto ed il suo magro torace riprese a muoversi, scosso da respiri irregolari.
Pochi secondi dopo Jotaro Kujo si trovò a rispondere ad una delle chiamate radio più assurde della sua vita: “Kakyoin Noriyaki è ancora vivo. Ripeto: Kakyoin Noriyaki è ancora vivo.”
Con le mani che tremavano forse per la prima volta in vita sua, Jotaro afferrò il ricevitore, ma rimase senza parole. Riuscì solo a balbettare qualcosa sulle condizioni dell’amico.
Non si rese conto di aver parlato ad alta voce finché non sentì la risposta dei paramedici: “Ha un trauma complesso al plesso solare. Non conosciamo lo stato dei suoi organi interni ma pensiamo siano stati seriamente compromessi. Crediamo abbia perso almeno due litri di sangue. Non sappiamo nemmeno come faccia ad essere ancora vivo!”
“Ma che diavolo!”
Le imprecazioni di Jotaro furono interrotte da Joseph che, balzando in piedi dalla barella su cui lo avevano steso, urlò nel ricevitore: “Qui Joseph Joestar. Attivare immediatamente il Protocollo Von Stroheim, mi sentite? Protocollo Von Stroheim. Passo.”
“Ricevuto, signor Joestar. Il Protocollo Von Stroheim verrà applicato il prima possibile. Passo.”
“Vedete di muovervi. Passo e chiudo.”
Il picco d’adrenalina che aveva sorretto Joseph fino a quel momento scemò all’improvviso, e l’uomo si ritrovò con le gambe tremanti.
Jotaro lo soccorse subito, mandando Star Platinum a sorreggerlo e farlo sedere sulla barella: “Ohi, Jiji! Che diavolo ti è preso?!”
Il sorriso di Joseph era stanco ma sincero: “Perdonami se ti ho fatto spaventare, ma mi sono ricordato di una cosa che potrebbe salvare la vita del nostro Kakyoin.”
“Vuoi dire il “Protocollo Von Stroheim”?”
L’uomo annuì: “Esattamente. Ora, ti ho mai raccontato la storia del maggiore Rudol Von Stroheim e di come ho ottenuto la mia mano artificiale? No? Bene, allora approfitterò del viaggio verso l’ospedale per raccontartela.”
“Yare, yare daze.”
 


Di nuovo, il mondo di Kakyoin era avvolto nelle tenebre.
Questa volta, però, c’era qualcosa di diverso: non solo percepiva Hierophant Green dentro e accanto a sé, ma, attraverso di lui, sentiva il mondo circostante.
Era sdraiato su qualcosa di morbido e avvolto da qualcos’altro di caldo e confortevole. Non sentiva dolore, solo un vago senso di fastidio in gola e un bruciore nel collo e le braccia, come se fossero trafitti da aghi. Sempre attraverso il suo Stand, realizzò di essere stato intubato e messo sotto flebo.
C’era qualcuno accanto a lui, ne avvertiva vagamente la presenza. Mediante Hierophant riconobbe la presenza di Star Platinum ed Hermit Purple e si sentì rassicurato.
Non sapeva come rendere loro nota la sua presenza ma non ebbe nemmeno il tempo di pensarci, perché il suo Stand reindirizzò la sua attenzione verso il dialogo in corso al suo capezzale.

“Allora, dottore. Come sta?”
“I diari e le istruzioni lasciate dal maggiore Von Stroheim e dai suoi scienziati sono stati fondamentali. Senza il contributo degli scienziati tedeschi non sarebbe stato possibile, ma sta migliorando.”
“'La scienza tedesca è la migliore del mondo', lo so, lo so. Ma io non voglio la risposta per la stampa, dannazione! Mi dica le cose come stanno e basta!”
“Sì, signor Joestar. Il ragazzo sta reagendo bene all’impianto dei nuovi organi. Per azzerare il rischio di rigetto, li abbiamo sintetizzati in laboratorio a partire dal suo stesso genoma. Anche la trasfusione è andata a buon fine e le ossa si stanno saldando bene sulle guide sintetiche, tuttavia…”
“Sputi il rospo, accidenti a lei!”
“Non siamo stati in grado di sopperire al danno neurologico. Per intervenire efficacemente avremmo dovuto sostituire la parte inferiore del corpo con una bionica: un intervento troppo invasivo nelle sue condizioni.”
“Venga al dunque.” Questa volta fu la voce inflessibile di Jotaro ad interrompere il medico.
“Come ho detto: abbiamo fatto il possibile. Siamo riusciti a ripristinare tutte le… funzioni principali ma non potrà più camminare. Mi dispiace.”

Subito dopo calò il silenzio.
Kakyoin non seppe stabilire se fosse dovuto ad una pausa nella conversazione o se fosse lui stesso ad averlo causato, rintanandosi dentro di sé per lo shock di quella notizia.
Se fosse stato cosciente, forse avrebbe pianto, ma in quel momento era talmente sopraffatto da non riuscire nemmeno a formulare un pensiero concreto.
Come sempre, fin da quando era bambino, trovò conforto nell’abbraccio famigliare di Hierophant, e si abbandonò ad esso.
Finché non  percepì qualcos’altro.

