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Autore: T612    19/02/2021    0 recensioni
2018 - 2023: Cinque ragazzini fuori dal comune che non sono gli Avengers, ma potrebbero diventarlo.
[Missing moments / Mama Nat / AU - Crossover Young Avengers: Elijah Bradley, Kate Bishop, Teddy Altman, William e Thomas Maximoff]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 3
_ 2020





 

Kate fissa il cursore lampeggiante aperto sulla pagina Word, lambriccandosi il cervello cercando uno slogan accattivante che possa invogliare la gente a contattarla, tamburellando distratta lungo il bordo del portatile scandendo i secondi sprecati alla ricerca di una buona idea. 

Sono già trascorsi ventitré lunghissimi e noiosissimi giorni da quando Jessica [1] le ha dato il benservito sbattendola fuori dalla Alias Investigation, usando la scusa del lavorare meglio da sola invece di ammettere ad alta voce che Kate aveva la tendenza ad affezionarsi troppo ai singoli casi per poter essere una brava detective – negli otto mesi intensivi trascorsi sotto la sua guida Jess le aveva insegnato ad osservare, a decifrare il mondo esterno, ad aprire porte che volevano rimanere chiuse… ma tutto il loro bel lavoro di pianificazione e ricerca andava in malora ogni qualvolta che la donna era costretta ad afferrare Kathrine per la collottola, impedendole di intervenire in prima persona portando giustizia a suon di pugni invece di limitare il loro operato a delle registrazioni o dei rullini incriminati consegnati a chi di dovere. 

Nonostante il suo stage composto da appostamenti, pedinamenti ed interrogatori si fosse concluso, Kate si era fatta un'idea abbastanza chiara su che genere di lavoro le sarebbe piaciuto fare se solo suo padre le avesse concesso di scegliere un college diverso dalla Hawthorne Academy… Jessica, da quel punto di vista, le aveva urlato dietro di iscriversi a giurisprudenza quando le aveva sbattuto la porta dell'ufficio in faccia, vantando una pacatezza che faceva ironicamente a pugni con la mezza bottiglia di Jack Daniels lasciata aperta sopra la scrivania. Katherine era tornata il mattino dopo con un espresso ed un paio di brioches al pistacchio per fare ammenda, curando la sbronza della Signora Jones come meglio poteva – forse era stata la glicemia soddisfatta a spingere Jessica ad un accordo, oppure si era semplicemente rassegnata alla testardaggine di Kate aprendo il cassetto dei casi declinati perché scomodi o troppo pericolosi, intimandole di non fare pasticci che potevano attirare l'attenzione di "persone indesiderate". Jess non era mai stata chiara se con quella oculata scelta di parole voleva riferirsi agli Avengers o ai collaboratori ancora a piede libero di Derek Bishop, ma Kate aveva incrociato le dita dietro la schiena quando le aveva promesso di non tentare di scoprirlo – non perché lo doveva a sé stessa, o perché voleva dimostrare qualcosa a suo padre o a Susan, ma perché di ragazzine messe a tacere come lei ce ne erano state fin troppe. Lo sapeva, aveva stilato una lista dettagliata con i fascicoli ritrovati nella cassaforte di famiglia, consegnandola all'Agente Knight [1] il giorno della denuncia. 

Katherine sa che in realtà l'arresto di suo padre non era dovuto al suo coraggio o al tempismo, ma era stato possibile solo perché insieme a quei due fattori si aggiungeva una Decimazione piovuta dal cielo che aveva eliminato dalla scacchiera parecchie pedine, scatenando una fuga di informazioni fatale per l'impero costruito da suo padre – per avvalorare la propria tesi Kate poteva esporre la parete della propria camera da letto, trasformata in un collage variopinto di articoli, post-it e congetture scarabocchiate su qualsiasi superficie incrollabile al muro, volto a stanare i ratti mancanti… ma per poter portare a termine la propria missione Katherine ha bisogno di altri casi, di informazioni e di muscoli per scovarli, perfettamente conscia che i documenti della sua cassaforte fornivano i traguardi di piste ormai smaterializzate, gli archivi di Jessica colmavano solo in parte le sue lacune e che una ragazza armata di pugni ed oggetti contundenti recuperati sul minuto poteva fare gran poco contro i traffici criminali di mezza città. L'accordo con l'Agente Knight aveva ancora la sua validità e Misty poteva intercedere per lei in caso di emergenza dopo oculate segnalazioni… ma rimaneva il fatto che ora, senza Jones ad indirizzarla e coprirle le spalle, Katherine è disperatamente a corto di clientela. 

«Cosa cerca la gente, Katie? Forza, concentrati.» brontola tra sé e sé, portandosi le dita alle tempie massaggiandosele nel tentativo di scacciare a forza il mal di testa montante, per poi sgranchirsi le dita schioccando le nocche, iniziando a digitare le prime righe di testo sulla tastiera man mano che il cervello inizia ad ingranare nella giusta direzione. 

 

"EROE" IN VENDITA
(non scherzo)

 
Torti corretti, Cattivi picchiati.
Nessun crimine è insignificante, nessun cattivo è imbattibile.
 

Kate sorride soddisfatta, come inizio non è per niente male. 

 

***

 

Le lettere si confondono e navigano sulla pagina alla ricerca di una cura per la stanchezza latente, spingendo il cervello di Thomas a spegnersi quando rinuncia pure a pasticciare il bordo pagina con l'evidenziatore, reclinando il capo contro lo schienale della poltrona e strofinandosi gli occhi con le dita sporche d'inchiostro per scacciare via la sonnolenza dettata dall'abbiocco. 

Tommy è esausto, la sera prima lui e Billy erano nuovamente sgattaiolati fuori di casa quando avevano avuto la certezza che Rebecca dormisse, facendo attenzione a passare inosservati mentre raggiungevano il palazzo di Bleecker Street [2]. Per assurdo era stato Billy a scovare in quella zona una vecchia biblioteca abbandonata munita di chiostro e soffitti alti dove poter esercitare i propri poteri senza pubblico, caratteristiche strutturali che al contempo permettevano a Tommy di correre in lungo e in largo senza essere visto da occhi indiscreti. I gemelli avevano consacrato il luogo come struttura idonea ai loro esperimenti "super-ricreativi" già la seconda volta che avevano messo piede al suo interno, dopo una oculata analisi di più fattori decisivi – anche se l'unico preso realmente in considerazione era che chiunque in città, a distanza di un paio d'anni, continuava a tenersi a debita distanza dal luogo dell'Attentato, influenzati dal fatto che la porzione di tetto visibile dalla facciata frontale era ancora sfondata e sul portone d'entrata era stato affisso un cartello che invitava la folla a tenersi alla larga dal perimetro del palazzo pericolante. 

I gemelli erano rientrati all'alba, si erano bevuti tre caffè a testa pur di rimanere svegli ed affrontare dignitosamente una mattinata di lezioni senza destare i sospetti di Rebecca, dei professori o dei loro compagni, perdendosi di vista prima di pranzo quando Thomas si era avviato verso lo studio della Signora Kaplan, approfittando della pausa per fermarsi a comprare un paio di sandwich lungo la strada per entrambi, come ogni altro giorno dispari della settimana. I pazienti, dopo la Decimazione, erano aumentati sensibilmente e Rebecca si era vista costretta a fare i doppi turni se voleva continuare a pagare il tetto sotto cui loro tre sopravvivevano… i gemelli si erano semplicemente adeguati, suddividendosi i giorni settimanali per assicurarsi che la donna mettesse qualcosa sotto i denti e non si dimenticasse di mangiare come il primo paio di mesi dopo la scomparsa del marito, anticipandosi con lo studio nella mezz'ora restante prima di rientrare a scuola per le lezioni del pomeriggio. 

«Tommy, le chiavi della bacheca.» lo sveglia di punto in bianco la voce di Rebecca, mettendo la testa fuori dall'ufficio quando accompagna alla porta il primo paziente del pomeriggio, lanciandogli le chiavi che Thomas ha l'accortezza di afferrare al volo, riscuotendosi dal proprio stato di torpore soporifero. 

