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Autore: Slytherin_Divergent    26/02/2021    1 recensioni
In un mondo dove la popolazione ha tatuato sul proprio corpo il nome della propria anima gemella, quando si compie una certa età sul corpo di chi può rimanere incinta compare una macchia bianca.
Kenjirou tiene nascosta la sua da anni a causa del terrore dei genitori e quando scopre di aspettare due gemelli allontana Eita e tutti i suoi cari. Per tre anni lui e la sua anima gemella non si vedono e quando riprendono i contatti sembra andare tutto per il meglio, almeno fino a quando Kenjirou non trova il suo migliore amico svenuto in bagno e scopre che qualcuno ha rapito i suoi figli e vuole ucciderlo.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Nuovo personaggio, Taichi Kawanishi
Note: Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Violenza
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Il giorno di Natale Kenjirou fu svegliato dalle figure eccitate di Yukine e Fuyuki che gli saltavano addosso. «Papà, è Natale! Svegliati! Apriamo i regali!»

Shirabu si voltò dall'altra parte, mugugnando infastidito dal rumore. «Altri cinque minuti...»

Era tornato a tarda notte il giorno prima ed era sicuro di aver dormito su e giù cinque ore. Udì la porta della camera aprirsi e Yukine fu sollevato dal suo braccio, poi una voce familiare mormorò: «Perché invece non facciamo una bella colazione con la torta che abbiamo fatto ieri pomeriggio?»

Giusto, si ricordò il castano, il giorno della Vigilia Eita aveva badato ai gemelli e si era addormento sul divano nell'attesa che Kenjirou tornasse a casa.

«Quella al cioccolato, papà?» domandò Fuyuki.

«Sì, quella al cioccolato. Forza, andiamo.» uscirono dalla stanza e chiusero la porta, lasciando che il castano scivolasse nuovamente nell'incoscienza. Si svegliò tre ore più tardi molto più riposato e con qualcuno che lo stringeva al petto, Aprì gli occhi e si ritrovò davanti Eita con il cellulare in mano che scorreva svogliatamente il feed di Instagram mentre passava le dita tra i suoi capelli. Quando si accorse che Shirabu era sveglio, posò il cellulare e gli sorrise.

«Buongiorno.» il castano sbadigliò e appoggiò la testa contro la sua spalla.

«'Giorno. Che ore sono?» Eita lanciò un'occhiata all'orologio del cellulare.

«Quasi le undici.» rispose.

«Dove sono i bambini...?» mormorò il castano, stropicciandosi un occhio.

«Ecco... Hanno voluto aprire il pacco più grande e stanno provando a fare il puzzle.» rispose il biondo, voltandosi su un fianco e sorreggendo la testa con la mano. «Ho provato a dirgli di aspettare che ti alzassi, ma hanno insistito talmente tanto che avevo paura che ti svegliassero, quindi gliel'ho fatto aprire.»

Shirabu sorrise e scosse la testa. «Non fa niente. Fanno sempre così.»

«Come tutti i bambini.» mormorò l'altro.

«Come tutti i bambini.» convenne il più piccolo. Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Eita si mise a sedere e guardò il castano, facendosi serio.

«Senti... Ho parlato con i miei genitori.» Kenjirou puntò lo sguardo in quello del biondo. «Ho pensato che avessero il diritto di saperlo. Di Fuyuki e Yukine, dico.»

«E?» lo esortò a continuare senza un particolare tono nella voce.

«Dicono che vorrebbero conoscerli. E... E anche te.» Shirabu si mise seduto e strinse le labbra, annuendo.

«Sì, lo capisco.» mormorò.

«Però...» il castano fece scattare lo sguardo sull'altro.

«Però?»

«Ci hanno invitato a pranzo e...» Eita tirò un profondo respiro. «E anche la tua famiglia.»

L'atmosfera nella stanza si fece gelida. Kenjirou tirò un profondo respiro per mantenere la calma e deglutì. «Si... Si sono sentiti?»

