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Autore: _Kalika_    21/02/2021    0 recensioni
Riconosco i segni dell'antica fiamma.
*
Il figlio del re dei pirati.
Avrei dovuto capirlo prima.
Adesso si spiegano così tante cose. Ne rimpiango altrettante. Capisco le sue azioni. Capisco la sua irrequietezza, il suo mettersi sempre in prima linea, la sua tendenza così controversa ad amare e odiare la vita. Quante cose gli ho detto che non avrei dovuto…
***
«Avevi promesso che non sarebbe stato come prima.»
Alza lo sguardo verso di me. È troppo lento, troppo lento, non riesce a nascondere subito la sua ardente ossessione dietro il sorriso che mi sta rifilando. Cosa succede, non sei più abituato?
«Tranquillo, Deuce! Non è affatto come prima.»
***
**
*
Ace X Masked Deuce
*
*Questa Fanfiction partecipa al Crack&Sfiga's Day 2021 indetto dal forum FairyPieceForum*
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Ciurma di Barbabianca, Izou, Marco, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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*Questa Fanfiction partecipa al Crack&Sfiga's Day 2021, indetto dal forum FairyPieceForum*
 
Nota importante importantissima: questa Ff è basata sul recente spin off su Ace, Episode A (se cliccate trovate il primo capitolo, l’importante è che leggiate i primi due). Senza averlo letto capireste ben poco visto dei riferimenti e della caratterizzazione di Ace quindi come si suol dire, o tutto o niente! Fidatevi, ne vale la pena!

 


 
Adgnosco veteris vestigia flammae
 


All’inizio eri accecante.
Eri tutto ciò che potevo vedere.
In mezzo a tanto buio, dopo tanta solitudine, come potevo non seguirti?
Fermati.
Hai illuminato il mio mondo per così tanto tempo che pensavo di aver scordato cosa significasse restare nell’oscurità.
Non riuscivo a vederti, eppure ti seguivo.
 
Ricordo ancora quelle parole che mi avevano fatto ribollire il sangue nelle vene.
«Oh, che sfortuna… Va beh, costruiremo un’altra barca! Che problema c’è?»
Di rabbia, al momento. Paura l’istante dopo, di non trovarmi davvero davanti a un essere umano. Tempo dopo, ammirazione.
Adesso, rimorso.
Bruciavi.
 
҉
 
Non dormi.
Non fai neanche finta.
Ti giri, ti rigiri, ogni tanto mi sfiori il braccio, lasci un marchio invisibile sulla mia pelle. Il freddo svanisce per qualche istante sostituito da un formicolio. Ma non mi rende tranquillo. Sento la tua irrequietezza senza dover neanche aprire gli occhi. Anche un letto per due è troppo piccolo per te.
«Ace»
Una mano sull’avambraccio. Mi guardi.
In realtà non so cosa dirti. Non più del tuo nome. Come potrei? Non so cosa hai dentro. So che hai del fuoco, fin da prima che mangiassi il tuo frutto, e so che quel fuoco brucia in continuazione. Nient’altro.
Fermati, per favore.

Vorrei che bruciasse sentimenti negativi, dell’odio, del rancore, ma ho l’impressione che li stia solo alimentando. Una fiammella fa capolino dai tuoi occhi, quasi sento le grida della tua anima. Per un attimo spero che almeno oggi parlerai. Ma poi sorridi.
«Deuce… Ti ricordi quando abbiamo trovato quella lucertola sull’isola?»
Di nuovo. Sento che le mie labbra si storcono in un sorriso e non faccio in tempo a dannarmi per la facilità con cui il mio corpo ti risponde. Di nuovo l’isola. La nostra isola, l’isola maledetta dove ci siamo conosciuti.
«Che l’abbiamo rincorsa per non so quanto prima di riuscire ad acciuffarla?»
Di nuovo a immergerti in un mondo di ricordi. Quasi posso toccarla, la barriera che erigi per fuggire dal mondo reale.
«Avremo speso più energie a rincorrerla di quante ne abbiamo prese mangiandola» ti assecondo, il copione ormai l’ho imparato a memoria. Mi stringi la mano, la ristringo.
Fa male. Fa male anche solo guardarti.

Non dovresti scappare. Tantomeno usarmi come via di fuga. Non so come fai, sempre all’erta. Come se un brivido bollente ti scorresse per le membra senza tregua. «Fermati un attimo»
Adesso ho freddo.

Non vuoi sentire quelle parole, lo so. Non è giusto che tu abbia imparato a frenare le mie labbra con un sigillo così dolce. Sai che non riesco a oppormi. Mi carezzi il viso, sorridi ancora. «Sono fermo» Smettila di mentire, per favore. Cosa hai dentro di così mostruoso da non poterlo dire neanche a me?
 
҉
 
«Non… capisco…»
È impressionante la spavalderia con cui finge di stare bene. Lo sto praticamente trasportando a peso morto. «Ace…» Arranco nella neve, passo dopo passo. È pesante. «…facciamola finita.»
Tossisce. Quale stupida, stupida risposta sta preparando?
Tremo quando vedo la scia di sangue sulla neve. Ansima sulla mia spalla. «…per così poco?»
«Cosa, di tutto questo… ti sembra poco?»
Forse avrei dovuto insistere, quella volta.