«Per cosa? Devo cambiare gli annunci?» indaga Tommy scrutando la chiave prima di sollevare lo sguardo sulla bacheca in sughero, appesa alla parete e protetta da un pannello di vetro. «Ho appeso i flyer del FEAST e dell'orfanotrofio di St. Agnes la settimana scorsa.»

«Passa Katherine con altri volantini, devi aprirle la vetrinetta e riportare a casa le chiavi stasera.» commenta Rebecca spiccia, sistemandosi la montatura degli occhiali sul naso ed abbassando lo sguardo sulla scaletta degli appuntamenti prefissati. «Dovrebbe arrivare a minuti, credo… prima che tu riparta per tornare a scuola, in ogni caso. Il Signor Smith?»

«È arrivato in anticipo ed è sceso a prendersi un caffè al bar, vado a chiamarlo.» si offre Thomas volenteroso, alzandosi dalla poltrona ed avviandosi verso le porte dell'ascensore. «Tu torni per cena, Ma'? O devo cucinare qualcosa per me e Billy?» 

«C'è una teglia di lasagne in frigo, scalda quelle… dovrebbero bastare anche se cenate in più di due. Io mi fermo al take-away a qualche ora.» lo liquida la donna con un cenno della mano, dando per scontato che nonostante la sua assenza il posto a tavola non sarebbe rimasto vuoto, concedendosi di respirare a fondo quando le porte scorrevoli stanno per chiudersi e si illude di non essere vista dal figliastro – ci sono momenti in cui Thomas vorrebbe solo stringere la sua "mamma numero due" e non lasciarla più andare, nei rari casi in cui la sua sfera emotiva si espandeva oltre a Billy, ma rinunciava in partenza ogni volta temendo che la dimostrazione d'affetto non fosse gradita… o peggio, che Rebecca la iper-analizzasse vedendo in lui una carenza d'affetto e in lei un fallimento come madre. 

Thomas recupera il Signor Smith al piano bar, ordinandosi un caffè a sua volta per svegliarsi dallo stato comatoso da cui non è ancora uscito, trangugiandolo senza percepire alcun risultato… sobbalzando quando un indice laccato di viola gli picchietta una spalla per riscuoterlo nuovamente dalla sonnolenza. 

«Hai fatto le ore piccole, Bellissimo?» lo appella Katherine con un sorriso ironico dipinto sulle labbra, spingendo il cuore di Thomas in gola per lo spavento, voltandosi a fronteggiarla con un sorriso sornione impresso sulle labbra… e wow, i suoi occhi sembrano ancora più azzurri se indossa il mascara. [*] 

«Ehi, Bellissima.» replica a tono sciogliendo a forza il nodo alla lingua, rispondendo al gioco che lei ha iniziato per prima, scendendo dallo sgabello impallidendo di fronte alle lancette dell'orologio che gli suggeriscono di correre se non vuole perdere irrimediabilmente l'ora di letteratura, frugando nelle tasche cercando le chiavi lasciatogli da Rebecca. «Giusto in tempo… e le chiavi sono rimaste di sopra, seguimi.»

«Devi tornare a scuola?» indaga Kate curiosa, tallonandolo quando Thomas raggiunge l'ascensore e preme il tasto di chiamata. «Non hai una bella cera.»

«Parecchie ore di sonno in arretrato, nulla di preoccupante.» le spiega Tommy con una scrollata di spalle, approfittando delle pareti specchiate dell'abitacolo per scannerizzare Kate dalla punta delle all-star nere consumate fino alla montatura dorata dei rayban appesa allo scollo della maglietta. 

«Il caffè non funziona?» chiede la ragazza disinvolta, fingendo di non notare dove si siano soffermate le iridi riflesse color nocciola di Tommy, sistemandosi meglio la borsa in tela sulla spalla con nonchalance e rispondendo allo sguardo con un ghigno ironico. «I miei occhi sono almeno venti centimetri più su, Thomas. Giusto per.»

«È il caffè, non funziona. Il cervello si inceppa se non dormo.» arranca una scusa il ragazzo facendola ridere, salvandosi al "ding" dell'ascensore quando si precipita all'esterno senza fiatare, raggiungendo con ostentata nonchalance i propri averi abbandonati sulla poltrona prima di iniziare ad infilare il tutto nello zaino in fretta e furia, pregando che le punte delle proprie orecchie non siano davvero incandescenti come le percepisce. – Che figura di-... 

«Tommy, le chiavi.» la voce di Kate rapisce nuovamente la sua attenzione, sorridendo sfrontata porgendogli una mano a palmo aperto. «Dai che sei in ritardo, non abbiamo tutto il giorno.»

«Lo trovi divertente, uh?» ribatte Thomas melodrammatico, dandosi un contegno una volta issato lo zaino in spalla ed appese le cuffie al collo, giocando con le chiavi contese con fare capriccioso. «Deridere così chi soffre d'insonnia...»

«Thomas.» lo avverte Kathrine a metà tra lo spazientito e lo scherzo, reclamando il richiesto con un'occhiata inquisitoria nonostante il sorriso. 

«Noiosa. Sei noiosa, con te non si può mai fare una battuta.» si lamenta il ragazzo con più enfasi di quella necessaria, infilando la chiave nel lucchetto ed aprendo la vetrinetta. 

Dopo il loro primo incontro disastroso, lui e Katherine avevano avuto modo di incrociarsi nella sala d'attesa della Dottoressa Kaplan più volte di quelle ritenute "casuali"… a lungo andare le frecciatine si erano trasformate in simpatia, fino a quando Katherine non gli aveva chiesto esplicitamente se al prossimo incontro lui ci sarebbe stato a tenerle compagnia nei i momenti morti tra un paziente e l’altro. Per Thomas era stato fin troppo facile memorizzare gli appuntamenti della ragazza, riempiendo le sue attese di chiacchiere, porgendole un fazzoletto pulito quando all’uscita dello studio la trovava in lacrime, e ri-insegnandole a relazionarsi con il resto del mondo a piccoli passi – l’aveva portata al cinema un paio di volte, Kate gli aveva restituito il favore proponendo una uscita a quattro a Coney Island per festeggiare i primi tre mesi di relazione di Billy e Teddy, ed era sempre stato Thomas quello ad andare a recuperarle la benzina quando il Maggiolino l’aveva lasciata a piedi nel bel mezzo di un appostamento, subendosi la sfuriata di Jones quando la ragazza si era presentata all’Alias a mani vuote con una “mascotte a seguito”, come l’aveva amorevolmente definito Jessica. Katherine era l’unica persona al di fuori di Billy con cui Thomas aveva parlato dei suoi genitori, di quanto gli mancassero, di quanto volesse bene a Rebecca nonostante a volte si sentisse di troppo… e Kate, a distanza di qualche settimana, si era confidata a sua volta raccontandogli dei rapporti tesi con Susan, di come vivesse meglio senza la sua famiglia nonostante le mancasse ogni giorno, di quante volte a settimana si recava alle Lapidi per “parlare” con sua madre – la ragazza gli aveva chiesto se lui trovasse stupido che lei conversasse con una lastra di granito, ma Thomas si era limitato a rassicurarla dicendole che ognuno elaborava il lutto alla propria maniera, mordendosi la lingua continuando a tenere per sé la ninna nanna registrata cantata dalla voce melodiosa di sua madre che ascoltava ogni sera prima di andare a dormire.

Thomas non sa esattamente quando aveva capito di provare “qualcosa” per Kate, dopotutto aveva iniziato a notarlo solamente dopo le remore della ragazza in merito ad alcuni suoi comportamenti, chiedendogli direttamente se l'umorismo spiccio che le riservava serviva a far colpo su di lei o se i suoi costanti pretesti per importunarla fossero un semplice ed opinabile metodo per coltivare la loro amicizia – Tommy aveva optato per la seconda opzione e tuttora continuava testardo su quella strada, nonostante la prima ipotesi fosse un'ottima descrizione dei suoi recenti tentativi di approccio. Dopotutto era innegabile che Kate fosse una bella ragazza, come era abbastanza palese a terzi che Thomas le stava facendo il filo da più mesi di quelli considerati umanamente leciti attirandosi le battute di scherno del gemello, il quale si divertiva quasi giornalmente a ripagarlo per tutte le frecciatine subite negli anni fino a quando lui e Theodore non si erano ufficialmente messi insieme. 