Una mano stava stringendo la sua. Aveva una presa forte, era calda e tanto grande da avvolgere del tutto la sua. Riconobbe la mano di Jotaro.
 Non avrebbe mai saputo se l’amico si fosse accorto del suo disagio attraverso lo Stand o se avesse agito di sua spontanea volontà, immaginando che fosse del tutto incosciente e volendo fargli sentire la propria vicinanza.
Qualunque cosa avesse spinto il giovane ad agire in quel modo, quel gesto permise a Kakyoin di trovare un appiglio concreto al mondo che lo aspettava e, al contempo a ritrovare la speranza verso il futuro.
Non avrebbe mai più camminato sulle sue gambe, ma almeno non sarebbe più rimasto solo.
 


Passarono tre settimane prima che Kakyoin recuperasse a sufficienza per riprendere coscienza.
A quel punto, ormai lo avevano estubato e l’ossigeno gli veniva somministrato tramite una cannula nasale. Era ancora in una stanza di terapia intensiva ma, a causa della lunga degenza, gli uomini della Fondazione Speedwagon l’avevano arredata in modo da farla sembrare una comune camera da letto. Gli avevano addirittura infilato il suo pigiama.
Non fosse stato per i tubicini che spuntavano ovunque da sotto le sue coperte, nessuno avrebbe detto che fosse stato ferito tanto gravemente.
Nessuno pensò che fosse una coincidenza quando, una mattina, aprì gli occhi e trovò il resto del gruppo al suo capezzale.

Polnareff fu il primo ad accorgersene e, come suo solito, scoppiò in lacrime e gli si gettò al collo, arrivando persino a dargli un bacio su una guancia: “Bentornato tra noi, mon amì!” singhiozzò “Non ti perdonerò mai per lo spavento che ci hai fatto prendere!”
“Vedi di darti una calmata.” Il signor Joestar aveva il collo del tutto fasciato, e le bende continuavano ben al di sotto dello scollo della sua polo, ma non si fece problemi ad afferrare il francese per la collottola e a sollevarlo di peso, lanciandolo su una sedia lì vicino.
“Signor Joestar.” Sussurrò il giovane, con la voce arrochita dal lungo periodo d’incoscienza “Ha funzionato?”
Non c’era bisogno che specificasse a cosa si stesse riferendo, perché subito Joseph sorrise e, con affetto paterno, gli passò una mano tra i capelli: “Ha funzionato, ragazzo mio. La mia Holly è salva, anche grazie a te.”
Un grugnito proveniente da suo nipote distolse la sua attenzione per un momento: “Oh, sì! E Jotaro ha tolto di mezzo DIO, si spera una volta per tutte.”
“Yare, yare. Jiji, capisco che la memoria ti stia abbandonando, ma la vecchiaia non è una scusa per dimenticare dettagli così importanti.”
Joseph alzò un sopracciglio, che cominciò a tremolare come sempre quando era nervoso, ma Jotaro tagliò corto: “Ascolta, Kakyoin.” Il suo tono era stranamente cauto e gentile “E’ la prima volta che ti svegli e non lo sai ancora. Ma c’è una cosa importante che dobbiamo dirti.”
“Devi proprio farlo adesso?!” Urlò Polnareff “Non possiamo dargli qualche giorno per riprendersi?”
“Prima glielo diciamo e meglio è: avrà più tempo per metabolizzare la cosa.”
“Signor Joestar, gli parli lei: è suo nipote!”

Il diverbio fu interrotto dalla voce sottile del giovane sul letto: “So cosa volete dirmi. La scienza tedesca è la migliore del mondo: mi hanno salvato la vita, ma sono comunque paralizzato dalla vita in giù. Nonostante i medici abbiano fatto il possibile non camminerò mai più.”
Jotaro rimase, come al solito, impassibile ma Polnareff e Joseph si trovarono a bocca aperta.
Kakyoin rivolse loro un sorriso mesto: “Ero incosciente, ma ho sentito tutto. Credo sia stato Hierophant a farmelo sapere, anche se non ne sono certo.” Trasse un sospiro “Ad ogni modo, credo… credo di poter affrontare la cosa. Solo, per favore… per favore…”
‘Non lasciatemi solo.’ Avrebbe voluto dire, ma quelle parole gli morirono in gola, soffocate dalla stessa vergogna che provava da quando era bambino.
Rimase a capo chino e con gli occhi lucidi finché non sentì una mano enorme posarsi sulla sua spalla.
Alzando timidamente lo sguardo incontrò quello fiero di Jotaro: “Non ti abbandoneremo, Kakyoin. Dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme, non sarebbe possibile.”

Oltre le spalle dell’amico, Kakyoin vide il signor Joestar con un sorriso che andava da un orecchio all’altro ed il pollice alzato, mentre Polnareff annuiva con il viso rigato di lacrime.
In quel momento, il giovane trovò la pace a cui aveva anelato fin da piccolo. Le sue ferite non sarebbero mai guarite del tutto ma, per quanto il futuro si presentasse difficile, non sarebbe rimasto solo ad affrontarlo.
Mai più.
 
- The End -



 
  
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