Incespica nei suoi stessi piedi, si regge a me ogni secondo di più. «Il fatto che tu… che tu sia andato da solo… a combatterlo?»
Non ho le energie per urlare, ma la voce mi esce aspra quanto serve. «Che tu sia… scappato, come un prigioniero, dalla tua… dalla tua stessa nave, dai tuoi compagni, perché non ci volevi tra i piedi?»
Che cosa vorresti rispondere? Le labbra screpolate mi bruciano. L’aria fatica a entrare nei polmoni. Sento che mi sto piegando sempre di più sotto il suo peso. Ha la faccia poggiata sulla mia spalla, gli occhi chiusi. Il respiro caldo mi solletica l’orecchio, è debole.
«O forse… è poco che ti abbia trovato in una pozza di sangue… in mezzo al nulla?»
Silenzio. Poggio una mano contro la parete di roccia che sto costeggiando, la discesa si fa più ripida. «Cosa di questo è poco, Ace?»
Mi fermo.
«Rispondimi.» Per una volta che ti sto fronteggiando, rispondimi. Per favore. Non posso sopportarlo ancora. Perché ti spingi sempre fino a questo punto? Cos’è che ti costringe a buttare la tua vita al vento?
È cosciente. Ne sono sicuro. Gli levo l’appoggio sulla mia spalla, lascio che cada a terra, la schiena contro la roccia. La testa bassa. Le mani piene di sangue, come le mie. Il resto del corpo messo ancora peggio. È così miserabile.
Non riesco a credere alle mie orecchie quando confronta il mio sguardo. «Li ho sconfitti!» Se avesse fiato, urlerebbe. Gli occhi carbone stanno lanciando scintille. Lucidi, pesanti, ma non deve neanche sforzarsi per risvegliare le sue fiamme. Ma adesso basta.
«E allora?!» Sta diventando ridicolo. La mia voce rimbomba intorno a me, il vento mi scuote. «Cosa me ne frega che li hai sconfitti?!» Troppo ridicolo. Sento ancora il calore appiccicoso del sangue che impregna i miei vestiti. Lo squadro un secondo di troppo, la neve intorno a lui si sta tingendo di rosso. Ma come faccio a provare pietà se tutto ciò che riesce a fare è vantarsi della vittoria? «Ace ti rendi conto di come sei conciato?»
Non è mai cambiato niente.

«E cosa avrei dovuto fare, lasciarli scappare?»
«Perché invece andare a fronteggiarli e farti uccidere nel processo è un’opzione valida?» Neanche riesco a urlare. Qualcosa mi sta pesando sul petto e mi è difficile sputare una parola dopo l’altra. E lui sta annuendo, chiusa in quella sua stupida fierezza.
«È così che funziona la vita di un pirata.» Se riesce a finire la frase è soltanto perché sono troppo incredulo per ribattere. «Devo puntare alla vetta, e scontrarmi con tutto ciò che incontro. Adesso sono un passo più vicino all’uccidere Barbabianca, e poi…»
«No, no, no, basta così.» Non so con quale forza mi giro. Mi fa male la testa. «Non voglio sentire altro.»
Tossisce, la voce rauca. «Perché? Pensi che io sia debole? Pensi che non supererò il-»
«Non cominciare con questa storia!» Mi volto di nuovo, lo fronteggio. È incredibile come non riesca ad allontanarmi. Che sia per paura, per rabbia, per amore, mi ritrovo sempre a tendere verso di lui. «Non sono come il resto della ciurma, Ace! Non puoi incantarmi con queste belle parole!»
Forse in realtà ci eri riuscito.

Stringe le labbra e inspira forte, unici segni di quanto sia alterato. Non voglio sentire una parola di più. Non se continua così. «Non sei debole. Ma non sei neanche forte quanto credi! Non sei al livello di Barbabianca, sei a malapena al livello di un pirata medio qui nel Nuovo Mondo! E non sei…» per un attimo mi passa per la testa l’idea di fermarmi. Ma adesso proprio non posso. Quegli occhi, quell’ardore che tanto ammiravo, che mi hanno guidato e protetto per anni, si sono trasformati in un incendio indomabile. «…non sei neanche paragonabile al re dei pirati. E se continui ad atteggiarti come se lo fossi, finirai per farti ammazzare.» È davvero necessario che te lo dica io? Lo sai già, non è vero?
Sì, che lo sapeva. Anzi, forse lo faceva apposta.

