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Autore: Doux_Ange    24/02/2021    0 recensioni
E se qualcuno iniziasse a soffrire di insonnia? Quale miglior modo per ovviare al problema, se non attraverso le favole della buonanotte? Naturalmente rivisitate, con Anna e Marco per protagonisti!
[La raccolta si inserisce nel contesto di DM12 - 2.0, perché troviamo i nostri personaggi Vocina, Grillo e Lottie, ma può essere letta comunque, perché le 'storie' saranno ambientate tra DM11 e DM12, quindi i due anni off-screen]
Buona lettura!
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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AMORE E PSICHE
 
Sei un mito… Sei un mito per meeee...
Grillo, taci da solo o vengo io a metterti a tacere?
Ops… Sorry hahaha… è che c’era Ines che stava spiegando a Marco di come a scuola avessero parlato di un mito e -
E tu sei un Grillo tonto e ti sei messo a cantare Max Pezzali.
Allora: punto primo, porta rispetto a Max Pezzali. Secondo, la canzone risale all’epoca degli 883 e terzo, sempre di mito si parlava. Canzone o lezione di scuola che sia.
Peccato che siano due miti diversi! 
Come sei puntigliosa… Comunque a me i miti piacciono.
Ma se non sai manco cosa sono!
Sì che lo so. Per esempio, la storia di Amore e Psiche è un mito.
Uellà, punti in alto con le citazioni, Grillo, quando devi far vedere che non sei scemo…
Ah ah ah. Per tua informazione, l’ho letto in un libro di storia dell’arte, per via dell’opera di Canova. Molto bella.
Non pensavo sarebbe mai arrivato il giorno in cui ti avrei dato ragione su qualcosa. Eppure eccomi qui.
Lo dici tutte le volte che mi dai ragione. Ma a parte questo, la storia potrebbe essere molto carina da raccontare a Lottie. Ora vado a cercare il libro per leggergliela.
Perché invece non glielo racconti a modo tuo… o meglio, nostro?
Quello sguardo lo riconosco. Ti è venuta un’idea malefi- volevo dire geniale, delle tue!
Farò finta di non aver sentito cosa stavi per dire… e ora ascoltami attentamente, che si è fatta anche una certa ora e così magari stanotte dormi e lasci dormire pure noi… Dove sei andato? Che ci fai con quel cappello? 
Sono andato a mettere il pigiama, non ti piace?
Il pigiama dell’epoca del mio trisavolo. Vuoi veramente che risponda?
Uhm… Racconta la storia, va…
Ottima scelta. Allora…
C’era una volta, o meglio qualche anno fa, una giovane coppia di innamorati intenti a godersi la loro neo-nata storia d’amore. Ce ne avevano messo di tempo i due ragazzi, a dichiararsi l’uno all’altra, ma tra messaggi in punto di quasi-morte, l’aiuto di un paio di birre e una geisha speciale - che poi tanto geisha forse non è mai stata – alla fine ci erano riusciti, e in una magica notte innevata di metà agosto - no, non c’è nessun errore in quello che ho scritto, i miracoli esistono -, un bacio aveva coronato l’inizio di un’avventura in cui si perdono delle cose e se ne prendono delle altre, in cui si cambia perché è bellissimo cambiare, insieme. 
Il primo grande ‘ostacolo’ per la coppia era stato spiegare al cupido pasticcione - meglio noto come Maresciallo Cecchini - come fosse potuto succedere che un secondo prima Marco stesse con Chiara e un secondo dopo con Anna, nonostante lui conoscesse perfettamente i sentimenti di tutti e tre. L’espressione di Anna quando Marco, nello spiegarsi, aveva affermato fosse iniziato tutto con una soffiata anonima che lo aveva avvisato dell’apparentemente imminente matrimonio della Capitana, era stata impagabile: il suono della sua risata per il PM era quasi un dono degli Dei. 
Magari a Don Matteo diciamo che è un dono di Dio, che preferisce…
Grillo...?
Che c’è? Guarda, Vocina, che glielho detto anche quel giorno che sta cosa l’ha pensata, che è meglio non dire Dei
Poi sono io quella puntigliosa. Torniamo alla storia, che è meglio.
Inutile dire che Cecchini li avesse tempestati di domande. I due giovani avevano erroneamente pensato di riuscire a evitare superflue spiegazioni, che bastava lui sapesse che si fossero messi insieme. Tuttavia, erano consapevoli di essere arrivati fin lì anche grazie al loro speciale cupido pasticcione e quindi le risposte erano d’obbligo. Non si aspettavano però la grande gioia con cui lui e tutta la caserma avevano accolto la notizia che li dava finalmente – avverbio usato praticamente da tutti – insieme. Quasi come se tutti si aspettassero accadesse. Quando tornando a casa quella sera, dopo il lavoro succeduto al Natale d’agosto, i due avevano ripensato agli eventi della giornata, si erano messi a ridere di fronte all’evidenza che solo loro diretti interessati non avessero capito di non essere solo colleghi, al massimo amici, perché tutti ci erano già arrivati anni luce prima di loro.
Dal loro punto di vista, però, il percorso che li aveva condotti fino a lì era stato più che necessario. Le loro ferite avevano avuto bisogno di cure lente e mirate. Non si può dimenticare chi si è amato in un battito di ciglia. Non si può sanare la ferita di un tradimento dall’oggi al domani. Ogni azione ha la sua reazione, sia su chi la compie che su chi la subisce. Per questo, spesso, ci si ritrova a costruirsi muri altissimi intorno, come avevano fatto loro. Perché il passato può fare male, bello o brutto che sia. E Marco e Anna lo sapevano bene. 
