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Autore: _Cthylla_    17/02/2021    0 recensioni
Un'illuminazione è giunta a Tarn, il comandante della Decpeticon Justice Division: tentare di scrivere certe memorie giovanili, risalenti a quando aveva un altro aspetto, un altro nome, un appartamento minuscolo in un settore di Cybertron non privo di disagi e, soprattutto, i vicini di casa peggiori della storia. Perché non tutti i Megatron sono uguali!
[Il contesto corretto sarebbe generale/vago. Maggiori dettagli nella premessa.]
Genere: Demenziale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Megatron, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Generation I
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Memorie, capitolo [numero ancora da definirsi]:  I vicini di casa peggiori della storia















Il panorama che si scorge guardando fuori dal finestrino del bus in cui mi trovo è desolante e al contempo brulicante di vita. Davanti ai miei sensori ottici passano grossi casermoni tristi di colore grigio, torbidi canali di scolo che si snodano tra le vie, alcune larghe e alcune strette ma sempre malmesse, piazzali nei quali gruppi di persone più o meno fitti sono radunati a improvvisare l’ennesima follia alcolica della giornata mentre si “salutano” a suon di schiaffi, bidoni che vengono fatti esplodere e volare in aria come missili -sembra essere uno degli “sport” più apprezzati del posto insieme alle risse e alle discese su “veicoli” improvvisati ai quali sono state attaccate delle ruote, non ultimo il divano dei gemelli ieri- tavoli, sedie e avventori che volano magicamente fuori dalle porte e dalle finestre dei locali a causa delle, ahem, comuni discussioni pacifiche che intercorrono tra questi assoluti barbari alcolizzati incapaci di mostrare civiltà gli abitanti del settore; tutto uguale e tutto diverso, come sempre.
 
Eccetto per le fauci dell’alloygator che schioccano accanto al mio braccio un attimo dopo che la bestia è stata tirata abbastanza indietro da impedirle di fare un aperitivo con un pezzo di me.
 
«Katyusha! Non si morde il vicino. Non si fa!... ma chi èèèèè la alloygator più carina del bus? Ma sei tu! Ma sì che sei tu!»
 
Già in condizioni normali la maggioranza degli abitanti tende  a tenersi lontana dai sedili in fondo quando vede che Megatron e Wraith ne hanno preso possesso, e oggi se il bus fosse stato meno pieno me ne sarei tenuto lontano io stesso dato che il cucciolo -tendente all’adolescenza- di alloygator lilla in braccio alla mia vicina di casa mi sta fissando con l’aria di chi sta giudicando se sarei un pasto buono oppure no.
 
«Non provare a portare in casa quella cosa, te lo dico» dice Megatron, e qui provo perfino del sollievo «Non voglio bestiacce a ciancicare il divano nuovo!»
 
Il divano nuovo, per la precisione quello che Megatron la lanciato in modo poco urbano sui due sedili davanti a me. Non so dove se lo siano procurato e non sono certo di volerlo sapere ma immagino che venga dalla parte più a nord del settore, messa meglio di quella dove vivo. A dir dei gemelli ci sono perfino delle case che presentano una discreta opulenza al proprio interno, peccato appartengano a gruppi di spacciatori e associazioni a delinquere che la milizia di Kostrobna non riesce ancora a debellare. La maggioranza degli abitanti del settore fa “soltanto” uso e abuso di energon extra forte ed è gente un po’troppo semplice per darsi alla criminalità organizzata, ma questo non significa che non esista affatto, come del resto esiste ovunque. Agli abitanti della parte di Kostrobna dove vivo va reso onore almeno per una cosa: respingono con particolare violenza i tentativi degli spacciatori di mettere radici anche lì, alcuni perché non apprezzano, altri perché cercano solo una buona ragione per menare le mani.
 
«Katyusha è una signorina, non una bestiaccia. E comunque a breve scendo e la riporto dai suoi fratelli al canale…»
 
«Basta che poi lei e loro ci restino anche, al canale» ribatte Megatron.
 
«Quella della settimana scorsa è stata un’emergenza! Tu come ti sentiresti se fossi un alloygator e ti prosciugassero casa così di botto senza senso?»
 
«Non lo so, ma so per certo che quando loro sono tornati a stare dove dovevano stare e abbiamo prosciugato camera nostra mi sono sentito molto felice. Una colonia di alloygator in casa, cazzo!»
 
