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Autore: Dalybook04    24/02/2021    0 recensioni
Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi
Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo? Un mostro, appunto.
Ormai erano passati anni dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno; dall'ultimo abbraccio, l'ultima stretta di mano. Neanche si ricordava più come fosse sfiorare qualcuno. Essere tranquillo in mezzo agli altri, senza il terrore di toccare qualcuno per sbaglio e ucciderlo. Ma è anche vero che non vedeva nessuno da anni, per cui non soffriva la distanza. Non appena aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta, la Restaurazione lo aveva preso e sbattuto in manicomio. Non ricordava molto, ma, se da allora aveva visto qualcuno, quel qualcuno erano scienziati e psichiatri, di cui aveva anche rimosso il ricordo. All'alba dei suoi sedici anni lo avevano sbattuto in cella, avevano smesso di drogarlo e lo avevano lasciato lì a marcire.
Poi, circa un anno dopo, quella porta si aprì.
ATTENZIONE: verranno trattati argomenti delicati, ci saranno scene anche pesanti, soprattutto nell'ultima parte della storia.
Inoltre saranno presenti coppie boy×boy
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Cosa combinarono Antonio e Lovino in questo lasso di tempo? Ora ve lo racconto.
Antonio aveva seguito il ragazzo fino a un magazzino, in silenzio. Avrebbe voluto tenergli la mano, ma meglio non rischiare, in teoria lui era João e João non avrebbe preso per mano Lovino (fortunatamente).
Una volta nei paraggi, Lovino imprecò e si nascose dietro un altro edificio.
-ci sono dei soldati- gli disse, a bassa voce -fuori, a fare la guardia.
-dobbiamo entrare lì dentro?- Lovino annuì, mordendosi il labbro -okay. Ci penso io- gli stampò un bacio sulle labbra, giusto in caso fosse andato male qualcosa. Poi, prima che quello potesse dirgli qualcosa per fermarlo, uscì allo scoperto e si diresse verso i soldati con aria furiosa.
-che ci fate qui? Eh?- li raggiunse e li incenerì con lo sguardo -non avete sentito l'ordine?
Quelli si guardarono confusi. Uno fece il saluto militare, forse pensando potesse risolvere qualcosa o forse per semplice abitudine.
-ehm, signore...- iniziò un altro.
-non avete le radio accese?
Uno controllò la propria radio -sì, ma...
-e allora che ci fate qui? Non avete sentito il messaggio?
-no signore, non ci è...
-be', chissene frega- li interruppe -vi stanno aspettando, andate subito.
-chi, signore?
-dove?- chiese un altro.
Li incenerì con lo sguardo -come chi? Dove? Mi state seriamente chiedendo dove?
-n-no signore- lo rassicurò uno. Guardò gli altri due, chiaramente nel panico -andiamo.
-bravi- quando quelli ebbero fatto qualche metro li richiamò e indicò con un cenno del capo il magazzino -ci sono altri lì dentro?
-no signore, eravamo solo noi.
-perfetto. Ora smammate, sciò.
Quelli corsero via. Antonio sospirò di sollievo e si passò una mano tra i capelli, per abitudine, ma a metà strada scontrò l'elastico. Sbuffò, aveva appena distrutto la coda. Che cretino. La sciolse, tanto ormai...
Lovino lo raggiunse, con un piccolo sorriso, e gli prese la mano. Antonio si sentì subito più tranquillo.
-allora entriamo, signore- commentò, sarcastico.
Quando furono dentro ed ebbero sprangato la porta, controllato che effettivamente non ci fosse nessuno e coperto le telecamere ("non che serva, poi ti spiego perché, ma meglio non rischiare"), Lovino lo attirò a sé, con le braccia intorno al suo collo, e roteò gli occhi -vuoi baciarmi decentemente sì o no?
Antonio sorrise, stringendolo tra le braccia -non vedo l'ora- e, finalmente, finalmente, finalmente, lo baciò per bene, assaporando ogni istante, e per la prima volta dopo fin troppo tempo si sentì respirare. Appoggiò la fronte contro la sua, con un sorriso enorme, vero, spontaneo, completo.
