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Autore: Shadow writer    26/02/2021    2 recensioni
Nate è un ventiquattrenne disilluso e pessimista. Ha un lavoro che odia, vive in una città che non sente sua ed è rimasto intrappolato in un passato che non riesce ad accettare.
Per aiutare un amico, partecipa a una corsa automobilistica, ma questo lo porterà a invischiarsi in qualcosa di più grande di lui.
"«Si dice che tu ti stia facendo un nome in città» commentò Alison, appoggiandosi al bancone di fronte a lui.
Il ragazzo alzò gli occhi dalla bistecca e incrociò quelli civettuoli di lei.
«È stata la mia prima e ultima gara» ribadì, «l'ho già detto a Richie.»
Lei fece schioccare la lingua contro il palato in segno di disappunto.
«Mi hanno riferito che ci sai fare con le auto.»
Nate rise e si sporse verso la ragazza.
«Me la cavo bene con molte cose, Alison» quando pronunciò il suo nome, le appoggiò le dita sotto il mento, costringendola a guardarlo negli occhi, «ma ciò non significa che io sia interessato a tutte queste.»"
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sabato
(parte 1)

 

L’entusiasmo per la prima corsa scemò molto rapidamente. Se era vero che era sopravvissuto alla sfida iniziale, Nate non dimenticava che ne aveva ancora cinque da affrontare 

Ormai al lavoro si trascinava in giro e svolgeva le proprie mansioni con fare meccanico, mentre ai corsi serali ascoltava o registrava le lezioni, ma non aveva mai tempo di studiare alcunché.

Aspettò con trepidazione il sabato sera, l’unico momento che Ross gli aveva lasciato libero tra una corsa e l’altra. Si era era accordato con Alison per andare da lei a cena. 

Jay aveva cercato di pressarlo per ricavare qualche informazione sul suo rapporto con la ragazza, ma Nate aveva liquidato il tutto scuotendo il capo. Non voleva parlarne.

Tra i turni massacranti e mille pensieri che gli affollavano la testa, sabato arrivò. Avrebbero annunciato il percorso della sfida successiva solo l’indomani, così Nate dedicò le poche ore libere per recuperare tutto quello che aveva trascurato nei giorni precedenti. Dato che gli avanzava del tempo prima dell’appuntamento, decise di uscire di casa per prendere un po’ d’aria.

Si era da poco incamminato, quando sentì il proprio cellulare squillare. Si trattava di Alison, che gli rispose con voce agitata. 

«Hanno trovato una fuga di gas nel mio palazzo e hanno evacuato tutti i residenti. Probabilmente sarà risolto entro domani, ma l’appartamento è inagibile. Posso venire da te?»

Nate esitò quanto bastava perché lei si affrettasse ad aggiungere: «Te lo chiedo perché dovevamo vederci. Se è un problema vado da Ross, oppure chiedo a qualche amica».

«No, va bene, ti aspetto».

Ritornò verso il suo condominio e si mise ad aspettarla accanto al portoncino d’ingresso, con le spalle appoggiate al muro scolorito e una sigaretta tra le dita.

Riconobbe il rumore dell’auto di lei dal fondo della via e la vide parcheggiare poco più avanti. Quando scese dal veicolo, la sua figura di splendida amazzone risultò in contrasto con il mucchio di ferraglia con cui era arrivata. Alison indossava un abitino rosa acceso a canottiera, che si intravedeva dalla felpa aperta che portava sulle spalle. Nonostante il freddo, le sue gambe erano nude e ai piedi aveva degli stivaletti neri e rosa. In una mano stringeva le chiavi dell’auto, nell’altro una grande borsa di tela scura.

Nate aveva cominciato a notare che aveva un modo eccentrico e colorato di vestire e la cosa non gli dispiaceva. La ragazza era indubbiamente attraente e il suo stile non faceva altro che esaltare la sua figura.

