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Autore: acchiappanuvole    23/02/2021    1 recensioni
Erano davanti alla stazione, il treno che li aveva portati era già ripartito, una folla si accalcava ancora alle barriere: infermiere, soldati francesi e belgi, una vecchia vestita di nero con una stia di polli. Candy si voltò. In lontananza, come le aveva promesso il Dottor Martin, c’era la sua destinazione: Etaples.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Flash back 
Solo i morti hanno visto la fine della guerra
-Platone-
 
Per il compleanno di Susanna Eleanor aveva predisposto un piccolo party invitando amici che provenissero da più ambiti professionali. Aveva aperto la sua villa appena fuori New York, un delizioso connubio di stile Liberty e classicismo, fuori i giardini erano stati agghindati con fiori e nastri, il tepore del sole lasciava presagire che sarebbe stata una splendida giornata. Susanna, agghindata con un abito celeste, salutava gli ospiti con grazia e cortesia, ed Eleanor era certa che la nuova luce che illuminava gli occhi della ragazza dovesse avere un’origine più intima, forse l’accettazione della sua condizione, una maggiore complicità con Terence o forse… Istintivamente osservò il grembo della ragazza, ma la gonna era così ampia che un eventuale accenno al sospetto della donna non sarebbe potuto essere verificato.
“Susanna è radiosa” commentò avvicinandosi al figlio intento a riempire un bicchiere da ponce.
Terence annuì distrattamente “sì, ultimamente è più gioviale, ha ripreso a mangiare, sorride, ed è spesso con la testa tra le nuvole ma in un modo trasognato. Sono effettivamente sollevato, temevo volesse lasciarsi morire.”
“Immagino che molto di questo cambiamento dipenda anche da te.”
Terence sorrise “passiamo molto più tempo insieme, ora che anche quell’arpia della madre non mi sta col fiato sul collo tutto il santo giorno.”
“Terence!”
“Non starai per rimproverarmi spero?!” il sorriso si fece più malizioso ed Eleanor si limitò a scuotere il capo e dare una lieve pacca sulla spalla del ragazzo.
“Ti ringrazio di aver tenuto la festa qui.”
“Per me è un piacere, lo sai che potreste trasferivi qui quando volete, questa casa è troppo grande per una persona sola ed io sono sul viale del tramonto, ormai i ruoli diventano sempre più limitati per la mia età.”
“Sei falsamente modesta, ho letto che sarai la protagonista in Antigone”
Eleanor sorrise “ti interessi ancora al teatro dunque”
“Non ho mai detto il contrario”
Eleanor prese coraggio “ascolta Terence la compagnia Stratford ha intenzione di produrre l’Amleto, ho fatto colazione con Richard lo scorso sabato e lui sarebbe più che felice di riaverti nella compagnia. Ci pensi Terence!? Potresti avere il ruolo del protagonista, potresti essere Amleto. Sai di avere talento e sai benissimo di star buttando questo dono in nome di un senso di colpa che non ti sta conducendo in alcun dove. Ero così lieta quando tornasti da Rockstown, sembravi intenzionato a riprendere la tua carriera…e poi cos’è accaduto nuovamente dal farti desistere? “
Terence sorseggiò il ponce, il suo sguardo si fece cupo ed infastidito “ti prego mamma ne abbiamo già discusso e comunque non mi pare ne il momento ne il luogo.”
“Prometti almeno che ci penserai. Parlane con Susanna, sono sicura che ti appoggerebbe senza riserve e anzi sarebbe felice di vederti nuovamente sul palcoscenico. Ti prego Terence promettimi cha almeno ci rifletterai.”
“ci penserò.”
Eleanor ne fu sollevata, “vado ad intrattenere un po’ gli ospiti cosa che forse dovresti fare anche tu”
“Agli ordini mio comandante!” Terence sollevò il bicchiere in direzione della madre, dopodiché il suo sguardo si spostò su Susanna, stava conversando con Karen Claise e questo lo stupì notevolmente, cercò di indovinare se Susanna stesse recitando in quella sua manifesta gentilezza verso chi aveva interpretato il ruolo di Giulietta al suo posto, ma non notò alcun adombramento nello sguardo, anzi Susanna sembrava effettivamente felice.
“Ehi Grandchester  ti unisci a noi?”