Ecco perché per Anna era stato più facile convincersi che quel bacio fosse stato un errore. Che il sorriso sulle sue labbra, quella sera per caso a cena da Marco, fosse solo dovuto alla battuta su Giovanni e i preti. Che se Marco alla fine aveva scelto Chiara, l’importante era che fossero felici entrambi. Perché amare significa innanzitutto sperare che l’altra persona sia felice, con o senza di te.
Per Marco non era andata poi tanto diversamente. Anche per lui era stato più facile accettare le parole di Anna che definivano il loro bacio un errore. Sì, perché a suo avviso era meglio saperlo subito se i suoi sentimenti fossero ricambiati o meno, perché scoprirlo a dado tratto - per esempio il giorno prima del matrimonio, come gli era successo in passato - non sarebbe stata certo una passeggiata rilassante. Restare amici era stata la soluzione più semplice e indolore, pensava. Che poi, viste le premesse dei primissimi giorni, era già più di quanto si sarebbe mai immaginato di raggiungere con lei. 
Marco non era mai stato troppo capace a esprimere i suoi sentimenti, anzi. Bastava pensare a quando aveva rinunciato al suo sogno di diventare attore perché incapace di contraddire suo padre. Quando aveva imparato a farlo, era stato troppo tardi. Ma per quanto potesse essere difficile intavolare un discorso di un certo tipo col genitore,  quando c’erano di mezzo donne era anche peggio, ad esternare i suoi sentimenti. Non era un don Giovanni – nel senso di Casanova eh, mica di prete come quell’altro – ma le ragazze a quanto pare vedevano in lui qualcosa di affascinante. E Marco, nel tentativo di capire cosa quelle fanciulle ci trovassero in lui, che era molto insicuro sul suo aspetto fisico e sul suo carattere, finiva quasi sempre col perdersi in congetture, in inutili tentativi di adeguarsi all’idea che le sue ammiratrici si erano fatte, per poi ritrovarsi solo e snaturato. La storia con Federica era solo la punta di un iceberg ben più grande, quello stesso iceberg di paure che per lungo tempo gli aveva impedito di dichiararsi all’unica donna che nella sua vita lo avesse accettato per come era e che si era mostrata a lui senza filtri. Che lo aveva fatto innamorare nel modo più puro e totalizzante possibile.
Alcuni potrebbero definirli due casi persi, i nostri protagonisti, ma è veramente una causa persa sperare che l’amore trionfi? Se così fosse, non saremmo qui a raccontare questa storia, non saremmo qui a indagare come la psiche e l’eros funzionino in due esseri umani che, pur nella loro singola imperfezione, se insieme riescono a diventare perfetti. 
Dalla notte del Natale ad agosto, niente era stato più uguale a prima. E le sfide nella vita non finiscono mai: perché una storia duri, si deve passare, oltre che per gli alti, anche per i bassi che il fato riserva ai comuni mortali. Una serie di prove da superare. E Anna era stata la prima dei due a doverne affrontare una in particolare, la più infida: la gelosia
Una calda mattina di inizio settembre, mentre si recava a lavoro, infatti, il fato aveva piazzato sul suo cammino una donna alta, bionda e - a giudicare dall’accento – ligure. Solo che lei, al suo ingresso, aveva assistito da lontano.
Mentre Marco attendeva con Cecchini l’arrivo di Anna in piazza, una donna gli si era avvicinata a grandi falcate, salutandolo calorosamente con la mano. Dire che il PM fosse stupito sarebbe un eufemismo. La donna era alta, bionda, occhi azzurri e di sicuro ligure. Di questo Marco era stato certo non appena lei aveva aperto bocca. E nello stesso preciso istante, era convinto di aver sentito il Grillo nella sua testa mettersi in moto e aprire tutti i cassetti della sua memoria per capire se, dove, come e quando avesse già incontrato quella donna. Per fortuna sua e del suo Grillo, fu lei a spiegarsi e a ricordargli come si conoscessero.
Proprio mentre la donna era sul punto di iniziare a spiegare, però, al suo fianco, con un sopracciglio inarcato e un’espressione confusa, si era finalmente palesata la sua fidanzata. Dopo averla salutata con un bacio sulla tempia, Marco si era rivolto nuovamente verso la donna con cui stava parlando, pronto a presentarla alla fidanzata, salvo rendersi conto che in realtà non ne conosceva o ricordava il nome, né sapeva bene chi fosse. Lei si era rivolta ad Anna, presentandosi da sé e porgendole la mano dalle unghie smaltate di rosso con un sorriso affabile.
“Piacere, Greta.”
Bastò il nome perché in Marco finalmente si aprisse il giusto cassetto della memoria. Greta parve accorgersene, allargando il proprio sorriso nel notare che l’amico di gioventù stesse finalmente ricordando. 
Nel frattempo, Anna aveva proceduto a ricambiare la presentazione, sebbene avesse avvertito il fastidio di uno strano nodo allo stomaco, e non capiva il perché. Una lieve stretta al braccio la riportò alla realtà.
“Ehi, tutto bene?” Le chiese Marco sottovoce, le sopracciglia corrugate in un’espressione perplessa.
“Sì, sì...”
Certo, che stava bene. Perché non avrebbe dovuto? Sì, si era un attimo persa a studiare la figura della donna, a domandarsi perché Marco avesse messo su quell’espressione felice nel rivederla e perché questa cosa le desse fastidio, ma stava bene. 
