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Autore: Raven_Stark22_    26/02/2021    0 recensioni
[BOKUAKA]
"Senza qualcosa per cui vivere, che senso ha continuare?"
Questa era la domanda che da mesi tormentava Akaashi.
E più trascorevano le settimane, più quel pensiero si faceva vivido nella sua mente.
Una sera, stanco di un mondo portava solo a sofferenza, decise di mettere fine al suo dolore.
Su quel tetto, per caso, si trovava Bokuto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akinori Konoha, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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[𝕁𝕦𝕤𝕥 𝕗𝕠𝕣 𝕥𝕠𝕟𝕚𝕘𝕙𝕥

𝕃𝕠𝕠𝕜 𝕚𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 𝕒𝕟𝕕 𝕤𝕡𝕒𝕣𝕜 𝕥𝕙𝕒𝕥 𝕞𝕖𝕞𝕠𝕣𝕪
𝕠𝕗 𝕪𝕠𝕦

𝕊𝕥𝕣𝕠𝕟𝕘 𝕖𝕟𝕠𝕦𝕘𝕙 𝕥𝕠 𝕘𝕖𝕥 𝕚𝕥 𝕨𝕣𝕠𝕟𝕘

𝕀𝕟 𝕗𝕣𝕠𝕟𝕥 𝕠𝕗 𝕥𝕙𝕖𝕤𝕖 𝕡𝕖𝕠𝕡𝕝𝕖 ]

-Sarebbe questa casa tua?-

La presunta abitazione di Bokuto consisteva in un piccolo appartamento all'intero di un vecchio Danchi, quel gruppo di condomini semplici e neutrali tipici delle aree di periferia.

File su file di edifici identici si estendevano lungo il viale, il numero civico che svettava sulla porta.

Avevamo camminato per una ventina di minuti distanziandoci dal centro per raggiungere quegli imponenti colossi di cemento, con lo spazio sufficiente solo per qualche finestra sui muri.

A prima vista, non si poteva certo pensare che gli abitanti di quella zona vivessero nel lusso.

Il quartiere era persino privo di una fermata dell'autobus e l'unico modo per arrivare a Shidome era farsi la strada a piedi.

Alla proprietà si accedeva da una via sterrata costeggiata in entrambi i lati da Rododendri che, in estate, sarebbero stati pieni di fiori ma che in quel periodo, invece, presentavano solo rami tristi e spogli.

-Accogliente, non ti pare?- Scherzò Bokuto, suonando il campanello.

Attendemmo in silenzio qualche secondo, prima che una voce femminile facesse capolino dall'altra parte del citofono: -Chi è?-

-Sono io, mamma.- Rispose il ragazzo, mettendosi in punta di piedi per avvicinare il mento al microfono.

La porta si spalancò e sulla soglia comparve la madre di Bokuto.

In seguito scoprii che aveva una cinquantina d'anni, ma a prima vista mi sembrarono di più: era una donna di altezza comune, con vispi occhi grigi e i capelli di media lunghezza dello stesso colore; una frangia disordinata le copriva la fronte e un paio di occhiali spessi le ricadevano sul naso.

Indossava una camicia color pesca, le maniche ripiegate fino al gomito, sopra dei normalissimi jeans. 

Fu quando mi sorrise cordialmente che realizzai da chi Bokuto avesse ereditato quei tratti allegri così distintivi.

-Oh, ciao!- Mi salutò, per poi rivolgersi al figlio: -E questo bel ragazzo chi è?-

-Agaashee-

-Akaashi Keiji.- Lo interruppi, porgendo una mano alla donna -Lieto di conoscerla.-

La madre di Koutaro rispose alla stretta, inclinando la testa proprio come era solito fare il figlio: -Puoi chiamarmi Toshiko, caro. Sei educato. Mi stai già simpatico.-

La ringraziai con un cenno e mi dondolai sul posto, a disagio. 

La conversazione si era interrotta e io non avevo la più pallida idea di cosa dire.

E, a complicare la situazione, c'era lo sguardo inquietantemente felice che la madre di Bokuto mi stava lanciando.

-Bene.- il ragazzo si schiarì la voce con un colpo di tosse -possiamo entrare?-

-Prego.- La donna si fece da parte, permettendomi di superare la soglia.

Se da fuori l'edificio appariva a malapena mediocre, l'interno dell'abitazione si poteva tranquillamente definire come decadente.

Sul lato destro, un salottino microscopico conduceva ad un piccolo bagno mentre, nella direzione opposta, si accedeva alla cucina, affacciata tramite un finestrone in plexiglas sulla strada.