«Tu non sai niente su di lui. Era un buono a nulla, un-»
«Basta, Ace!» Non di nuovo, non di nuovo questo rancore insensato. «Perché lo odi così tanto?» Voglio saperlo. Neanche mi sono accorto di essermi inginocchiato davanti a lui. Gli tengo le spalle, le mani formicolano a contatto con la sua pelle. C’è odore di sangue, è nauseabondo. «Devo… voglio capire perché. È questo… è soltanto per l’odio verso il re dei pirati che stai facendo tutto questo, vero? Perché?» Non distogliere lo sguardo. Rispondimi. «Che cosa ti ha fatto?»
Rispondimi. «Rispondimi!» Non voglio che mi si spezzi la voce, ma non posso impedirlo. Ho il fiatone. Lo vedo stringere la mascella. Quando chiude gli occhi e volta appena la testa, qualcosa mi tira giù a fondo. Come se una valanga mi avesse seppellito. Perché continui ad alzare la tua barriera?
«Non posso.»
La presa sulle spalle si fa più stretta per un secondo. Voglio allontanarmi. Eppure il mio cuore continua a urlare di restargli accanto. Non ha senso. Mi rialzo in piedi. «Non possiamo continuare così. Non voglio seguire qualcuno che non riesce neanche a occuparsi di sé stesso.»
Mi guarda, e ogni parola si fa meno sicura ogni istante che passa. «Qualunque cosa tu abbia dentro…» gesticolo, lo sguardo mi cade di nuovo sulle nocche coperte di sangue adesso rappreso «…devi affrontarlo. Lo… lo capisci che ti stai consumando, lo sai. E se non intendi farlo, allora io-»
«Se te ne vai, morirò.» È vero. Sarebbe morto oggi stesso. Ma come… come fa a sembrare così sicuro di sé mentre lo dice? Come può riconoscere il suo destino, e non fare niente per cambiarlo? «A me va bene.»
«Perché tanto morirai lo stesso, prima o poi?»
«Sì. E…» E avrò trovato la mia risposta. Non serve neanche che lo dica. La risposta a quella domanda che non riesco a capire. Se è davvero autorizzato a vivere. Ma quella risposta, la risposta che otterrebbe non va bene. Non va bene e pensavo che bastasse uno solo dei miei baci a farglielo capire, ma non è così.
E non sta mentendo. Non ha staccato i suoi occhi da me per un secondo. Non ha neanche cercato di alzarsi. Tutte quelle storie… tutte quelle stupide parole sulla vita del pirata, lui ci crede davvero. Fa male… fa male solo guardarlo. «Lo sai che non posso lasciarti morire.»
Credo che sia un sorriso, quello che si sta accennando sulle sue labbra. Non è allegro, neanche lontanamente. Eppure in qualche modo riesce ad alleggerirmi. E quasi mi viene da ridere. Potrebbe essere la prima volta che non nasconde il suo stato d’animo. Mi trafigge con il suo sorriso malinconico e dolorante. «Lo so. Per favore, Deuce» Si stringe su sé stesso, abbassa la testa «resta con me.»
È questo il massimo che potrò mai ottenere?
Il mio corpo si muove in automatico. Vado verso di lui. Lentamente. È estenuante.
Questo è il massimo della fiducia che puoi darmi? Il massimo della confidenza? Un’ambigua richiesta, una confessione che contraddice tutto ciò che hai urlato finora? Dov’è che stai mentendo?
Sapevo già la risposta.

Allunga la mano verso di me, troppo debole per tenderla davvero. Esito.
«Non piangere.»
Dovrò pur liberarmi da questo peso, no? Non sono come te. Non ho niente che brucia le emozioni dentro il mio cuore. Fa male. Non voglio vederti consumare. Non posso aiutarti. E non posso, semplicemente non posso lasciarti morire. Gli afferro la mano, lo faccio alzare.
Il corpo risponde da solo quando si appoggia a me, gli cingo la schiena con un gesto abituale. Mi devo fare forza per non posare le labbra sulla sua testa.
Non so cosa succederà d’ora in poi. Forse continuerà come prima. Perché… perché oggi non è successo niente. Continuerò a scaldarmi alla sua fiamma, limitandomi a osservarlo mentre si brucerà la carne e le ossa.
Non ho ancora capito se quel giorno ho sbagliato oppure no.

 
҉
 
 
Fa male. Fa male.
Se ci ripenso, mi sento ancora morire dentro.

Il muro di fiamme si fa tangibile, mi brucia, mi ustiona il corpo e il cuore. Sei dall’altra parte, e non fai entrare nessuno. Perché vuoi morire così?
Provo a urlare il tuo nome. Inutilmente, la gola mi brucia troppo. Il fumo mi offusca la vista. Sto piangendo.
Stai lì con passo tremante, con gli ultimi residui di fiamma tra le mani. Fermati!
Non cacciarmi via…
 
҉
 
 
Il figlio del re dei pirati.
Avrei dovuto capirlo prima.
Adesso si spiegano così tante cose. Ne rimpiango altrettante. Capisco le sue azioni. Capisco la sua irrequietezza, il suo mettersi sempre in prima linea, la sua tendenza così controversa ad amare e odiare la vita. Quante cose gli ho detto che non avrei dovuto…
A partire dall’ultima cosa urlata prima di essere catturato dai pirati di Newgate. Ma è ancora vivo, ne sono sicuro.
Mi giro sulla schiena, così posso ammirare le stelle. Ho un occhio gonfio, la vista ancora un po’ annebbiata, e le nuvole e il fumo coprono il firmamento, ma è meglio di niente. Ho come l’impressione che anche lui stia guardando il cielo.
Cosa succederà adesso? Forse riuscirò a capirti meglio.
Lo pensavo davvero. Che illuso.