Gettò la sigaretta a terra e quando lei gli si avvicinò fu colpito dalla nuvola di profumo che la circondava. Alison si sporse in avanti e gli lasciò un bacio sulla guancia, ma lui l’attirò ancora verso di sé cercando le sue labbra. La sentì sorridere e ridacchiare, mentre gli dava quello che voleva e si lasciava accarezzare dalle mani del ragazzo.

«Entriamo» la invitò poi lui, aprendo con un colpo il portone e prendendo la borsa di tela dalle mani della ragazza.

«Sì, mi sto gelando» commentò lei.

Nate le rivolse un sorrisetto. «Sei tu che hai scelto di uscire con le gambe nude in inverno, signorina».

Alison ammiccò. «Era per essere sicura che mi avresti ospitata. Non avrei voluto fare tutta questa strada e poi scoprire che avevi cambiato idea».

Lui rise e la condusse su per le scale fino al suo piano. Non erano soliti avere ospiti ed improvvisamente fu assalito da cosa Alison avrebbe potuto pensare dell’appartamento. Non che la casa di lei fosse una reggia, ma era piccola quanto ben tenuta. Nate cercò di scacciare quei pensieri ragionando sul fatto che almeno loro non avevano una fuga di gas.

Come prevedibile, Jay li aspettava in cucina, ansioso di vedere “la bionda” di cui Mike aveva parlato nei giorni scorsi e su cui Nate aveva applicato un ostinato mutismo. Cercò di contenere l’entusiasmo mentre le stringeva la mano, ma Nate vide i suoi occhi brillare dietro alle lenti degli occhiali. Infatti, non appena Alison guardò altrove, Jay rivolse all’amico uno sguardo di vittoria. Nulla gli poteva rimanere nascosto.

«Che ne dici di concedermi una decina di minuti per ripulire camera mia e me stesso?» chiese Nate alla ragazza, una volta che furono rimasti soli nel salotto.

Lei sollevò le sopracciglia e lui si giustificò: «Non pensavo che avrei avuto ospiti e avevo previsto di fare una doccia prima di venire da te».

Alison si sporse in avanti per chiedere un altro bacio, poi lo lasciò andare.

«C’è Jay in cucina, se vuoi compagnia» le disse lui, scivolando via dalle sue braccia.

Una volta rimasta sola, la ragazza si guardò attorno. Il salotto in cui si trovava era piccolo, ma conteneva tutto il necessario per viverci. Lo trovò anche fin troppo pulito, considerando che ci vivevano tre ragazzi. 

Studiò per qualche minuto la stanza, cercando di immaginare gli inquilini all’interno. Jay che lavorava alla scrivania incastrata contro il muro, Mike che sonnecchiava sul divano e Nate che guardava un’immaginaria TV, dato che quella rubata non era ancora stata rimpiazzata.

Si lasciò travolgere da quelle fantasticherie e, quando si stufò, decise di cercare compagnia in cucina.

Jay era seduto al tavolo e stava guardando lo schermo di un piccolo computer portatile. Nel vederla entrare, le fece cenno di accomodarsi ad una delle sedie. Alison accettò con un sorriso.

«Nate mi ha detto che lavori al Venus» cominciò lui e la ragazza poté avvertire nel suo tono un certo nervosismo. Stava cercando di fare conversazione per eliminare il silenzio imbarazzante che si sarebbe creato.

Lei annuì. «Sì, non è il mio lavoro dei sogni, ma almeno arrivo a fine mese. Tu?»

Jay si sistemò gli occhiali sul naso. «Lavoro in un piccolo negozio di elettronica».

«Oh» fece Alison, poi spostò gli occhi sul laptop di lui e sorrise, come a dire che ci sarebbe potuta arrivare. Jay sorrise di riflesso.

In lontananza, sentirono il rumore della doccia che si apriva con uno scrosciare d’acqua.

Fu il turno della ragazza di intentare una conversazione.

«So che siete amici da parecchio tempo» disse, alludendo agli altri inquilini assenti.