«"Where do we go, now that they're gone?"... Positivo.» commenta atono Tommy leggendo a voce alta il titolo del manifesto che Kate sta appendendo al sughero con le puntine, soffermandosi a far conversazione a discapito del ritardo. 

«Sai, non tutti possono permettersi la parcella di tua madre.» replica Katherine incolore, tuffando un braccio nella borsa in tela pescando un pacco di volantini che suddivide sul tavolo sottostante. «Gli Avengers si rendono utili come possono ormai, Rogers almeno.»

«Lo tiene lui il gruppo di ascolto?» chiede Thomas curioso, scardinando le proprie convinzioni e familiarizzando a forza con l'idea che pure i Vendicatori sono dei comuni esseri umani – fragili e un po' sottotono ultimamente, sfuggevoli ai reporter accampati davanti al Complesso e per niente intenzionati a rilasciare dichiarazioni di alcun tipo. C'è chi si chiedeva se fossero ancora di una qualche utilità dopo la Decimazione, nonostante Romanov fosse apparsa in videoconferenza nei telegiornali di mezzo mondo rassicurando la popolazione mondiale in ben otto lingue diverse, recitando un numero d'emergenza lasciato in sovrimpressione e rintracciabile da Google per segnalare direttamente a loro ogni anomalia legata ai censimenti, irregolarità e inghippi provocati dalla Decimazione – la stessa inserzione era stata proferita anche dal Capitano, attecchendo maggiormente sul consenso del popolo, che della Vedova non si era mai fidato ed ancora si faceva qualche remora, preferendo affidarsi alle promesse proferite dalle labbra dell'Uomo d'America e chiudendo entrambi gli occhi di fronte alla consapevolezza che dietro alle unità dello SWORD mascherato da Damage Control ci fossero dita decisamente più precise, minute e femminili. 

«Già, facci un salto se vuoi portarti a casa un autografo.» ironizza Kate con una scrollata di capo, continuando a dargli le spalle sfilando un secondo flyer dalle risme, appendendone uno alla bacheca. 

«Quello invece che cos'è?» taglia il discorso Thomas puntando le iridi nocciola sul volantino lilla stampato a caratteri neri, non riuscendo a decifrare le parole per colpa della distanza, ma scambiandolo per un "annuncio ripetizioni" a causa del bordo inferiore ritagliato a striscioline con appuntato un numero di telefono. 

«Cerco clienti, Jones mi ha licenziata.» ribatte Katherine con una noncuranza sconfinata e palesemente ostentata. 

«Mi… dispiace?» azzarda Thomas, incerto sul come dovrebbe sentirsi al riguardo nel apprendere una notizia del genere, sapendo quanto la ragazza fosse entusiasta dell'impiego le prime volte che ne avevano parlato. 

«Non devi, collaboriamo ancora, ma mi metto in proprio. I soliti pedinamenti, più qualche lavoretto extra offerto per la stessa tariffa.» lo liquida Katherine con una scrollata di spalle, chiudendo la vetrinetta a chiave a lavoro ultimato. 

«Forte.» commenta Thomas, ritrovandosi un malloppo di volantini per tipo sotto il naso senza averli chiesti, insieme alle chiavi… e Kate gli sta sorridendo complice in un modo diverso dal solito, con gli occhi azzurrissimi cerchiati di mascara – Certo che a volte Kate si divertiva proprio a provocarlo, e chi è lui per non restituirle il favore?

«Se io ti distribuisco gratis i volantini, cosa ricevo in cambio? Un appuntamento?» indaga ironico Thomas gettando i flyer nello zaino senza degnarli di uno sguardo, beandosi delle guance rosse di Katherine mentre spalanca gli occhi azzurrissimi presa in contropiede – Ottima mossa Tom, almeno ci hai provato. 

«Un appuntamento? No!» sbotta Katherine mettendo ben in chiaro la situazione scivolando in una risatina isterica, portandosi una ciocca corvina dietro l'orecchio in vago imbarazzo per la reazione impulsiva in risposta alla sua domanda. «Ti offro la colazione, magari? O un pranzo, decidi tu.»

«Come ripiego mi piace.» si arrampica Thomas sugli specchi rimediando alla gaffe, dissimulando ad arte la delusione per aver visto le proprie possibilità di una relazione andare in fumo, aprendosi in un sorriso teso e passandosi nervoso le dita tra i ricci biondo platino. «Colazione da Starbucks? Domani mattina prima che io vada a lezione è troppo presto?»

«Non lo so? Ci organizziamo, tanto il mio numero ce l'hai.» azzarda Kate con un occhiolino, scacciando l'imbarazzo creatosi posandogli una mano sulla spalla con fare fin troppo intraprendente per una che generalmente detesta il contatto fisico, incurvando le labbra in un ghigno divertito. «A proposito di scuola, tu non stai accumulando un ritardo mostruoso, Bellissimo?» 

«Merda.» impreca Thomas sollevando il polso sinistro illuminando il fitbit, notando il ritardo e maledicendosi per non poterselo evitare in pieno giorno con uno scatto di corsa a velocità supersonica. «Ciao Bellissima, ci sentiamo dopo.» 

«Non ammazzarti per strada!» gli grida dietro Kate, sollevando gli occhi al cielo quando lo vede correre in direzione delle scale per risparmiare tempo. 

«Aww, carino che ti preoccupi Katie!» risponde a tono Thomas, perdendosi l'insulto in risposta lungo il tragitto, percorrendo le otto rampe di scale deserte in due secondi netti causandosi un capogiro a timpani scoperti ed avvertendo le lacrime salirgli agli occhi, mentre il fitbit vibra sul polso segnalando l'anomalia rilevata – Rallenta Tom, sai di non poter correre… anche se… 

«No, Thomas.» si riprende da solo costringendosi a rispettare le promesse fatte al gemello in merito al non abusare dei propri poteri per motivazioni futili, inforcando gli occhiali da sole ed indossando le cuffie, lasciando che i Muse facciano il loro lavoro martellandogli i timpani a ritmo di "Panic Station". 

Forse è la stanchezza, forse è la musica, forse è semplicemente il brivido di lasciarsi andare per una sola volta dopo mesi di severo autocontrollo… Tommy, invece di scendere le scale della metropolitana ad andatura sostenuta, si ritrova a sfrecciare lungo le stradine secondarie fino a scuola – Billy lo fissa allibito quando Thomas si ferma davanti al cortile, ma nessun altro sembra rivolgergli sguardi degni di nota. 

«Ti è andato di volta il cervello?!» esclama William rifilandogli uno scappellotto energico contro la nuca. 

«Taci… ho fatto le secondarie, non è scattato nessun autovelox.» sibila Thomas afferrando il gemello a braccetto, rassicurandolo con un sorriso. «Hai del collirio?» [3] 

Billy non ci prova nemmeno a contraddirlo, si limita a sollevare lo sguardo al cielo e recuperare la boccetta richiesta, sciogliendo la stretta quando arrivano al bivio del corridoio… tentennando, perché Thomas glielo legge negli occhi che William è dannatamente curioso. 

«730 all'ora Bro, non mi ha visto anima viva.» sussurra Thomas accendendo lo schermo del cellulare mostrandogli i risultati impazziti, con tanto di notifica che segnala un’anomalia di sistema per spiegare i dati raccolti, intascando lo smartphone e restituendo il collirio a Billy con un occhiolino. «Dopo testiamo se riesco a fare di meglio?» 

William non risponde, si limita a sollevare una mano in segno di saluto mentre getta il capo all'indietro e ride. 

Deve essere un sì. 

 

***

 

Billy fissa la lattina di Pepsi come se volesse darle fuoco con lo sguardo, concentrandosi al punto da mandare la vista fuori fase, chiudendo gli occhi stroppicciandoseli con dita stanche – dovrebbe decisamente dormire, le quaranta ore trascorse senza riposare le palpebre per mezzo minuto si facevano sentire con spiccato accanimento. 

«Dai, ti do una mano a concentrarti.» lo riscuote la voce di Thomas, percependo le sue mani arpionargli le spalle, piantandogli i pollici ai lati della cervicale sciogliendo i nodi di tensione. «Rilassati.»