Qualcosa mi sta riscaldando il petto. È così familiare… è piacevole. È una sensazione che sa di sorrisi, di risate, sa di chiacchiere al chiaro di luna su un’isola deserta. Sei tu, vero?
 
҉
 
 
È tornato quello di un tempo. La realizzazione all’improvviso, a vederlo ridere e scherzare tra un fratello e l’altro, gli occhi brillanti che risplendono verso di me, mi allunga una birra e sorride come non l’avevo mai visto fare. No, sta anche meglio di un tempo.
Non sono tanto orgoglioso da provare fastidio al pensiero che non è merito mio. È solo che… non pensavo fosse possibile. Cosa è successo?
«Deuce, smettila di mangiartelo con gli occhi!» Mi fiondo sulla birra mentre una nuova presenza si siede al mio fianco. L’istante dopo una manata sulla schiena mi scuote e mi fa avvicinare ancora un po’ a Ace, che ride e si stringe contro di me. Mi giro verso Marco, si è appena seduto alla mia sinistra e si sta stringendo per fare posto a Izou sulla panca. Un commento mi passa per la testa, ma qualcuno gli dà voce prima che possa farlo io. «Senti chi parla! Il bue che dà del cornuto all’asino!»
Mi lascio attrarre di nuovo dal boccale mentre Vista dall’altra parte del tavolo mi lancia un’occhiata complice: «Sopportiamo le loro smancerie da trent’anni! E anzi, adesso si son dati una calmata.» Sbuffo una risata scettica e sento Ace fare lo stesso sulla mia spalla mentre ci giriamo a osservare non tanto di soppiatto Izou che preferisce le ginocchia di Marco all’ultimo angolino della panca. Non che siano smielati, ma c’è una quotidianità e complicità nei loro movimenti che è un piacere starli a guardare. La voce possente di Vista ci riscuote. «All’epoca, il tanto stoico Marco era poco più di un ragazzino che non riusciva a distogliere lo sguardo da Izou. Il tempo di parlarci un paio di volte ed era già cotto!»
«Il fascino dell’oriente» commenta Izou con una risata sulle labbra, inclinando la testa verso il compagno quando Marco poggia il mento sulla sua spalla e finge di sospirare: «Ma tu eri troppo impegnato a fulminarci tutti con lo sguardo per accorgertene. “Ti odierò per sempre! Non ti perdonerò mai per ciò che hai fatto a Oden-sama!”»
I veterani della ciurma scoppiano a ridere mentre Ace si affaccia verso Marco. «Uh? Perché, cosa era successo?»
Ascolto il racconto di Marco e Izou con un solo orecchio. Intanto mi guardo attorno. Guardo Ace. È perfettamente a suo agio con gli altri pirati. Non che me ne stupisca, sono passati mesi da quando ci siamo uniti alla ciurma di Newgate, da quando Ace ha rinunciato a cercare di ucciderlo. Newgate che entra nella sala da pranzo, regala un sorriso e un’arruffata di capelli ai figli che salutano il suo ingresso.
Ace mi aggancia il braccio probabilmente senza neanche pensarci, lo sento brillare. Istintivamente mi giro verso Marco e Izou, ancora nel pieno della loro storia. Sono bellissimi, e felici. Narrano con leggerezza le difficoltà dei tempi passati, trasformano l’odio di un tempo in dolci barzellette.
Forse anche noi…
Ne ero davvero convinto.

Guardo Ace, che sta bruciando. Ma brucia di felicità, di affetto, e condivide il suo calore con tutti quelli che ha intorno. Con me, con i nuovi compagni di ciurma, con il suo nuovo padre. Ah, ecco.
Pensavo di aver capito tutto.

Non so perché ci abbia messo tanto a mettere insieme i pezzi. Sorrido, la mano stretta nella sua. È tutto finito. Possiamo ricominciare.
 
