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Autore: IndianaJones25    19/02/2021    2 recensioni
È una luminosa e calda giornata estiva di fine Ottocento quando, in una casa di Princeton, nel New Jersey, nasce l’unico figlio del professor Henry Jones Sr. e di sua moglie Anna.
Nel corso dei venticinque anni successivi, il giovane Junior vivrà esperienze indimenticabili e incontrerà persone straordinarie, in un viaggio di formazione che, tappa dopo tappa, lo porterà a diventare Indiana Jones, l’uomo con frusta e cappello, il più celebre archeologo del mondo…
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abner Ravenwood, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Marion Ravenwood, René Emile Belloq
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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XIV.
SOMME, FRANCIA, OTTOBRE 1916

   Inferno. Non avrebbe saputo in quale altra maniera definire quella vita. Sempre che di vita si potesse ancora parlare. Stare fermi in trincea, tra il fango, il fumo, le granate, i gas asfissianti, i morti che si accumulavano uno sull’altro mentre i topi gli rodevano i lineamenti, i volti degli amici che si spegnevano uno a uno, le urla strazianti dei feriti, i bagliori spettrali degli incendi, era semmai una non-vita. Era un’attesa continua, lunga, logorante, orribile, della fine, una fine che non sembrava più poter essere rinviata. L’esistenza in trincea era un semplice tirare avanti in attesa che tutto avesse termine, che il mondo finalmente scoppiasse, annientando tutte le forme di vita, a cominciare dagli uomini che, colti da follia, avevano deciso di suicidarsi in quella guerra logorante e interminabile, fatta soltanto di assalti e di ritirate, all’infinito.
   Quando Remy gli aveva parlato della guerra in Europa, Indy aveva deciso senza nessuna esitazione di seguirlo fin laggiù dal Messico. Per Remy rispondere alla chiamata alle armi dell’esercito belga era stato un dovere di patria, per Indiana Jones soltanto una nuova avventura. Dopo un anno e due mesi di guerriglia in Messico, cambiare divisa e indossare quella grigio-blu dei belgi non avrebbe fatto alcuna differenza, per lui. Gli interessava scoprire il mondo e studiare la natura umana, e quale modo migliore per riuscirci se non andare a vedere le cose da vicino?
   Ora, però, si stava rendendo conto che arruolarsi dando false generalità - e l’ufficiale addetto al reclutamento, consapevole della penuria di uomini validi, si era ben guardato dal verificare che quell’Henri Defense fosse davvero chi diceva di essere - non era stata per nulla una buona idea.
   La guerra non era affatto come se l’era immaginata. Era molto diversa dalle battaglie eroiche di cui aveva letto tra le pagine dei suoi romanzi preferiti o dai romantici duelli cavallereschi a singolar tenzone che erano l’ossessione di suo padre. Non assomigliava nemmeno agli scontri che aveva sostenuto in Messico, che il più delle volte si erano risolti in azioni di sabotaggio dove solo di quando in quando qualcuno poteva restare ferito o, se proprio era sfortunato, ucciso.
   In Messico, tra decadenti caballeros e folli sognatori, tra prostitute che si tramutavano in eroine e campesinos pronti a far valere i propri diritti contro gli oppressori, poteva sul serio sostenere di aver trovato qualcosa di romanzesco; qui, sui campi di battaglia d’Europa, non c’era niente di simile. La poesia non era di casa nelle trincee, tra il fetore dei cadaveri insepolti e l’ossessiva paura dei gas asfissianti o dei lanciafiamme.
   In quell’inferno di ferro, di fuoco e di fango, gli ultimi residui della sua infanzia erano stati spazzati via definitivamente. Lo spazio per i sogni e le illusioni era scomparso dalla sua mente, riempito dal quotidiano faccia a faccia con la morte e l’annullamento. E più passavano i giorni, i mesi e le settimane, tra il freddo, gli assalti e le fucilate, e più Indiana Jones si stava rendendo conto di star diventando cinico e miscredente; se fino ad allora aveva creduto in tutto ciò a cui gli era stato sempre detto di credere senza porsi nessuna domanda, ora si stava rendendo conto che, se mai un qualche dio era esistito davvero, doveva essere morto anche lui, in mezzo alla trincee, spazzato via da qualche cannonata. Sul suo cuore stava calando il gelo. Poteva soltanto sperare che la pazzia non prendesse il sopravvento sul suo cervello, come aveva già fatto su quello di molti suoi commilitoni, che avevano perduto la ragione a causa delle condizioni e delle visioni inumane che li perseguitavano giorno dopo giorno.
   Eppure, qualche tara doveva essere nata pure dentro di lui. Come giustificare, altrimenti, il sogghigno svergolo che gli compariva sulle labbra ogni volta che si rendeva conto di aver mandato a segno un colpo o di aver causato qualche danno irreparabile agli avversari? Forse, si diceva nei rari momenti in cui era possibile fermarsi a pensare, impazzire era il solo modo per sopravvivere, non solo a questa dannata guerra, ma anche a questo mondo che pareva intenzionato ad annientarsi.
   Per il momento, non poteva fare altro che continuare a combattere, sperando che finisse presto. E se gli avessero fornito un pretesto, uno soltanto, per togliersi da lì, lui lo avrebbe accettato. Al diavolo l’avventura, per quella volta: era partito cercando chissà che cosa, e aveva trovato tutt’altro, quello che non avrebbe mai voluto trovare. Ma chissà mai se sarebbe giunta, una simile opportunità. Sembrava più che altro una vana e ridicola speranza, l’illusione di potersi ancora salvare, di sottrarsi alla più becera follia.
   Per adesso, era persino difficile comprendere quale sarebbe stato l’esito finale della guerra. Ogni volta che giungeva la notizia che la prima linea era stata sfondata, gli si gelava il sangue nelle vene. Perché un giorno o l’altro, lo sapeva, sarebbe toccato anche a lui. E non poteva controllare il tremito quando pensava di doversi gettare all’assalto, rapido e sanguinoso contro le mitragliatrici avversarie.
   Anche così, dalle retrovie, non si sfuggiva comunque alla carica. Quando la tromba squillava e i fischietti si levavano acuti, incitando gli uomini allo scontro, bisognava andare. Andare senza sapere se ci sarebbe stato un ritorno.
   Proprio come adesso.
   Scambiò uno sguardo disperato e allo stesso tempo rassegnato con Remy, sapendo che sarebbe anche potuto essere l’ultimo, come sempre. Il suo si sarebbe potuto rivelare l’ultimo volto amico contemplato prima che un proiettile, una granata, un colpo di mortaio o chissà cos’altro ancora ponesse fine alla sua corsa, alla sua strada, alla sua vita.
   Poi pensò a sua madre, a sua padre, al suo cane, a tutte le persone a cui aveva voluto bene, e si lanciò all’assalto, il fucile nel pugno, la baionetta innestata, il fumo negli occhi, l’odore della polvere da sparo nelle narici e il fango tra i piedi.
   
 
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