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Autore: Elena Waters    17/02/2021    1 recensioni
I classificata al “Wr-Ink-Tober" contest indetto da fantaysytrash sul forum di EFP
Oliver è stato la prima ventata di vita dopo mille anni senza significato. Prima, di vivere o di morire non mi importava: nemmeno adesso mi importa, ma so che la morte ― che pure nei secoli mi ha tentato tanto, senza mai riuscire a ghermirmi davvero, a spingermi a compiere l’estremo gesto di gettarmi tra le sue braccia ― è un luogo in cui lui non esiste; e che anche la vita, d’altra parte, è un lato dell’esistenza presso il quale Oliver potrà soffermarsi ancora per poco, perché ti ho promesso di ucciderlo, Aileen. L’idea di separarmi da lui mi fa bruciare dentro, mi scava un buco nel petto, ma sarà morto prima che finisca questa stagione, prima che l’alba sorga su Samhain.
Genere: Angst, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Henry/Cailean e Oliver'
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Seconda Parte

 
 
Dopo che il mondo era ripiombato nella barbarie, tramontata quella splendida era che ti aveva vista nascere, i boschi erano diventati il nostro nascondiglio. Nemmeno lì, tuttavia, eravamo completamente al sicuro. Ti lasciasti sorprendere a cacciare: gli abitanti del villaggio ti seguirono nella foresta, ti trafissero con le loro picche e i loro forconi. Avrebbero bruciato il tuo corpo esanime, se non gliel’avessi strappato via saltando sulla pira incandescente, come un’ombra bianca nella notte.
Per tre giorni e tre notti ti ho vegliata, Aileen. A poco a poco riprendesti conoscenza, riemergesti dallo stato di morte apparente in cui ti avevano gettata. In tutto quel dolore, sembravi più umana, come la notte in cui ti ho conosciuta, ma allora danzavi spensierata tra i tuoi veli alla luce delle lampade e non c'era traccia di dolore sul tuo viso. Capii che la vita ti stava lasciando, che ti stavi spegnendo e che non mi sarei più specchiato nei tuoi occhi blu come il mare in una dolce mattina d'estate.
Nell'addio convulso che ci scambiammo, mi sfiorasti il viso con le tue mani gelide ― il gelo della nostra specie è indistinguibile da quello della morte ― e il tuo tocco era così leggero che avrebbe potuto ugualmente essere un alito di vento:
«Oh, Cailean, devi promettermelo. Quando tornerò, a Samhain... quella notte dovrai essere soltanto per me. Vivrai altri lunghi secoli sulla Terra, e non posso chiederti di negarti l’amore. Ma gli esseri umani non sono come te... come noi. Non capirai mai il significato della loro vita, né quello che si nasconde dentro di loro. Se amerai ancora... amali soltanto per una stagione, e non dare loro l'eternità, come l'hai data a me. Quando si avvicina la notte di Samhain, uccidi qualsiasi amante tu abbia avuto quell'anno, lavati via la sua memoria dall'anima come sangue appena versato; che io sia l'unico marchio eterno sul tuo cuore. Devi promettermelo.»
Mi eri morta tra le braccia con queste parole, senza aspettare una mia risposta, ma allora mi sembrò che i tuoi occhi inerti suggellassero la promessa per l’eternità.
Per quasi mille anni ti avevo amata, ti avevo scelta tra tutti i mortali per essere la mia compagna per l’eternità; con le tue parole rivendicasti il tuo posto al mio fianco anche nella morte. Ti arrendesti alla morte e mi lasciasti con quella promessa sulle labbra, con la consapevolezza che ogni legame è un legame di dolore.