-ti amo- lo baciò sulla guancia, poi dietro all'orecchio e infine si dedicò al suo collo, tirandoselo più contro. Che voglia che aveva di baciarlo... Lovino ridacchiò e si premette contro di lui, nascondendo il viso contro la sua spalla. Sospirò, lasciandosi avvolgere dal suo profumo, un po' alterato dalla puzza di sangue e di sudore.
-anch'io- disse solo, sincero, e la pura e semplice verità suonò strana contro la lingua. Gli ci vollero un paio di minuti a ritrovare la forza di fare quel che andava fatto, ma si scostò dal suo abbraccio, chinando la testa -abbiamo del lavoro da fare.
-va bene- lo baciò sulla fronte, e all'italiano ci volle uno sforzo cosciente per non scoppiare a piangere e per non tornare tra le sue braccia come un pulcino tremante -che dobbiamo fare?
Noi. Che bello sentirlo parlare usando il noi
-dobbiamo liberare la stanza. Gli altri sbucheranno da dei tunnel qui sotto, tra circa un'ora, ma dobbiamo sgomberare lo spazio intorno.
-va bene- gli prese la mano. Lovino si concesse un sorriso -io mi occupo degli scaffali più pesanti e tu degli scatoloni?
-va bene- lo baciò per qualche secondo, lasciandosi rassicurare dal suo sguardo gentile, dalle sue labbra morbide, dal suo respiro caldo. Poi gli lasciò la mano -sbrighiamoci, abbiamo solo un'ora.

Orientarsi lì sotto fu un casino, principalmente perché non si vedeva un cazzo. In testa c'era Arthur, i cunicoli erano così stretti che dovevano stare in fila indiana, il quale guidava seguendo la mappa che vedeva perfettamente nella sua testa, e con una mano sulla parete cercava le curve e le svolte. Dietro di lui c'era João, che continuava a lanciare occhiate al soffitto, se per paura che crollasse o per qualche motivo particolare lo sapeva solo lui. Dietro ancora c'era Feliciano, il quale stava cercando in tutti i modi di continuare a sorridere nonostante quei cunicoli bui gli facessero una paura fottuta, e teneva per mano Ludwig, che in caso di ostacoli o zone pericolanti li avvertiva, e a ogni curva lasciava dei solchi sulla pietra con le dita, in modo che, se si fossero ritrovati a girare in tondo, Arthur li avrebbe percepiti contro la mano.
-ma non potevi portarti una torcia?- brontolò Arthur a un certo punto. João scrollò le spalle.
-all'ingresso della cella c'era un metal detector. Mi avrebbero beccato subito.
-che due palle però- dopo qualche altro passo si fermò e si girò verso il generale -dovremmo esserci.
João si girò verso Ludwig -senti qualcosa sopra di noi?
Il tedesco osservò il soffitto per qualche secondo. Poi annuì -c'è un vecchio tunnel che porta in superficie. C'è un blocco, ma dovrei riuscire a toglierlo.
-e dopo cosa c'è?
Quello scrutò verso l'alto per qualche altro secondo, poi scosse la testa -non ne sono sicuro. C'è un edificio in cemento, ma di più non riesco a dirlo.
Joāo scrollò le spalle -va bene. Allora per salire...
-mi ci vorrà qualche minuto- lasciò andare la mano di Feliciano e si allontanò da lui, raggiungendo a fatica la testa della fila (ma per quale cazzo di motivo quei tunnel erano così stretti?!) e mettendosi al lavoro.
E così il piccolo italiano rimase da solo, al buio. Prese a tormentarsi il bordo della giacca, nervoso. Quanto odiava l'oscurità... trattenne a stento una bestemmia.
