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Autore: evil 65    20/02/2021    14 recensioni
Sono passati tre anni dalla sconfitta di King Ghidorah.
Ormai a capo degli Avengers, Peter Parker cerca di guidare la prossima generazione di eroi verso il futuro, mentre sempre più superumani cominciano a comparire in tutto il mondo.
A diversi anni luce di distanza, Carol Danvers riceve una trasmissione di emergenza dal pianeta Exif, proprio mentre Norman Osborn annuncia la creazione di una nuova arma il cui scopo sarebbe quello di proteggere la Terra dalle minacce aliene.
Al contempo, Wanda Maximoff e Stephen Strange si recano nei pressi della città natale di Capitan Marvel, Harpswell, dove sembra stiano accadendo diversi fenomeni paranormali…
( Sequel di Avengers - The King of Terror )
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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E finalmente, dopo un anno di pausa dall’MCU, ecco l’evento crossover della mia serie di storie ambientate dell’universo Marvel!
La fan fiction sarà il sequel diretto di “Avengers – The King of Terror”, ma avrà anche elementi da “So Wrong” e “The Spider, the Captain and the Clown”. Sarà un po’ il mio Endagme personale.
Gli antagonisti saranno numerosi: avete già conosciuto King Ghidorah, Carnage, Pennywise e Norman Osborn, ma ne arriveranno altri. Uno di loro lo incontrerete già nel prologo!
Gli Avengers, invece, potranno vantare la presenza di supereroi non ancora comparsi nell’MCU, alcuni dei quali provenienti da altri universi cinematografici della Marvel.
Detto questo, vi auguro una buona lettura!

 


Prologo

Alcuni anni fa…

Da qualche parte nel cervello di Vers c’era un muro completamente bianco.
Quel muro non era stato costruito per la sua protezione, bensì per nascondere tutte quelle informazioni che l’impero Kree aveva ritenuto superflue per la creazione della guerriera perfetta.
I ricordi della Terra, la sua famiglia, il tempo speso nell’aviazione militare…posti e persone rimasti sepolti nell’oscurità così a lungo che a stento riusciva a riconoscerne le fattezze ogni qualvolta un piccolo brandello di memoria attraversava quella barriera intangibile. Quasi sempre, ciò accadeva mentre dormiva. 
Vers detestava quella pallida parete.
Non era reale, naturalmente, anche se una volta l’aveva descritta perfettamente a Yon durante una dei loro allenamenti. Il suo mentore aveva liquidato l’intera questione come un semplice risultato della sua perdita di memoria, e così la Kree aveva deciso di non pensarci più.
Eppure, ogni tanto, capitava che quel muro comparisse mentre sognava o tentava di ricordare qualcosa di importante.
La sera prima, ad esempio, la donna si era ritrovata catapultata in un ambiente piuttosto strano. Un insediamento caratterizzato da costruzioni ed edifici primitivi, molto diversi da quelli a cui era abituata su Hala. Eppure…familiari.
Aveva udito delle voci di bambini, si era voltata, e poi…e poi nulla. Il bianco assoluto di quel muro senza fine aveva invaso il suo campo visivo ancora una volta.
Vers aveva provato a farlo a pezzi, senza alcun risultato. La barriera non si era nemmeno scheggiata!
La cosa non avrebbe dovuto sorprenderla, visto che si trovava nella sua mente. Non era solida, era puro e semplice pensiero disincarnato.
Che cos’era? Che cosa stava cercando di dirle? Perché continuava a perseguitarla?
Scosse la testa per liberarsi da quelle domande fastidiose. Ora non era certo il momento per soffermarsi su simili questioni…non quando era nel pieno svolgersi di una missione ordinata dall’Intelligenza Suprema in persona.
Giunta a questa conclusione, cominciò a guardarsi attorno e notò che Bron-Char la stava fissando con un’espressione decisamente contrariata.
<< Sei ancora arrabbiato, vero? >> commentò con un piccolo sorriso.
Il combattente della Starforce si drizzò come un bamabino colto sul fatto.
<< Per cosa? >>
<< Per la nostra ultima lotta. Ti ho preso a calci in culo. >>
Bron-Char grugnì per il fastidio, suscitando alcune risate da parte degli altri membri della squadra.