William esegue il richiesto, nonostante desideri gettare la spugna… a quanto sembra saper pronunciare gli "incantesimi" era un compito più facile a dirsi che a farsi, dato che non riusciva mai a capire se la lattina che vuole far levitare non si librava in aria perché l'incantesimo non si attivava in sé, se era lui a sbagliare qualcosa, o se semplicemente non è portato [3].

«Ora focalizzati sulla lattina, visualizzala mentalmente.» sussurra Tommy inginocchiato al suo fianco sul parquet, cercando di dargli una mano, ma finendo solamente per distrarlo. 

«Sembri una di quelle voci pre-registrate stile guru… non è che a forza di ascoltarti e ripetermelo i miei poteri iniziano a funzionare miracolosamente.» commenta Billy ironico, socchiudendo un occhio e voltando la testa per spiare il fratello, mentre quest'ultimo stringe la presa sulle sue spalle perentorio e lo fulmina con le iridi nocciola. 

«Taci William, e fa quello che ti dico.» lo riprende Thomas, respirando a fondo ed aspettando paziente che il gemello si metta nell'ordine delle idee di dargli retta. «Visualizza la lattina.» 

«Okay.» sospira Billy sopprimendo una risata, serrando le palpebre con forza per osservare il buio, lasciando che le sue sinapsi sfrigolino in un contatto che illumina d'azzurro l'interno della sua scatola cranica, facendo apparire la proiezione iper dettagliata della lattina ammaccata che giace ai suoi piedi. «Ora?»

«Apri gli occhi e fissala.» sussurra Thomas con voce incoraggiante, allentando la presa alle sue spalle e soffiando al suo orecchio le parole successive. «Ora ripeti dopo di me: Io so far levitare la lattina, io voglio far levitare la lattina.» 

«"Io so far levitare la lattina, io voglio far levitare la lattina"

Il pezzo di metallo in questione traballa, come se nell'altra stanza ci fosse un orda bellicosa intenzionata a far irruzione di corsa nell'atrio in cui i gemelli si sono accampati, nonostante il parquet non vibri minimamente per motivazioni fisiche e tangibili… al punto che Tommy caccia un urlo euforico convinto di aver assistito al miracolo, Billy si deconcentra e, da in piedi, la lattina cade definitivamente e rotola via per un paio di metri. 

«L'hai mossa!» strepita Tommy sollevando le braccia sopra la testa in un gesto di esultanza, indicando poi con entrambe le mani la lattina sdraiata come a voler sottolineare l'evento inequivocabile. 

«Può essere stato il vento, Thomas.» commenta scettico William, nonostante nella stanza non ci sia nemmeno uno spiffero ed entrambi i gemelli non avevano fatto nessun tipo di movimento brusco che potenzialmente poteva causare la caduta della Pepsi. 

«No ti giuro Billy, l'hai mossa!» insiste Tommy, gli occhi spiritati che non rinunciano a credere al risultato appena compiuto, scemando velocemente l'entusiasmo quando non riscontra nessuna reazione euforica nel fratello. 

«Sarà, ma ora facciamo una pausa.» dichiara William liquidando la faccenda con una scrollata di spalle, massaggiandosi il collo prima di sdraiarsi sul pavimento, coprendosi gli occhi con la piega del gomito. «Sono sfinito.»

«Hai intenzione di addormentarti sul parquet?» indaga Thomas curioso, stendendosi al suo fianco imitando la sua posizione, ma abbandonandola iperattivo nel giro di un paio di secondi. «Come fai? Il pavimento è scomodo.»

«Taci, chiudo gli occhi solo un paio di minuti.» brontola William infastidito, aggiustando la posizione delle spalle ed obbligandosi ad ignorare il gemello per potersi illudere di riposare. 

Una volta terminate le lezioni lui e Thomas si erano fermati a mangiare un tacos per merenda prima di raggiungere Bleecker Street, chiudendosi all'interno della biblioteca per il restante pomeriggio – i gemelli avevano esplorato il posto durante il primo paio di visite e continuavano a visitarlo nei momenti di noia, ma in tutto quel tempo non avevano ancora capito che cosa fosse di preciso. I due ragazzi sapevano solo che certe porte a volte si aprivano ed altre no, a differenza di corridoi e scale che spesso e volentieri si modificavano vantando una disposizione sempre diversa degli specchi, nonostante né William né Thomas ne avevano mai spostato uno da quando avevano messo piede dentro il Palazzo.

«Tommy?» esordisce William dopo diversi minuti di silenzio inframezzati dai "tap-tap" del gemello contro lo schermo del cellulare, spostando il braccio per poterlo guardare negli occhi. «Non te l'ho più chiesto… perché eri in ritardo oggi dopo pranzo? Almeno, deduco tu fossi in ritardo…»

«Ho incontrato Kate in sala d'attesa, ha portato altri volantini. Jones l'ha licenziata e cerca lavoro.» replica Thomas asciutto, facendo spallucce senza distogliere lo sguardo dal cellulare. «Me ne ha lasciati un po' da distribuire, te ne cedo metà così mi dai una mano.»

«Quindi ora le distribuisci i volantini? Tom-... » sottolinea Billy scettico, venendo brutalmente interrotto dalla risata soffocata del fratello per un qualche messaggio letto sullo schermo, allungando una mano per afferrare la lattina vuota e tirargliela dietro. 

«Ahia! Che c'è?» chiede irritato Thomas massaggiandosi l'addome nel punto colpito, sbuffando di fronte allo sguardo fintamente innocente di William. «È Kate, ci stiamo organizzando… domani mattina andiamo a fare colazione insieme.» 

«Cosa!?» esclama Billy balzando seduto sul pavimento, sorpreso dalla reazione mogia di Thomas nel comunicargli l'ultimo risvolto del loro piano che puntava ad organizzargli una uscita con la ragazza. «Sono progressi! Perché tu non mi aggiorni mai sui tuoi progressi?» 

«Perché non ce ne sono, di progressi. Siamo solo amici, Billy.» lo smonta Tommy con rassegnata sconfitta, nonostante un microscopico sorriso faccia capolino all'angolo delle sue labbra, prendendo a morsi il resoconto della vicenda che si agita sulla punta della lingua del fratello, convertendola in un breve riassunto senza infamia e senza lode. «Mi offre del cibo per il volantinaggio, non lo definirei un “appuntamento”.» 

«Può sempre farle cambiare idea…» azzarda William con tono incoraggiante, stupendosi di come Thomas si demoralizzi facilmente nonostante l'indole spavalda con cui si approcciava solitamente al mondo. «Offrile tu la colazione ogni tanto, portarla a cena fuori-...»

«Fare in modo che mi guardi in modo diverso? Non ci sono riuscito in tutti questi mesi, figurati adesso… la conosci Katherine, andrà a finire che quello a cambiare idea sarò io.» commenta atono Thomas, intascando il telefono con Spotify in funzione collegato alle cuffie lasciate in mano a Billy, disseppellendo dal fondo dello zaino gli occhiali da aviatore recuperati da un vecchio costume di halloween, chinandosi poi ad allacciarsi meglio le Nike. «Mi cronometri?»

«Che tragitto fai?» domanda William lasciando cadere il discorso, sbloccando il cellulare aprendo la schermata del cronometro, riferendosi ai percorsi tracciati lungo il Palazzo con lo scotch colorato.

«Azzurro, trenta round.» replica Tommy spiccio, scegliendo il percorso da cinquanta chilometri, alzandosi in piedi ed iniziando ad eseguire qualche breve esercizio di stretching per riscaldarsi… bloccandosi dopo qualche piegamento quando non sopraggiunge nessuna obiezione da parte di Billy. «Non commenti?»

William vorrebbe obiettare ma sa che il gemello era più testardo di lui su certi argomenti, ben consapevole del fatto che Thomas non aveva la sua stessa indole aperta alla condivisione, specialmente per quanto riguardava le questioni amorose – se Katherine gli aveva davvero rifilato un due di picche, pur avendo tutte le ragioni del caso, Billy poteva star certo che la maschera di finta indifferenza indossata da Tommy avrebbe retto a lungo, fino a quando il gemello fosse esploso spiattellando la verità ai quattro venti o se ne fosse fatto una ragione incontrando qualcun'altra su cui fissarsi.