Forse potrei tirarvi fuori un qualche discorso filosofico e psicologico su quanto la sua paura del buio fosse, in realtà, un'inconscia paura dell'ignoto, di ciò che non conosceva, ma direi delle stronzate. Feliciano non aveva paura dell'ignoto, aveva paura del noto, di perderlo o di ritrovarlo, e soprattutto aveva paura dei mostri. No, non parlo di demogorgoni, dei folletti cattivi delle fiabe, o del classico mostro sotto il letto o dentro l'armadio. I mostri erano quelli che gli avevano portato via suo fratello, quelli che avevano ucciso i genitori di Ludwig e Gilbert e la famiglia di Arthur; i mostri erano i padri di Antonio e di João e di Eliza, quelli che avevano preferito cacciare i figli, persino tentare di togliere loro la vita che loro stessi avevano dato, piuttosto che accettarli per quelli che erano; i mostri erano i corrotti, i mafiosi, gli assassini, gli sfruttatori; i mostri erano gli umani, e Feliciano ne aveva tremendamente paura.
Ma, più di tutti, aveva paura di quei piccoli, orrendi demonietti che gli punzecchiavano la testa, che vivevano sulle sue spalle, che gli davano il tormento quando restava da solo, senza neanche la luce a tenergli compagnia.

lasciali
scappa
loro ti odiano
ti reputano un bambino
perché lo sei
neanche tuo fratello ti ama
e perché dovrebbe
sei solo uno stupido
inutile
codardo
b
a
m
b
i
n
o

La parete era dura, fredda e umida contro il suo pugno. Gli altri tre si girarono a guardarlo, confusi.
-tutto bene, Feliciano?- quando si preoccupava, Ludwig era a dir poco adorabile. Gli sorrise, anche se faticavano a vedersi
-sì, scusate. C'era un ragno- ah, forse era di famiglia mentire così facilmente. Sbatté le palpebre per asciugarsi le lacrime, e Ludwig aprì il primo spazio verso la superficie. Una crepetta, insignificante, ma che invase il mondo di luce.
Merda, aveva voglia di baciarlo.
Una voce dall'alto. Se Feliciano fosse stato un po' più credente e non si fosse esercitato almeno tre volte al giorno nel bestemmiare tutti i santi in ordine alfabetico (non letteralmente, ma avete capito il senso), forse l'avrebbe preso come un messaggio divino. Invece era meglio.
-siete voi?
-fratellone!
-Feli! Tutto a posto lì sotto?
La crepa si allargò.
-è buio, ma a parte questo...
-su, sbrigatevi. Abbiamo trovato una scala, appena riusciamo ve la passiamo.
Altra crepa. E poi tre, quattro, e infine una crepa unica, più o meno circolare, abbastanza grande per farli passare. Una scala calò dall'alto, più o meno alta abbastanza da farli salire. Di nuovo, una persona più credente ci avrebbe potuto trovare una qualche allegoria religiosa, e non c'era niente di male eh, ma a Feliciano non importava granché, tanto meno in quel momento. Voleva solo raggiungere la terra e abbracciare suo fratello.
Il primo a salire, per semplice ordine di fila, fu Arthur, perché Ludwig aveva preferito rimanere giù fino a che tutti non fossero stati in salvo visto che i tunnel erano comunque pericolanti e blablabla. Dopo l'inglese salì João, e Feliciano rimase solo con Ludwig. Gli strinse la mano.
-Luddi...
-sì?
Lo baciò. Chissene frega di tutto, voleva farlo. Lo si poteva vedere come un bacio di buona fortuna, un modo per fare pace, un bacio in caso quello fosse stato un addio... un bacio può avere decine di significati. Feliciano scelse il più semplice: aveva voglia di baciarlo.
-grazie di esserti fidato- sussurrò, baciandolo una seconda volta, a stampo.
-sì, be'...- gli rivolse un piccolo sorriso -non sei più un bambino, no?
E quella fu la dichiarazione d'amore più bella al mondo. Feliciano sentì gli occhi farsi umidi.
-le romanticherie a più tardi, muovete il culo e salite!- li interruppe Lovino da sopra, con la sua solita e proverbiale finezza. Il ragazzo trattenne una risata e cominciò a salire, seguito a ruota dal suo ragazzo.
-so che non vedi l'ora di vedermi, ma basta dirlo- scherzò, lasciandosi tirare su per il pezzo di strada che la scala non raggiungeva.