Eita scosse la testa. «Non ancora. Ho... Ho detto loro che non siete in buoni rapporti ora e che nel caso li avresti contattati tu.»

Kenjirou chiuse gli occhi e rimase in silenzio per parecchi secondi. Si sarebbe dovuto aspettare che riprendere i rapporti con Eita avrebbe compreso riprendere i rapporti anche con la sua famiglia e che prima o poi sarebbe giunto il momento di svelare quel segreto, ma... «Non so se sono pronto.»

Semi lo strinse a sé e gli accarezzo i capelli. «Lo so, per questo ho detto loro che gli avremmo fatto sapere.»

«Non voglio essere commiserato dai miei. Hanno passato più di dieci anni a mettermi in guardia sulla macchia bianca... Non ne parlavamo quasi mai e ogni volta che lo facevamo loro sembravano quasi spaventati o come sul punto di scusarsi perché sono nato così.» Eita lo ascoltò in silenzio e capendo che non sarebbe andato avanti si schiarì la gola.

«Non so cosa... Non so cosa si provi ad essere nella tua situazione, ma sai... Penso che non lo abbiano fatto con cattiveria. Le... Le morti per parto tra i ragazzi sono molto diffuse e probabilmente avevano paura che se avessi avuto dei figli non saresti riuscito a finire i tuoi studi o qualcosa del genere. Forse temevano che saresti rimasto solo e senza qualcuno che ti aiutasse.»

«E se non fosse così? Se non volessero più saperne di me?» Eita gli sorrise.

«Allora andrai avanti. Ci sono io, ci sono i nostri amici e i tuoi fratelli. Forse farà male il rifiuto, ma non sarai mai solo.» mormorò il biondo. Kenjirou annuì e si alzò.

«Va bene. Passami il telefono: li chiamo.»

<°>.°.<°>

Quando arrivarono a casa di Eita la famiglia del castano era già lì. Kenjirou scese dalla macchina tirando un profondo respiro e sforzando un sottile sorriso quando Akihito gli si avvicinò. Lo afferrò per un braccio e lo trascinò dietro al veicolo, sussurrando: «Dimmi solo che ne sei assolutamente convinto.»

Shirabu annuì. «Li ho sentiti al telefono. Non ho molte chance di andarmene come se nulla fosse, anche se volessi.»

«Certo che ne hai! Puoi dire che non ti sei sentito bene o che hai avuto problemi in casa o che-» il castano alzò una mano e la posò delicatamente su quella del fratello maggiore.

«Non li vedo da tre anni.» mormorò. «Penso di esser riuscito ad arginare la mia paura.»

«Allora perché c'è voluta la richiesta dei tuoi suoceri per convincerti a rincontrare la tua famiglia?» mormorò il più grande. L'altro arrossì leggermente.

«Non sono i miei suoceri.»

«Hai capito il punto della situazione, vedo.»

«Senti,» Kenjirou scosse la testa. «sono pronto e loro non possono fare nulla per cambiare lo stato delle cose. Se stai per chiedermi se ho paura del fatto che non lo accettino la risposta è sì, ma anche se non lo faranno non sono solo e me ne farò una ragione.»

Akihito sospirò e annuì, mormorando. «Perché ora la tua famiglia è un'altra.»

Il castano abbassò lo sguardo e annuì. «Non volevo dirlo così perché sembra che li abbia rimpiazzati, ma è così.»

«No, va bene. È la tua vita e la tua famiglia. Ne hai tutto il diritto.» gli diede una pacca sulla spalla. «Ora andiamo. Ho fame.»

«Ingordo.» borbottò il castano, poi affiancò Eita all'ingresso. Prese Yukine in braccio e il più piccolo lo guardò.

«Se i nonni si arrabbiano e andiamo via poi ci porti al parco? Voglio giocare con la neve.» Fuyuki si aggrappò con una mano al lembo della giacca del padre.