Dalla mia posizione riuscivo a scorgere un frigorifero, un piano cottura e un tavolo, ma nessuna traccia del soggiorno.

La madre di Bokuto ci fece strada nel corridoio; giunta alla fine si fermò e tirò una tenda rivelando, sotto un archetto in pietra, una scalinata in legno che conduceva al piano superiore.

-Serve a mantenere il caldo nelle stanze.- Spiegò la donna, riferendosi alla tenda -Volete che vi porti qualcosa per fare merenda?-

-Io sto benissimo così, la ringrazio.-

Bokuto si arrampicò per primo sulla scala, facendomi cenno di seguirlo: -Beh, invece io avrei anche fame.-

 -Smettila Koutaro, è quasi ora di cena. Ti rovineresti l'appetito.- Lo sgridò sua madre, dandogli le spalle e allontanandosi.

Bokuto fissò il corridoio in silenzio, cercando di processare la scena a cui aveva appena assistito.

-Ma-

-Vai avanti.- Gli intimai, trattenendo una risatina.

Lui borbottò parole poco carine sul conto di sua madre e riprese a salire le scale.

Il secondo piano consisteva in un piccolo spazio sufficiente per tre porte addossate alle pareti; Bokuto scelse di infilarsi nella prima, richiudendola subito dopo il mio passaggio.

La sua camera da letto era forse l'ambiente più grande della casa. 

Era arredata con due comodini e due letti singoli in ferro battuto, posizionati ai lati opposti della stanza.

Nella parete adiacente ai piedi di un letto, era stato ricavato un armadio a muro con due cassettiere. Al suo fianco, si trovava una scarpiera che vedeva alternati stivali, ballerine, ciabatte e scarpe da ginnastica.

Nessuna libreria; vicino alla finestra era stata inchiodata trasversalmente un'asse di legno che fungeva da scrivania e che era stata sommersa dai quaderni di scuola.

La stanza era illuminata debolmente da un vecchio lampadario e che serviva a conferire al tutto un'aria abbastanza cupa.

Mi sentii improvvisamente in colpa per aver pensato che la mia camera fosse piccola.

-Scusa, emh...per il disordine.- Bokuto si chinò a terra per nascondere sotto al letto i libri sparsi sul pavimento.

-Non ti preoccupare.- Lo rassicurai, togliendomi il cappotto e appendendolo all'attaccapanni.

In realtà non faceva neanche così caldo, ma mi sembrava scortese tenerlo addosso.

Mi strinsi nel maglione di lana e mi accomodai sul letto che, a giudicare dai poster sulla pallavolo e dai trofei sul comodino, doveva appartenere a Bokuto.

-Hai freddo?- Domandò il ragazzo, appoggiando il suo giubbotto ssulla scrivania -Possiamo accendere il riscaldamento se preferisci.-

-Non serve.- Mentii, sperando di suonare credibile.

Da quel poco che avevo visto, la famiglia di Koutaro non viveva propriamente nella migliore delle condizioni economiche.

-Guarda che non è un problema.- Bokuto parve sicuro di sè, ma un sesto senso mi disse che la sua era una bugia.

-Condividi la camera con tua sorella?- Tentai di sviare il discorso e, fortunatamente, Bokuto abboccò:

-Da cosa lo hai intuito?-

-Non mi sembri il tipo da indossare ballerine e scarpe col tacco.- Risposi, indicando la scarpiera -E poi, ci sono due letti.-

-Non ti sfugge nulla.- Commentò ironicamente l'altro -In totale siamo tre fratelli. O meglio, ho altre due sorelle maggiori.-

-E vivono entrambe qui?- Chiesi, stupito che potessero convivere in uno spazio così ristretto.

Koutaro annuì, sporgendosi dal materasso per agguantare una cornice sul comodino: -La più grande ha trovato un lavoro a Yokohama, quindi si trasferirà a breve. Tornerà a farci visita nei weekend, suppongo.-

Presi in mano la fotografia e osservai l'immagine ritraente i tre fratelli Bokuto. L'allegria era un tratto di famiglia, evidentemente.

-Bokuto-san? Posso farti una domanda un po' indelicata?-

-Spara.-

-Non ti dà fastidio non poter dormire da solo?-

Koutaro scrollò le spalle: -Non più di tanto.-

-Intendo... tua sorella non potrebbe trasferirsi in camera con l'altra ragazza?-

Bokuto si morse il labbro inferiore ed esitò.