Una lacrima mi punge gli occhi.
Non ho mai dovuto mantenere quella promessa, Aileen. Mi sono avvicinato agli uomini solo per cacciare, o al massimo per procurarmi degli effimeri divertimenti che rendessero più tollerabile l'eternità: mi incuriosivo delle mode, dei passatempi, dell'arte. Non più degli uomini, né dell'amore.
Fino a Oliver. Un fruscio delle coperte, dietro di me.
«Henry…»
Mi volto verso di lui. È sdraiato su un fianco, una spalla nuda sfugge all'abbraccio del lenzuolo. Tiene gli occhi socchiusi, ancora disabituati alla luce, e la testa affondata nel cuscino, tra i riccioli scuri.
Per un attimo sono tentato di svelargli il mio vero nome, di dirgli tutto. Non ho mai rivelato la verità a nessuno, Aileen. Non l'ho mai detta neanche a te, prima della notte in cui ti ho trasformata, in cui hai pianto tra le mie braccia delle tue disgrazie e io ti ho offerto, con l'eternità, la possibilità di disprezzare le leggi degli uomini.
 
Non gli dico nulla, ma non perché abbia paura di una sua reazione, stanco della vita come sono: non voglio turbare il suo piccolo mondo di miseria e divertimenti squallidi squarciandolo con la voragine dell'eternità. Ho disprezzo per la vita degli uomini, è vero, ma non fino a questo punto. Anche se le vostre piccole manie insignificanti mi sembrano prive di senso, ormai non derido più le vostre immense strutture di senso, perché se riuscissi a investire la mia esistenza di un così grande significato forse potrei tollerare l'eternità per un istante.
No, Oliver, non capirai mai la crudeltà di quello che sto per farti. È stato questo a frenarmi la lingua, a spingermi a tacere sulla mia specie. Forse temo che tu mi uccida, o che mi faccia uccidere, o forse è un desiderio che cova nel mio cuore con una violenza che mi spaventa: uccidimi, Oliver, uccidimi così che non debba ucciderti io. Sento il desiderio di morire; voglio che qualcuno distrugga questo corpo, o forse voglio distruggerlo io stesso ― lo farei, ma so che il mio onore verrebbe macchiato, se deviassi dalla promessa fatta ad Aileen e mi rifiutassi di esserle fedele, perfino con un gesto così estremo.

 
 

Oliver solleva appena il suo delizioso mento, volge lo sguardo agli splendidi quadri che decorano la mia casa: scene di mitologia, storie antiche quanto me, pennellate con colori intensi e inquieti; teorie di figure che si perdono nello sfondo, in macchie di colore che sfumano nell'eternità.
Quando abbassa il viso, sollevo il mento quel tanto che basta per cercare le sue labbra.
Il sarto sarà qui a momenti. Non voglio che Oliver si vergogni, quando lo presenterò ai miei amici. Per me, l’abbigliamento non significa niente: non riesco ad associarlo al decoro sociale, perché nel corso della mia lunga vita mi sono vestito di qualunque cosa, a volte di niente, ma se Oliver soffrisse, anch'io soffrirei ― e, finché non dovrò strappargli la vita, gli risparmierò tutto il dolore che posso.
Il sarto armeggia attorno a lui con il metro e gli aghi: gli appunta un po' la giacca sui fianchi, per esaltare la sua figura slanciata, e gli avvolge il polsino della camicia di batista in modo che il polso, spesso abbastanza per sembrare quello di un uomo, ma morbido e flessuoso come quello di una ragazza, sporga impercettibilmente.
Un essere umano non può vederlo, ma sul viso di Oliver c’è un leggero rossore, che dona una dolcezza ancora più incantata al sorriso che gli schiude le labbra: ha ritrovato un lusso che doveva conoscere, che si è dimenticato per amore della sua famiglia.
«Non posso accettare che paghi, Henry. Mi sdebiterò in qualche modo…»
Lo liquido con un gesto della mano.
«È volgare discutere di conti. Non parliamone mai più.»
Per un istante mi manca l’aria, sento qualcosa di pesante affondarmi nel petto: niente di quello che posso dargli vale come quello che gli strapperò via. Io, sempre tanto leggero con le vite umane, sento il peso della sua esistenza tra le dita.