Solo Korath mantenne un’espressione impassibile e lanciò alla bionda un’occhiata di rimprovero.
<< Vedi di concentrarti, Vers >> borbottò con tono d’avvertimento << Questa è una missione importante. >>
La Kree si limitò a roteare gli occhi.
<< Forse sarei più concentrata se QUALCUNO si decidesse a spiegarmi con cosa avremo a che fare >> disse rivolta verso Yon-Rogg, il loro comandante.
L’uomo si portò le mani dietro la testa e chiuse gli occhi, assumendo una posizione completamente rilassata.
<< Tutto quello che devi sapere è che la persona che stiamo per incontrare ha rubato un’arma molto pericolosa all’impero Kree >> disse con una scrollata di spalle << Un’arma che potrebbe portare una rapida fine alla guerra con gli Skrull. >>
Al sentire quelle parole, Vers strabuzzò gli occhi.
<< Sei serio? >> sbottò, incapace di credere a quello che aveva appena sentito.
Un’arma così potente da poter cambiare le sorti di una guerra millenaria? La stessa guerra che aveva richiesto un così alto tributo di vite…e i suoi stessi ricordi?
Yon aprì un occhio e le sorrise in modo consapevole.
<< Vedo che ho suscitato il tuo interesse >> ridacchiò, e la donna dovette sforzarsi per non arrossire. Di solito aveva un controllo migliore sulle proprie emozioni.
<< D’accordo, cercherò di essere più concentrata >> sbuffò, incapace di nascondere un piccolo sorriso al pensiero di quello che avrebbero guadagnato con la riuscita di questa missione.
Minn-Erva – l’unica altra donna della squadra - si chinò verso Att-Lass.
<< Dieci crediti che farà qualche stupidaggine >> sussurrò, ma il resto della Star Force non ebbe problemi a sentirla.
<< Ci sto >> disse Yon, ricevendo un’occhiataccia dalla sua allieva.
Quando anche gli altri acconsentirono alla scommessa, la bionda incrociò ambe le braccia davanti al petto e borbottò un rapido: << Stronzi. >>
Altre risate, a cui seguì il rumore del metallo che si adattava all’atmosfera del pianeta. Erano giunti a destinazione.
La navetta atterrò sulla superficie del pianeta con un sonoro tonfo, e presto le paratie cominciarono ad aprirsi.
Un sottile strato di umidità avviluppò gli interni del trasporto. Al contempo, dall’altra parte della rampa di uscita si stagliò un deserto completamente rosso.
Una calda brezza portò con sé un odore di terra secca e polvere, che andò a coprire il più sottile puzzo di muffa secca.
I vari membri della Star Force non persero tempo e cominciarono ad armarsi…tutti tranne Vers. Lei non aveva mai avuto bisogno di armi, e dubitava seriamente che in questa missione sarebbe stato diverso.
Prima di scendere la rampa,Yon volse al gruppo un’occhiata significativa.
<< Mi raccomando, siamo qui per parlare, non per combattere. Cerchiamo di essere diplomatici >> disse con tono d’avvertimento.
La bionda sorrise in accordo.
Ecco perché le era sempre piaciuto il suo maestro. Era sicuramente un guerriero formidabile, ma quasi sempre preferiva cercare soluzioni pacifiche per risolvere i conflitti.
Era qualcuno che si era guadagnato la sua più completa fiducia e rispetto, e lei lo avrebbe seguito fino agli angoli più remoti della galassia.
Con quel pensiero in mente, cominciò a incamminarsi verso il terreno sabbioso sottostante. Sperava solo che questa missione si sarebbe svolta senza spiacevoli imprevisti.

                                                                                                   * * *

Shmi Skywalker non si era mai considerata una brava contadina.
Aveva anche molti altri difetti, ma se era ancora viva lo doveva proprio a questo. Una donna dai talenti più vari – una Shmi diversa, qualcuno che avrebbe potuto intuire quali raccolti coloniali sarebbero prosperati nel suolo di Tatooine o che sarebbe riuscita a capire se un albero avvizzito era marcito senza rimuovere la corteccia – si sarebbe probabilmente annoiata nell’arco di pochi anni.
