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Autore: aurora giacomini    22/02/2021    1 recensioni
C'è qualcosa che si muove fra quegli alberi, qualcosa di sbagliato... perverso.
La bestia ha gli occhi azzurri, azzurri come i ghiacci eterni.
Non puoi scappare, quando te ne renderai conto sarà ormai troppo tardi... se sopravvivi non sarai più lo stesso.
Dove si trova il segno che separa il genio dal folle? Forse è da ricercarsi nei confini di quella foresta.
-Avevo già caricato questa storia, ma era, diciamocelo, poco leggibile e davvero sgradevole... ho fatto del mio meglio per aggiustarla, correggerla e, sì, anche modificare e aggiungere alcune parti.-
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Personaggi: Nicole Haught; Wynonna Earp; Waverly Earp; Doc Holliday; Xavier Dolls; Jeremy Chetri; Personaggi Originali.
Coppie: Nicole Haught/Waverly Earp; Wynonna Earp/Doc Holliday.
Tag aggiuntivi: Esperimenti genetici (freeform) su Umani e Animali; G!P; Licantropia; Chimere.
Genere: Avventura, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Foresta degli Orrori '
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13 Ottobre 2018

 


The Forest






Parte Prima




 

 

Introduzione:


 

Un gruppo di ricercatori, scortati da due ex soldati delle forze speciali, vengono inviati in una regione sperduta tra alberi, montagne e neve, molta neve. La loro missione è semplice: indagare su un laboratorio sgomberato, in cui si dice siano stati condotti esperimenti illegali e pericolosi su umani e animali. Dovranno capire la natura di questi esperimenti e cercare di arginare il problema, raccogliere dati e informazioni; infine, fare rapporto al governo. La squadra è composta da nove membri: Wynonna Earp, ex soldato delle forze speciali dell'esercito; Henry Holliday ex capitano delle forze speciali della Marina, marito di Wynonna; Waverly Earp, giovane ricercatrice, specializzata in comportamenti umani e animali, laureata in diverse discipline - Genealogia, Archeologia, Antropologia e Antropologia Forense, sorella di Wynonna. Con lei ci sono i suoi sei migliori studenti. 



 


I
NeveSplendida



 

 

Il piccolo aereo atterrò sulla pista improvvisata, che era circondata da pareti di neve superiore ai due metri. Sembrava il solo indizio di presenza umana.

Attorno, solo il bianco abbagliante della neve... e alberi. Alberi e neve a perdita d’occhio.


Dal velivolo scesero dieci persone.«Miseria! Non scherzavano dicendo che era isolato», commentò Henry, lisciandosi gli enormi baffi biondi e tenendosi il cappello da cowboy, in modo che il vento non se lo portasse via.

«Be’, questa è solo la pista; quando arriverete alla cittadina di NeveSplendida, le cose saranno leggermente meno solitarie.» Il pilota incaricato di accompagnarli prese alcune delle valigie dall’aereo. «Tra poco dovrebbe arrivare la jeep.” Rabbrividì per le sferzate d’aria gelida e concluse: “Verrà uno degli abitanti.»

«Tu non vieni con noi?» chiese una ragazza di nome Ely.

«E’ in arrivo una tormenta, signorina: voglio ripartire il prima possibile. Non ho intenzione di rimanere bloccato qui», rispose l’uomo, con fare pratico.

Una donna, dai lunghi capelli neri e gli occhi azzurri come il cielo del nord, si fece avanti e borbottò: «Non ricordavo fossero questi gli accordi.»

«Ho ricevuto queste disposizioni, signora Earp. Nel caso di complicazioni, ci penseranno gli abitanti a guidarvi», borbottò in risposta, aprendo le braccia.

La dottoressa Waverly Earp studiò l’uomo con il solito modo clinico e domandò: «Sei sicuro di averci fornito tutti i dati relativi alle varie specie animali e non presenti sul territorio?»