Un giorno imparerai a non mentire a te stessa.
Ma non è questo il giorno.
A un tavolo del Tric Trac di Spartaco erano ora seduti Marco, Anna, Greta e il Maresciallo Cecchini, che per un attimo gli altri tre si erano dimenticati fosse con loro davanti alla caserma, mentre erano intenti a studiarsi. Il Maresciallo aveva rotto il silenzio che si era fatto imbarazzante, presentandosi a Greta e proponendo di andare a prendere un caffè al bar per conoscersi. E così avevano fatto. 
Non fu difficile per Cecchini notare che Anna non aveva staccato gli occhi da Greta neppure per un secondo da quando l’aveva vista. Nella sua testa, era già perfettamente chiaro che la Capitana fosse gelosa, e quello che scoprirono di Greta certamente contribuì a renderlo più evidente. Soprattutto per il modo in cui venne fuori.
Marco aveva iniziato a conversare con Greta in maniera molto amichevole. Fu subito palese che si conoscessero bene. Da quanto narrato da Marco, lui e Greta erano stati compagni di classe ai tempi del liceo, e condividevano la stessa passione per il teatro. Avevano anche frequentato lo stesso gruppo teatrale e a quanto pare erano stati anche i due migliori attori della compagnia, tanto da ricoprire quasi sempre il ruolo da protagonisti nelle pièce che mettevano in scena. Sebbene sia superfluo sottolinearlo, dirlo a voi perché lo sappiate, cari lettori, non nuoce: spesso i due interpretavano i protagonisti di storie d’amore, le più richieste dal pubblico. 
Dallo sguardo ammaliato che Greta stava rivolgendo a Marco mentre rievocavano il passato, quei ruoli le erano piaciuti molto e li aveva ben impressi nella memoria. Ecco perché gli occhi di Cecchini saettavano da lei ad Anna mentre la bionda parlava dei bei tempi passati in teatro col PM. Anna esternamente era impassibile, con il suo lieve sorriso sulle labbra che più finto non poteva essere. Finto, avete letto bene.  Perché dentro, i sentimenti che provava erano tutt’altro che felici. Il nodo allo stomaco si stava facendo sempre più forte. E la voce delle sue paure sempre più insistente in lei. Sì, paure. Quelle che la portavano sempre a commisurarsi agli altri, o meglio, alle altre
Greta era indubbiamente una bella ragazza, una vera e propria donna e non solo per l’età anagrafica che la rendeva coetanea di Marco, a differenza sua. Nella mente di Anna, l’immagine di Greta poteva essere facilmente assimilata a quella della geisha descritta nel libro che Chiara le aveva regalato ai tempi per riconquistare Giovanni. Ciò non significava che la ritenesse una geisha in senso stretto, ma era evidente che Greta possedesse tutto ciò che un uomo può desiderare in una donna: bellezza, fisico da paura, charme e femminilità. Insomma, quello che Anna riteneva essere più lontano da lei in questo mondo. Lei era Zorro, Greta poteva benissimo essere Cenerentola, Odette o Aurora. O tutte e tre insieme. O qualsiasi altra principessa possa venirvi in mente. E per quanto Anna sapesse che a Marco lei piaceva così com’era, non poté fare a meno di notare come lui la guardasse. Sicura che non ti sei immaginata quello sguardo? Perché io non l’ho vistoinsisteva la Vocina nella sua testa. Non le era chiaro perché la sua coscienza si stesse occupando di dar voce ai suoi sentimenti. Non doveva essere la sua parte razionale? Perché dava voce al suo cuore? Però, nel suo animo, Anna sapeva e sperava che Vocina avesse ragione e che quello sguardo l’avesse solo immaginato. Che era la sua insicurezza a farle vedere cose che non c’erano. Ma era altrettanto facile immaginare che invece fosse vero e che forse era un po’ - un po’ tanto - gelosa.
Sì, perché mentre Greta continuava a parlare con Marco, il nodo allo stomaco di Anna si faceva sempre più stretto. E come se paragonarsi a lei a livello estetico non fosse abbastanza, ci si mettevano anche gli hobby in comune. Greta amava calcio, Formula Uno, teatro, a quanto pare era anche molto brava in cucina. Forse a pensarci bene, non assomigliava solo alla geisha in copertina al libro. Forse lo era proprio. Le sembrava di rivivere da capo quanto accaduto con sua sorella, mesi prima. Solo che Chiara fingeva e Anna questo lo sapeva. Ma Greta non la conosceva, poteva essere vero come no che amasse quelle cose. E mentre i due liguri parlavano, non poteva fare a meno di paragonare ogni cosa dell’altra a se stessa.
“Certo che una squadra meno sfigata del Genoa da tifare potevamo scegliercela, eh?”
 
Pure la stessa squadra del cuore avevano in comune! Anna non amava il calcio. Aveva cercato di impegnarsi, anche per il suo fidanzato, ma continuava a non capire cosa ci potesse essere di interessante in ventidue giocatori che correvano dietro a un pallone - unica cosa che sapeva dell’argomento, 11 vs 11 in campo. Ecco, sul calcio non poteva competere con Greta. Non avrebbe saputo reggere un discorso sull’argomento con Marco come invece lei stava facendo, che il tono fosse serio o scherzoso come ora. 
1 a 0 per Greta, ma su autogol di Anna stessa.