-cretino- ma, non appena ebbe messo piede a terra, fu attirato in un abbraccio. Sorrise, Lovino era davvero un sentimentale quando voleva -sei un cretino.
-ti voglio bene anch'io- lo strinse, trattenendo a stento le lacrime. Una voce gentile li riportò alla realtà.
-adesso che facciamo?- era stato Antonio a parlare, con una mano sulla spalla di Lovino, il quale si allontanò dal fratellino passandosi distrattamente una mano sugli occhi. Si schiarì la voce.
-giusto. Allora, adesso...
-io vado a chiamare Ivan- intervenne João -deve andare a prendere il ferito, non possiamo lasciarli lì. Tanto ora che non c'è elettricità saranno tutti nel panico, è il momento giusto.
Ludwig sembrò sollevato. Più o meno, ecco. Feliciano gli strinse la mano.
-va bene, vai.
Quello si diresse verso la porta, ma all'ultimo si girò verso il gemello e tese la mano verso di lui, che non sembrò capire.
-l'elastico- specificò.
-oh, giusto!- lo tirò fuori dalla tasca e glielo diede. Si osservarono per qualche altro secondo, e ci sarebbe stato tanto, così tanto da dire, ma era semplicemente troppo considerato il tempo che avevano.
-ti...- cominciò Antonio, ma quello lo precedette.
-ti voglio bene- e corse via.
Lovino prese la mano al suo ragazzo, scrutandolo con aria preoccupata -tutto bene?
Quello si asciugò una lacrima dalla guancia, con un sorriso -certo. Che dobbiamo fare?
Lovino sembrò sul punto di dire qualcos'altro, ma cambiò idea e si girò verso gli altri -qui affianco c'è il capanno con gli interruttori che regolano le porte. Dobbiamo entrarci e aprirle da lì, è il modo più facile- si schiarì la voce -ora, in teoria ci sarebbe dovuto essere Gilbert a renderci invisibili, ma... lo sapete. Quindi dobbiamo arrangiarci. Vado prima io, desterò meno sospetti, poi voi seguitemi cercando di non farvi vedere. Visto che ormai si saranno accorti che non ci siete, le guardie non dovrebbero essere qui intorno, ma vi staranno cercando, quindi occhio. L'edificio è diviso in due stanze collegate, prima degli interruttori c'è un laboratorio per non so cosa- da uno scaffale sistemato nell'angolo prese alcune pistole e le passò agli altri -le sapete usare, no? Non so che cazzo ci facciano in quel laboratorio, ma gli scienziati non sono soldati, quindi una pistola alla tempia dovrebbe essere sufficiente. Se ci fossero anche dei soldati... be', ci sarà da divertirsi- prese una pistola per sé e se la infilò nella cintura, coprendola con la maglietta. Indicò la porta con un cenno della testa -io vado e vi dico se è sicuro. Se non dico niente, restate qui, fermi, finché non torno, e in caso nascondetevi dietro gli scaffali.
Ludwig ricaricò la sua pistola -e se tu non tornassi?
-inventatevi qualcosa. In caso succedesse dovrebbe tornare João, ci penserete con lui- ad Antonio quell'ipotesi non piaceva per niente, figuriamoci a Feliciano. Lo spagnolo lo attirò a sé e lo baciò sulla fronte -buona fortuna, querido.
Lovino gli rivolse un piccolo sorriso -anche a voi- abbracciò anche suo fratello e poi uscì, cercando di non far tremare le gambe.
Fece il giro di tutto il palazzo, cercando di sembrare naturale. Nessuno nei paraggi, ma in lontananza sentiva delle urla e i passi dei soldati che cercavano i prigionieri. Meglio sbrigarsi... fece per tornare verso il magazzino, quando sentì una voce alle sue spalle che gli fece gelare il sangue.
-Lovino, che ci fai qui?
Il supremo. Il fottuto supremo che non usciva mai dalla sua stanza se non per affari importantissimi e che non andava mai alla cittadella, al massimo ci passava in mezzo se doveva uscire. Lì. Davanti a lui, apparentemente disarmato, da solo.