-Vedi, Akaashi, il fatto è che mia sorella...-

-KOU!- La madre di Bokuto fece capolino sulla soglia, agitando una mano per attirare la nostra attenzione -E' appena arrivata Naoki. Vuoi che mandi la piccola di sopra?-

 -Certo.- Bokuto le rispose con un sorriso -Ma potresti smetterla di squadrare Akaashi in modo così inquietante?-

La donna ridacchiò e scomparve dietro la porta.

-Cosa mi stavi dicendo al proposito di tua sorella?-

-Giusto- Bokuto parve risvegliarsi -Naoki ha ventidue anni e fino a pochi mesi abitava a casa del suo ragazzo, ma poi hanno rotto e lei non aveva più un posto dove vivere.-

-Così si è ripresa la sua vecchia stanza.- Conclusi.

-Fino a quando non avrà preso in affitto un nuovo appartamento, ci toccherà stare tutti e sei sotto lo stesso tetto.-

Rimasi in silenzio, sentendo i passi della ragazza per le scale.

Un momento.

Aveva detto tutti e sei?

-ZIO BO!-Una bambina entrò nella stanza illuminandola con un sorriso a trentadue denti.

Era piccola, non dimostrava più di cinque anni e aveva una pelle molto chiara. I capelli neri erano corti fino alla nuca, con qualche ciuffo ribelle più lungo sul davanti, mentre le guance rosee e accaldate.

Quando incrociai gli occhi caldi e rotondi, percepii la stessa gioia che emanava la sola presenza di Bokuto.

-Hey hey heyy!- Esclamò il ragazzo, correndole incontro e facendola volteggiare tra le braccia.

Io rimasi inchiodato sul letto, non sapendo come reagire.

Quando Bokuto la rimise a terra, la bambina stava ancora ridendo a crepapelle.

Si interruppe non appena ebbe voltato la testa: -Lui chi è?-

-Si chiama Akaashi.- Mi presentò il ragazzo e, per la prima volta, non fui costretto a correggerlo.

-Piacere.- Feci mezzo inchino, indugiando un po'.

La ragazza inarcò un sopracciglio, per poi imitare il mio gesto, divertita: -Ha un bel nome!-

-Puoi parlare direttamente con lui, sai?- La punzecchiò Bokuto, dandole una leggera spinta con il gomito.

Lei mi porse immediatamente la mano: -Mi chiamo Mayu.-

Ricambiai la stretta e le sorrisi: -Io sono Akaashi.-

-Tesoro? Che ne dici di dare una mano alla nonna ad apparecchiare?- La madre di Bokuto chiamò sua nipote dal piano terra.

Mayu dapprima sbuffò infastidita, ma poi ci salutò con la mano e si diresse fuori dalla camera nel suo svolazzante abito a fiori.

-E' la figlia di Naoki.- Mi lesse nel pensiero Bokuto, interrompendo il silenzio che si era creato. -Dorme in camera con mia sorella. Suo padre non si degna neanche di venire a trovarla.-

-Sembra una tipetta vivace.- Dissi.

Koutaro annuì convinto: -Lo è. Ma con me è sempre gentile.-

-Difficile non esserlo, se si ha a che fare con te.-  Ribattei, dando voce troppo in fretta ai miei pensieri.

Bokuto gonfiò il petto, altezzoso: -Sì, hai proprio ragione.-

Alzai gli occhi al soffitto e ignorai lo sguardo vittoriso del ragazzo.

-Così siete in sei.-

-In una casa di settanta metri quadri.- Koutaro si buttò di peso sul letto, affondando il naso nelle coperte -Contando la terrazza, ovviamente.-

-Ovviamente.- Sospirai e mi appoggiai con la schiena al muro.

-Ma Mayu non è affatto un problema, anzi. Ogni tanto passo a prenderla a scuola o la porto a casa di qualche suo amichetto. Mi mancherà un po' la sua costante presenza in casa, una volta che Naoki si sarà trasferita.-

Trascorse qualche minuto di assoluta pace.

Quando ormai mi ero convinto che Bokuto avesse preso sonno, il ragazzo decise di rompere il silenzio: -A cosa stai pensando?-

-I tuoi sanno che...- Non riuscii a proseguire per il groppo alla gola.

-Che sono peggiorato?- Indovinò Koutaro, mettendosi seduto sul matrasso -Glielo dirò dopo che te ne sarai andato.- 

Sentii gli occhi farsi nuovamente lucidi e mi costrinsi a distogliere lo sguardo per non scoppiare in un pianto disperato.

