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Autore: ROSA66    19/02/2021    1 recensioni
Questa storia partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP".
dal testo :
...- Fa che sia viva … fa che sia viva.. Merda, merda, merda….- ripeteva come un mantra.
Prese il sottile polso di Hermione con la mano tremante e poggiate due dita, cercò di individuare un minimo battito vitale.
Finalmente avvertì una leggera pulsazione sotto i polpastrelli e, anche se con difficoltà, tornò a respirare.
-Ti prego, non morire …Hermione…non morire… anche tu no.. ti prego, non mi lasciare…
Una lacrima solitaria gli percorse il viso, spuntando dal ghiaccio disciolto dei suoi occhi, crepato dalla paura di perderla per sempre.
..non morire come Astoria…
- Hermione, perdonami…-
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Angels
 
When I come to call, she won't forsake me
“ Angels “, Robbie Williams
 

Una delle più grandi qualità di Astoria era sempre stata quella di donare infinito amore a tutti. Ora lei era diventata come un respiro evanescente, poco più di un soffio incorporeo,    ma quell'amore continuava a vivere, eccome se viveva... Anzi, aveva messo radici profonde e cresceva nel cuore straziato dei suoi cari, che non si davano pace al pensiero di lei svanita in un viaggio senza ritorno.
Viveva nella giovane donna dai lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri, così simili ai suoi, sorella per scelta prima che per  legame di sangue, il viso premuto sulla spalla destra di Draco nel vano tentativo di nascondere le lacrime.
Viveva in sua madre Helena, delicata e fragile, quasi sul punto di spezzarsi dal dolore per quella morte contro natura.
Un figlio non dovrebbe mai morire prima dei genitori.
Più di tutto, era devastata dalla consapevolezza che la sua Tori, come amava chiamarla, non l’ avrebbe più inondata con fiumi di parole quando, inarrestabile, la abbracciava di slancio e le parlava di tutto e di niente.
E viveva in Draco, che con le spalle curve, guardava la fossa che, come un buco nero, stava per inghiottire per sempre quella donna dal corpo fragile, ma dal grande cuore,  che aveva appena imparato ad amare.
Perché quando ti viene dato amore, non puoi ignorarlo. Perché l’amore ti cambia, anche se non vuoi.
Draco era una statua di marmo, paralizzato da quel dolore che non voleva lasciar andare affinché gli ricordasse in ogni istante ciò che aveva perduto.
In quella limpida mattinata di giugno, il cielo terso e privo di nuvole sembrava farsi beffe della sofferenza del giovane. Un raggio di sole gli  illuminò il viso, e lui ne sentì tutto il calore ma, anziché provarne piacere, sentì solo una crescente irritazione.
Non sarebbe stato giusto trovare conforto in quel caldo abbraccio, quando lei sarebbe stata al buio e al freddo.
Per sempre.
Certo, non poteva impedire al sole di splendere. Poteva, però, fare in modo che il suo calore restasse solo in superficie senza permettergli di entrargli dentro.
Voleva che il suo cuore rimanesse così, cristallizzato dal ghiaccio di quel dolore sordo.
Una brezza leggera, come mano gentile, gli carezzò i capelli scompigliandoli leggermente per poi sfiorargli con dolcezza una guancia.

Astoria guardava i suoi genitori, la sorella e il marito, e un moto di tenerezza fece vibrare il suo essere -  Vi amo - pensò, - ma non dovete piangere per me... - Si soffermò su Daphne, sul suo volto distrutto dal dolore, su quelle lacrime che cercava invano di nascondere, ma che stavano bagnando la giacca di Draco.
Poi la sua anima avvertì  i sentimenti del marito, quel cuore chiuso da una prigione di ghiaccio, e provò  un' intensa malinconia.
- Sei ancora giovane, Draco, puoi ancora amare, e io ti aiuterò... –

In un attimo fu  vicino a lui e allungando la mano gli sfiorò dolcemente i capelli e il viso…
  