҉
 
 
«Mh? Che succede?»
Sbuffo una risata mentre mi libero dal peso assonnato sulle spalle lasciandolo cadere sul letto della nostra cabina. «Prova un po’ a indovinare?»
Lo sento incrociare le braccia dietro la testa mentre, di spalle, mi levo la giacca e comincio a slacciare la cintura. «Ah, di nuovo. Potevi pure lasciarmi là, tanto mi sarei svegliato prima o poi.»
Il rumore di un paio di stivali calciati per terra, Ace che si rigira nel letto.
«Ho udito maligne teorie circa il dipingerti la faccia con quelle nuove tinture indelebili della settimana scorsa. Ho pensato fosse il caso di accorrere in tuo aiuto.»
«Uuuh, in tal caso ti ringrazio per aver salvato il mio divino aspetto.»
«Quando vuoi.» Spengo la lanterna e mi lascio cadere sul letto, un sospiro soddisfatto mi lascia le labbra. È stata una bella giornata. Lo sono tutte, da un po’.
Il materasso balla. Si rigira all’infinito alla ricerca di una posizione comoda. «Certe cose non cambiano mai...»
«Mh?»
«Mh, stavo riflettendo ad alta voce» Neanche mi ero accorto di aver parlato, in realtà. Forse la voglia di discuterne oggi è più forte. Prendo un bel respiro. Alla fine non è niente di grave. «Ti sei sempre rigirato nel letto prima di dormire.»
«Ah. Vero. E mi sveglio pure sempre in posizioni diverse da quando mi sono addormentato!»
«Lo so, lo so» rido. Quasi conferma la mia teoria. È così bello sentirlo di nuovo ridere e parlare con leggerezza. «Però, voglio dire che adesso sembri molto più tranquillo.»
Solo un mugugno a rispondere. Ma so benissimo che ha capito cosa voglio dire. Mi giro su un fianco, la testa poggiata sull’avambraccio. Ace fa lo stesso, mi scruta. «Ace, volevi una famiglia?»
Un’ombra passa nei suoi occhi. Ho l’impressione che stia tornando indietro nei ricordi, e non in quelli felici. Per un istante mi pento di averglielo chiesto. Poi alza appena le sopracciglia, come fa sempre quando sta per puntualizzare qualcosa. «Un padre.» Specifica infatti con tono serio.
«Una famiglia ce l’avevo già. Rufy, Sabo, Dadan, poi te e il resto della ciurma…» Si rigira sulla schiena, ma non perché è a disagio. Semplicemente non ce la fa a restare troppo tempo nella stessa posizione. Ruota però la testa verso di me, così può riallacciare il mio sguardo. «Sì, un padre. Una figura che potesse darmi affetto, invece di un fardello.»
«Qualcuno da ammirare…»
«Qualcuno che non voglio superare. Perché non c’è bisogno di farlo.» Ah… conosco queste parole. Sono le stesse che gli ho urlato contro proprio il giorno in cui ha sfidato Newgate per la prima volta. Anche se al tempo, mi riferivo a Gold Roger.
Allungo le gambe verso di lui, mi rilasso nell’incrocio che andiamo a formare. Mi riscaldo contro il suo corpo. «Adesso sei felice?»
Affonda il volto tra i miei capelli. «Sì.»
Sospiro. «Posso fermarmi.» Delle parole che non avrei mai pensato di sentire. Qualcosa se ne va dal mio petto, mi lascia più leggero. «Possiamo ricominciare. Puoi bruciare per quello che vuoi tu.»
È un po’ strana come frase. O meglio lo sarebbe, se non mi fossi portato dentro questo concetto da anni e anni e anni. Non so se Ace ha davvero capito quello che volevo dire. Né capisco come l’ha collegato alle sue parole successive, che se possibile mi stupiscono ancora più di prima. «Deuce. Grazie per non avermi abbandonato.»
Cerco la sua mano, un respiro pesante nel petto. «Non potevo farlo.»
«Sì, sì che potevi.»
«No, non hai capito» sorrido. Non ho davvero voglia di rivangare questa storia, ma ha iniziato lui. «Ero troppo innamorato per allontanarmi.»
«Fidati» è lui a sorridere, adesso. Non capisco. «potevi farlo.»
Fa quasi ridere. Quasi. A ridere per davvero non ce la faccio.

Silenzio. Non dà altre spiegazioni. Mi avvicino ancora di più. «Un giorno…» comincio a sussurrare, la voce un po’ incerta ma piena di speranza «un giorno penseremo a questa storia e ne rideremo a crepapelle davanti a dei bei boccali di birra.»
Ridacchia, mentre si rigira per l’ennesima volta. «Sicuro. È solo questione di tempo.»
Già. Adesso il suo ricordo fa ancora un po’ troppo male. Ma un giorno…
 