La sua mente, lasciata a oziare nei campi, sarebbe tornata su argomenti a cui aveva voltato le spalle. Coscientemente o per abitudine, quella Shmi avrebbe ricercato proprio il genere di lavoro che l’aveva costretta all’esilio. Si sarebbe recata alla città più vicina e avrebbe fatto domanda in una gilda di mercenari o come guardia del corpo, oppure come Cacciatrice di Taglie, anche solo per rivangare un’ultima volta tutte quelle emozioni che non aveva più provato da quando era fuggita da Hala.
Il ricordo del suo vecchio pianeta natale inviò un brivido di nostalgia nel corpo della donna.
Non le era stato per niente facile abbandonare quel mondo, e lo era stato anche meno far perdere le proprie tracce…tutto all’unico scopo di proteggere la persona più importante della sua vita.
Inconsciamente, guardò al di fuori dalla finestra, oltre le file di astrograno e verso il terriccio rosso del campo. Un bambino minuscolo giocava accanto alle piante, guidando un soldatino giocattolo in una serie di avventure in mezzo alla sabbia.
Shmi fece per chiamarlo, ma ecco che nel cielo si diffuse un rombo.
Una porzione della sua mente restrinse il campo fino a comprendere il bambino che giocava fuori dall’abitazione, ma l’altra porzione analizzò la situazione con una precisione militare.
L’ex guerriera Kree si mosse con una rapidità guadagnata dopo anni spesi al servizio dell’esercito di Hala, oltrepassò l’ingombrante tavolo della cucina e il divano logoro che puzzava di terra secca.
Superata una porta, allungò la mano verso un congegno che pareva essere stato creato nella discarica di una civiltà di macchine, tutto schermi crepati e cavi penzolanti, pronto ad andare in pezzi al minimo tocco.
Prendendo un paio di respiri calmanti, la donna regolò una manopola e studiò l’immagine video che apparve sullo schermo.
Una navetta stava atterrando sulla sua fattoria. Nello specifico, una navetta da trasporto dell’Impero Kree.
“Ci hanno trovati” pensò con rassegnazione.
Per fortuna, Shmi non era mai stata il tipo di persona che si faceva prendere dal panico. Sapeva cosa bisognava fare: se lo era ripetuta in quei rari giorni in cui la fattoria andava avanti da sé, o in quelle notti meno rare in cui non riusciva a dormire.
Quei preparativi erano la sola ossessione che si era concessa in tutti quegli anni spesi a nascondersi. Non poteva fallire!
Si girò verso un altro macchinario, inserì un codice e strappò una fila di cavi dal muro con una serie di rapidi strattoni. Fu in quel momento che un suono di passi rapidi e leggeri risuonò alla porta d’ingresso.
Nel girarsi, la donna vide suo figlio Anakin  che si precipitava in casa con i capelli biondi arruffati e il faccino sporco di sabbia.
<< Mamma? >>
Shmi voltò le spalle al fagotto di indumenti, datapad e pasti da viaggio che aveva ammucchiato su una sedia e si inginocchiò davanti al bambino, il cui viso abbronzato e sottile somigliava tanto al suo. << Lo so. È tutto a posto. Ci siamo preparati per questo, no? >>
L’espressione di Anakin mutò da perplessa a preoccupata nella frazione di pochi secondi.
La donna deglutì silenziosamente e riflettè su cosa avrebbe potuto dirgli, valutando attentamente quale impressione voleva lasciare a suo figlio…se tutto fossero andate male.
<< Ricorda… >> cominciò, soppesando le parole con cura deliberata nella speranza che tutte gli si imprimessero nelle ossa << Tutto quello che faccio…lo faccio per te, capisci? Per proteggerti. Ti prego… dimmi che hai capito. >>
<< Ho capito >> annuì Anakin, ma l’ex soldato Kree sospirò mentalmente.
Naturalmente non aveva capito. Quale bambino di dieci anni ne sarebbe stato capace?
Lo strinse forte fra le braccia, e avvertì il corpo  esile e caldo del piccolo contro il proprio.
<< Ti voglio bene, angioletto >>
<< Anche io ti voglio bene, mamma >> sussurrò il bambino, affondando il viso nel vestito della donna.