«Non la conosco Katherine, non bene quanto te almeno.» cede William per pietà del fratello, evitando di farlo penare più del necessario sottolineando che un paio di giri in giostra a Coney Island valevano quanto un paio di convenevoli scambiati sulla metro con uno sconosciuto, confermandogli di avere un confidente soprattutto nei momenti in cui pensava di essere solo… che i dodici minuti in più di vecchiaia lo rendevano il “gemello responsabile” su molte cose, ma non in tutto – a volte era stancante vivere sotto una campana di vetro, Billy vorrebbe solo poter prendersi cura del fratello senza che quest’ultimo si sentisse in colpa per aver osato rassicurarlo. «Dalle tempo, magari capita un miracolo.»

«Già il fatto che tu lo definisca “miracolo” non mi fa ben sperare...» ironizza Thomas ottenendo un’occhiata sbilenca da parte di William, il quale chiude il discorso al posto suo porgendogli le cuffie bluetooth, le quali non hanno mai smesso di diffondere musica spacca-timpani ovattata per tutta la durata della loro conversazione.

«Sta zitto e corrici sopra, va’.»

 

***

 

Quando Teddy si intrufola oltre il portone del Palazzo a Bleeker Street per poco non pesta la linea di scotch azzurro incollata alle assi del pavimento, avvertendo uno spostamento d’aria che gli scompiglia i capelli e notando con la coda dell’occhio un alone colorato rallentare, il quale assume le vaghe sembianze di Thomas quando scivola sulla catena del lampadario appeso al soffitto e rotola giù lungo la parete con un tonfo.

«Se perdi velocità quando sei a testa in giù ti schianti, Bro!» giunge la voce di William dall’altra stanza, sentendo i suoi passi correre sulla soglia che si affaccia al corridoio d’entrata, controllando ogni angolo cercando e trovando la carcassa tramortita del gemello stesa sul pavimento. «Stai bene?»

Thomas si limita a sollevare un pollice in su, raggomitolandosi su se stesso prendendo atto delle contusioni riportate senza emettere un suono, iniziando a stiracchiarsi pian piano controllando di non essersi strappato qualche muscolo nel capitombolo.

«Avrei dovuto bussare, vero?» chiede timido Theodore, grattandosi nervosamente la nuca e calamitandosi addosso lo sguardo nocciola di Billy, il quale si apre in un sorriso e gli cammina incontro roteando gli occhi. «Bae.»

«Hon.» lo appella William prima di sollevarsi sulle punte e rubargli un bacio, cingendogli i fianchi cercando una coccola aggiuntiva, distraendosi quando Thomas si rimette in piedi stendendo le braccia sopra la testa e facendosi scricchiolare sonoramente un paio di ossa. «Sicuro di stare bene, Tommy?»

«Ho la testa dura Bro, non preoccuparti.» afferma Thomas con noncuranza, sollevando il capo in un cenno di saluto quando nota l'intruso a ridosso della soglia. «Ehi, Ted… per fortuna sei una stanga e sei facile da schivare, dico bene?»

«Presumo di sì?» tentenna Theodore lasciando cadere la domanda retorica nel vuoto, ringraziando la sua buona stella e la maniacalità di Thomas nell'aver sempre il controllo della situazione mentre correva per non essersi ridotto ad interiora dipinte sul muro. «Sicuro di stare bene?»

Thomas, in tutta risposta, sbuffa e liquida entrambi sulla soglia con un cenno sbrigativo della mano, lasciandoli soli scomparendo nell’altra stanza per fuggire dalla loro apprensione e da eventuali smancerie da voltastomaco, uscendo di scena con un verso svogliato che si perde per strada.

«Giornata no?» indaga Theodore cauto riferendosi a Thomas con un lieve cenno del capo, chinandosi poi a ricambiare il bacio di William in segno di saluto.

«Sembrerebbe che Kate gli ha rifilato un due di picche senza volerlo, sta facendo finta che la cosa non gli importi.» confessa Billy sussurrandogli il pettegolezzo all’orecchio, venendo interrotto da un “tanto vi sento che state parlando di me!” urlato dal diretto interessato, che per lamentarsi giornalmente di essere diventato mezzo sordo vantava un radar di ultima generazione per percepire le calunnie sussurrate alle proprie spalle. «Sì… giornata nera, in parole povere.»

«Capito.» mormora Teddy in assenso, notando le occhiaie sul volto di Billy in un secondo momento, afferrandolo per il passante dei jeans quando il ragazzo prova a divincolarsi e fuggire dal suo sguardo improvvisamente serio. «Eravate qui anche stanotte? Lo sai che hai bisogno di dormire, William.»

«Dormirò quando sarò morto.» lo placa Billy con un tono che non ammette repliche, lo stesso che suggerisce a Teddy la presenza di incubi nella notte appena trascorsa e lo stratagemma di Tommy per scacciarli, trascinando il gemello ad esercitarsi nella speranza che la mente si stancasse insieme al corpo. Evidentemente non aveva funzionato. 

«Incubi, Bee?» azzarda Theodore in punta di voce, rincorrendo il ragazzo nella stanza accanto, rispondendosi da solo quando lo vede afferrare il quaderno abbandonato a terra ed il cronometro pretendendo di ignorarlo. «Billy…»

«Non ora, Tee.» lo zittisce il diretto interessato, incattivito dalla mancanza di riposo ed infastidito dalla sua apprensione, rivolgendosi a Thomas chiudendo definitivamente il discorso. «Ricominciamo, Tommy?» 

«Credevo non me l'avresti mai chiesto.» brontola il gemello nonostante incurvi le labbra in un sorriso, posizionandosi alla linea di partenza segnalata con lo scotch giallo, indicandola mentre si sistema gli occhiali contro il ponte del naso e riposiziona le cuffie sul capo. «Ultima corsa. Giallo, settanta round.» 

William prende nota sul quaderno, facendo il countdown con le dita avviando il cronometro… voltandosi repentino quando avverte lo scatto di apertura del tupperware e la zaffata di aroma al cioccolato che scaturisce dalla scatola, inchiodando gli occhi sull'offerta di pace trattenuta tra le dita di Theodore. 

«Faith ha preparato i biscotti, questi li ha messi da parte apposta per te.» spiega Teddy specchiandosi negli occhi enormi e luccicanti di Billy, distraendosi quando Thomas inchioda davanti a loro con uno stridio di suole allucinante, sprizzando scintille nell'aria che gli anneriscono le scarpe e sprigionano una puzza di gomma bruciata orrenda. «Scintille [3]. Questo è nuovo, prendi appunti Bee.»

L'esternazione strappa una risata ad entrambi i fratelli, mentre Billy prende effettivamente appunti ed annota delle possibili cause da approfondire in seguito. 

«Li voglio anch'io i biscotti! Sono anche per me i biscotti, vero?» cambia discorso Thomas, ritenendo più opportuno accaparrarsi qualcosa da mettere sotto i denti per merenda piuttosto di preoccuparsi delle scintille provocate per errore e senza una spiegazione logica con cui giustificarle apparentemente. 

«Mio fidanzato, miei i biscotti. Giù le mani.» annuncia William abbracciando la scatola, il tono scontroso e l'audacia di far finta di prendere a morsi le dita di Thomas quando si avvicina troppo al bottino, vedendosene sparire comunque un paio da sotto il naso perché contro la super-velocità del fratello non può far nulla di concreto. «Ehi!» 

I gemelli ridono a differenza di Theodore, il quale sorride e si gusta in silenzio le quattro sillabe pronunciate da William: fi - dan - za - to. 

È ancora insolito emozionarsi per un dato di fatto, dopotutto la relazione con Billy durava da più di un anno ed era un qualcosa di cui Teddy andava fin troppo fiero. I Bradley avevano accolto William in casa come un terzo nipote e nel corso dei mesi precedenti era capitato più di un paio di volte che il ragazzo dormisse nel suo letto, quando gli incubi lo svegliavano nel cuore della notte e provava pietà per Thomas, preferendo una gita notturna nel Bronx rispetto ad un "allenamento" senza supervisione a Bleecker Street – l'unica a rimanere all'oscuro dell'intera faccenda era Rebecca, per via dei timori di Billy che Teddy comprendeva e rispettava… dopotutto William faceva lo stesso con i Bradley, per quanto riguardava le sue reali origini ed i pomeriggi trascorsi al Palazzo quando invece credevano lui a studiare in biblioteca ed Elijah a lavoro. 