Lui fece un cenno di assenso. «Siamo praticamente cresciuti insieme. Se mai vorrai ascoltare aneddoti imbarazzanti, Mike e io ne abbiamo a bizzeffe».

Alison sorrise e piegò il capo, incuriosita. «È bello che siate rimasti amici».

Jay si strinse nelle spalle. «Siamo quasi una famiglia. Anche se siamo cambiati rispetto ai ragazzini che eravamo, non significa che ci vogliamo meno bene.»

Lei fece un commento di apprezzamento, poi domandò: «E che tipo era Nate?»

«Il solito paranoico rompicazzo che è ora» fu la risposta, accompagnata da una vistosa rotazione delle pupille.

Alison rise. «Vuoi dire che non c’è mai stato un tempo in cui sapesse sorridere davvero?»

«Be’, ci sono stati periodi più o meno spensierati. Nate ha sempre avuto mille cose per la testa e se non era la vita a creargli problemi se li cercava da solo»

«E come se la cavava con le ragazze?»

Jay fece un sorriso furbo. Alison era brava a tastare il terreno.

«Quella sua aria scazzata e annoiata faceva strage di cuori. Più teneva il broncio e più gli correvano dietro.»

Lei rise ancora e si lanciò i capelli dietro alle spalle. Poi, con ancora il sorriso sulle labbra piene di gloss, lasciò vagare il suo sguardo come cercando di immaginare la scena.

«Quindi era un play boy?» domandò ancora.

«Credo che all’inizio gli sia piaciuto divertirsi un po’… ma sai com’è Nate, gli piace complicarsi la vita.»

Alison sollevò le sopracciglia e spostò gli occhi su Jay. «Cosa vuoi dire?»

Il ragazzo lanciò un’occhiata verso il bagno, ma si sentiva ancora il rumore della doccia, segno che poteva parlare indisturbato.

«Tra tutte le ragazze che poteva avere, ha scelto l’unica che non sarebbe mai stata sua».

Alison si raddrizzò e il suo sguardo si fece rapace, come se avesse avvistato una preda che non voleva farsi sfuggire. Jay parve accorgersene perché scosse il capo. «Non dirò altro. Se vuoi sapere di più, devi fartelo raccontare da Nate.»

Si accorsero che l’acqua aveva smesso di scorrere, così riportarono la conversazione su argomenti più leggeri. Nate fece capolino poco dopo, con i capelli ancora umidi e degli abiti freschi di bucato.

«Che ne dici di uscire a cena?» domandò ad Alison.

Lei sollevò le sopracciglia, sorpresa dalla proposta.

«Non perdere l’opportunità, non è così generoso di solito» commentò Jay mentre chiudeva il computer e si alzava in piedi, per dirigersi verso la propria camera.

Alison guardò Nate, che aveva quel sorriso appena accennato e lo sguardo di chi non smette di pensare neanche per un secondo. Riusciva a sentire il profumo del suo bagnoschiuma anche se lui se ne stava sulla porta e lei non si era ancora alzata in pedi.

«Certo» gli sorrise.

 

 

Nate la condusse in un piccolo ristorante a pochi isolati di distanza. Si trattava di un locale senza grandi aspirazioni, gestito da una vecchia coppia che cucinava gli stessi piatti da decenni. C’era stato in passato con Mike e Jay quando dovevano festeggiare qualcosa.

Parcheggiò l’auto – che Alison gli aveva graziosamente concesso di guidare – davanti all’insegna luminosa che recitava “Berto’s”. Berto era l’uomo mingherlino e canuto che serviva ai tavoli con grande vivacità, più brioso e rapido dei dipendenti più giovani. Sua moglie Nancy se ne stava di solito dietro alla cassa, talmente piccola che quasi veniva nascosta dal bancone e si intravedeva solo un ciuffo di capelli bianchi.

La saletta era arredata in modo semplice, con vecchi tavoli in legno rivestiti da tovaglie a quadri e con una bottiglia di vetro riempita di fiori come centrotavola.