«Avevi detto che andava bene, Megsha».
 
«Ero ubriaco fradicio! Disgraziata!»
 
«E io pure se è per questo, siamo ubriachi sempre!»
 
«Ah già, è vero».
 
Come potete aver intuito dal delirante discorso ivi riportato, la settimana scorsa i gemelli hanno accolto in casa una famiglia di alloygator in difficoltà causa prosciugamento del canale dove vivevano. Credo possiate immaginare l’espressione sul mio volto quando, entrato in casa dei gemelli, ho notato la barriera di lamiera tra il soggiorno e la camera da letto, l’acqua all’interno di essa e gli occhi di un paio di alloygator a fare capolino sulla superficie.
Dare rifugio a della fauna selvatica nell’attesa di ripristinare il loro ambiente naturale -cosa che i miei vicini hanno fatto un paio di giorni fa con una tecnica mista tra cannonate e pseudo ingegneria kostrobnese deviando un canale poco lontano, e chi se ne importa del danneggiamento e modifica di strutture pubbliche- potrebbe anche essere considerato… encomiabile, di per sé.
Quasi. Se fossero stati cuccioli di cybergatti.
Ma vedere Megatron eseguire una tomb stone acquatica sul capo della colonia di alloygator al grido di “CYKA BLYAT!” per stabilire una volta per tutte chi fosse l’alfa dell’appartamento, il tutto mentre Wraith piazzava scommesse con tutti i vicini del pianerottolo accorsi in blocco a osservare la battaglia, era qualcosa di cui avrei fatto a meno volentieri.
 
Cielo, che periodo.
 
Wraith, come aveva anticipato, scende dal bus poco dopo con Katyusha. Resto solo con Megatron, che sta svuotando un cubo di energon extra forte, e il suo divano nuovo. Nessuno dei due pare avere qualcosa da dire all’altro ma il silenzio non risulta pesante né imbarazzante.
 
Giunti alla fermata scendiamo dal bus e Megatron non mi chiede di aiutarlo col divano, che trasporta senza fatica. Arriviamo fin sotto al nostro condominio in relativa tranquillità, se si esclude il vedere kostrobnesi che hanno attaccato con un cavo una lamiera a un bus così da farsi trascinare su di essa come fosse uno slittino, ma con varie scintille in più.
Inizio a essere avvezzo a simili scene. È grave.
 
«Stasera esci con noi, Dasha».
 
Mai che quella del mio vicino sia una domanda. «Veramente stasera pensavo di leggere un po’, sai…»
 
«Sempre a leggere! L’hai fatto ieri sera, ci hai anche spiegato il pensiero di quel filosofo…»
 
Vero. Ieri sera, in un tentativo di unire la mia intenzione di leggere alla compagnia non propriamente cercata dei miei vicini, ho deciso di provare a parlar loro del saggio di filosofia che stavo rileggendo per la terza volta. Mi ero rassegnato in partenza all’inutilità di quel tentativo, scoprendo con una certa sorpresa di sbagliare. Non solo si sono mostrati tutto sommato interessati, ma hanno perfino capito quel che ho spiegato e, incredibile ma vero, sono riusciti a spiegarlo anche ad altri loro amici arrivati in seguito.
Avevo addirittura iniziato a sentirmi soddisfatto del risultato -al di là dell’irritazione dovuta all’ennesima conferma che il loro essere esasperanti non venga dalla stupidità, ma dall’essere stronzi- e dall’essere riuscito a infilare nelle loro teste dure concetti più “alti” dei soliti, peccato che poi una discussione tra Megatron e uno degli altri sul pensiero di questo filosofo abbia fatto degenerare tutto in una rissa con tanto di defenestrazione finale. I frammenti di vetro sono ancora qui per strada, brillanti a causa della luce.
 
«L’ho fatto… e l’avete anche compreso».
 
«Credi di avere a che fare con dei deficienti, vicino?»
 
«No. Ma è anche per questo che mi chiedo… non siete stupidi. Tu e tua sorella potreste fare parecchio, ognuno a modo suo, se voleste potreste fare carriera-»
 
«Dove?»
 