Shmi trattenne un singhiozzo e si portò in fretta le mani alla gola, spostando strati di stoffa ruvida fino a trovare un laccio logoro. Si sfilò la collana, guardando il ciondolo oscillare nella brezza: un cristallo opaco e dalla forma vagamente simile a quella di una punta di freccia, azzurro come il cielo stesso.
Con delicatezza, passò la collana intorno alla testa del figlio, che non si mosse.
<< Ricordati: la Forza ti guiderà…sempre >> gli disse, e si costrinse a sorridere << Devi fidarti dei doni meravigliosi con cui sei nato. E non importa se le altre persone avranno paura di te…Per me sarai sempre il mio piccolo angioletto. >>
<< Mamma… >>
<< Adesso va nel posto che abbiamo concordato. Arrivo presto >> sussurrò << Te lo prometto. Ora vai! >>
Strinse il bambino fra le braccia un’ultima volta, poi lo fece girare e lo spinse via, guardandolo incespicare oltre l’uscita posteriore dell’abitazione, fra le rocce, fino a scomparire alla vista.
La Kree sentì una lacrime scenderle lungo il viso, ma se l’asciugò subito. Fatto questo, prese un blaster, lo nascose sotto i vestiti e uscì dalla soglia per accogliere i nuovi arrivati.
Un gruppo di un verde lucido avanzò verso la casa. Il capo era un uomo snello, più o meno dell’età di Shmi, che indossava l’immacolata divisa color smeraldo degli ufficiali Kree, e procedeva a testa alta. I suoi compagni indossavano vesti simili, e alcuni di loro impugnavano pistole e fucili come fossero pronti ad una guerra. L’unica priva di armi era una donna bionda che Shmi non aveva mai visto.
Rispetto agli altri membri del gruppo, emanava una sensazione di calma e serenità, come se non fosse nemmeno intenzionata a combattere. Era quasi fuori posto in mezzo a quello squadrone della morte.
Gli Star Forcers procedevano all’unisono con il loro capo, in sincrono con il suo passo. Per un attimo, a Shmi parvero esistere soltanto come estensioni del loro superiore.
Yon-Rogg si arrestò a meno di tre metri di distanza.
<< Non è stato facile trovarti, Shmi >> disse con tono colloquiale, pur mantenendo un’espressione impassibile.
La donna strinse gli occhi. << L’idea era quella. >>
Disse quella parole senza sorridere, anche se avrebbe potuto farlo. Avrebbe potuto lasciare che la fattoria e il cielo scomparissero, che gli Star Forcers diventassero ombre, ed evocare intorno a sé una stanza d’allenamento su Hala, permettendosi di credere di essere impegnata in un altro duello amichevole con il suo amico e collega di vecchia data, Yon-Rogg.
Ma in quel momento la nostalgia era inutile, e di certo Yon lo sapeva bene quanto lei.
L’uomo si mise ad esaminare i campi, inclinando il collo in maniera esagerata. << Vedo che ti sei data all’agricoltura. Sul serio? Un soldato del tuo talento? >>
<< È una vita pacifica >>
<< E un po’ solitaria, immagino. >>
Con quelle parole, Yon aveva appena scoperto le carte e indicato la posta in gioco. Shmi non ne fu affatto sorpresa, e si era preparata di conseguenza.
<< Sì, da quando Anakin è morto >> rispose freddamente.
Yon sbattè le palpebre e continuò a guardarsi intorno.
Rimase in silenzio per quasi un minuto buono, fino a quando i suoi occhi non si posarono su un oggetto conficcato in una montagnetta di sabbia: il soldatino di Anakin.
Shmi imprecò mentalmente, mentre il leader della Star Force sorrideva vittorioso.
<< Dov’è l’arma, Shmi? >> chiese con tono apparentemente piacevole.
La donna si sentì subito invadere dalla rabbia.
<< Non è un’arma >> ringhiò a denti stretti, e con sua sorpresa vide la donna bionda guardarla con un’espressione confusa. Era come se le sue parole l’avessero davvero sorpresa. Sapeva almeno cosa Yon l’aveva mandata a recuperare?
Il comandante Kree la seguì con lo sguardo, e per un attimo i suoi occhi vennero attraversati da un lampo di preoccupazione.
<< Tu come definiresti qualcosa capace di cancellare un’intera città dalla mappa? >> chiese con una dura inflessione della voce << Annientare interi eserciti…e plasmare intere civiltà? >>
Shmi non rispose e lasciò cadere gli abiti, sollevando il blaster che teneva nascosto.