 



Due sere dopo lo porto con me a un ballo. Oliver è una persona elegante: si vede dai modi, dalla dolcezza nel parlare, dal suo riuscire gradevole e amabile anche a quella selezionatissima compagnia.
Sotto ai suoi occhi increduli, Aileen, prendono vita anche per me gli interminabili giri di danza, le pietanze inerti nei vassoi ― che per me non hanno alcun sapore ― e, oltre il vetro della finestra, i giardini immersi nella bruma, che galleggia alla luce della luna.
Mentre lo guardo volteggiare insieme alle ragazze colorate come pavoni, nell’ennesimo giro di danza, penso che vorrei essere io tra le sue braccia; il mio unico conforto è sentire che i suoi occhi sono su di me, che il suo sguardo mi scorre addosso e io so, senza speranza, che lo amo.
 
Questi giorni sono volati con lui, Aileen. La mia vita smorta ha ripreso colore; il vento è tornato a smuovere le foglie rosse sugli alberi. La bella società inglese, che frequentavo per dilettarmi e che pure tanto mi annoiava, con la sua presenza è rifiorita come un ramo innestato: ora le conversazioni mi sembrano amabili, le risate contagiose, bere il brandy seduto su un canapè accanto a Oliver è più dolce delle sere d'estate, più sublime del vento che alza la neve sulle cime delle montagne.
Tra una settimana sarà Samhain. È quasi ora di dirgli addio: il fatto che lo ami non mi farà tradire la fedeltà che ti devo, non si tradurrà in una macchia sul mio onore. Lo ucciderò.
Ma se avessi saputo che questa promessa mi avrebbe portato tanta pena e la distruzione di tanta felicità... te lo giuro, Aileen, non saresti mai riuscita a strapparmela.



 
«Devo ringraziarti, Henry.»
Mi volto. Oliver è steso sul canapè al mio fianco; la camicia slacciata come gliel'ho lasciata, forse i miei baci ancora vivi sulla pelle.
«Di cosa, mio caro?»
Sorride. «Di cosa? Mi hai offerto tutto quello che non avrei mai pensato di poter avere, e se penso a quanto devo esserti costato...»
«Oliver, non parlare di soldi.»
«Come posso non parlarne? Ho vissuto tutti i miei anni a Londra contando ogni centesimo, per mandare a casa più denaro possibile. Non avrei mai conosciuto questa vita, non so come sdebitarmi con te.»
Scuoto la testa, stizzito. Il suo braccio, con il polsino della camicia slacciato, è appoggiato inerte sul bracciolo del canapè. Vedo la sua gola gonfiarsi appena, al passaggio del sangue, e voglio passare di nuovo la mano nei suoi capelli arruffati, sulla sua gola bianca coperta di una barba sottile. Mi getto su di lui, lo bacio con trasporto. Le mani mi corrono sui bottoni ancora chiusi della sua camicia; non gliela strappo di dosso solo perché so che è la sua preferita.
Oliver mi afferra le mani, si stacca dal mio viso.
«Voglio mostrarti una cosa, Henry. Voglio farti capire perché faccio tutto questo.»
 