Divertente, la sua Vocina aveva deciso di fare la telecronaca della sua disperazione.
 
“Ancora appassionato di Formula Uno? Sarai sorpreso di sapere che lì invece mi son dovuta ricredere…”
 
Ah, finalmente una cosa che piaceva anche ad Anna, mentre a quanto pare a Greta non piaceva più. 
 
“Sei diventata tifosa della Mercedes? Sapevo che avresti cambiato sponda.”
 
Il cenno di conferma che Greta rivolse a Marco era stato sufficiente a smontare i sogni di gloria di Anna. Aveva esultato troppo presto: la genovese era ancora appassionata di gare di automobili, aveva solo cambiato scuderia preferita. Marco tifava Ferrari. Come te… Giusto, Vocina. 
1 a 1 e palla al centro. 
“A giudicare dalla tua stazza, non hai rinunciato ai grassi idrogenati! Hahaha!”
 
Anna avrebbe voluto controbattere a quello che per lei suonava come un insulto. Marco stava benissimo così, anche se aveva qualche chiletto in più del peso forma per la sua altezza. Ma la risata di Marco all’affermazione aveva fatto stringere ulteriormente il nodo nello stomaco. Marco era un ottimo cuoco, cucinava da Dio, ma era anche un’ottima forchetta. E a quanto pare lo era sempre stato. Greta a vederla non sembrava una gran mangiona, tutt’altro. Quel fisico slanciato e sinuoso, da dea Venere, era sicuramente il frutto di tanta attività fisica e cibo sano. Ma sull’argomento ne sapeva parecchio, a giudicare da cosa stava spiegando a Marco. Anna non poteva competere. Sì, le lezioni di cucina avevano dato i loro frutti, ma lei era ancora un’allieva alle prime armi in attesa di superare il maestro, a confronto. E anche lei era una sportiva, ma arti marziali e paracadutismo erano ambiti decisamente inusuali, per una donna.
2 a 1 per Greta.
“Reciti ancora?”
 
Il velo di tristezza nella voce di Marco nel porre la domanda che più gli premeva non passò inosservato, per Anna. Greta rispose subito di sì, che lo faceva come hobby, dato che era diventata medico come voleva suo padre. Anna non poté fare a meno di spostare la sua attenzione sul suo fidanzato, dopo quella risposta. Con una frase, Greta era riuscita a colpire Marco in uno dei suoi punti più deboli. Anna non era certa che Greta ci avesse fatto caso, dato che aveva proseguito la sua spiegazione senza dare segni di turbamento. Ma neppure se ne sarebbe potuta accorgere guardando Marco, che continuava ad annuire come se niente fosse. I suoi occhi, tuttavia, raccontavano una storia completamente diversa, a dimostrazione però che fosse un buon attore, e che avesse fatto di necessità virtù, perché nessuno si sarebbe potuto accorgere che stesse fingendo un entusiasmo che non provava. Sarebbe stato un ottimo attore, se avesse perseguito il suo sogno. Anna non poteva però negare in cuor suo che, egoisticamente, un po’ era felice che non lo avesse fatto. Era grazie all’imposizione del padre di Marco, che alla fine si erano conosciuti. Se Eugenio non lo avesse obbligato a intraprendere la strada della magistratura, loro due non si sarebbero mai incontrati, e sarebbe stato un grande peccato. Su questo aspetto Anna non sapeva se il punto spettasse a Greta o a lei. Certo, Greta era molto più ferrata di lei sull’argomento, visto che ai tempi era probabilmente presente, ma era anche vero che fosse un tema delicato per Marco, e magari lui aveva preferito tenerlo per sé. Quindi forse il punteggio rimaneva invariato. Peccato solo che Greta fosse in netto vantaggio.
La chiacchierata tra Marco e Greta andava ormai avanti da un po’. Nel mentre, Cecchini aveva speso il suo tempo ad osservare i due interagire, con Anna apparentemente intenta ad ascoltarli. ‘Apparentemente’, perché era evidente invece che nella sua testa stesse rimuginando a tutta forza. Avrebbe potuto quasi scorgere il fumo uscire dalle sue orecchie per il troppo lavoro del suo sistema nervoso, se si fosse concentrato un pochino in più. Cecchini era un esperto quando si trattava d’amore: Anna era gelosa, gelosissima. Non che servisse un esperto a capirlo. Greta si stava presentando come una versione aggiornata di Chiara, la sorella della Capitana. Gli era quasi sembrato di rivivere, in quei minuti trascorsi lì, il lungo percorso degli ultimi mesi tra le sorelle Olivieri e Nardi. Aveva già visto soffrire Anna una volta, e ora che era finalmente felice, il Maresciallo non poteva permettere che una donna riapparsa dal nulla rovinasse tutto. 
Dopo un’eternità senza nessuno a interromperli, Cecchini si inserì allora nel discorso tra i due liguri. 
“Come mai da queste parti, signorina Greta?”, chiese, fingendo noncuranza. La domanda suonò un po’ più brusca di come avrebbe dovuto essere nelle intenzioni, ma ormai era tardi per ritrattarla senza fare danni. 
Lei sembrò non farci troppo caso, rispondendo allegramente senza esitare. “Oh, soggiorno a Perugia per un convegno di medici, ma avevo la giornata libera e ho pensato di approfittarne per visitare qualche paesino vicino. Di certo non avrei mai immaginato di incontrare Marco qui a Spoleto! Io ero rimasta al suo trasferimento a Roma per l’università, quando abbiamo terminato il liceo, ma essendoci persi di vista, non avevo saputo più niente di lui. Ho incontrato tuo padre Eugenio a Genova, qualche volta, ma non mi ha mai detto nulla”, aggiunse, scoccando uno sguardo accigliato in direzione del magistrato.