Puntò la canna contro Yon e sentì il freddo metallo del grilletto sotto il dito. Non guardò verso i suoi sottoposti. Se l’avessero uccisa, tutto quello che doveva fare era contrarre la mano.
Il resto della Star Force sollevò le armi. Tutti tranne Vers, che si limitò ad alzare le braccia.
<< Fermi! >> scattò Yon.
I sottoposti si fermarono confusi e l’uomo le lanciò un’occhiata paziente. << Vedo che non hai perso il tuo temperamento. >>
<< Non me lo porterai via >> sibilò Shmi.
Yon sollevò le mani in segno di resa.<< No, certo che no! Vi porterò via entrambi. Tu e tuo figlio! Se ti consegni ora, sono sicuro che la Suprema Intelligenza sarà clemente e ti permetterà di tornare su Hala. >>
<< Come ostaggio? >>
Aveva già fatto quella vita…e non aveva alcun desiderio di ripetere l’esperienza, se ciò significava perdere suo figlio.
Yon parve disturbato. << Come eroina dell’impero Kree, ovviamente. >>
La presa sul blaster vacillò.
Il pensiero di quello che sarebbe successo ad Anakin si trasformò in un peso sul suo braccio, in una mano sul polso, ma continuò a tenere puntata l’arma contro il suo vecchio compagno di battaglia.
Yon aveva smesso di sorridere e la donna lasciò che le minacce le rotolassero di bocca. Si era già immaginata la scena prima di allora, parlando nella sua mente con l’uomo che l’aveva costretta ad abbandonare Hala, e viverla nella realtà gliela faceva quasi sembrare un sogno.
<< Ci lascerai andare >> sussurrò freddamente << E lo farai perché sei un codardo egomaniaco. Sono certa che i tuoi superiori ti permetteranno si vivere, e che prima o poi tornerai a cercarmi…ma va bene così. Adesso, però…ce ne andremo liberi. Hai capito? >>
Yon fece un cauto passo in avanti e replicò: << Pensaci molto bene. Non deve finire per forza in questo modo. Possiamo risolverla in modo pacifico! >>
Shmi lo scrutò confusa. Quest’uomo non si stava comportando come il soldato con cui aveva combattuto nell’esercito di Hala fin da quando era una ragazzina.
Che lo stesse facendo a causa della donna bionda assieme a loro? Che cosa la rendeva così importante?
Scosse la testa per liberarsi da quei pensieri. Al momento, tutto ciò che contava era la sicurezza di Anakin.
<< Non te lo darò mai>> dichiarò << MAI! >>
E prima che Yon potesse replicare…premette il grilletto, e sentì il blaster sobbalzare perfino mentre una luce divampava nelle vicinanze e pulsazioni roventi le devastavano il petto.
Udì un forte “No!” solo dopo aver avvertito un dolore lancinante al petto.
I suoi muscoli parvero vibrare come corde pizzicate.
Qualcuno si precipitò verso di lei, ma non capì chi fosse. Tutto quello che vide fu Yon che si stringeva una spalla annerita e fumante, ringhiando.
Se avesse potuto, la donna avrebbe urlato, non di dolore ma di rabbia. Ma non potè, e scivolò nell’oscurità piena di amarezza.
Il suo pensiero finale fu: “Spero che Anakin mi abbia ascoltato.”
Gli ultimi suoni che percepì fu una voce di donna che le sussurrava “Mi dispiace”.
Mentre Shmi Skywalker si spegneva tra le sue braccia, Vers non potè frenare l’ondata di rimpianto che cominciò a farsi strada dentro di lei.
<< Io…l’ho vista premere il grilletto >> borbottò a bassa voce << Non volevo ucciderla…ho reagito in modo istintivo… >>
Sentì una mano posarsi sulla sua spalla e non ebbe bisogno di alzare lo sguardo per sapere a chi appartenesse.
<< Hai fatto quello che dovevi per proteggere i tuoi compagni >> disse Yon con voce strozzata << Questa donna era chiaramente instabile. >>
“A me non sembrava molto instabile” avrebbe voluto controbattere la bionda “Solo…spaventata.”