Li condussero ad un tavolo appartato, accanto alle grandi finestre che si affacciavano sul buio della notte.

«Chi l’avrebbe detto che Nate Winchester mi avrebbe portato ad una cena romantica» commentò scherzando Alison quando si furono seduti.

A “cena romantica”, il ragazzo sentì il suo cuore mancare un colpo, ma mascherò tutto con un sorrisetto. 

«Questo è un trattamento speciale, che riservo a poche persone».

Si allungò per versarsi dell’acqua dalla brocca che un cameriere aveva appoggiato sul tavolo e accostò il bicchiere alle labbra.

«Prima Jay mi ha raccontato dei tuoi trascorsi amorosi» commentò con nonchalance lei. Il ragazzo non riuscì a mantenere lo stesso atteggiamento disinvolto e per poco non si strozzò con l’acqua.

Tossicchiò per qualche secondo e, quando ebbe ripreso fiato, cercò di minimizzare con dell’ironia. «Spero non ti abbia spaventato scoprire che non ho mai avuto una ragazza».

Alison si finse scioccata, portandosi una mano sul cuore. «Vuoi dire che sono stata la prima?»

Nate alzò gli occhi al cielo. «Sai cosa intendo».

Lei tornò seria. «In realtà mi ha parlato più del tuo charme, non delle tue relazioni».

L’arrivo di un cameriere interruppe la loro conversazione. Lasciò i menù e immediatamente Nate ne afferrò uno per usarlo da schermo contro qualsiasi conversazione la ragazza stesse cercando di imbastire.

Notò che lei sbirciava di tanto in tanto nella sua direzione, da sopra le pagine plastificate, ma lasciò cadere il discorso. 

Dopo che ebbero ordinato – una bistecca per lui e degli spaghetti per lei - Nate si sforzò di fare domande ad Alison nella speranza di dimenticare l’inizio della serata.

«Sono venuta in città alla ricerca di opportunità e intanto, per mantenermi, ho cominciato a lavorare per Venus. Peccato che ora sia diventata la mia vita».

«A cosa aspiravi?»

E labbra rosa di lei si tesero in un sorriso malcelato. «Promettimi di non ridere».

Nate fece una croce sul cuore.

Alison si torturò nervosamente una ciocca di capelli, poi confessò: «Fin da quando ero piccola, ho sempre adorato disegnare e realizzare vestiti. Speravo di poter diventare una stilista».

«Perché avrei dovuto ridere? È una cosa bellissima» commentò lui. «Cosa ti ha frenata?»

La ragazza sospirò. «Tutto quello che so fare l’ho imparato da sola, quindi non ho la preparazione giusta che le aziende richiedono».

Nate le rivolse un’espressione solidare. «Benvenuta nel club».

Alison gli rivolse un sorriso grato.

I piatti arrivarono e, tra una chiacchiera e l’altra, arrivarono a fine serata. Il vino rosso che avevano ordinato li aveva resi allegri e accaldati. Parlavano a voce alta, gesticolando, e quando arrivò il dolce si trattennero in un’allegra conversazione con Berto che li aveva serviti.

Nate insistette per pagare il conto e, forse per effetto del vino, decise di lasciare una lauta mancia. Al di là della cassa, Nancy lo ringraziò con un’espressione timida e affettuosa.

Nel tornare a casa, Nate guidò a piano, attento a qualsiasi segnale potesse indicare la presenza di poliziotti. L’ultima cosa che voleva era essere beccato al volante dopo aver bevuto del vino.

Non appena ebbero varcato il portone d’ingresso che conduceva alle scale, si avvinghiarono in un caldo bacio. Nate sentì le gambe nude di Alison che lo bruciavano anche attraverso i jeans.

«Ehi» rise contro alla bocca di lei, «cerchiamo di arrivare in camera prima».

Alison si staccò e lo guardò per un secondo negli occhi, poi lo afferrò per un braccio e lo trascinò su per le scale con sé.


 

   
 
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