Conrad Vickers, un vecchio produttore amico di sua madre, lo invitò sulla terrazza ad aggregarsi ad un gruppetto di uomini che fumavano e giocavano a carte “vieni qui a far compagnia a noi ragazzacci” scherzò l’uomo indicando una sedia vuota al suo fianco. Terence li raggiunse, l’atmosfera era piacevole e per la prima volta dopo diverso tempo poteva avvertire una serenità che gli era stata sconosciuta per troppi mesi.
“Tu e Boy vi siete incontrati?”
Terence sbatté le palpebre sorpreso “è qui?”
Il vecchio signor Vickers si fece più serio, “è tornato la scorsa settimana, era stanziato sul confine franco italiano. Lui dice di stare bene ma…non so. Terence voi siete coetanei e magari potresti parlare un po’ con lui. Da quando è qui tende ad isolarsi, dato che avete frequentato la stessa compagnia mi chiedevo…so che non siete amici ma…”
“Stia tranquillo Mr. Vickers sarò ben lieto di parlare con suo figlio, anche perché qui tra voi non sarei di gran compagnia, vede non so giocare a carte ed ho perso il vizio del fumo.”
“Ah buon per te ragazzo mio!” esordì l’uomo “e grazie. Mio figlio deve essere da qualche parte nei giardini”
Terence annuì, terminò il ponce e si diresse verso l’ampia scalinata che conduceva ai giardini, era in un certo senso lieto di poter parlare con qualcuno della sua età, aveva domande da fare e forse Boy avrebbe potuto informarlo su come stavano andando realmente le cose in Europa. Lo intravide seduto su un tronco caduto ai margini del boschetto di betulle. 
Il giovane Vickers era rigido, gli occhi fissi nel vuoto e la faccia inespressiva, Terence lo vide muovere le labbra in silenzio, come se parlasse a se stesso.
“Ciao Francis” dovette ripetere il saluto un paio di volte per ridestare l’attenzione dell’altro ragazzo.
“Terry…”
“Tuo padre mi ha detto che eri qui così ho pensato di venirti a fare un saluto, è da parecchio che non ci vediamo”
Si limitò ad annuire e Terence comprese che non c’era più nulla del ragazzo che aveva conosciuto quando si era trasferito in America poco dopo aver lasciato la Saint Paul’s school. Si erano incontrati dietro le quinte del teatro in una stanzetta rientrante dove Francis armeggiava con una macchina fotografica.

“Perché ti chiamano boy?” aveva esordito Terence sentendo che gli altri componenti della compagnia erano soliti rivolgersi così al ragazzo.
Francis aveva alzato gli occhi dalla macchina fotografica, quasi sussultando, non si era accorto dell’arrivo di Terence.  Dato che cedeva facilmente all’imbarazzo era arrossito chinando la testa per nasconderlo.
“Non significa niente, mio padre mi chiama così da quando ero piccolo e mi è rimasto.”
“Capisco, ma lo trovo un po’ ridicolo, dopotutto non sei un bambino. Posso chiamarti con il tuo vero nome?”
Con grande sorpresa quel ragazzo appena arrivato dall’Inghilterra e con l’aria sempre battagliera gli aveva sorriso, un sorriso così luminoso che Francis si era ritrovato ad annuire con un certo sollievo “è Francis”
“Francis. Piacere Francis il mio nome è…”
“Terence, lo so. Ho sentito parlare di te.”
Terence aveva sospirato “immagino che sia a causa della mia parentela”
Francis aveva alzato le spalle “so di chi sei figlio ma più che altro ho sentito parlare di te dal signor Hathaway, è rimasto molto colpito dal tuo provino nonostante tu non sia un professionista.”
“Buon per me allora”
“Già”
“Sei attore anche tu?”
“Ci provo, io invece sono qui davvero per la mia parentela, mio padre è un produttore e quindi ha voluto che intraprendessi questa strada”
“Ma a te non sta bene”
“No a me piace recitare ma preferisco la fotografia, mi piacerebbe girare il mondo e immortalare più cose possibili.”
“Dovresti farlo.”
“Con un padre come il mio non è facile prendere decisioni autonome. Ma un giorno chissà” sorrise timidamente indicando la Videx “se vuoi ti faccio una foto. Non ci metterò molto.”
“Qui dentro?”