҉
 
 
Qualcuno ha gettato all’improvviso una valanga di legna su quel falò tanto ben controllato. Forse sarebbe stato meglio se l’avesse spento. Invece l’ha alimentato piano piano. Ed è tornato indomabile.
«Lasciatemi andare! Chi uccide un compagno di ciurma deve pagare con la vita! Altrimenti lo spirito di Satch non potrà mai riposare!»
Mi gira la testa. Non di nuovo. Non di nuovo, per favore.
«Ace. Ho già detto che è un’eccezione.» La voce calma ma cupa di Barbabianca mi scuote fin dentro le ossa, ma non riesce a fare effetto su di lui. Niente ha mai effetto in queste situazioni. Ma loro non lo sanno. Non possono saperlo.
«Ha ucciso un amico ed è scappato come un codardo! Dopo anni che viveva insieme a voi! Deve avere ciò che merita!» Lo guardano attoniti, non sanno come comportarsi se non provando a convincerlo con la logica. Non funzionerà. Lancio uno sguardo a Marco, scuoto la testa. Non so cosa fare.
«Teach è troppo pericoloso adesso. Finirai col farti uccidere!»
So troppo bene come andrà a finire questo dialogo. Reprimo a stento l’impulso di tapparmi le orecchie. Il mio corpo agisce da solo. Lo fa mentre Ace sta ancora parlando, mentre urla con tutto il fiato che gli va bene farsi uccidere, mentre riconosco il fremito nei piedi che ha sempre prima di iniziare a correre. Allora scatto anch’io e lo anticipo, non esito nemmeno a saltare sullo Striker. So che si sta dirigendo lì, sulla sua barca. Sulla barca che abbiamo costruito insieme per uscire dall’isola, sulla barca che funziona soltanto con il suo potere. Sulla barca che usa sempre da solo, ma che abbiamo costruito per due persone. Per noi due.
«Fermati!» Allargo le braccia, nella vana speranza di impedirgli di salire sull’imbarcazione. Mi ignora. «Vuoi davvero tornare a com’eravamo prima?!»
«Non tornerò a niente del genere, te lo prometto!» Esita prima di accendere il motore. «Scendi, se vuoi.»
Me l’avevi promesso.

Perché devi mentirmi di nuovo? Forse non te ne sei accorto? Non hai sentito cosa è scoppiato dentro di te? Riconoscerei fra mille quella dannata scintilla che mi ha tenuto sveglio per troppe notti, accecandomi con il suo bagliore, ustionandomi l’anima.
«Non me ne vado.» Forse possiamo ancora risolvere tutto. Caccio indietro un singhiozzo, sforzo un sorriso. «Senza di me moriresti.»
«Già. Allora andiamo.»
Le urla dei nostri fratelli accompagnano il rombo del motore. L’ultima cosa che vedo è Marco che si sporge verso la balaustra, gli occhi sgranati, Barbabianca che lo richiama. Si addossa a Izou e mi si stringe il cuore. Forse anche noi potevamo…
La salsedine mi fa bruciare gli occhi. Mi copro il viso con la mano. Mi sembra di stare da solo su questa barca che si muove grazie al suo potere. Perché è dovuta andare così?
 
҉
 
 
Piove. Abbiamo trovato alloggio per puro miracolo. Mi siedo sul letto, gli lancio una coperta. «Lascia perdere quelle carte, ci pensiamo domani. Devi dormire.»
«Non ne ho bisogno. Devo capire dov’è andato l’informatore.»
Non ne ho bisogno. Quante volte ho sentito questa frase? “Non ho bisogno di dormire, devo guardare la cartina.” “Non ho bisogno di mangiare, devo allenarmi.” “Non ho bisogno di un piano, devo solo combatterlo.” Era solo questione di tempo prima che se ne uscisse con “Non ho bisogno di voi”.
Non è molto bella, la sensazione di aver appena collegato il presente con un passato che volevo dimenticare. Lo guardo, studio le sue occhiaie, il lieve tremore della mano. Non posso sbagliarmi.
«Avevi promesso che non sarebbe stato come prima.»
Alza lo sguardo verso di me. È troppo lento, troppo lento, non riesce a nascondere subito la sua ardente ossessione dietro il sorriso che mi sta rifilando. Cosa succede, non sei più abituato?
«Tranquillo, Deuce! Non è affatto come prima.»
Bugiardo. Siamo sulla cima della collina più ripida del mondo, e non stai facendo niente per evitare di cadere giù. «Allora vieni a dormire.»
Sorridi ancora. Non mi serve altra conferma, lo sai. Mi piange il cuore. «Dormi tu anche per me. Domani potremo ripartire subito!»
«Forse adesso dovresti fermarti.»
È indescrivibile la sua espressione. Non so se somiglia più a un incendio ardente o a un animale ferito a morte. Ma come sempre, si trasforma in un sorriso ustionante. «Sono fermo! Ti prometto che riposerò quando avrò finito.»
Hai sempre fatto un po’ troppe promesse.
Tutte un po’ troppo a cuor leggero.
 