«Dove volete. Letteralmente dove volete» al contrario di me, bloccato dove sono sempre e comunque «Se solo-»
 
Il divano viene lanciato da Megatron attraverso la finestra già rotta dopo pochi attimi spesi a prendere la mira.
Ora al terzo piano del condominio c’è una finestra con un divano incastrato.
 
«E così non devo fare le scale con quello in spalla!» esclama, compiaciuto del gesto «Dicevi, vicino?»
 
«Niente. Assolutamente niente».
 
Per la mia salute mentale credo sia meglio non aggiungere altro.
 
Saliamo le scale, Megatron mi parla di come lui e Wraith si sono procurati il divano ma io ascolto solo a metà. Arriviamo all’appartamento, mi lascio trascinare dentro per inerzia e noto che Wraith è già qui. Dev’essere tornata poco fa e aver raggiunto casa saltando da un cornicione all’altro, come fa d’abitudine: “Si fa prima”, dice, e almeno su questo ha ragione. Il divano ovviamente non l’ha ostacolata, potendo passare attraverso le pareti.
 
Una volta portato dentro il divano ci sediamo e accendiamo il televisore. Grazie al cielo sembrano voler stare buoni per un po’prima di uscire e andare chissà dove con me a traino.
 
«… basketrek. Ieri uno dei ragazzi non aveva detto a tutti e tre qualcosa riguardo l’andare a giocare stasera, prima che finisse fuori dalla finestra?» domanda Wraith.
 
Me la cavo discretamente a basketrek, i miei tiri dal centro del campo sono molto precisi. Io mi occupo dei tiri dal centro, Megatron delle schiacciate a canestro e Wraith ruba la palla agli avversari come ruba il cibo al mondo: la formazione funziona. Forse la serata non sarà necessariamente un disastro da subito.
È esattamente quando inizio a pensare così che il rumore nella strada inizia di botto ad aumentare. Kostrobna, e questa strada ancor meglio, non è mai propriamente silenziosa ma la quantità di caos che sentiamo non è normale.
 
«Wraaaith… che succede la fuori?» domanda Megatron scrocchiando le dita delle mani.
 
Pregusta già la rissa, lo vedo, e vedo anche il modo in cui verrò trascinato dentro a mia volta. “Addio all’illusione di una serata tutto sommato decente”, sospiro nel mio processore, mentre Wraith si avvicina tranquillamente alla finestra, si sporge verso l’esterno per più di metà e…
 
«CYKA BLYAT!»
 
Mai, in tutto il periodo trascorso in questo posto, avevo visto così tanto allarme nella mia vicina di casa, la quale dopo quel grido scompare con un salto attraverso la soffitta; nulla di tutto questo è normale e sia io sia Megatron, in risposta, siamo scattati in piedi come se il divano avesse iniziato a bruciare.
 
«Cos...»
 
Si ode l’eco di un altro strillo di Wraith -ormai giunta sul tetto, presumo- e Megatron, dopo aver urlato un “dr’mo” che in kostrobnese indica l’energon esausto, mi solleva di peso mentre sfonda la porta d’ingresso con un calcio e si lancia nel corridoio.
 
«Ma che dia-?!...»
 
«DOBBIAMO ANDARE, VICINO!» esclama, scendendo le scale a gruppi di cinque con dei salti che fanno tremare tutta la gradinata.
 
Megatron che fugge via come se lo inseguisse Unicron in persona è qualcosa che getterebbe nell’angoscia più pura qualsiasi essere senziente che lo conosca anche solo di vista, e io non faccio eccezione. «Mettimi giù! Si può sapere che succede?!»
 
«Il disastro, BLYAT!» ribatte il mio vicino, sfondando la porta sul retro.
 
«Cosa-»
 
«Le dieci piaghe di Altheix tutte insieme, BLYAT!»
 
«Megatron-»
 
«BABUSHKA, BLYAT! Babushka Valka è qui!»
 
Babushka Valka, alias la nonna dei gemelli, alias la stessa persona alla cui furia, a dir loro, è preferibile la tana di un ursanokor, nonché la stessa persona che, quando loro erano troppo lontani per essere colpiti dal mestolo, nel futile tentativo di disciplinarli lanciava loro i piedi per poi inseguirli correndo sulle caviglie in caso di lanci a vuoto.
Ora comprendo meglio, anche se tutto questo continua a sembrarmi eccessivo.
 