Per Theodore è rassicurante sapere che tra lui e William non ci siano segreti, aveva vissuto una vita intera nascondendosi ai Sapiens coltivando i timori di Anelle, crescendo con l’idea che alimentare la paura, l’ignoranza e l’odio nei confronti della loro specie dopo New York e la Decimazione non fosse una scelta auspicabile, soprattutto quando gli americani avevano una propensione innata per puntare un'arma contro a chiunque destasse il minimo sospetto di provenire da un altro pianeta, dimensione o lato sbagliato del corredo genetico – a meno che il reietto di turno non fosse una divinità nordica, in quel caso il popolo di internet era in grado di creare una fanbase su Twitter e minimo una trentina di fan page spartire tra Facebook ed Instagram a sostegno del povero disgraziato.  

«Sai che ora tocca a te Bestione, vero?» scherza Thomas decelerando davanti all'atrio dove Teddy e Billy si sono accampati per far merenda, scalzando le Nike e distendendo le dita dei piedi una volta portato a termine l'ultimo giro di corsa, sollevando lo sguardo al soffitto alto otto metri. «Vediamo se questa volta riesci a spiccare il volo, Teddy.»

«L'ultima volta ci sono riuscito, ho staccato i piedi da terra di mezzo metro.» commenta il diretto interessato puntando Thomas con le iridi azzurro-verdi, accennando un sorriso davanti all'espressione confusa del ragazzo. «Tu eri in giro con Kate per non so quale motivo, c'eravamo solo noi due ed Eli.»

«A proposito, Elijah ci raggiunge?» taglia il discorso William, dando voce al quesito che entrambi i gemelli si tenevano sulla punta della lingua da quando Altman si era palesato a Palazzo senza l'ombra di Elijah al suo seguito. 

«Oggi no.» replica Teddy asciutto, storcendo le labbra infastidito al ricordo del battibecco della sera prima in casa Bradley, riassumendolo in favore di terzi. «Abbiamo litigato, credo ci eviterà tutti e tre finché noi due non facciamo pace.»

Theodore non sa davvero come definire o spiegare la situazione con Elijah, gli voleva un bene dell’anima ma ultimamente non condivideva appieno la sua condotta solitaria e impavida, per non parlare dei suoi continui rifiuti per un qualsiasi aiuto, o della sua ostinazione a massacrarsi di lavoro per tenere la propria mente a guinzaglio, le volte in cui non usciva a pattugliare le strade e non tornava prima delle tre di mattina. Il motivo della lite risaliva a due sere prima quando Teddy si era alzato poco prima dell'alba – non c'era stato bisogno di svegliarsi, il sonno non era mai arrivato e lui non si era messo a cercarlo – perché preoccupato per non aver ancora sentito Elijah rincasare, trovando Isaiah al pascolo per il salotto quando si era avventurato in cucina per dissetarsi… nessuno dei due aveva parlato, ma nel giro di un paio di minuti ed uno scambio di sguardi che valeva più di mille parole Theodore era già fuori di casa con le scarpe ai piedi, cellulare in mano e "trova il mio iPhone" in funzione, tirando un mezzo sospiro di sollievo nel vedere il segnalino apparire, liberando l'altra metà di fiato trattenuto quando si era reso conto che il segnale proveniva da Bleecker Street e non da una discarica, un appezzamento di terra sperduto chissà dove o un qualche magazzino fatiscente abbandonato. 

Teddy aveva chiamato Isaiah una volta raggiunto il Palazzo, informandolo che lui ed Eli sarebbero rimasti fuori per il resto della notte, che stavano entrambi bene e che lui e Faith non dovevano preoccuparsi di nulla – ci aveva già pensato Theodore a perdere vent'anni di vita quando aveva beccato Elijah con il braccio fasciato, le garze sporche di sangue ed i lividi in via di guarigione… il suo migliore amico aveva avuto pure la faccia tosta di sorridergli dopo una frase innocua come "mi hanno sparato… ma ehi, mi hanno beccato di striscio, sto bene, sta tranquillo Dorrek". Theodore, a metà tra il mettersi a piangere e l'istinto di fracassargli il cranio contro la prima superficie disponibile, era finito per urlargli contro di piantarla di ostinarsi a voler fare tutto da solo – che Eli volesse ammetterlo o meno, loro due, Billy e Tommy erano una squadra, e cercavano principalmente di darsi una mano nel momento del bisogno, oltre all'hobby di pattugliare le strade di Manhattan nei panni di quattro vigilanti improvvisati. 

Il resto del pomeriggio trascorre a velocità rapida, Teddy fa buon uso delle ali riuscendo a compiere un paio di virate strette e qualche volteggio prima di atterrare con poca grazia, divertendosi a giocare con l'anatomia umana oltre a cambiare faccia su richiesta – le trasformazioni non sono sempre perfette, ma è migliorato notevolmente da quando si è trasfigurato davanti agli occhi allibiti di Elijah, scoprendo nuove abilità per gradi ed imparando ad usare la propria pelle verdastra come una corazza. 

«Hai voglia di lasagne, Ted?» chiede Thomas a bruciapelo ad allenamento concluso, chinandosi a raccogliere il proprio zaino con fare rocambolesco, perché di muoversi come un essere umano normale a quanto sembra non ne è più in grado. «Mamma torna a casa tardi, puoi fermarti a cena da noi se vuoi. Avviso anche Eli.»

«Quasi qua-...» inizia Theodore per poi interrompersi subito di colpo, quando Tommy solleva lo zaino lasciato aperto e riversa sul pavimento l'intero contenuto, con un fracasso di matite ed un'esplosione di fogli e post-it che si seminano a cascata sulle assi del parquet. 

«Sei un disastro, Thomas.» sentenzia William affranto, coprendosi gli occhi con i palmi respirando a fondo prima di chinarsi a raccogliere il contenuto insieme al gemello, cadendo con lo sguardo sul volantino lilla che gli capita tra le mani, soffermandosi a leggerlo spalancando sempre di più gli occhi nocciola di riga in riga. 

«Ehi, tutto bene Bee?» chiede Teddy preoccupato, sporgendosi oltre la spalla di Billy per leggere il volantino a sua volta. 

«Cosa c'è?» li interroga dubbioso Thomas, afferrando un secondo volantino per poter comprendere lo sconcerto nei volti dei due ragazzi. 

 

...
FAMMI RISOLVERE I TUOI PROBLEMI PER TE
Mezzo “supereroe” / Mezzo investigatore privato

 

«Oh.» Tommy deglutisce a vuoto, pentendosi di non aver letto il volantino prima, sollevando lo sguardo su Billy e Teddy, indicando con il pollice un punto imprecisato alle proprie spalle dove suppone sia caduto il cellulare. «Credo… chiamo Kate, ho capito.»

 

***

 

Elijah picchietta la sigaretta tra le dita, disperdendo la cenere mentre avanza a passo cadenzato verso casa, giocando con le chiavi lungo il tragitto riflettendo tra sé e sé sul quanto sia deprimente trascorrere in quel modo il proprio venerdì sera – i cinema e i bar avevano riaperto, la gente dopo tre anni dalla scossa di assestamento aveva ricominciato pian piano a vivere una parvenza di vita normale, pretendendo di andare avanti senza guardarsi indietro… nonostante tutti, chi più e chi meno, continuava a sbirciare il panorama desolato alle proprie spalle nella speranza di svegliarsi da un brutto incubo. 

Eli spegne il mozzicone sotto il tacco delle sneakers e tira dritto davanti alle scale della metropolitana, sorpassando gli accessi alla linea che scende a Bleecker Street, raggiungendo a passo spedito la seconda rampa ad un isolato di distanza… non è in vena di vedere Theodore e i gemelli, nonostante siano una valida alternativa agli occhi incolleriti di Isaiah che lo aspettano a tavola per cena, insieme all’abbraccio apprensivo di Nana, che pur non sapendo nulla dell’accaduto sembrava avere un radar per captare le malefatte, i problemi o semplicemente i dissapori che scorrono tra nonno e nipote.