La casa è qualche miglio fuori città, immersa nella campagna. Le erbacce avvolgono tutto il giardino, indisturbate, e l'edera cresce alta sui muri.
Oliver mi precede con un'espressione timida, tira fuori le chiavi dalla tasca del panciotto nuovo e apre il portone, su un corridoio di marmo perfettamente lucente e pulito.
«Oliver!»
Una donna di mezza età, vestita in abiti semplici, ma dignitosi, si affretta a venirci incontro.
«Non ti aspettavo così presto! Come sei vestito bene!»
Soltanto allora solleva lo sguardo e sembra notarmi oltre la spalla di suo figlio, come se fossi un'ombra nascosta nel buio. 
La madre di Oliver mi invita a fermarmi per il tè. Era una famiglia benestante, la loro: il padre gestiva degli affari in India, ma era venuto a mancare per via di una brutta febbre quando Oliver aveva diciannove anni. Oliver non aveva voluto interrompere gli studi e si era costretto a una vita di stenti a Londra pur di riuscire a laurearsi; anche ora che era diventato assistente e aveva un piccolo stipendio, aveva preferito mantenere il suo alloggio di sempre e mandare tutti i soldi a casa per aiutare la sorella più giovane, Annabeth, che soffriva di una malattia che richiedeva molte attenzioni. Voleva che la ragazza ricevesse una buona educazione, che potesse sposarsi bene e vivere serenamente ― era stato questo a guidare tutte le sue scelte e i suoi sforzi: aveva vissuto tutte le stagioni più belle della sua giovinezza con quello scopo nel cuore.
Annabeth ci raggiunge nel salottino, vestita di un delizioso abito azzurro. È una ragazza pallida e sottile, forse di tredici anni; l’ombra scura sotto i suoi occhi lascia presagire gli affanni della malattia. Corre attraverso la stanza senza neanche prestarmi attenzione, stringe le braccia attorno al collo di Oliver e si lascia scivolare sul divano accanto a lui. Sento il suo respiro affannoso dopo quella corsa brevissima e spero che abbia ancora tanto da vivere, perché so quanto Oliver la ami.
Quanto meschine mi sono sempre sembrate le aspirazioni degli uomini, quanto angusti i loro orizzonti e quanto limitate le loro possibilità; adesso, per la prima volta, sento che anche l'aspirazione più piccola e semplice richiede enorme coraggio e sacrificio.
 
Oliver mi mostra lunghi corridoi pieni di stanze chiuse, angoli della casa in cui tutti i mobili sono coperti di teli e di polvere, perché l'unica domestica che vive lì non riesce a gestire una casa così grande. Appoggia la mano sullo stipite della porta di una di quelle stanze abbandonate, abbassa lo sguardo.
«Mi rendo conto, Henry, è tutto da sistemare. Sto facendo del mio meglio.»
Mi avvicino a lui, gli accarezzo una spalla. «Mi piace molto la tua famiglia. Quando tua sorella starà meglio, quando sarà grande e le troverete un marito, non sarai più solo a occuparti di tutto.»
Non posso dirgli che non vedrà crescere Annabeth, che non so chi si occuperà di lei e di sua madre tra una settimana, quando l’avrò ucciso. Sono felice che l’abbiano potuto vedere quest’ultima volta, prima che io… oh, non so nemmeno quando capiranno che cosa sia successo, perché nascondo sempre le mie vittime. Oliver non scriverà più, non manderà più un centesimo, e allora lo cercheranno, ma…
Oliver sospira, mi riporta alla realtà. Non è ancora successo niente: lui è vivo, accanto a me, e il sole filtra dalla grande finestra, inonda il pulviscolo di luce dorata.
«Sai, non vedo l’ora che arrivi quel giorno. Sono stanco di occuparmi di tutto, di non vivere come ero convinto che avrei vissuto. So che è il mio dovere, e sono felice del modo in cui riusciamo ad andare avanti... ma sono anche stanco di rinunciare a tutto e rimpiango quello che non ho vissuto. Tu mi hai ridato tutto questo, Henry, te ne sarò sempre grato.»
Mi si stringe il cuore, se penso a quanto poco tempo gli resti.

«Mi sembri solo molto stanco, mio caro. Sai, stavo pensando che potresti passare da me quest'ultima settimana di ottobre, prima che arrivi davvero l'inverno e le colline si coprano di brina. Vieni nella mia tenuta. Faremo cavalcate, osserveremo i colori della stagione. Potrai tornare al tuo lavoro dopo Samhain, con un altro spirito.»
 