«Anche io voglio giocare con la neve! Con papà facciamo i fortini e la lotta con le palle di neve!» Kenjirou lanciò un'occhiataccia ad Eita, sibilando mentre la porta veniva aperta: «Gli fai fare le lotte?! Ti avevo detto niente cose violente!»

«Giocano a palle di neve!» si difese il biondo. «Tutti i bambini lo fanno!»

La signora Semi era più bassa del figlio e del castano, ma aveva gli stessi capelli biondi e gli stessi occhi scuri. Quando aprì la porta sul suo viso si allargò un sorriso e si protese in avanti per stringere il biondo in un abbraccio, poi si fece di lato invitandoli ad entrare.

Kenjirou strinse al petto Yukine mentre varcava la soglia della porta e avrebbe dovuto aspettarsi di sentire per prime le esclamazioni di sorpresa dei suoi genitori ancora prima che qualcuno potesse dire anche solo "ciao". Si fermò in mezzo all'ingresso, puntando lo sguardo ora in quello di sua madre, ora in quello di suo padre e si sentì rassicurato quando Semi gli avvolse un braccio attorno alle spalle, come a sfidare i suoi genitori a dire qualcosa di sgradevole e a mettersi contro di lui.

«Ciao.» mormorò. Nella stanza calò il silenzio.

Sulla soglia della sala da pranzo c'erano i suoi genitori – il castano poteva giurare di non averli mai visti tanto sconvolti in vita sua – mentre dal lato opposto, sotto l'arco che portava al salotto, c'erano quelli del biondo e Akihito. Ancora più dietro, seduti sul divano, si trovavano i suoi fratelli minori e la sorellina di Eita.

«Ciao, Kenjirou.» rispose infine suo padre, ritrovando un po' di contegno ma rimanendo comunque ad osservarlo senza saper bene come iniziare il discorso. Yukine si aggrappò al collo del castano.

Fu sua madre a rompere il silenzio. «Quando mi hai detto al telefono che dovevi dirci una cosa importante, ecco... Ho pensato a tante cose, ma...»

«Ma non questo, no di certo.» suo padre terminò la frase al posto della moglie. Con la coda dell'occhio il castano vide la signora Semi allungarsi verso il marito e sussurrare: «Potevi dirmelo che la situazione era questa! Non avrei forzato nessuno a venire qui!»

«Eita ha detto che non si sentivano da molto, ma non ha approfondito il discorso!» mormorò in sua difesa il marito. «Insomma, pensavo che almeno questo lo sapessero...»

Eita si schiarì la gola come a puntualizzare il fatto che in quel modo potevano sentirli tutti. Sua madre si lisciò le pieghe inesistenti dei pantaloni. «Noi... Forse è meglio che vi lasciamo la vostra privacy. Avrete molto di cui parlare.»

Kenjirou fece scattare lo sguardo su di loro. «No, state, per f-»

Sua madre lo interruppe e rivolse un sorriso di gratitudine ai padroni di casa. «Grazie mille. Non vi ruberemo troppo tempo.»

Il signor Semi annuì con un sorriso tirato. «Potete usare l'ufficio. Eita sa dove si trova.»

Per un attimo nessuno si mosse, poi Akihito si avvicinò al fratello e prese in braccio Yukine, mormorando. «Ci penso io qui, non preoccuparti. Se te la vedi brutta puoi sempre gridare e ti vengo ad aiutare.»

Il castano annuì, lasciando che il maggiore prendesse per mano anche Fuyuki e si allontanasse in salotto. La porta della stanza venne chiusa delicatamente, ma quando Semi fece un passo avanti per condurre tutti nell'ufficio del padre, Shirabu gli afferrò il polso, bloccandolo. Il biondo si voltò nella sua direzione e gli sorrise rassicurante, leggendo il panico nei suoi occhi. Gli prese delicatamente la mano e s'incamminò verso le scale.