<< La conoscevi? >> chiese invece, mentre uno strano mal di testa cominciò a pulsarle nelle tempie.
Yon fissò tristemente il corpo esanime della Kree.
<< Pensavo di farlo >> borbottò, per poi volgere la propria attenzione verso gli altri sottoposti.
<< Perlustrate la zona, il figlio potrebbe essere ancora nelle vicinanze! >> ordinò << L’ultima cosa che voglio è lasciare un bambino orfano su questa palla di sabbia. >>

                                                                                                   * * *

Anakin Skywalker non si era mai considerato un bambino cattivo. In fondo, non gli piaceva comportarsi male.
Quando sua madre gli diceva di fare qualcosa…beh, lo faceva QUASI sempre. Non subito…ma alla fine lo faceva. Tranne in quei rari casi in cui la sua curiosità aveva la meglio sul buon senso.
Era consapevole che non sarebbe dovuto rimanere a guardare sua madre parlare con quella strane persone in tuta verde, ma non avrebbe potuto sapere cosa sarebbe successo. Non avrebbe potuto sapere quello che avrebbe fatto la donna bionda.
Avevano parlato di lui? Era colpa sua?
La mamma non si muoveva. La donna bionda la teneva tra le braccia.
Anakin non riuscì a impedirsi di piangere, ma trattenne un urlo perché doveva essere coraggioso. Doveva…lo aveva promesso alla mamma.
Aveva visto quanto era stata spaventata. Chiunque fossero quegli sconosciuti…sapeva che avrebbero fatto del male anche a lui. E sapeva anche che cosa doveva fare!
Adesso doveva comportarsi bene, fare in modo che le cose andassero meglio.
Mentre correva tra le rocce, con il naso che colava, gli occhi pieni di lacrime e la gola che sembrava gonfia e chiusa, riuscì a sentire in lontananza le voce elettroniche di droidi o di un comunicatore disturbato: gli assassini della mamma la stavano inseguendo, ne era sicuro!
Non aveva importanza. Doveva continuare a correre e raggiungere il posto che lui e sua madre avevano scelto per le situazioni come questa.
La donna aveva cercato di fingere che fosse un gioco tutte quelle volte che gli aveva chiesto di correre e di trovare un nascondiglio, ma lui aveva sempre saputo che non lo era.
Una volta glie lo aveva detto, e lei gli aveva preso la mano con un sorriso triste, dicendo “Fingi comunque che sia un gioco. Mi farà stare meglio.”
E così lui aveva continuato a farlo. Voleva fingere anche adesso…ma era difficile.
Trovò il posto che la mamma gli aveva mostrato: una grotta che scendeva in profondità nella terra, abbastanza grande da permettergli di entrare, ma comunque troppo piccola per permettere ai suoi inseguitori di raggiungerlo.
All’interno, una scala a chiocciola scivolava nell’oscurità. Al contempo, sentì alcuni rumori di tuoni provenire dall’esterno della caverna.
Su Tatooine i temporali erano piuttosto rari, ma non impossibili. E per certi versi potevano essere ancora più violenti di quelli dei pianti forestali, specialmente in pieno deserto.
Anakin cercò di non ridere all’ironia della situazione.  Lui e sua madre avevano aspettato a lungo l’arrivo delle piogge, poiché l’acqua avrebbe aumentato la produzione della fattoria di diverse spanne.
E ora che la pioggia era finalmente arrivata…sua madre era morta, e lui sarebbe stato costretto ad abbandonare il pianeta.
Dopo qualche altro minuto speso a scendere, trovò una camera d’ara più spaziosa rispetto alle altre e si sedette a terra, poggiando la schiena contro la parete rocciosa.
Non era mai arrivato così in profondità nella caverna, e come tutti gli abitanti di Tatooine sapeva bene che le grotte del pianeta potevano essere la dimora di creature piuttosto pericolose. Tuttavia, la paura di essere scoperto aveva avuto la meglio sul buonsenso.
Ripiegò le ginocchia contro il petto e cantò una della canzoni di sua madre, dondolandosi avanti e indietro, ignorando il volto striato di lacrime e le mani sporche. Anche questo era parte della finzione. Tutto quello che doveva fare era aspettare la prossima alba, dirigersi verso la città più vicina e chiedere di un certo Han Solo. Sarebbe stato lui a condurlo al di fuori del pianeta, almeno sperava.