«Tutte le informazioni a nostra disposizione sono state condivise con te, prof. Ma i danni relativi agli esperimenti della clinica non sono chiari, per questo vi trovate qui. Scoprire cos’è avvenuto all’interno di quel laboratorio e capire se siamo di fronte a una qualche minaccia ambientale è compito vostro», le ricordò, guardandola con una punta di fastidio.

«Sappiamo di esperimenti su umani e animali. Gli abitanti di quella cittadina ne sono rimasti coinvolti direttamente? Immagino di sì: non penso ci sia una gran densità di popolazione», commentò uno degli studenti di Waverly, John.

«Ti sei risposto, ragazzo. Comunicare con la popolazione locale non è stato semplice, ma il rapporto che vi ho consegnato contiene tutto: cose già dette e dettagli riservati di cui io, ovviamente, non sono a conoscenza. Vi consiglio di leggerlo con attenzione», replicò l’uomo. Subito dopo si accorse di un veicolo nero che stava raggiungendo la pista. «Salve, buon uomo», lo salutò.

Per tutta risposta, il tipo, che aveva una crespa barba sale e pepe ed era vestito da classico boscaiolo, mandò un grugnito. Forse era stato un ‘‘buon pomeriggio’’. Nessuno lo scoprì mai.

«Vi aiuto a caricare attrezzature e bagagli», disse il pilota, lasciando da parte il nuovo arrivato, che non sembrava la giovialità in persona. Sapeva che la gente di montagna tendeva a rivelarsi chiusa, ma quello gli parve un tantino eccessivo.

«Fate attenzione con quelle scatole! Contengono oggetti come provette e microscopi: attrezzatura delicata e costosa», guaì Waverly, apprensiva.

«Farete rapporto una volta ogni tre giorni, o ogni qualvolta avrete necessità di comunicare novità urgenti. Trattate con cura quella radio: è costata parecchio; in compenso, ha un segnale molto forte. L’estrazione è fra un mese a partire da oggi. In caso d’emergenza, verrà valutata la vostra richiesta di recupero. Qui i telefoni praticamente non esistono, ricordatevelo.»

«Perché dovrebbe esserci un’emergenza? In caso, non hanno ospedali, qui?», volle sapere John.

«Hanno una clinica: una specie di ospedale in miniatura», replicò il pilota, senza rispondere davvero alla domanda.

Il gruppo lo guardò con perplessità, ma nessuno diede voce ai pensieri.

Salirono sulla jeep e percorsero una pista che attraversava la foresta.

Sopra le loro teste, il rombo dell’aereo che si allontanava.


Ora erano soli, in quel territorio dimenticato da Dio e dagli uomini. 


<>
 

Il veicolo nero entrò nella cittadina, la quale sembrava essersi fermata in un tempo imprecisato. Forse fine Ottocento.

Percorrendo quella che doveva essere la via principale, poterono ammirare case di ogni forma, dai colori brillanti e accesi; c’erano magazzini, negozi e botteghe d’artigianato. Tutti questi edifici avevano due cose in comune: i tetti spioventi - per far fronte alle massicce nevicate - e la maggior parte sembrava in stato d’abbandono.Il gruppo attese che la jeep si fermasse.

Erano davanti a un edificio rosso, uguale al tramonto che si stava infiammando nel cielo. L’insegna recitava: Da Marta, B&B.

Scaricarono tutti i bagagli e le scatole.

«Potete stare qui», li informò il taglialegna; era la prima volta che apriva bocca e l’aveva fatto per sottolineare l’ovvio...

Henry Holliday si tolse il cappello da cowboy - era convinto di essere stato un uomo del vecchio West, in una vita passata. «Grazie. Chiedo venia, sarai tu la nostra guida?», s’informò.

Il boscaiolo si fece una grassa risata, neanche avesse sentito la cosa più stupida del mondo.

«Non esiste! So perché siete qui e penso siate fuori di testa. Ho rischiato abbastanza venendovi a prendere. Chiedete alla vecchia Marta. Vi saluto.» Si era fatto improvvisamente loquace, pareva.