Forse Eli ha davvero combinato una cazzata un paio di sere prima, le missioni in solitaria non erano ben viste dai ragazzi, ma non era esattamente colpa sua se i problemi gli capitavano tra i piedi e lui finiva sempre in mezzo alle peggiori situazioni – non è questione di "sfortuna", se vuole essere davvero sincero con sé stesso, in certi scontri Elijah ci finiva perché li cercava come un assetato andava alla ricerca dell'acqua… Tommy la chiamava scelleratezza, Billy lo definiva autolesionismo e Teddy, che per sua sfortuna lo conosceva meglio delle proprie tasche, gli aveva urlato in faccia di non confondere la determinazione e lo spirito di sacrificio con l'idiozia, l'eroismo fine a sé stesso ed una buona dose di ego. 

Theodore sosteveva che Elijah stesse aspettando inutilmente un cenno di approvazione da parte di Isaiah, insistendo sul fatto che rischiare l'osso del collo solo per dimostrare a Bobo di avere la stoffa per fare la differenza non era una scusa per comportarsi da eroe suicida senza macchia e senza paura – due sere prima Teddy gli aveva puntualmente fatto notare che non c'era bisogno di interpretare il "Bucky Barnes" di turno per farsi eleggere martire e fare la differenza, lasciandolo lì a Bleecker Street prendendosi l'ultima parola della discussione prima di uscire in gran carriera dal portone principale del Palazzo inseguendo l'alba. Il riferimento al Sergente era un dettaglio stupido, ma aveva attecchito sul suo ego ferito più di quanto ad Eli sarebbe piaciuto ammettere, incuneandosi subdolo tra le fila dei suoi pensieri inceppandogli il cervello per due giorni interi – non era solo, aveva qualcuno a guardargli le spalle, a filtrare la sua visione del mondo ed aiutarlo a farsi decifrare ed accettare per quello che era... Teddy aveva imparato a proprie spese che il modo più veloce per ragionare con lui era esserci: insolente, apprensivo, irritante. Quello era l'unico atteggiamento che lo spingeva giù dal piedistallo su cui Elijah si arrampicava sempre per indole e distacco emotivo, empatizzando solamente una volta rimessi i piedi a terra… a conti fatti era Theodore quello a portare una pazienza infinita, i gemelli in confronto non si sarebbero fatti troppi problemi a mandarlo a quel paese, tornando indietro a raccoglierlo con il cucchiaino solo e se Eli dal proprio piedistallo si fosse schiantato al suolo, augurandogli di rompersi le ossa nella speranza che così impari qualcosa – Affezionarsi a qualcuno non significa necessariamente venir ferito… non sono tutti egoisti ed insensibili come Sarah Gail o autoritari come Bobo.

Elijah arresta il passo e fa marcia indietro, afferrando il cellulare per chiamare Nana e dirle che non torna a casa per cena, soffermandosi a digitare una risposta al messaggio di Thomas che lo invita dai Kaplan se è in vena di lasagne riscaldate, eleggendo la cucina di Rebecca come il luogo idoneo per sottoscrivere l'accordo di pace – Basta aria supponente, basta scorribande solitarie e basta comportamenti lunatici... ma i ragazzi devono ascoltare, se vogliono far davvero squadra le cose in qualche modo devono cambiare

A tutti loro serve armonia, leadership, un modus operandi… hanno bisogno di un qualcuno che diriga gli altri tre e tenga testa a lui, qualcuno che non sia Teddy, per pietà del povero martire – inchiodando di colpo quando vede un volantino lilla sbatacchiare al vento contro la pensilina dell'autobus, accendendo una fiammella di curiosità nel petto di Elijah. 


"EROE" IN VENDITA (non scherzo)
Torti corretti, cattivi picchiati

Nessun crimine è insignificante, nessun cattivo è imbattibile
FAMMI RISOLVERE I TUOI PROBLEMI PER TE
Mezzo “supereroe” / Mezzo investigatore privato
NESSUNA CAUSA È PERSA, NON ESISTE MISSIONE TROPPO PERICOLOSA
VOGLIO SOLO FARE IL VOSTRO BENE
Tariffe economiche - Ottimi risultati - Pulizie leggere

PS: Sto cercando stagisti. Fatevi avanti, popolo! 


Elijah compone il numero di telefono annotato a pié di pagina prima ancora di riflettere, di prendere in considerazione l'idea di raggiungere Casa Kaplan ed informare gli altri, ponendosi come promotore del pacchetto completo chiedendosi se le sue "pulizie leggere" coincidevano con quelle di chi aveva impaginato il volantino. 

«Katherine Bishop a rapporto, come posso esserti utile?» giunge una voce spumeggiante dall'altro capo della linea, interrompendo il rumore statico prendendo in contropiede Elijah – Perché non ha preso in considerazione l'eventualità di parlare con una ragazza? Il volantino lilla non è un indizio di per sé grande quanto una casa?

«Ehi, ciao.» replica Eli improvvisamente nervoso, mentre i neuroni rimasti discutono tra loro in una lingua che non sembra inglese, chiedendosi se sia opportuno o meno presentarsi. «Elijah Bradley, piacere. Di preciso cosa intendi con “pulizie leggere”?» 

«Non credo sia quella la parte più importante del volantino, ma va bene.» una risata argentea risuona nei timpani del ragazzo, scoprendosi a sua volta a sorridere… e per essere uno che dice sempre di aspettare "quella giusta" perché in generale con le relazioni interpersonali è una frana su tutta la linea, non se la sta cavando troppo male. «Posso aiutarti in qualche modo, Elijah...? Elijah, giusto?» 

«Solo Eli. In realtà… beh, forse posso aiutarti io.» azzarda vantando una sicurezza che in realtà non possiede, facendo buon uso della lingua sciolta e dell'ansia momentaneamente assente per rompere il ghiaccio, mettendo a nudo il vero intento della telefonata. «Ho letto che cerchi personale, avrei qualche candidato da proporti.»

«Non cerco il classico impiegato, mi dispiace “Solo Eli".» scherza Kate dall'altro capo della linea, usando il tono di chi sta per riattaccare educatamente il telefono in faccia al proprio interlocutore. 

«Si dà il caso che io non lo sia-... noi non lo siamo, i classici impiegati intendo.» si affretta a specificare il ragazzo, spalmandosi violentemente una mano sul volto quando il cervello elabora e comprende la sequenza di parole che gli sono appena uscite di bocca – Cos’altro avrebbe dovuto intendere? Bradley, sei un’idiota. 

«Che dici, almeno a me lo fai un colloquio?» si salva in angolo stringendo con forza il cellulare tra le dita, attendendo trepidante una risposta affermativa. «Al massimo ci guadagni un caffè, offro io.» 

 

***

 

Natasha lo sente salire le scale del garage, prendendosi il diritto di non ricambiare il saluto, limitandosi a sollevare sopra la testa il fascicolo della CIA arrivato per posta quel mattino come un'offerta sacrificale. 

«Ronin?» la interpella Steve una volta appoggiate le buste contenenti il takeaway del thailandese sulla scrivania, afferrando e sfogliando il plico di documenti offerto. «Qualcuno che conosciamo?» 

«Non lo so ancora.» brontola la donna sciogliendosi contro lo schienale della poltrona girevole, vantando l'accortezza di scendere con i piedi dal tavolo ora che sulla superficie è stato appoggiato del cibo, inspirando a fondo il profumo delle pietanze. «Il gruppo di ascolto allo Stadio ti ha messo fame? È parecchio cibo, pure per te.»

«Un quarto è tuo, sono passato per la cucina prima di partire, ci sono ancora le tazze della colazione sul lavello.» sentenzia Steve chiudendo il fascicolo di scatto dopo una letta veloce, afferrandola per un gomito prima che la donna riesca a sgusciare via in direzione delle camerate. «Tu ceni con me, punto.»