Quasi l’aria si fosse fatta improvvisamente opprimente, Anna si ridestò, e decise che era giunto il momento di andare in caserma a lavorare. Era già in estremo ritardo, in effetti, e non era da lei. Con un colpo da grande attrice consumata - quale in teoria non era, ma non era la prima volta che una recita le riusciva così bene -, spostò gli occhi sull’orologio che portava al polso destro per poi esclamare fosse tardissimo. Lei e Cecchini si alzarono quindi per andare via, salutando in fretta e lasciando Marco e Greta da soli. Marco seguì con lo sguardo la sua fidanzata che si allontanava, un po’ stupito che lei non lo avesse salutato con un bacio come oramai – con sua grande gioia – era solita fare. Greta non poté non notare le sue azioni.
“Tutto bene?” chiese gentilmente, intravedendo nello sguardo dell’amico di gioventù un desiderio che conosceva bene. Marco però non aveva voglia di approfondire i suoi dubbi con una donna che nonostante tutto non conosceva più, per cui si limitò ad annuire, cambiando discorso. 
Anna scoprì da Zappavigna che il PM aveva chiamato per informarli che sarebbe tornato in caserma nel pomeriggio per gli aggiornamenti, dato che a pranzo aveva fissato un appuntamento inderogabile. 
Sono certa che c’è una spiegazione diversa alla definizione di ‘appuntamento’, sentì Vocina affermare nella sua testa mentre osservava la piazza dalla finestra del suo ufficio. “Certo che c’è una spiegazione. L’appuntamento si chiama Greta”. 
Anna non si accorse di aver risposto alla sua coscienza ad alta voce finché il maresciallo non parlò. “É una donna molto bella…” Il Capitano saltò in aria per quella esclamazione improvvisa. Quando si voltò, Cecchini si era già messo a suo agio, seduto sul divanetto nell’angolo. Le fece segno di raggiungerlo, quando Anna con la mano sul petto per lo spavento arrecatole dallo stesso, si fu ripresa. “Ma Nardi ama Lei”.
Come facesse sempre a sapere tutto quell’uomo, Anna non se lo sapeva spiegare. Eppure era evidente che i suoi metodi fossero infallibili, perché si era accorto della sua gelosia. E non certo per quelle poche parole che aveva pronunciato tra sé poco prima. Prendendo posto di fianco al Maresciallo, dopo una breve esitazione, si portò le mani al volto per tentare di nascondere l’incertezza e il rossore. “Sono stupida, vero?”
Cecchini non era d’accordo. 
“No, è innamorata”, le rispose infatti, con semplicità.
Sollevando lo sguardo verso l’uomo divenuto quasi un padre per lei, fu accolta da un bellissimo sorriso. Non poté fare altro che ricambiarlo, rincuorata. Parlò con Cecchini durante l’intera pausa pranzo. Le fece bene, anche se le parole dell’uomo non riuscirono ad assopire completamente la sua gelosia. Continuava a ripetersi che Cecchini fosse di parte, e che ovviamente elogiasse lei e non Greta. Quest’ultima però sembrava perfetta per Marco, avevano un sacco di cose in comune. Prima di andarsene dal suo ufficio, Cecchini le aveva assicurato che non c’era nulla da temere, che le cose si sarebbero aggiustate. La donna presto sarebbe diventata nuovamente un ricordo e se ne sarebbe andata, e il suo arrivo improvviso non aveva davvero comportato nulla. Non doveva lasciare che la gelosia distorcesse la realtà.
A mezzogiorno, Marco era dovuto correre dall’altra parte di Spoleto per un pranzo di lavoro inderogabile. Non aveva potuto dire di no al collega che lo aveva invitato e si era visto costretto ad accettare, anche se avrebbe di gran lunga preferito passare la pausa con Anna. Soprattutto dopo quanto accaduto quella mattina con la comparsa di Greta, sbucata letteralmente dal nulla. 
Era stato bello rivederla. Greta era stata un’amica importante per lui ai tempi del liceo. E col tempo era diventata anche molto bella. Non che in passato non lo fosse, ma come dimenticare i pianti della ragazza quando era stata costretta a mettere occhiali e apparecchio ai denti in seconda superiore? La melodrammaticità, da grande attrice quale era, con cui aveva annunciato la cosa agli amici se la ricordava bene. Avevano riso tutti di cuore. E alla fine l’avevano convinta che non sarebbe stato uno sforzo vano, che quella punizione - come lei l’aveva definita - sarebbe stata ripagata ed era evidente che così era stato. Greta era stata l’unica ragazza ai tempi del liceo a non aver mai preteso che lui si comportasse diversamente da come era. Una vera amica. Almeno per lui. Al termine della scuola aveva scoperto che invece lei aveva più volte sperato di poter cambiare lo stato delle cose tra loro. Sì, insomma, era interessata a qualcosa di più, sperava potesse nascere un amore da quella loro profonda amicizia. Ma non era mai successo nulla. Rimembrando il passato quella mattina, era diventato evidente il perché lei fosse convinta che sarebbe potuto nascere qualcosa tra loro. Erano in perfetta sintonia su molte cose. Avevano le stesse passioni, lo stesso senso dello humour, la stessa genovesità. Ma se c’era una cosa che aveva imparato dalla storia finita male con Federica, era che essere troppo uguali non andava bene in una coppia. Che la monotonia poteva stancare più dei continui litigi causati dall’essere troppo diversi. Federica aveva tentato di trasformarlo in una copia sbiadita di sé, e non era esattamente finita benissimo. Ci voleva equilibrio. Come tra psiche e amore, tra cervello e cuore. Troppa razionalità ti danneggia, e troppo impeto anche. La ricerca dell’equilibrio non è facile. Ma se non si riesce a scovarlo dentro di sé, in qualche parte del mondo lo si può trovare. E lui ci era riuscito. Non era stato facile, vero. Aveva dovuto cambiare - senza rendersene conto - molte cose nella sua vita. E nel tragitto ne aveva perse altre – come aveva detto Anna quella sera! Ma era certo, ora, che ne fosse valsa la pena. 