Prima che qualcuno potesse aggiungere una sola parola, però, lui e la jeep erano già scomparsi.

«Il buongiorno si vede dal mattino...» commentò Sara, un’altra studentessa.

«Già! Iniziamo proprio bene», rincarò William, il più giovane del gruppo.

«Che altro aspettiamo? Voglio entrare: mi si stanno congelando le chiappe!», brontolò Wynonna, sfregandosi le mani avvolte da grossi guanti di nera lana.

Nessuno trovò nulla da ridire.

Il vento si stava facendo più violento e delle nuvole gigantesche cominciavano a nascondere il cielo. Il pilota aveva ragione: era in arrivo una bufera.


Il piccolo ingresso si apriva su una saletta arredata da qualche poltrona, un paio di sedie, qualche tavolino da caffè e un grosso divano dall’aspetto morbido e invitante. Alle pareti in legno c’erano appesi dei quadri raffiguranti paesaggi, animali selvatici e persone, immortalate in momenti di vita quotidiana.

Un posticino accogliente, decise il silente gruppo.

Alla loro destra c’era il banco d’accoglienza; fu li che si diressero, distogliendo l’attenzione dall’arredamento privo di qualsiasi forma di tecnologia moderna.

Wynonna suonò il campanellino del reception.

Una donna dall’aspetto sciatto, che doveva avere molti meno anni di quelli che dimostrava, dalla corporatura morbida e robusta, arrivò da un angolo nascosto.

«Buonasera graditi ospiti, vi aspettavo», li accolse, sfoggiando un caloroso sorriso.

Ancora una volta, Henry si tolse il cappello.

«Buonasera a te. La signora Marta, devo presumere.»

«Solo Marta, ti prego. Quante camere volete? Non fatevi problemi: siete gli unici ospiti.»

Wynonna pose la mano sul petto di Henry e appoggiò la testa alla sua spalla. L’uomo ricambiò con un sorriso malizioso, socchiudendo gli occhi color ghiaccio.

«Una matrimoniale e le altre singole, direi», dispose.

La donna ammiccò con complicità alla coppia e porse loro le chiavi.

«Scusate se non vi aiuto con i bagagli: la mia schiena non me lo permetterebbe. Le scale sono alla vostra sinistra, siete al terzo piano. Se avete bisogno di me sono qui, oppure al primo piano, dove abito», sorrise amichevolmente. «Il secondo piano è per la lavanderia, la dispensa, il magazzino con le coperte pesanti e tutto ciò che una vecchia signora come me può averci infilato nel corso degli anni», spiegò.

«Non c’è nessun problema», disse garbatamente Bob, con un piccolo inchino: era solito emulare Henry, nei modi.

«Quando ci saremo sistemati, ci sono un paio di cose che vorremmo chiederti», la informò Waverly, sorridendo cordialmente.

«Ma certo! Ora però riposate e scaldatevi un po’. Intanto preparerò la cena. Non vedo facce nuove da così tanti anni che sarà un piacere cucinare per voi. E poi, sarò onesta, avete pagato il vostro soggiorno qui molto bene: generosità per generosità!» 


<>
 

La cena fu servita in un’accogliente sala da pranzo. Sedie e tavoli di legno, rivestiti con delle vivaci tovaglie bianche e rosse. Calde luci arancioni conferivano all’ambiente un tono famigliare e tiepido.

Sara, una ragazza dal viso tondo e gli occhi luminosi, guardò ammirata il cibo che aveva davanti: carni miste, purè di patate, zuppa di grano e polenta.

«Grazie per aver cucinato per noi», fece le fusa, mandando giù la saliva che le aveva riempito la bocca.

«E’ stato un piacere”, le sorrise la vecchia Marta. «Da quando il mio Luca mi ha lasciata...» Sospirò e ritrovò contegno. «Ma ora non pensiamo a questo. Godiamoci il pasto finché è caldo!»

 

Tutto era talmente buono, che il gruppo mangiò come mai prima, rischiando un’indigestione.