҉
 
 
Lo spalma sul bancone, troneggiando imponente su di lui. Un paio di bicchieri fracassano a terra, mi paralizzano sul posto. «Ti-ti ho detto che non lo so!»
«Piantala di mentire, le mie fonti non mentono!» Abbaia come un cane rabbioso mentre lo strattona, gli occhi sgranati, il fiato corto. «Parla!»
«Non-non posso dirtelo! Mi ucciderà!»
«E cosa me ne frega se ucciderà un pezzente come te?! Ti ho detto di dirmi dov’è!» Reagisco istintivamente quando vedo la mano che si avvicina pericolosa al volto dell’uomo, le fiamme che già sfrigolano sulla pelle. «Adesso basta, Ace! Stai esagerando!»
«Dimmi dov’è o sarò io a ucciderti!» Sovrasta la mia voce, si dimena come un animale inferocito. Una fiamma divampa da tutto il suo corpo, non so come faccio a mantenere la presa. L’aria si satura di puzza di pelle bruciata.
«A-all’isola Tokage! M-ma l’ha detto settimane fa, potrebbe essere già salpato!»
Ace si spegne, resta soltanto l’incendio nei suoi occhi. «Sarà meglio per te che stia ancora là.»
E poi si volta, senza degnare di uno sguardo gli avventori. Sposta il cancello d’ingresso con una manata, non riesco a ignorare l’impronta carbonizzata che lascia sul legno. Non accenna ad arrestare il suo passo neanche dopo essere uscito dal locale.
«Che cosa ti salta in mente di minacciare così una persona?!» Non riesco a raggiungerlo, mi limito a urlare alla sua schiena. Sono rimasto in silenzio troppo a lungo. «Non stai agendo per te stesso, Ace! Sei un pirata di Barbabianca!»
Lo vedo stringere i pugni. Cosa vuoi fare, colpire anche me? Minacciarmi di morte se non sto zitto? «Non è così che si comportano i pirati di Barbabianca!»
«Invece sì! Devo fare così affinché in futuro non ce ne sia bisogno!» Svolta verso il porto, non accenna a girarsi verso di me. «È per colpa di pirati come lui che il vecchio non può comandare pacificamente! Feccia che non si fa scrupoli a dominare con la violenza, a fare qualunque cosa in nome del potere!»
So a chi corrisponde questa descrizione. Non sta parlando soltanto di Teach. Camminare diventa più difficile, e mi sembra che il marchio di Barbabianca si stia sciogliendo sulla sua schiena.
«Ace, fermati un attimo.»
«Che cosa stai dicendo? Dobbiamo andare immediatamente! Non abbiamo tempo per fermarci!»
«Dobbiamo organizzare un piano! Se fosse una trappola? O una falsa pista? Non sarebbe mica la prima volta!» Parole al vento, lo so già nel momento in cui le pronuncio.
«E se non lo fosse? Se lo troviamo adesso, possiamo farla finita e tornare alla Moby, così potranno tutti tornare alla normalità!» Salta sullo Striker. In questi due anni di ricerca, continuo a chiedermi cosa farebbe se restassi sul pontile. Se non lo seguissi come ho sempre fatto.
Mi fermo l’istante prima di salire sullo Striker. Si gira subito, Ace. Non si acciglia neanche. «Non vieni?»
«Sulla Moby Dick, nessuno sta aspettando la notizia della morte di Teach.» Voglio almeno chiarire un punto.
«Ma io lo ucciderò lo stesso.»
«Avevi promesso che non sarebbe cambiato niente.»
Non risponde. Non so se è perché sta riflettendo o solo aspettando che dica qualcos’altro. Qualcosa mi sta lacerando il petto.
Mi guarda. «Quando torneremo sulla Moby sarà tutto come prima.»
«Vivremo come Marco e Izou?» Non è possibile, lo sappiamo entrambi. Sei troppo coinvolto, troppo ossessionato. Hai soltanto cambiato obiettivo. Non ti interessa più superare Roger. Adesso vuoi uccidere un uomo.
«Sì.» Mente così facilmente.
Avevamo detto che avremmo riso di quel giorno di non so quanti anni fa. Salto sulla barca, prendo il mio posto.
 
҉
 
 
«Sentite, non è questione di soldi. Un motore del genere non si trova su quest’isola deserta.»
Lo vedo tremare dalla rabbia. Stringe il pugno, il cuore mi sprofonda a terra quando mi accorgo che sono già pronto a fermarlo nel caso stesse per aggredire il carpentiere. «Non posso sostituirlo, solo salvare il salvabile. Ma non reggerebbe il peso di due persone neanche per un centinaio di metri.»
I dettagli tecnici non mi interessano. «Basta che uno di noi vada a cercare i materiali necessari nelle isole vicine» poggio una mano sulla spalla di Ace. Non sono sicuro di voler vedere la sua espressione. «Poi torna qui e sostituiremo il motore, e andremo-»
«Che cosa stai dicendo, Deuce?!» È solo uno schiaffo quello con cui mi ha scansato la mano, ma brucia come pochi. «Non abbiamo tutto questo tempo! Dobbiamo andare subito a Banaro!»
Banaro. L’ennesima soffiata di dubbia origine. Probabilmente, l’ennesima falsa pista.
«Possiamo aspettare qualche giorno in più, Ace. Devi riposarti! Sia tu che io!»
«Non ho bisogno di riposo!» Si gira verso il carpentiere, gli lancia i berry che ci ha chiesto. «Riparalo entro domani mattina.» Ed esce dal porto senza un’altra parola.
Resto fermo per qualche secondo. Un tempo era così gentile. Lo vedo entrare in una locanda, il tempo di seguirlo all’interno che ha già preso la stanza, sta salendo le scale. I suoi pesanti rimbombano per tutto il locale.
Entriamo, spalanca le finestre come se avesse bisogno d’aria, cigolano rumorosamente. Si strofina la mano sulla faccia con pesantezza.
«Non c’è modo di farti cambiare idea?»
«Ho già detto che non abbiamo tempo!» Esplode di nuovo, all’improvviso. «Perché dovresti convincermi a smettere di inseguirlo?»
«Perché non ha senso!» Fermati, fermati. «Niente di tutto questo ha senso! Non lo vedi come ti stai riducendo?!» Avanza verso di me, l’incendio negli occhi. Ho paura. Come posso aver paura di lui? «Sei l’ombra di te stesso! E cosa succederà quando avrai ucciso Teach? Vorrai davvero tornare alla Moby? O ti metterai a inseguire come un folle anche tutti i suoi seguaci?!»
«Non sono affari tuoi.»
Alzo le mani per colpirlo, si fermano a mezz’aria. Mi afferra i polsi, li lascia andare quasi subito. Stanno bruciando. «Sì che lo sono…» Volevo davvero continuare a vivere insieme a lui. Ma quando lo guardo, so che è sul punto di controbattere. Non voglio sentirlo. Abbasso la testa mentre la vista si appanna di lacrime. Non so se mi ha risposto davvero. Ho paura di sì.
«Senza di me morirai…»
Mi siedo sul letto. Scorgo appena la sua figura che apre la porta. «Tornerò qui dopo che sarà tutto finito.»
L’ho sempre saputo che mentivi.