Testa e cuore avevano fatto pace. Amore e Psiche coesistevano in un’armonia perfetta.
Nel viaggio in auto di ritorno verso la caserma, si era preso del tempo per riflettere sugli eventi di quella mattina. Anna era stata, stranamente per lei, molto silenziosa. Non era mai intervenuta mentre lui parlava con Greta. L’unica sua azione degna di nota era stata nel momento in cui i loro occhi si erano incontrati quando Greta aveva spiegato di aver perseguito sia il suo sogno che la volontà del padre. Era certo che Anna fosse stata l’unica a capire che effetto avessero avuto quelle poche parole, pronunciate con noncuranza, su di lui. 
Non era stato facile accettare la realtà, all’epoca, ancor meno quando sua madre era venuta a mancare. Non era stato bello nemmeno scoprire che suo padre non parlasse mai di lui. Non che si stupisse, visti i loro rapporti irrimediabilmente incrinati, ma forse il ragazzino che sperava di vederlo presente nei momenti importanti della sua vita ancora un po’ esisteva in Marco e continuava a sperare, forse vanamente, che un giorno le cose potessero aggiustarsi. Mentre parcheggiava l’auto, per poi dirigersi a piedi verso la piazza, si ricordò anche che quella mattina Cecchini a un certo punto era intervenuto con una domanda “strana”, che non c’entrava nulla con quanto detto fino a quel momento. Perché voleva sapere come mai Greta era lì? Era ovvio che fosse di passaggio, e che fosse stata una coincidenza, incontrarsi. A che serviva quella freccia scoccata così dal nulla? Fu in quel momento che - contro ogni logica - Grillo gli ricordò una frase di una storia che aveva letto all’epoca del liceo. Era parte di una qualche versione di latino o qualcosa del genere: “…Ma il dio sbagliò mira e la freccia d'amore colpì invece il suo piede…” Mi sa che non ha sbagliato il piede, Cupido….
Marco non voleva credere a quanto il Grillo nella sua testa stesse tentando di dirgli. Non poteva essere, non era possibile che... Perché avrebbe dovuto? Greta era un’amica di gioventù. Nient’altro. Un’amica che però – stranamente – condivide con te un gran numero di passioni comuni, e a cui non hai presentato Anna come tua fidanzata, bensì come capitano dei carabinieri… Ora, ti faccio un disegno o ci arrivi da solo?
Per fortuna, la testata al volante dell’auto - col rischio che scattasse l'air bag tra l’altro - per maledirsi non la diede veramente, ma la immaginò solo. Anche se forse, a pensarci bene, una botta non gli avrebbe fatto neanche male.
Come aveva potuto essere tanto cieco e stupido? Non aveva agito per ottenere quelle reazioni. Tutt’altro. Non aveva proprio nemmeno lontanamente pensato di fare una cosa del genere. Lui amava Anna. Aveva impiegato mesi a cercare di sopprimere i suoi sentimenti dopo che per lei il loro bacio era stato solo un errore. Non ci era riuscito ed era certo non ci sarebbe mai riuscito, nemmeno a volerselo imporre. Non aveva mai provato prima ciò che provava per Anna. Nemmeno con Federica, che pure stava per sposare. 
Il suo essere completamente perfetta nella sua imperfezione, l’essere cosciente di ciò e per questo fragile ma non volerlo ammettere, aveva fin da subito fatto emergere in lui la necessità di doverla protegge per l’eternità da ogni male. Zorro doveva smettere di aiutare gli altri a proprie spese. Doveva godersi la felicità. Essere felice. E lui avrebbe dovuto renderla felice. Ogni giorno. Eppure quella mattina non lo aveva fatto. E, ripensando agli occhi di lei mentre si allontanava dal bar per correre in caserma, si rese conto che doveva rimediare. Al più presto.
 
Quella sera, a casa, lo stomaco di Anna non ne volle sapere di collaborare. Chiuso in se stesso come la sua padrona, si rifiutava di accogliere cibo. Tranne quelle tre o quattro cucchiaiate di Nutella che a forza Anna si era imposta di ingerire, per tentare di mandare giù insieme alla crema la tristezza di quella giornata. Fu mentre riponeva il barattolo nella credenza che il campanello suonò. Quando aprì la porta rimase impietrita. Che doveva fare? Chiuderla in faccia all’avventore? Urlare contro l’avventore? Fare finta di nulla? Cacciarlo? Oppure magari farlo parlare? Sicuramente è qua per un motivo e c’è una spiegazione a tutto. Forse Vocina andava ascoltata. Dopotutto, quel pomeriggio non gli aveva lasciato modo di parlare di altro se non lavoro. Se ora Marco era lì, un motivo c’era. 