Natasha rinuncia in partenza a negare, confermando silenziosamente che la supposizione dell'uomo sia corretta, mentre il suo stomaco reclama attenzioni brontolando sonoramente ora che gli vengono concesse. 

«Dai, mi racconti la tua giornata ed io ti racconto la mia.» propone il Capitano fingendo di non vedere la sua alzata di sguardo al soffitto, sopprimendo un sorriso soddisfatto quando Natasha afferra le buste e si dirige in cucina. 

«Mi auguro tu abbia preso-...» inizia la donna scontrosa, assecondando la lamentela per non rendere troppo palese la sua gratitudine nei confronti delle premure di Steve, aprendo una busta nel tragitto notando le due Chang in bottiglia che sgocciolano condensa contro la plastica. «Bravo.»

«Tranquilla, le birre me le ricordo.» la anticipa il Capitano leggendole il pensiero, accodandosi al suo seguito dopo aver raccolto le punte gessate dal pavimento e raccattati accendino e sigarette dalle tasche profonde della felpa nera gettata in un angolo. «Fare un po' di ordine nel caos è chiedere troppo?»

«Ricomincia ad usare la sala riunioni e farò questo sacrificio.» lo stuzzica Natasha iniziando ad impilare i contenitori del takeaway sopra l'isola della cucina, avvertendo un verso di esasperazione soffocato alle spalle alla sua puntualizzazione, voltandosi a fronteggiare il Capitano improvvisamente seria. «Com'è andato l'incontro? Tu stai bene?» 

«Non credo di poter stare peggio di così, quindi… » replica asciutto Steve accendendo l'impianto stereo per scacciare via il silenzio, prendendo poi posto a tavola e sporgendosi a stappare le birre con una lieve pressione del pollice mentre Natasha suddivide le porzioni. «È tosta, ma credo mi faccia stare bene… sentirmi utile.»

«Se ti aiuta a dormire.» afferma la donna incurvando le labbra in un sorriso incoraggiante dopo essersi seduta a sua volta al tavolo, rigirando le bacchette nel piatto cercando di convincere il proprio stomaco a farsi saziare, obbligandosi ad ingoiare un boccone di cibo sotto lo sguardo perspicace di Steve. 

«Notizie dallo spazio?» la interroga il Capitano ostentando nonchalance, giocando con le bacchette per prendere tempo, soppesando le parole con cui esprimersi, temendo una reazione scostante o scorbutica – la convivenza non è facile, ci ancora mattine in cui Natasha non si alzava dal letto e Steve le rubava un paio di sigarette di nascosto, ma ce ne sono molte altre in cui conversavano in merito ai rispettivi incarichi autoimposti da portare a termine e discutevano per chi dovesse andare in città a fare la spesa. 

«Carol non si fa sentire da una settimana, mentre Rocket ha consegnato un carico di alimenti a Ovunque stamattina… da quando la Capitale Galattica è stata distrutta il Mercato è diventato il punto di snodo principale.» lo aggiorna la donna tra un boccone svogliato e l'altro, concedendosi un sorso di birra ed una scrollata di spalle sorridendo ironica. «Devo ancora abituarmi all'idea che ricevo email da un procione.»

«Rimpiangi i tempi in cui la cosa più strana al mondo ero io?» scherza Steve portandosi la bottiglia di Chang alle labbra, sforzandosi di fare una battuta che nasce infelice ma fa ridere di gusto l'amica. 

«Per rimpiangerli avrei dovuto viverli, ma sì… il concetto è lo stesso.» replica Natasha liquidando il discorso con un cenno della mano. «Ho perso gran parte della giornata dietro al fascicolo che mi ha inviato Rhodes, ma a quanto pare Ronin è sbucato dal nulla e ha semplicemente fatto pulizia.»

«Zero tracce? Nessun collegamento?» indaga Steve conciso, scandagliando il volto della donna cercando brandelli di omissioni che tuttavia non trova.

«Finora l'Intelligence ha rilevato solamente tre incursioni, tutti clienti di Bishop che l'FBI non è riuscita a portare in tribunale l'anno scorso.» riassume spiccia Natasha, rigirando nuovamente le bacchette nel piatto. «Abbiamo un alleato a quanto sembra, non di quelli convenzionali, ma è meglio di niente.»

«A proposito di alleati...» tronca il discorso Steve sorvolando volutamente su cosa implichi il suo "non convenzionale" espresso in punta di voce, tastandosi le tasche posteriori dei jeans sfilando un volantino viola spiegazzato. «Te le ricordi le segnalazioni fantasma al 911 dei mesi scorsi? Ce ne è stata un altra un paio di sere fa, ed oggi ho trovato questo in metropolitana.»

Gli occhi verdi di Natasha analizzano riflessivi il foglio, annotandosi il numero di telefono nella rubrica dello smartphone prima di appallottolare il volantino e lanciarlo oltre la porta a vetri, mancando la scrivania della sala riunioni di un paio di metri. 

«Ci penso domani mattina.» afferma leggera sorridendo all'espressione confusa del Capitano, ingoiando a forza un altro boccone, costringendosi a sorridere per mascherare l’ironia velenosa. «Vuoi darmi sempre qualcosa di nuovo da fare, è così? Per tornare a casa e trovare qualcuno a cui offrire la cena.»

«Se non te la offro come faccio ad essere sicuro che mangi?» replica Steve spigliato, fissandola senza aggiungere altro finché non la vede masticare e deglutire un altro boccone – lo odia quando si comporta in qual modo, dopotutto Natasha non gli ricambiava il favore chiudendo a chiave la palestra o sciogliendogli il sonnifero nelle pietanze. Forse glielo lasciava fare perché Steve aveva ricominciato a dormire la notte e non le nascondeva più le sigarette, reputando una cena in compagnia un sacrificio nobile per il quieto vivere. 

«Non sono così meschina o masochista da lasciarmi morire di fame.» specifica Natasha per chiarezza, sorridendo velenosa lasciandosi scivolare addosso la provocazione, indicando la propria scrivania nella stanza affianco con un cenno del capo. «Quando lo trovo ti avviso o mi arrangio?» 

«Pedinalo, poi valutiamo.»







 

Note:

[*] L'illustrazione è reperibile nel mio account Instagram: @tilde_stuff

[1] Jessica Jones: potenziata dotata di forza sovrumana, è un'alcolizzata ripulita dal carattere scorbutico che lavora come investigatrice privata. È sposata con Luke Cage, ha frequentato le superiori con Parker ed occasionalmente accetta casi per il Daily Bugle – nei fumetti è a lei che si rivolgono gli Avengers per stanare i ragazzi di cui parlo qui sopra. 

Mercedes "Misty" Knight: agente del NYPD, perde un braccio in missione che viene sostituito con una protesi high-tech. Collabora spesso e volentieri con i Defenders (di cui fanno parte Luke e Jess), attualmente nei fumetti è la fidanzata di Falcon.

[2] Il Sanctum Sanctorum di Doctor Strange è un luogo che custodisce ed attira magia di ogni tipo, non è poi così strano che venga scovato da Billy (che come Wanda è un Demiurgo, ovvero una entità in grado di modificare il Multiverso – nei fumetti viene scelto dal Dottore come nuovo Stregone Supremo, giusto per)... se ve lo state chiedendo, sì, Wong (che stando alla mia versione dei fatti è sopravvissuto allo Snap, contrariamente a quanto affermano i Russo) li sta tenendo d’occhio e li chiude spesso e volentieri nella “realtà specchio” a loro insaputa.

[3] I Gemelli 2.0 sono ancora più "forti" dei Gemelli Maximoff originali. Essendo di fatto la controparte organica della magia pura (in quanto nati da un desiderio di Wanda tramutato in carne ed ossa), sanno entrambi alterare e plasmare le leggi dello spazio e del tempo a loro piacimento. Thomas opera nel lato "fisico" della materia (raggiunge i 1220 km/h, sa disgregare i propri atomi per attraversare le pareti e riesce a scindere le particelle esterne provocando delle esplosioni), mentre William ne sfrutta il lato "ancestrale" (sa riscrivere le leggi della magia, del multiverso e della realtà stessa a voce, l'unico impedimento tangibile è la forza di volontà e l'esperienza).

   
 
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