È stata la settimana più bella della mia vita da molto tempo, Aileen: era tantissimo che non mi sentivo così felice. Oliver e io eravamo già amanti, ma dovevo trattenermi dal tenergli la mano per le strade di Londra, dal guardarlo troppo intensamente.
Qui sulle colline ricoperte di erica, sotto il sole ramato, lontani dagli sguardi dei domestici, possiamo fermare i cavalli, smontare e sciogliere loro le briglie, lasciare che cavalchino liberi nella tenuta. Posso baciargli le labbra sotto un acero, carico di foglie rosse e morenti; sentire sul viso il calore del suo corpo che traspira dalla stoffa delle sue vesti, mentre gli sto sdraiato in grembo. Alzo lo sguardo su di lui, sulla sua carne incendiata dalla luce del tramonto. Lontano, tra le foglie rossastre, il cielo brilla di un azzurro profondo e limpido, punteggiato di nuvole opalescenti. È azzurro come i tuoi occhi, Aileen, e presto si tingerà di rosso, a ricordarmi il sacrificio di sangue che ti devo.
È la notte di Samhain.
 
Subito dopo la cena, ho invitato Oliver nelle mie stanze. Tutte le altre notti sono andato io da lui; ho aspettato a mostrargli la mia stanza, che è la più strana della casa. I sedimenti di ogni epoca che ho vissuto si intrecciano tra loro; vecchi cammei, un busto romano autentico che soltanto io sapevo dove trovare, dove scavare. Il tuo viso intagliato nella pietra, prima che giungessero gli anni bui e l'oscurità dell’oceano ti inghiottisse per sempre ― quando, dopo la tua morte, ti ho affidata alle onde increspate di ghiaccio.
Oliver ti guarda affascinato: i capelli che si intrecciano sul viso di marmo come se fossero veri, come se il vento potesse sollevarli da un momento all'altro, gli occhi vuoti e bianchi.
La preferisco così, come me l'ha restituita la terra centinaia di anni dopo. Un tempo era dipinta dei colori che avrebbero dovuto restituire il tuo incarnato, il fuoco dei tuoi capelli come il sole che trasforma le onde in un incendio dorato al tramonto, gli occhi blu come il cielo di inverno... ma non esiste arte che possa rendere giustizia alla tua bellezza, e preferisco il candore del marmo dilavato dal tempo.
«È bellissima! Come l’hai avuta?»
Il suono della voce di Oliver ― il mio Oliver, che solo qualche ora separa dalla morte! ― mi fa sentire come se galleggiassi nell'aria e fossi svuotato di ogni volontà.
«A un'asta. È un'imitazione moderna, non credo che valga qualcosa.»
Passa le dita candide sulle tue labbra, non sapendo la fine orribile che la tua sola esistenza ha decretato per lui.
«Sarà un'imitazione, ma di un artista molto valido.»
Scrollo le spalle e mi avvicino a lui. Lo afferro per le spalle del panciotto; lo costringo ad abbassare la testa, a baciarmi. Sento il desiderio scorrergli nelle vene; le labbra caldissime e irrorate di sangue ansiose del mio viso, della mia carne. Io sono una statua di ghiaccio contro il fuoco che divampa, ma lui non se ne accorge. È sempre stato così: il calore della sua carne si sparge sulla mia e viene trattenuto qualche secondo, quel poco che basta per dargli l'illusione della vita, mentre io lo sento spandersi come metallo fuso, entrarmi fino alle ossa.
 