«Di qua.» la stanza in sé non era molto grande e questo non fece altro che far aumentare leggermente il panico del castano. Mentre si sedeva su uno dei divani cercò di focalizzare la sua attenzione sulla mano della sua anima gemella ancora stretta alla sua e non sulle figure dei suoi genitori che chiudevano la porta e si sedevano di fronte a loro. Suo padre guardò il biondo, schiarendosi la gola.

«Aehm... Eita,» calcò il suo nome con un sorriso tirato. «ti spiacerebbe darci qualche minuto da soli con nostro figlio?»

Kenjirou serrò la stretta della sua mano e il biondo si schiarì a sua volta la gola. «Abbastanza, sì.»

Il signor Shirabu annuì, non del tutto convinto di cosa rispondere. «D'accordo, allora.»

Rimasero in silenzio per qualche manciata di secondi e proprio quando Kenjirou stava per alzarsi e sbottare per il nervoso – non aveva mai pensato che un giorno sarebbe arrivato a farlo, visto il suo temperamento non troppo violento, anche se irascibile – sua madre parlò: «Ti ha fatto male?»

Il castano alzò di scatto lo sguardo dalla mano che stava torturando il lembo della sua maglia. «Cosa?»

«Quando sono nati... Ti ha fatto male?» oh, mormorò mentalmente il castano. Strinse le labbra.

«In realtà non me lo ricordo molto.» mormorò. «Ci sono state... Delle complicazioni, credo, quindi hanno fatto il cesareo.»

Eita gli scoccò un'occhiata veloce con la coda dell'occhio mentre sua madre annuiva leggermente. «Capisco.»

Tornarono in silenzio per qualche altro secondo, poi suo padre di punto in bianco domandò: «Non avrei mai pensato che mio figlio avrebbe potuto ignorarmi per tre anni.»

«Sono stato un po' occupato.» rispose Kenjirou con un pizzico d'irritazione nella voce.

«Avresti potuto dircelo. Perché non l'hai fatto?» domandò sua madre e il suo tono alla disperata ricerca di una risposta quasi spezzò in due il figlio. Strinse i pugni e abbassò lo sguardo, rimanendo in silenzio. Semi gli strinse più forte la mano. Lei continuò. «Ogni volta che tuo fratello partiva la mattina presto o al pomeriggio gli domandavo dove andasse. Lui mi rispondeva che ti voleva fare visita, ma ogni volta che gli domandavo perché non volessi parlarci nemmeno al telefono lui diceva che ti serviva del tempo per riflettere e che quando sarebbe arrivato il momento saresti stato tu a contattarci. Gli... Gli dicevo che mi andava bene e ho aspettato, ma probabilmente se non ci fossero stati i genitori di Eita saresti ancora chissà dove a mentirci. Perché?»

Kenjirou tirò un profondo respiro e puntò lo sguardo in quello della donna. «Perché è così che sono cresciuto. Mi dicevate che il marchio bianco era pericoloso e ne parlavate quasi come se fossi... Un mostro. Non volevo la vostra pietà quando ho scoperto che aspettavo, quindi non ve l'ho detto.»

«Perché pensi che ti avremmo compatito?» domandò di getto suo padre.

«Perché vi conosco e so che sareste stati contrari a tutta la situazione. Avevo diciassette anni, conoscevo la mia anima gemella da poco, non avevo terminato gli studi... Sareste andati in panico.»

«E pur di non farti fare una ramanzina hai allontanato tutti quanti?! Sappiamo che non vi siete parlati per anni, quindi non serve la scena della coppia felice che si tiene per mano per far vedere quanto forte sia il loro legame.» Eita strinse tanto forte la presa che quasi bloccò il flusso sanguigno della mano del castano, ma Kenjirou rimase in silenzio senza lamentarsi del dolore.