“Beh sì…ma la luce è difficile. Potrei fotografarti sul palcoscenico, potresti ritenerlo un regalo di buon augurio per la tua futura carriera”
Terence fu inizialmente perplesso ma finì con l’acconsentire. Uscirono dalle quinte per salire sul palco, Terence si riempì gli occhi della platea nonostante fosse deserta e sentì che un giorno grandi applausi si sarebbero levati per lui, ce l’avrebbe messa tutta per essere non solo all’altezza di sua madre ma di riuscire addirittura a superarla.
“Devi restare immobile, c’è poca luce ed ho bisogno di un’esposizione prolungata. Gira la testa un po’ verso sinistra”
Terence obbedì alzando il mento e voltando il viso alla sua sinistra. Il silenzio fu  interrotto dal ronzio della macchina e dallo scatto.
“Grazie Francis, mi darai un copia della foto vero?”
“Oh certo, se verrà bene. Non sono sicuro della luce e…”
“Sono certo che sarà venuta benissimo”
 
Entrarono nel bosco di betulle, Terence aveva proposto una passeggiata e Francis lo affiancava annuendo di tanto in tanto, fingendo di ascoltare quello che in realtà non sembrava sentire. S’incamminarono verso un laghetto che confinava con una tenuta vicina, Francis prese a fischiettare, aveva acquisito un’improvvisa vivacità, indicò un albero dove tanto tempo addietro insieme a Susanna ed Eleanor avevano fatto un picnic, prima dell’incidente, prima che tutto accadesse. Terence l’aveva sfidato a salire sulla cima di quello stesso albero ma Francis, timoroso dell’altezza aveva rifiutato. “Dalla cima degli alberi vedi l’eternità Francis” così aveva detto Terence quella volta quando era sceso dall’albero, e quel ricordo piegò le labbra di Francis in una smorfia ironica “l’eternità” borbottò senza che l’altro potesse capire.
Continuarono a camminare e Terence accennò alla fotografia, nel momento in cui nominò le macchine fotografiche Francis assunse un’espressione dura.
“Mi sono sbarazzato della Videx”
“Te ne sei sbarazzato? L’hai venduta?”
“L’ho fracassata. Non farò più fotografie, ho bruciato tutte quelle che ho fatto in Francia, ho rotto le lastre.  Odio le fotografie, le fotografie mentono. Sai cos’è l’unica cosa che merita di essere fotografata? Un fuscello al sole, un fuscello e la sua ombra. O forse è una bugia anche quella, dopotutto la luce inganna.”
Terence deglutì ed osservò realmente Francis per la prima volta, la guerra aveva alterato il suo viso, pallido e solcato dai giorni trascorsi nelle trincee, i suoi occhi parevano non essere in grado di fissarsi su nulla, come se tra lui ed il resto del mondo ci fosse un velo divisorio.
“Francis tuo padre è preoccupato per te”
“I genitori si preoccupano in generale”
“Sì ma credo abbia paura tu voglia tornare in Europa e a dire il vero ci sono alcune domande che vorrei farti in merito…”
“Ne ho uccisi molti.”
Terence fermò il passo mentre Francis avanzò di poco dandogli la schiena “diventa naturale, o così ti dicono. Il tempo nelle trincee è alterato, poi d’un tratto ti trovi ad avanzare, guadagnare pochi metri ma devi essere bravo a non rimanere intrappolato nel filo spinato o ad essere trivellato. Una volta volli avanzare di più, alcuni compagni mi dissero che ero folle, mi gridavano che sarei di certo morto. E forse lo volevo davvero. Mi ritrovai faccia a terra di fronte a uno di loro, un austriaco dagli occhi talmente azzurri da sembrare slavati, aveva una gamba impigliata nel filo, come un coniglio preso al lazzo. Credo di averlo fissato per pochi secondi eppure è sembrato un tempo molto più lungo perché ricordo i suoi lineamenti alla perfezione. Li ho fotografati nella testa, non serviva una Videx. Una Videx non avrebbe potuto immortalare quello che ho visto in quegli occhi. E probabilmente lui ha visto la stessa cosa nei miei. Non penso fosse più grande di me, anzi probabilmente era più giovane, aveva la mia stessa paura, forse lo stesso desiderio di morire e lo stesso desiderio di vivere.”