«Le avevamo detto che stavamo smettendo di bere, blyat, ma l’energon extra forte che abbiamo in corpo si sente da lontano, cyka blyat!» impreca senza interrompere la sua folle corsa «Cosa CAZZO ci fa qui adesso?!»
 
«Ma più che altro io che c’entro?! Cerca voi, non m-»
 
«E cosa pensi che avrebbe fatto trovandoti nell’appartamento se non cercare di farsi dire da te la nostra posizione a suon di mestolate, dybil?! E tanto tutti quelli che vivono in questa strada per lei meritano la loro dose già solo per quanto bevono! Un motivo valido per una mestolata lo trova sempre! Sempre!»
 
«Ma se io sono-»
 
Il  “pressoché astemio” che avrei voluto dire si perde nell’etere quando ai nostri recettori uditivi giunge l’eco di uno “SCAPPA, MEGSHA! SCAPPAAAAA” insieme a quella che inizio a temere sia una serie di colpi di mestolo.
 
«Wraith! L’ha presa!...» esclama Megatron, fermando la sua corsa solo per un attimo per mettermi finalmente giù prima di riprendere con ancor più disperazione nel corpo e un “blyat” a ogni passo «Non c’è più niente da fare per lei ma forse se riusciamo a trovare una cantina-»
 
«Come ha fatto a prenderla?! La transfase-»
 
«È transfasica anche babushka, ecco come, lo sai come funziona!»
 
Tra gli svariati limiti dell’abilità in questione c’è anche quello di essere inutilizzabile su un altro transfasico, quindi ha senso, ma che Wraith sia stata presa così alla svelta la dice lunga su questa babushka che ormai immagino poco meno grande di suo nipote e sulle nostre tracce come un segugio.
 
«Cantina! Cantina!» esclamo, avvistandone una appena svoltato l’angolo.
 
«Cantina! Infiliamoci dentro, prima che-»
 
Qualcosa sul tetto vicino fa sì che una larga ombra scura cada su di noi prima il “qualcosa” in questione spicchi un salto spaventoso e atterri davanti a noi sollevando un gran polverone e distruggendo l’entrata per la cantina.
 
Sento il mio vicino imprecare tanto alla svelta da non riuscire a distinguere una parola dall’altra e lo vedo cercare di allontanarsi, ma tre dita di una grande mano rossastra afferrano una delle sue corna e la stringe in una morsa dalla quale è impossibile sfuggire, mentre pollice e indice stringono saldamente un grosso mestolo.
 
«“Stiamo smettendo di bere, babushka”, dicevano».
 
Forse dovrei provare ad andarmene ma la voce cavernosa, ancorché riconoscibile quale femminile, e il bagliore dei sensori ottici rossi brillanti che riesco a intravedere mi bloccano sul posto, mentre la polvere si dirada e il mio volto si solleva a guardare con una certa sensazione di panico una dei transformers più grossi che abbia mai visto.
Munita di quattro corna principali, due dentellate verso l’interno e due verso l’esterno, massiccia, con spalle “alte” sebbene non lo siano quanto i cingoli del nipote -che supera in altezza di almeno cinque metri, il che è tutto dire- , un cannone sulla schiena che svetta verso l’alto e una combinazione di colori composta di rosso scuro, viola desaturato e nero, la sensazione che si prova è quella di avere davanti un titano sconosciuto dei tempi antichi che sta trattenendo e sollevando Wraith per il punto vita con una sola mano.
 
«Te l’avevo detto di fuggire, bl…in» si corregge Wraith, la quale avendo già avuto la sua parte di mestolate non dà minimamente mostra di voler provare a liberarsi ma cade in piedi quando, pochi istanti dopo, Valka la lascia e fa passare il mestolo nella mano ora libera.
 
«Ci ho provato, blya- AHIO!» esclama Megatron dopo una mestolata della quale ho avvertito lo spostamento d’aria «Mollami subito brut- AHI! Idi nahuy cyka
 
Ormai le mestolate volano quasi da sole e io non so se il mio vicino continui a sbraitare un’imprecazione dietro l’altra perché è masochista, perché è incosciente o perché è coraggioso E incosciente, al di là del fatto che io non comprenda come a Megatron e Wraith possa essere mai saltata in mente l’idea di contrariare babushka, dato che questa è babushka.
 