Seduto scomposto sul divano del salotto, Draco osservava in controluce  i riflessi che le lampade creavano con il liquido ambrato nel suo bicchiere, ancora mezzo pieno di Firewhisky. Poi, con un gesto rapido, se lo portò alla bocca e lo vuotò tutto d’un fiato.
Chiuse gli occhi.
Gli piaceva quella sensazione di bruciore che sentiva in bocca, e via via giù, nella gola, fino a quando non gli invadeva lo stomaco dandogli fuoco.
Gli piaceva quel senso di stordimento che provava dopo aver bevuto.
Tutto gli sembrava più ovattato, più lontano, più tollerabile.
Era il perfetto anestetico dei suoi pensieri.
Perché quel dolore era ancora troppo vivo, troppo presente. Era troppo.
E anche se non voleva lasciarlo andare, anche se non voleva dimenticarsi di lei, non riusciva a sopportarlo.
Il whisky lo aiutava, portandolo ogni volta in un abisso oscuro dove lasciava che i suoi pensieri annegassero.
Nessun pensiero, nessun dolore…
 
Un intenso profumo di rose, un profumo materno e gentile, gli arrivò alle narici.
Conosceva quel profumo, l’avrebbe riconosciuto fra mille…
«Draco» la voce di sua madre Narcissa gli arrivò flebile come se provenisse dall’altra ala del maniero e non dal salotto, dove era silenziosamente entrata.
«Draco…» ripetè la donna con voce sommessa «dovresti smetterla di bere…» si era avvicinata e gli si era parata davanti « non è così che supererai il …»
«Madre» la interruppe il giovane socchiudendo leggermente gli occhi e guardandola dal basso  « non ho più tre anni, non ho bisogno di balie».
Lo sguardo di Narcissa lo fulminò per un istante per quella mancanza di rispetto, ma fu un attimo, perché aveva capito che non era stato Draco a parlare.
Era il dolore a parlare per lui.
Un’improvvisa tristezza l’assalì nel rendersi conto che il suo ragazzo, che grazie ad Astoria era diventato  più aperto verso gli altri, si stava nuovamente chiudendo in sé stesso.
A Narcissa parve essere tornata indietro nel tempo,  quando Draco aveva sedici anni e un  marchio nero a rovinargli l’adolescenza.
Anche allora, l’angoscia che gli dilaniava l’anima lo rendeva l’ombra di sé stesso.
Una spada di Damocle su di lui e una scelta che non avrebbe mai potuto fare .
O uccidere Silente e salvare i suoi genitori.
O rifiutarsi, e venire uccisi tutti.
In ogni caso, avrebbe perso sé stesso…  
E, come allora Draco si stava isolando da tutti.
«Madre» continuò il ragazzo, mentre tentava barcollante di alzarsi dal divano «voglio andarmene da qui. Andrò in Cornovaglia, nella villa di famiglia».
Narcissa sbarrò gli occhi « Ma..ma .. Draco..non puoi, lo sai… gli Auror… » esclamò la donna stringendo i pugni con forza «Lo verranno a sapere e tu finirai ad Azkaban !».
I bei lineamenti si erano contratti al solo pensiero che una follia del genere avrebbe compromesso il futuro del suo unico figlio.
Narcissa Malfoy avrebbe ucciso per difendere Draco. Aveva già mentito in passato per lui e l’avrebbe fatto altre dieci, cento, mille volte.  
Ma ora sapeva che lottare con le unghie e con i denti non sarebbe servito a nulla, perché il nemico da combattere era tutto dentro di lui.
«Gli Auror… che vadano a farsi fottere». Un sorrisetto sfrontato si disegnò sulle labbra mentre la guardava negli occhi, così simili ai suoi. Poi, con passo incerto, la superò avviandosi verso la porta.
«Draco ! Tu non andrai da nessuna parte ! ». La voce della donna uscì più dura di quanto volesse, rendendosi conto subito dopo che non stava parlando con un bambino.
Draco era un uomo ormai. Lo sguardo si addolcì «  E poi… non serve a nulla scappare…».
A queste parole Draco si bloccò chiudendo leggermente le spalle, come se stesse portando un peso  troppo grande per lui.
«E’ questo ciò che mi è stato insegnato… non so comportarmi altrimenti». La voce era solo un mormorio rassegnato,  la testa voltata per guardarla da sopra la spalla.
Sospirò forte «E poi… il coraggio non è mai stato il mio forte, lo sai… anche quando lei stava male, non riuscivo a infonderle coraggio, perché io non ne avevo... non ne ho mai avuto».
Quel lei che aveva appena pronunciato gli era rimasto incastrato in gola e non riusciva in alcun modo a mandarlo giù.
Si voltò verso la madre che lo fissava con occhi pieni d’amore e comprensione.
Draco per un attimo provò un sincero dispiacere, lei era l’unica persona rimasta che l’ avesse sempre amato.
«Tranquilla »,le disse facendole un mezzo sorriso mentre con la mano alzata le carezzava il viso «so quello che faccio» Si chinò su di lei per lasciarle un lieve bacio sulla guancia.
 