Terence avanzò di un passo “Francis ascolta…”
“Ho spinto la baionetta e gli ho trafitto la trachea, lui è rimasto sorpreso, sì penso si sia sorpreso del fatto che fossi stato più veloce di lui. Ho dovuto aspettare che scendesse il buio per poter tornare indietro verso il buco della trincea. Immobile rigido per ore con il collo di quel ragazzo piantato sulla mia baionetta, con quegli occhi sempre aperti a fissarmi. Hai fatto un bel regalo di compleanno a Susanna? Mi piace la musica di sottofondo che tua madre ha scelto, è un genere che non si sente in Europa”
Terence lo scosse e quando poté finalmente vedere il suo viso si accorse che Francis stava piangendo, un pianto muto e disperato.
“Francis torniamo indietro, non parlarne più. Ora sei qui sei al sicuro.”
“No, non è vero. Sono sempre là, continuamente.”
“E’ la guerra, è la guerra che ti ha fatto questo. Ma starai meglio Francis e tornerai a fare fotografie.”
“La guerra? Quale guerra? Oh sì la guerra.”
La presa di Terence era salda sul braccio di Francis, tentò di apparire sereno, di non mostrare il turbamento che gli attanagliava le viscere .
“Il picnic, ricordi Terence? Lo facemmo pochi giorni prima che venissero assegnate le parti per Romeo e Giulietta. Tua madre aveva invitato anche me sebbene io non avessi ottenuto nessun ruolo. Susanna ti guardava con adorazione e tu, no tu avevi sempre lo sguardo di chi è alla perenne ricerca di qualcosa. Salisti sull’albero e mi dicesti che da lassù si poteva vedere l’eternità”
Terence deglutì “ero solo uno spocchiosetto. Però ci divertimmo, no? Bevemmo lo champagne Rosé e mia madre ci recitò qualcosa”
Francis annuì “un sonetto”
“Già, un sonetto. Potremmo rifarlo non credi Francis?” Terence guardò apprensivo verso la casa “ora rientriamo”
“Sono un po’ stanco Terence, ti spiace se mi siedo un po’ qui?”
“Sta iniziando a fare freddo è meglio se…”
“Solo per un po’, mi piace qui, magari la vedrò pure io l’eternità anche se non salgo sulla cima dell’albero”
“Dicevo un mare di sciocchezze Francis”
“E’ probabile. Ho sete, mi porteresti dell’acqua Terence? Poi torneremo a casa e starò meglio”
Terence era titubante, non voleva lasciarlo solo né allontanarsi. Si voltò verso la casa distinguendo uno dei valletti sistemare qualcosa sui tavoli esterni della terrazza. Troppo lontano perché potesse sentirlo. Spostò nuovamente l’attenzione su Francis, seduto, la schiena addossata ad una statua decorativa.
“Va bene Francis ci farò portare dell’acqua. Mi allontano un secondo”
“Sarò qui, fumo una sigaretta e ti aspetto” e la voce del ragazzo era calma come la superficie muta del lago.
 
Terence si mosse velocemente, quasi corse muovendo le braccia per attirare l’attenzione del valletto.
“Maledizione voltati da questa parte!”
Non se la sentì di proseguire, lasciare Francis solo seppur per poco in quelle condizioni, fece per tornare sui suoi passi quando un suono secco ed inequivocabile fece alzare in volo uno stormo d’uccelli che prese a turbinare sopra il bosco. Terence iniziò a correre, il cuore sembrava volergli balzare dal petto. Raggiunse Francis, ora ritto in direzione del lago, il braccio teso e una pistola puntato verso il nulla.
“Andate via!” gridava
“Francis!”
Il ragazzo si voltò ed ora la pistola era puntata verso Terence
“Via!”
“Guardami Francis mi riconosci?!”
“Sei venuto ad uccidermi!”
“Sono Terence.  Francis metti giù quella pistola”
“Sono ovunque Terence tu non li vedi ma sono nascosti ovunque e i loro visi sono così terribili”
Terence si avvicinò lentamente tenendo ambo le mani in vista “andrà tutto bene Francis ti devi fidare di me”
“No non andrà bene, non se ne andranno mai, continuerò a vederli e sentirli. Voglio vedere l’eternità, un’eternità buia dove potrò riposare.”
Il braccio di Francis si piegò all’indietro, la canna della pistola a premere sotto il mento “non voglio tu veda questo voltati”
“Non mi volterò perché tu non farai nulla mi hai capito! Ora è me che devi ascoltare. Qui ci sono tuo padre, la tua famiglia e i tuoi amici, vuoi davvero far loro questo Francis? E Susanna? So che vuoi bene a Susanna”
“Susanna…”
“E’ stata la prima persona che incontrasti alla compagnia Stratford, ricordi? Me lo hai raccontato tu.”