«Sono satolla...» gongolò Wynonna, picchiettandosi la pancia ora un po’ gonfia, come quella di tutti, del resto.

«Sei una cuoca straordinaria, Marta», la elogiò uno studente, pulendosi la bocca con un tovagliolo ricamato.

«Che giovanotto a modo!», sorrise, contenta e gratificata.

«Bob ha ragione, era un pasto degno di un re», confermò Waverly, che aveva apprezzato la cena, ma ora aveva delle domande da fare; infatti disse: «Tu sai qualcosa di quello che è avvenuto qui? Sai darci qualche informazione? Non saprei, magari qualcosa che non è stato detto a coloro che hanno interrotto il lavoro del laboratorio.»

«Mia cara ragazza, nessuno ha fermato il vecchio scienziato pazzo che lavorava in quel laboratorio nella foresta: è stato ucciso, si dice, da uno dei suoi esperimenti.» Fu più un bisbiglio che altro.

Waverly era confusa, come il resto del gruppo.

«A noi risulta che fu un intervento del governo, a fermare l’attività. Furono inviati numerosi soldati, qualche mese fa, no?»

E Marta sembrava sorpresa quanto loro.

«Nessuno qui vede un soldato dalla Guerra d’Indipendenza, zucchero! Sappiamo che la denuncia è partita diciott’anni fa. Nessuno sa chi fu a denunciare i crimini del pazzo; ma voi siete i primi a venire qui per indagare, questo è sicuro.»

«Qui qualcuno ci deve delle spiegazioni...» commentò Ely, scioccata e perplessa.

«Sono qualcosa come vent’anni che la storia va avanti?», sbottò Wynonna, che aveva una faccia confusa e arrabbiata.

«No, di più: sappiamo della sua esistenza da almeno un quarto di secolo, ma non aveva dato grossi problemi fino a qualche mese fa: a quanto pare, con la sua morte, alcuni dei suoi esperimenti sono fuggiti nella foresta. Da allora qui c’è il panico. Nessuno esce dopo il tramonto e si fa di tutto per restare dentro la città.»

«Cosa s’intende per ‘‘alcuni dei suoi esperimenti’’? Di cosa stiamo parlando, lo sai?», chiese Waverly, sempre più incredula.

«Animali con deformità fisiche”, spiegò. “Alcuni ci hanno anche attaccati: ci sono stati già sei morti, in tre mesi...»

«E per quanto riguarda gli esperimenti sugli esseri umani?»

La donna impallidì; il suo viso era al momento più bianco di un lenzuolo.

«Cosa? Non si è mai parlato di questo: lui studiava cure per il cancro e altre malattie cellulari sugli animali.» La voce si fece stridula, quando concluse: «Ora scusate. E’ tardi, ho bisogno di riposare.» Si alzò, evidenziando che aveva fretta di andarsene e liquidare la faccenda.

«Solo un’ultima cosa, Marta: puoi indicarci qualcuno disposto a farci da guida?» continuò Waverly, che era sempre stata a capo della conversazione e che aveva capito che insistere non avrebbe prodotto risultati.

«Cercate una donna. Non avrete difficoltà a riconoscerla: ha i capelli rossi come le fiamme dell’inferno. Vive fuori città: non è gradita qui. Chiedete e qualcuno vi mostrerà la strada per andare da lei. E’ una cacciatrice, conosce bene la foresta... fin troppo bene», commentò con disprezzo, prima di lasciarli soli.

Il gruppo rimase in silenzio per un tempo indefinibile, sconcertato dalle novità. Poi...

«Se quello che ha detto è vero - e a me sembrava sincera, sulla prima parte - allora siamo stati presi in giro...» mormorò Katie, una ragazza dai capelli color grano. «Non resta che capire chi ha mentito... e perché.»

«Domani contatteremo il QG e ci faremo dare delle risposte, con le buone o con le cattive!», sbottò Wynonna, piuttosto arrabbiata.

 

  
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