Quella sera Hermione si sentiva veramente stanca. Erano quasi due settimane che non faceva altro che lavorare ininterrottamente, perché ogni volta che decideva di prendersi un week end libero, c’era sempre un imprevisto lavorativo che le scombinava tutti i piani.
Negli ultimi tempi, poi, sembrava che tutti avessero dei problemi improcrastinabili.
E così si ritrovava solo qualche mezzo pomeriggio per riposarsi e ricaricare le  energie.
Ma ora basta, si disse tornando a casa a un orario improponibile, non si può vivere di solo lavoro
Non che non le piacesse, anzi. Era quello che aveva sempre desiderato dagli anni di Hogwarts quando, ancora quattordicenne, si era messa in testa di salvare ogni elfo domestico le passasse a pochi metri di distanza.
Aveva sempre avuto un’attenzione particolare verso i soggetti più deboli.
Così, adesso, si occupava con successo dell’Ufficio per la Difesa dei Diritti degli Elfi e delle Creature magiche.
Soffocò uno sbadiglio mentre apriva la porta di casa, pensando solo al suo soffice e accogliente letto dove sarebbe volata di corsa senza neanche cenare.
Si tolse le scarpe lanciandole dai piedi e si diresse direttamente in bagno per una doccia bollente di cui aveva un assoluto bisogno, disseminando lungo il percorso cappotto, giacca, maglione, gonna, reggiseno e slip…
Guardando il vano doccia con bramosia, come se quello fosse il paradiso, aprì la manopola dell’acqua calda, quando una luce azzurrina con la forma di un inconfondibile cervo dalle maestose corna  le si parò davanti.
- Hermione, dove sei ? C’è un’ urgenza al Ministero… Vieni subito… - la voce apprensiva di Harry Potter  la raggiunse attraverso il Patronus che zampettava attorno a lei per poi dissolversi nell’aria
«Eh no ! » esclamò con stizza chiudendo gli occhi  « Che diamine! Almeno la doccia… »  
Si lavò in cinque minuti scarsi, maledicendo tra sé e sé Harry Potter per il suo pessimo tempismo, mandò al diavolo i suoi belli ma scomodi tailleurs da ufficio preferendo un’ anonima  tuta grigia e si smaterializzò al Ministero.
Erano ormai le nove di sera e gli uffici erano tutti al buio, tranne uno. Hermione si diresse spedita verso la porta socchiusa su cui campeggiava la scritta “ Harry James Potter – Capo Auror “ e, senza neanche bussare, si fiondò all’interno.
« Harry James Potter, spero che tu abbia un motivo più che valido per avermi chiamato a quest’ora  o ti giuro su Merlino che entro stasera Ginny diventerà vedova! » esclamò portando nervosamente indietro i capelli ancora umidi e fissandoli a coda di cavallo con un elastico.
Si bloccò all’istante quando vide quattro paio d’occhi voltarsi verso di lei
Harry era seduto sulla sua scrivania da lavoro, circondato dal Ministro della Magia Kingsley Shakebolt , da Dean Thomas e Seamus Finnigan.
Era successo qualcosa di grave, l’aria era pregna di una tensione palpabile.
Harry si toccò la cicatrice sulla fronte con fare nervoso e, alzandosi in piedi, le disse con un filo di voce.
«Draco Malfoy è fuggito».
 
 
 
 
 
 

 
 
  
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