«Non c'è nessuna scenetta della coppia felice, qui.» sibilò gelido. «Io ho amato e continuo ad amare vostro figlio e non lo lascerò per nessun motivo al mondo.»

«Ma se non lo avessi fatto?» suo padre guardò il figlio. «Come pensi che saresti andato avanti a crescere due figli se fossi stato solo? Mentre venivamo qui Akihito ci ha detto come vai avanti a fatica! Andando avanti così, tra un anno saresti finito in strada!»

«Non è vero.» sbottò il castano. «Sono un adulto responsabile e riesco benissimo a badare alle mie spese. L'ho fatto fino ad ora anche senza Eita al mio fianco.»

«Ma cosa sarebbe successo se lui non fosse tornato, eh?!»

«Non metterlo in mezzo. Lui non c'entra.»

«Penso che sia in gran parte anche colpa sua se ti ritrovi in questa situazione!»

«Sono stato io a non dirgli di aver la macchia bianca! Non poteva saperlo.»

«Mi stai dicendo che non si è reso conto del tuo problema in un anno e mezzo che ti conosceva?!»

«Ah, adesso è un problema?!»

«Certo che è un problema! Sei troppo giovane! Stai sprecando tempo prezioso per trovare una buona carriera!»

«Questo non c'entra nulla! Posso benissimo gestire la mia famiglia e una buona carriera come qualunque altra persona!»

«Qualunque altra persona non ha avuto due figli a diciassette anni! Cosa diranno le persone con cui farai un colloquio di lavoro che potresti tranquillamente avere delle problematiche dato che hai due figli piccoli?!»

«Questo potrebbero dirlo tranquillamente per via della macchia bianca! E poi ho già un lavoro!»

«E posso immaginare che lavoro, visto quanto poco ti pagano!»

«Non mi sembra proprio di star facendo la fame, ma tu che ne puoi sapere?!»

«Di certo il minimo indispensabile, visto come hai preferito affidarti a qualcuno che potrebbe abbandonarti quando si stuferà di te invece che a qualcuno di più fedele come la tua famiglia!»

Eita scattò in piedi pronto ad unirsi alla conversazione urlando e Kenjirou si rese conto che lui e suo padre erano uno di fronte all'altro, separati solo da un piccolo tavolino di vetro, solo quando allungò una mano per fermare il biondo dal commettere un qualche casino. Eita gli afferrò il polso e parlò ugualmente, anche se mantenne il tono freddo e tagliente, ma calmo.

«Sinceramente, signore, non vedo più il motivo di continuare questa discussione che è diventata solo una ridicola ramanzina a suo figlio. Lei ha due nipoti di quasi tre anni e la sua unica opzione è farsene una ragione, perché lamentandosi non arriverà da nessuna parte dal momento in cui Kenjirou è un adulto e lei non ha più nessun potere su di lui.» il signor Shirabu divenne rosso di rabbia.

«Non t'impicciare, ragazzo. Questa non è una questione che ti riguarda.» sbottò.

«Invece sì, perché sono anche i miei figli e ho intenzione di prendermi tutte le responsabilità che questo ne comporta. Non sta più a lei giudicare ciò che è meglio per la vita di suo figlio!» ringhiò Semi. Kenjirou deglutì e gli afferrò il polso.

«Eita, basta.»

«Esatto, Eita¸ ascolta mio figlio e smettila di fare una scenata inutile.»

«La scenata la sta facendo lei, perché secondo me non si è ancora reso conto che quei bambini non sono dei feti da poter uccidere con un aborto e nemmeno dei neonati di un giorno da dare in adozione, ma bambini di tre anni che sono sotto la nostra supervisione. Quando lo avrà finalmente accettato forse potremo avere una conversazione civile.» Afferrò il braccio di Kenjirou e lo trascinò fuori dalla stanza. «Andiamocene.»

Kenjirou lo seguì senza proferire parola.

 

   
 
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