Giaccio con gli occhi spalancati nel buio. Nella notte si sente solo lo stormire del vento, il respiro rilassato di Oliver, profondamente addormentato al mio fianco.
Forse la mezzanotte è già trascorsa, ma la promessa non sarà davvero infranta finché non vedrò sorgere il sole di novembre.
Non ho mai capito, Aileen, come tu possa avermi strappato una promessa simile. Durante i nostri anni insieme, non mi avevi mai dato motivo di pensare che fossi crudele: allora perché condannare alla morte chiunque avesse la colpa di prendere il tuo posto nel mio cuore? Forse non era l'onestà nei tuoi confronti che mi chiedevi, non una fedeltà che nel suo senso può essere cara soltanto agli uomini, ma rispetto della natura umana, delle sue condizioni. Forse ciò che volevi chiedermi era semplicemente di vivere ai margini, di spezzare una vita piuttosto che gettarla nell’abisso dell’eternità, snaturarla per sempre: volevi contrastare la mia visione sprezzante della vita, la mia convinzione di poter ribaltare le vicende umane con uno schiocco delle dita.
Oliver dorme accanto a me, la sua pelle chiara avvolta delicatamente dalle lenzuola di seta. Sento il suo respiro, il battito calmo del suo cuore: sono convinto che si senta al sicuro accanto a me, che non sospetti affatto delle mie intenzioni nei suoi confronti.
Gli sposto una ciocca di capelli dal collo, chinandomi su di lui. So che non sarebbe così difficile ucciderlo: dovrei solo abbracciare la mia natura, lacerargli il collo e sentire il sangue schizzarmi in gola, mentre tutti i suoi ultimi pensieri e sentimenti, avvolti nell’ombra cupa della morte, mi inondano il cuore.
Ma non posso farlo, Aileen.
 
Non lo strapperò a sua madre, né alla piccola Annabeth; soprattutto, non lo strapperò a me, perché non posso sopportare l'idea della sua morte.
Me ne andrò dalla sua vita come un soffio di vento che l'ha accarezzato per un giorno, lasciandogli soltanto il ricordo del mio amore sulla punta delle labbra e la vita intatta.


 
È passata una settimana. Ho fatto il mio viaggio fino alla costa atlantica con calma, assaporando ogni istante. Ormai Oliver deve aver trovato la delega con cui gli affido tutti i miei averi, la lettera per il notaio e tutte le scartoffie così care a questo secolo.
Non tornavo qui da mille anni, Aileen. Sei ricoperta dalle onde scintillanti alla luce dell’alba; spero che il luogo di riposo che ho scelto per te sia di tuo gradimento. Forse ho interpretato male la promessa che ti ho fatto: forse, da qualche parte oltre la cortina che separa i morti dai vivi, sei furiosa con me e assetata di sangue.
Una sete di sangue che placherò con la mia morte, perché, per esserti fedele e pagare il mio tradimento, non posso offrirti altro. Presto i ghiacci ricopriranno la superficie del mare, ma ormai giacerò insieme a te, sul fondo dell’oceano.
Mi getto tra le onde e appena l’acqua gelida impregna i miei vestiti comprendo che il mio tradimento è più profondo dell’oceano, più grave della morte ― che questa riparazione non è equa, ma è l’unica che possa darti, perché la vita di Oliver è più preziosa della mia.
 
Oliver, raggio di sole di questo istante di eternità. Ti ho amato come il vento nei boschi, come le luci dell’alba e le stelle in una notte chiara. Per te ho infranto una promessa di mille anni; per te sacrifico la mia vita, sperando che questo possa in qualche modo lavarmi dal disonore, ma non mi pento nemmeno di un istante passato con te, né di averti risparmiato: quando, con l’ultimo respiro nel petto, affonderò tra le onde increspate di ghiaccio, la mia unica gioia non sarà aver in qualche modo pagato il mio affronto, ma sapere che vivi.

 
FINE

 
 
 
 
Eccoci alla fine! Ringrazio tutte le lettrici e i lettori che sono arrivati qui; spero che la storia vi sia piaciuta. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate.

Se questo finale vi ha un pochino depressi e preferivate l'happy ending, cliccate qui

Se volete sapere cosa ne sia stato di Oliver dopo la scomparsa di Henry, cliccate qui

Se volete un missing moment di questa storia (e un po' di smut), cliccate qui
 
 
   
 
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