A quel pensiero seguì un profondo sentimento di rabbia. Rabbia per la propria impotenza…per le persone che avevano ucciso sua madre…e per la sua incapacità di proteggerla.
Perché doveva essere così debole? Anche con tutto quello che sua madre gli aveva insegnato riguardo ai suoi poteri…era rimasto fermo e immobile a guardare mentre quella donna bionda la colpiva con i suoi raggi luminosi.
Era colpa sua se la mamma era morta! E ora voleva…voleva…vendetta.
Fu quando ebbe elaborato quel pensiero…che accadde qualcosa di decisamente inaspettato.
Un bagliore rosso illuminò la caverna. E girando la testa di scatto, il bambino si rese conto che proveniva da uno strano oggetto seminascosto in un angolino della grotta.
Anakin lo osservò stranito e gli si avvicinò cautamente.
Aveva una forma a piramide, con strani segni incise sui lati. Non aveva mai visto niente di simile.
Per tutta la notte guardò quella luce fievole aumentare e diminuire di intensità, mentre ascoltava il rombo della tempesta che infuriava all’esterno e lo sciacqui della pioggia che scivolava all’interno della caverna.
Cercò di dormire, ma non ci riuscì, se non a tratti: le gocce di pioggia si insinuavano nella caverna e gli cadevano sulla fronte e sulle maniche, in qualunque posizione si sistemasse.
Perfino i suoi sogni insistevano con quella gocce, quei colpi bagnati che arrivavano a casaccio. Quando si svegliò nel pieno della notte, provò l’inconscio desiderio di urlare e chiedere aiuto. Magari l’universo lo avrebbe ascoltato. Magari sua madre sarebbe tornata! Magari…
<< Io posso aiutarti. >>
Quella voce rimbombò bassa e cavernosa nelle profondità della caverna.
Anakin sussultò e saltò subito in piedi, per poi cominciare a guardarsi freneticamente intorno. Eppure…i suoi occhi non incontrarono nemmeno la sagoma di un’ombra. Era completamente solo. Che se lo fosse immaginato?
<< Sono qui! >>
Il bambino abbassò lo sguardo…e le sue pupille del colore del cielo incontrarono ancora una volta quella strana piramide rosso sangue.
<< C-cosa? >> sussurrò, afferrando l’oggetto e rigirandoselo tra le mani  << Tu…tu parli? >>
<< E non solo >> disse la voce, che questa volta aveva assunto una cadenza molto più simile a quella di un vecchio.
Anakin per poco non lo fece cadere, ma riuscì a mantenere i nervi saldi e prese un lungo respiro calmante.
<< Chi…chi sei? >> chiese, cercando di mostrarsi coraggioso.
Il bagliore della piramide sembrò crescere d’intensità.
<< Mi chiamo Darth Sidious, giovane Skywalker…e sono tuo amico >>  sussurrò la voce in un modo che il bambino trovò stranamente rassicurante.
<< Hai detto che puoi aiutarmi >> disse dopo qualche attimo di silenzio << Come? >>
La voce abbaio una risata gracchiante, e per qualche ragione Anakin sentì un freddo brivido attraversargli la spina dorsale.
<< Io posso darti…VENDETTA! >>
 
 


Dum, dum, duuuuum!
Non credo che qui servano presentazioni. Lo avevate già visto nella scena post-credit di “The Spider, the Captain and the Clown”, ma sarà in questa fic che lo farò brillare davvero. Il solo, inimitabile…Darth Vader!
Per chi bazzica sul mio profilo da un po’, sapete bene quanto io ami questo personaggio, e ho dovuto ragionare a lungo per trovare una lore capace di integrarlo nell’MCU senza snaturarne l’essenza. Quindi sì, Capitan Marvel (Vers) sarà un personaggio molto legato al suo passato…e non nel migliore dei modi.
I fan di Star Wars avranno sicuramente colto l’omaggio di questo capitolo all’inizio di Rogue One, anche se questa volta la Morte Nera non centra niente.
Spero che questo prologo vi abbia incuriosito, cercherò di aggiornare il prossimo capitolo il prima possibile!

 
  
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