Eh ma questa è sfiga, pensò. Poi lanciò una serie di imprecazioni mentali che avrebbero fatto impallidire un marinaio che tornava a casa dopo mesi solo con la sua mano e scopriva che la moglie aveva il ciclo. Si sforzò di sembrare neutro.
-ciao, Sadiq- quasi urlò quel saluto, sperando lo avessero sentito. Ci mancava solo che quei cretini uscissero allo scoperto... l'apoteosi della sfiga.
-quindi? Che ci fai qui?
-oh, niente... un giro. Avevo bisogno di un po' d'aria. Cos'è, ora non posso fare neanche questo?
Il supremo alzò le spalle -mi sembrava strano trovarti in giro proprio quando i nostri prigionieri sono fuggiti- porca di quella... Sadiq inclinò la testa, guardandolo con un sorriso scaltro. Lovino si trattenne dal lanciarsi in una bestemmia che avrebbe reso fiero suo fratello -o no?
-sono fuggiti?- sgranò gli occhi -cazzo. Non saranno andati lontano... come cazzo hanno fatto?
Sadiq scrollò le spalle -me lo stavo chiedendo anch'io- inarcò un sopracciglio -con un aiuto esterno magari...

Sapete quando vi arriva l'illuminazione divina e suprema e sapete esattamente cosa dovete fare? Per fare un esempio mondano... quando magari siete lì, non sapete da che parte girarvi, siete nel panico... e all'improvviso ecco che vi ricordate la formula giusta per risolvere quel problema di merda. Eventi più rari di una moneta da tre euro, ma comunque... i miracoli del corpo umano, quando il cervello o chi per lui produce tanta di quell'adrelina che all'improvviso tutto è così completamente e perfettamente chiaro che vi date dei cretini per non esserci arrivati prima.
L

ovino si ricordò qual era il piano originario. Quel punto, a dirla tutta, non era cambiato. Si erano concentrati tanto sul resto che avevano dimenticato un punto fondamentale.
Il supremo doveva morire, e lui doveva ucciderlo.
Gli altri sapevano cosa fare, se anche fosse morto ce l'avrebbero fatta. Fece un passo avanti, senza tremare.
-non capisco di cosa parli- altro passo. Se fosse riuscito a farli sembrare abbastanza casuali, se fosse riuscito ad avvicinarsi abbastanza... -mi stai accusando di essere un traditore, per caso?
Sadiq fece un passo in avanti. Ottimo -visto che a quanto pare tradire ti viene così naturale...- lasciò cadere la frase, ma entrambi sapevano cosa volesse dire. Lovino dovette sforzarsi davvero tanto per non ridergli in faccia, ma anzi, si mostrò arrabbiato, strinse i pugni e fece qualche altro passo in avanti, fronteggiandolo.
-bada a come parli. Mi pare di avere mostrato la mia lealtà, o essermi fatto studiare come un topo da laboratorio e avermi consegnato il mio cazzo di fratello non è abbastanza? Che altro volete, una fetta di culo?
Sadiq roteò gli occhi -hai un bel culo, ma non mi interessa. Dovresti smetterla di arrabbiarti per tutto, non è salutare.
-io mi incazzo per il cazzo che mi pare!- strillò, facendo qualche altro passo in avanti. Ormai li separavano pochi centimetri. Una distanza del genere, solo un'ora prima, era stata incredibilmente piacevole quando dall'altra parte c'era Antonio. Ora era semplicemente nauseante -e tu, invece di scassare il cazzo a me, dovresti andare a fare il tuo cazzo di lavoro.
-hai ripetuto cazzo tre volte. Quattro se contiamo l'incazzarsi- fece un sorriso divertito, con un qualcosa di malizioso che diede i brividi al ragazzo -cos'è, sei in astinenza? Se vuoi quando li ritroviamo, perché li ritroveremo, mando quel tuo caro spagnolo in camera tua, così ti rilassi un po'. Che ne pensi?
Eh no eh. Antonio non lo doveva toccare.
Assottigliò lo sguardo -sto benissimo- un altro paio di centimetri, e finalmente lo fece.
Gli mise le mani dritte sul petto, e sfogò tutto il suo potere.

 

   
 
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