Lo lasciò quindi entrare e richiusa la porta lo seguì fino a mettersi - guarda il caso a volte - di fronte all’isola della cucina, come la sera dell’errore.
Passarono istanti di attesa, in cui lo vide guardarsi attorno, come se non conoscesse già la casa e dovesse studiare l’ambiente. Quando lui aprì la bocca riuscì solo a dire “Scusa”, per poi tornare a boccheggiare come un pesce rosso. Anna era stufa di attendere che Marco trovasse il coraggio di dare voce alle sue emozioni e ai suoi pensieri. Voleva sapere. Voleva sciogliere il nodo allo stomaco. Voleva sentirsi dire dall'uomo impossibile e che amava che Cecchini e Vocina avevano ragione. Che si era immaginata tutto. Anche se ci credeva poco. 
“Dov’eri a pranzo?” 
Quattro parole. Niente inutili abbellimenti. Una domanda che richiedeva una risposta altrettanto rapida ed esplicativa. “Pranzo di lavoro.”
Solo tu potevi trovarti in questa situazione, dove la risposta è vera ma in questa stessa circostanza viene spesso usata come scusa. La risata sprezzante accennata da Anna, a conclusione delle parole del Grillo nella sua testa, era stata la conferma dell’ironia della situazione.
A quel punto fu chiaro che doveva spiegarsi meglio, non poteva lasciare che un misunderstanding rovinasse tutto. Quasi in punta di piedi per paura di svegliare qualcuno, con la voce più delicata e calma del mondo, Marco cercò di spiegarsi. Non stava mentendo, a pranzo era veramente ad un appuntamento di lavoro. Il problema però stava nel fatto che Anna non fosse molto bendisposta alle parole scontate, in quel momento.
“Avevate una storia?” 
Eccola, la domanda sganciata come una bomba nel bel mezzo del suo tentativo di spiegare la questione del pranzo. Era veramente gelosa. Dopo un respiro profondo che tenne Anna col fiato sospeso per un tempo che le sembrò eterno, arrivò la risposta: “No, mai”. Quando sollevò lo sguardo per incrociare quello di Marco, Anna si sentì sprofondare per la vergogna. Si sentì stupida. 
Gli occhi del suo fidanzato erano cupi, lucidi, come se la stesse supplicando di credergli, perché la combinazione di eventi della giornata giocavano a suo sfavore e ne era cosciente. Anna aveva messo in dubbio se stessa e la loro storia appena nata solo perché una donna del passato di cui non sapeva nulla e nemmeno conosceva si era presentata all’improvviso in mezzo a loro. Aveva lasciato che la sua razionalità venisse sopraffatta dall’istinto. Era stata una stupida a non fidarsi. 
Due dita a fare leva sotto il suo mento la riportarono alla realtà. 
“Scusa”. 
Di nuovo quella parola. Doveva essere lei a chiedere scusa, non lui. Ma Marco non aveva finito. 
“Mi dispiace. Non avrei dovuto lasciarti presentare come il Capitano, la tua divisa era più che sufficiente. Avrei dovuto dirle che sei la mia fidanzata, perché tu sei una parte essenziale della mia vita, e avresti capito quel passato che stava tornando a intrecciarsi col presente meglio di chiunque altro. Non avrei dovuto tagliarti fuori, senza pensare che potesse farti male. Scusa.” 
Nulla, tuttavia, sembrava convincere Anna che non dovesse sentirsi stupida per aver dubitato di loro e di se stessa. Ma Marco sapeva che c’era un solo modo per far breccia: “Comunque… sei ancora più bella quando sei gelosa”. 
Quelle parole fecero immediatamente effetto sull’orgoglio di Anna.
“Io? Gelosa? Ma quando mai...!” 
Ma l’intonazione della voce l’aveva tradita miseramente e il sorriso di Marco pronto a divenire risata ne era conferma. “Okay, sì. Sono gelosa! Contento?”
Marco non era contento, non aveva fatto quella battuta per sentirsi dire che aveva ragione. 
“Non mi interessava aver ragione. A me interessa che tu sappia che ci sei solo tu per me”. 
Se era un sogno, Anna non voleva svegliarsi. A me interessa che tu sappia che ci sei solo tu, per me. Nella sua testa le parole riecheggiavano senza che potesse, né volesse fermarle. Sei stupida, Anna, ma puoi rimediare. Solo la sua coscienza poteva aiutarla a destarsi dalla dichiarazione di Marco insultandola, ma fu sufficiente. Un passo e le loro labbra si incontrarono. Erano passate ventiquattr’ore dall’ultima volta. Pareva trascorsa un’eternità.  
Un doppio “Ti amo” all’unisono, non appena le loro labbra si separarono, riempirono l’aria nella stanza. E mentre Anna cercava il modo di scusarsi per come aveva agito abbracciandolo forte, Marco l’aveva già battuta sul tempo. 
“Non hai nulla di cui scusarti. Ma se proprio ci tieni, ti basterebbe rispondere sì alla mia prossima domanda”. 
Lo sguardo di Anna fu sufficiente a spingere Marco a continuare. 
“Ci verresti a cena con me, domani sera? Lo so che sono solo formalità certe cose, ma non abbiamo mai avuto un vero ‘primo appuntamento’, noi due, e pensavo fosse giusto rimediare.” 
Con grande dispiacere, vi informo che Anna non rispose di sì. Non a voce, se non altro.