 
҉
 
 
Se n’è andato prima dell’alba. Vorrei dire di non averlo sentito. Di non essermene accorto, di essermi svegliato senza più lui al mio fianco. Vorrei davvero.
 
Un corpo umano non è fatto per tanto ardore. Lo sapevi meglio di me.
Ti ho visto bruciare per così tanti anni che, solo a ripensarci, mi stupisco di come tu sia vissuto tanto a lungo. Anche se in realtà non eravamo che ragazzini.
La Guerra dei Vertici è confusa, per me. Continuavo a chiedermi cosa sarebbe successo se mi fossi comportato diversamente. Me lo chiedo tutt’ora.
Non sarei riuscito a salvarti, una volta raggiunto Teach. Ci saremmo spenti insieme. Forse sarebbe stato meglio così. C’è giusto una cosa che rimpiango. Non riuscirò mai a ridere, pensando a quel giorno di tanto tempo fa. Ci ho provato, davvero, ma senza di te non ce la faccio.
Della tua fiamma, resta poco. Non si vede molto. Io la sento, però.
Quando fa freddo e mi rigiro nel letto, quando so che non ti troverò dall’altra parte, c’è comunque qualcosa che mi riscalda.
Quando mi chiedo se avrei potuto fare di meglio, o se forse è giunto il momento di farla finita, c’è qualcosa nel petto che mi risponde.
È debole, incerta, però sta là, quella piccola fiamma. Ce l’hai messa tu il giorno in cui sono naufragato su quell’isola deserta. Ah, ora capisco perché ti piaceva tanto perderti in quei ricordi. Piace anche a me.
Sono sicuro che hai trovato la risposta giusta a quella stupida domanda che continuavi a porti. Mi sarebbe piaciuto dirtelo di persona.

Sono così felice di essermi potuto scaldare alla tua fiamma per tanto tempo. Anche se qualche volta bruciava un po’ troppo.
 
 
 
 
 

***Angolo dell’autrice***
Risorgo dalle mie ceneri dopo tanto tempo che non mettevo piede su Efp. Buon Crack&Sfiga Day a tutti!
Lo spin off su Ace mi ha ispirato tantissimo e così ecco qua, a rielaborare alla mia maniera la sua storia e la sua caratterizzazione. Spero di non aver fatto pasticci, e soprattutto spero di non commesso blasfemie citando Virgilio nel titolo. Davvero, adoro quel verso ed era troppo perfetto per non usarlo.
Nota importante, Banaro è effettivamente l’isola dove Ace trova Teach e lo affronta, perdendo il combattimento. Questo significa che Deuce non incontrerà Ace di persona mai più, salvo magari uno sguardo al volo a Marineford.
Penso che dovrei essere un po’ più delicata nel narrare e che dovrei inserire riferimenti spaziali più dettagliati – o, non so, almeno inserirne qualcuno – quindi mi sa che prima o poi mi revisionerò questa storiella per sistemarla un po’.
Inoltre voglio anche approfondire meglio il parallelismo della fiamma sia come passione d'amore sia come impeto pericoloso per Ace e per chi gli sta attorno, ma non ho la mente fresca visto che ci lavoro da tra tre giorni di fila e ho paura di appesantirla troppo. Tornerò.
Devo dire che se non fosse stato per il C&S Day avrei aspettato che uscisse almeno un altro capitolo dello spin off prima di scriverla, così sarei potuta essere ancora più fedele alla trama. Ma, beh, dopotutto mi sono presa autonomia riguardo l’inseguimento di Barbanera, quindi l’ho fatto anche per quanto riguarda tutto ciò che segue il primo scontro con Newgate!
Direi che ho commentato abbastanza.
Spero che vi sia piaciuta, come sempre ringrazio tutti i miei lettori per essere arrivati fin quaggiù e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate con una recensioncina!
A presto,
Kalika
   
 
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