«“Stiamo mettendo la testa a posto, babushka”» continua Valka «“Stiamo cercando un lavoro, babushka”» e giù, mestolate intense come una grandinata di Tarn «“Abbiamo smesso di usare brutte parole al posto delle virgole, babushka”-»
 
«Quello non l’ho mai detto, blya- argh! Mollami!» sbotta Megatron, inascoltato, cercando di stringere il braccio di babushka. Lei naturalmente usa la transfase, dunque le due dita afferrano solo aria «Non sono più una protoforma! Babushka! Babuskhaaaaa
 
«Non sarete più delle protoforme ma non siete cresciuti nemmeno un po’ da quando siete andati via di casa, questo è certo!» altra mestolata da far tremare la terra. Inizia a sembrarmi una sorta di gradevole sinfonia «Dovrei venire a controllare più spesso-»
 
«Non c’è bisogno! No! Ma poi, si può sapere che ci fai quAHI- che ho detto stavolta?!»
 
«È andata in un po’di città per delle faccende sue e già che c’era è passata. Gliel’ho chiesto quando mi ha beccata» risponde Wraith, massaggiandosi una leggera ammaccatura sull’elmo «Devo imparare a correre più veloc-»
 
«Devi imparare a non stare solo a mangiare e bere di continuo, Àisha!» la interrompe Valka appena prima di assestare a Megatron un’ultima, dolorosa mestolata «Disgraziati!»
 
«Scappa» mi sussurra Wraith.
 
«Cos-»
 
«Scappah».
 
«Ma-»
 
La grande e terribile arma impropria di babushka Valka ora è a pochi centimetri dal mio naso.
 
«Il mestolo dice che ne spetta una anche a te» commenta la femme, avanzando mentre io indietreggio molto, molto lentamente.
 
«Ahem io- io non c’entro con- sono solo quel povero disgraziato del loro vicino di casa trascinato ogni santo giorno in una delle loro faccende assurde, sono anche astemio» sono a mani giunte, e per una volta non riesco a biasimare del tutto me stesso per la cosa «Mi sono ubriacato solo quando loro mi hanno fatto bere di nascosto, lavoro otto ore al giorno, mi piace leggere non sono un teppista GIURO-»
 
Il mestolo si abbatte sulle mie mani giunte e, anche se l’ammaccatura è leggera, per un attimo scorgo l’intero firmamento passare davanti ai miei sensori ottici insieme a tutta la misera esistenza vissuta finora.
 
«Non solo non sei in grado di farti rispettare ma non ci provi neanche sul serio… il mestolo aveva ragione. Prima che lo dimentichi: una conoscenza in comune che abbiamo nella tua Tarn» sottolinea, indicandomi «Mi ha chiesto gentilmente di mandarti i suoi saluti».
 
«N-non credo di comprendere-»
 
«Oh nooo, un’altra di quelle cose, non è possibile» sbuffa Megatron quando Valka, da uno scomparto, tira fuori una bambola di piccole dimensioni «Hai ancora quella bruttissima casa delle bambol- ahio!»
 
«La mia splendida casa delle bambole si è ingrandita e occupa buona parte di quella che era la vostra camera da letto, Megsha, e devo dire che come inquiline sono molto meno problematiche di qualcuno che sfondava i mobili a testate. Disgraziato!»
 
 
[N.d.A: sono costretto ad ammettere con un certo fastidio che ricordare il mestolo e il colpo subìto sta causando un certo “dolore fantasma” a entrambe le mani. Molto ironico se si considera che le mani colpite dalla babushka di quei disgraziati sono diventate metallo fuso molto, molto tempo fa. Non credo che per oggi andrò avanti oltre nel narrare le vicende di Kostrobna. Mi limito a dire che in seguito, dopo il ritorno nella “mia” Tarn (devo ancora comprendere il motivo di quella sottolineatura, come se fosse esistita più d’una Tarn) ricordo di aver chiesto lumi a Scylla riguardo la sua bizzarra conoscenza con quella femme: pare che quando Scylla era molto piccola Valka fosse già una cliente abituale del negozio. Ricordo anche di essere rimasto sia stupito, sia perplesso per ragioni che allora come adesso non saprei dire. Quel che invece so dire, e con certezza, è che forse già da allora avrei dovuto iniziare a notare il modo in cui fatti e persone della mia vita fossero (e tuttora si rivelino) bizzarramente intrecciati.]
   
 
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