Preferì ricorrere a un bacio. 
Marco gradì particolarmente la scelta.
Erano le 20 quando Anna aprì la porta al suo fidanzato, passato a prenderla per il loro primo vero appuntamento, la sera seguente. Riccioli più ordinati del solito, camicia bianca, jeans e giacca di pelle. Una rosa bianca in mano e un sorriso enorme in volto, scivolato via non appena Anna gli fu davanti. Un grazioso abito blu scuro risaltava i capelli ramati, con un leggero filo di trucco ad addolcirle ulteriormente i lineamenti.
Chiara si era data da fare: non poteva certo abbandonare la sorella in un’occasione così importante! E formalità un cavolo, il primo appuntamento andava fatto, e c’erano regole precise da rispettare. L’abbigliamento era una di quelle.
Il PM richiuse la bocca solo quando Grillo lo richiamò all’ordine: Marco, stai sbavando!
“Uhm, stai bene. Bene bene bene...”
Sei proprio uno da cliché, Marco. Ma Anna rise, quindi aveva funzionato a rompere l’impasse di quei secondi. Un tenero bacio seguì l’affermazione del PM, mentre una voce in sottofondo esclamava: “Nino, smettila di spiarli!”. Caterina. I due fidanzati si misero a ridere, facendo un cenno con la mano in direzione dello spioncino della porta dall’altro lato del pianerottolo. Il solito Cecchini. 
“Madame”, porgendo il braccio ad Anna, fu quello il segnale con cui Marco invitò la sua fidanzata ad andare verso la meta del loro appuntamento: il ristorante dove avevano cenato la prima volta che erano usciti insieme, seppur da ‘amici’. Quand’erano rientrati da Acquasparta, quella sera, avevano deciso di fermarsi lì perché nessuno dei due avrebbe voluto che finisse. A Marco, quella di andare proprio lì era sembrata una buona idea, e la sua fidanzata glielo confermò con un gran sorriso.
“Una serata meravigliosa”, così sospirò Anna a ogni persona che le domandò in seguito del suo primo appuntamento con Marco. Dopo la cena li attese il drive-in. No, niente Cenerentola. Lo so che siete affranti. Sarebbe stato un grande cliché. Ma niente in confronto a quello che realmente accadde. Il film lo scelse Marco, esattamente come aveva affermato quell’altra sera. Anna lo adorò. La maschera di Zorro. E voi che temevate niente cliché!
Quando Marco la riaccompagnò a casa, entrambi erano pronti a dirsi che era stata la notte più bella della loro vita – fino a quel momento perlomeno. Ma forse per via del vino, forse per il vestito di Anna, forse per il cavaliere perfetto che era stato Marco - oppure tutte quelle cose insieme -, in ogni caso quella sera non si concluse come era stato previsto. 
La regola per il primo appuntamento, come aveva ripetuto fino allo stremo Chiara, stabiliva che lui la riaccompagnasse fino al portone del palazzo, si salutassero, e fine. Nessuno dei due voleva affrettare le cose, e Marco nei mesi precedenti aveva imparato a conoscere bene Anna. Aveva i suoi tempi - per certi versi lunghi, lunghissimi - e lui aveva tutta l’intenzione di rispettarli. 
L’aveva già fatto senza rendersene veramente conto dopo la questione del bacio, e di certo non sarebbe venuto meno alla promesso proprio ora.
Insomma, la ‘regola del terzo appuntamento’, di cui tanto aveva blaterato Chiara, andava seguita.
Però forse avevano calcolato male le date, e quello non era stato il primo appuntamento, oppure il conto era andato a farsi benedire e basta.
Sì, perché Anna era certa che il letto in cui si era svegliata la mattina dopo non fosse il suo nonostante la poca luce nella stanza. L’aria era ancora intrisa della passione della notte appena trascorsa. La dolcezza di quei momenti le era rimasta ben impressa sulla pelle e nella mente. Ed era certa che quella cosa blu buttata senza troppa cura ai piedi del letto fosse il suo vestito. Aveva un ricordo molto vago di come fosse finito lì.
Quando poi era scesa in cucina – casa di due piani? – con una camicia bianca addosso che di sicuro non le apparteneva, a giudicare dalla misura e dal profumo maschile che emanava, non vi era più dubbio che non fosse il suo appartamento. Il tipo biondo che stava preparando la colazione in cucina sapeva però benissimo chi fosse, senza starci a pensare tanto. Era l’uomo per cui esisteva - ed esiste - solo lei. Il suo fidanzato. Il suo Marco. 
Quella inaspettata notte di passione, per Marco e Anna, come Amore e Psiche, fu la dimostrazione di come siano molte le prove che il fato ci pone davanti, ma possono essere superate, talvolta in modi assolutamente inattesi. Che la ricompensa per gli sforzi che si fanno, nella vita come in amore, vengono ripagati nei modi e nei tempi più impensabili. Magari non con l’immortalità come nel mito originale... Ma con un ‘e vissero per sempre felici e contentiquello sì. 
Allora, Grillo?
…Ma quanto siamo stati fortunati a vivere queste fiabe in prima fila?
Non ti sei addormentato?!
Yawn Veramente sta dormendo. Grillo sta parlando nel sonno, come al solito. A me è piaciuta comunque, anche se mi sono persa qualche pezzetto Yawn
Lottie! Che bello, son felic-
Zzz... zzz...
Ho capito, mi zittisco. Buona notte.
 
   
 
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