“Sì, Susanna è sempre stata gentile con me”
“E tu vuoi farti saltare le cervella il giorno del suo compleanno? E’ questo il tuo regalo!”
“Io voglio solo che tutto questo smetta, voglio non sentire più nulla. Non dovevo essere qui, non so perché sono tornato qui”
Ora la distanza che li separava era di pochi centimetri, Terence sorrise “ la fotografia, devi darmi la fotografia”
La mano di Francis tremò sull’impugnatura della pistola “l’ho gettata via, era sfocata, era…”
“allora dovrai farne un’altra Francis, un’altra su un altro palcoscenico”
“Sono stanco Terence”
“Lo so ma devi continuare a guardarmi. Ricordi il sonetto, ricordi qual’era?”
“No, qualcosa sull’estate” il dito si agganciò al grilletto e Francis chiuse gli occhi.
“Boy!”
 
Quando il dottor Haviland lasciò la villa la pendola del salone aveva rintoccato le dieci della sera, Conrad Vickers sedeva su una delle poltroncine in velluto, il volto diafano e le mani serrate a pugno. Eleanor parlò con il medico, annuiva silenziosa mentre all’orecchio di Vickers tutto giungeva ovattato.
“Verranno a prenderlo domani” la donna si era avvicinata posando una mano confortante sulla spalla del vecchio produttore che si limitò ad annuire senza riuscire a dire parola. Eleanor si rivolse alla cameriera “dov’è la signorina Marlowe?”
“L’ho sistemata nella camera degli ospiti era esausta”
“Vedi che abbia tutto quello che le occorre. Mio figlio?”
“ E’ nella veranda signora”
Eleanor raggiunse Terence, il ragazzo dava le spalle alle vetrate, gli occhi fissi sul pavimento a mosaico.
“Terence”
“E’ andato via?”
“Sì, verranno domattina con un’ambulanza per portarlo via”
“Non mi ero accorto avesse una pistola avrei dovuto prestare più attenzione”
“Terence tu gli hai salvato la vita” Eleanor abbracciò il figlio “si sarebbe ucciso se tu non fossi stato con lui”
“Dove lo porteranno?”
“Al Moniz”
Terence la guardò inorridito “è un manicomio!”
“Non potrebbero tenerlo in un normale ospedale”
“Francis non è pazzo!”
“E’ disturbato Terence, ha bisogno di cure”
“In un manicomio? E’ stata la guerra!”
“Calmati ora, Francis è vivo e con l’aiuto di Dio potrà guarire”
“Dio..” Terence scosse il capo con cattiva ironia ma Eleanor non era intenzionata a lasciare che il figlio venisse nuovamente sopraffatto dalle emozioni.
“Io non oso nemmeno immaginare cosa Francis abbia visto in Europa ma ora è qui, la sua vita è ancora salva e potrà curarsi e guarire. Spero che almeno questo ti faccia desistere dal folle pensiero che hai di andare anche tu ad arruolarti”
Terence la scostò in malo modo “chi ti ha detto questo?”
“Ti conosco Terence, so che agisci d’impeto e questo è un bene a volte come è un male in altrettante situazioni, se sei preoccupato per tuo padre faremo in modo di avere sue notizie ma a costo di legarti non ti permetterò di lasciare l’America”
Il ragazzo prese a camminare nervosamente per la stanza “vi preoccupate tutti inutilmente”
“Forse, ma voglio sia chiaro” si alzò a sua volta raggiungendolo “so che sei sconvolto da quanto accaduto oggi anche se tenti di nasconderlo. Ma io ti conosco Terence, sono la donna che ti ha messo al mondo e vedo cosa si agita nei tuoi occhi. La guerra è una follia umana e tu non vi devi prendere parte, il tuo posto è qui con la tua famiglia, con Susanna, ora più che mai ha bisogno di te.”
“Lo so bene e non ho alcuna intenzione di lasciarla”
“Giuramelo Terence”
Si fissarono a lungo e le spalle di Terence da rigide si sciolsero come se tutta la tensione accumulata durante quella terribile giornata gli fosse colata addosso in un istante.
“Te lo giuro”
“Bene, ora vai da Susanna. Credo ci sia una questione importante della quale debba parlarti”
 
 
 
 
  
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