-Come fai a tenere la testa alta?-

Bokuto corrugò la fronte: -Ah?-

-Hai una famiglia numerosa, non vivi propriamente in una villa e sei pieno di impegni. In più ti porti...- Per quanto mi sforzassi, le parole sembravano troppo amare per essere pronunciate -Ti porti dietro la Leucemia da due anni e non sai quanto tempo ti rimane. Perchè continui a sorridere?-

Koutaro non rispose.

Forse non aveva voglia di parlarne.

Chinai il capo.

-Cos'altro dovrei fare?- Se ne uscì il ragazzo, regalandomi un sorriso rammaricato.

Non sapevo cosa dire.

-Coraggio.- Mise fine alla discussione, alzandosi dal letto e avviandosi verso la porta -Andiamo ad apparecchiare.-

Seguii il ragazzo giù dalla rampa di scale senza aprire bocca.

Quando arrivammo in cucina, però, trovammo la tavola già preparata per sette persone.

La piccola Mayu stava aiutando sua nonna a posizionare i tovaglioli sotto le posate, e nel mentre canticchiava allegramente una canzoncina natalizia.

Evidentemente, anche la mancata cognizione del tempo doveva essere un difetto di famiglia.

-Mayu! Vieni qui!- Chiamò una donna seduta a capotavola.

La bambina si avvicinò a quella che doveva essere la madre e si posizionó di spalle, permettendo alla donna di legarle i capelli in due piccole treccine.

La sorella più grande di Bokuto aveva gli stessi occhi dorati del fratello, ma i tratti del viso erano molto più delicati e femminili.

I capelli erano lunghi fino alle spalle, scuri e leggermente ondulati.

Indossava dei jeans a vita alta e un maglione bianco che le ricadeva morbido sulle spalle.

Era oggettivamente bella, anche se lo sguardo trasmetteva quasi una certa inquietudine.

La seconda ragazza, invece, si era seduta in disparte, accanto alla finestra.

Assomigliava in tutto e per tutto all'altra sorella, con la differenza che i suoi capelli erano leggermente più chiari e raccolti in una coda di cavallo.

La divisa scolastica calzava a pennello sul suo corpo minuto e consisteva in una gonna scura abbinata ad un cardigan color panna.

Non era particolarmente interessata alla conversazione, a giudicare dall'aria scocciata e dalle dita che scorrevano annoiate sul display del cellulare.

-Takara, metti via quel dannato telefono.- Le ordinò il padre, appoggiando sul tavolo una caraffa d'acqua.

La ragazza borbottó qualcosa sottovoce ma decise di nascondere il dispositivo sotto il cuscino.

Bokuto finse un colpo di tosse e catturó l'attenzione di tutti i presenti.

O meglio.

La attirò su di me.

-Salve.- Salutai imbarazzato, sperando che fosse Bokuto a presentarmi.

Ma non fu necessario: la sorella più grande, dopo essersi sistemata gli occhiali caduti sulla punta del naso, si alzó dal cuscino e mi porse educatamente la mano.

-Hey, tu devi essere Akaashi, il ragazzo di cui parlava mamma.-

Ricambiai la stretta e abbozzai un sorriso.

-E' un piacere conoscerti.- Il padre di Bokuto, un colosso alto due metri con dei folti capelli grigi, mi salutò con un gesto mentre con l'altra mano versava la zuppa di Miso in un piatto.

La piccola Mayu spuntò fuori da dietro la madre e mi afferrò per un lembo del maglione: -Ti siedi vicino a me?-

-A-ah io, veramente...- Seguii la bambina verso il tavolo, lanciando un'occhiata terrorizzata a Bokuto che, invece, se la stava ridendo di gusto.

Fui costretto a sistemarmi tra Mayu e l'altra sorella di Bokuto, Takara, completamente assorta nei suoi pensieri per prestarmi una benchè minima attenzione.

-Soffri di qualche allergia, caro?- Mi domandò la madre di Bokuto, affiancandomi con una pentola fumante.

Scossi la testa e osservai la donna mentre riempiva la mia ciotola di zuppa.

Bokuto si sedette nel posto di fronte al mio, facendomi il segno dell'okay con il pollice.

No, non andava bene.

Ero una persona timida e introversa circondata da cinque sconosciuti.

Non andava per niente bene.

-Anche tu alla Fukurodani?- Domandò il padre di Koutaro, mescolando la sua zuppa con il cucchiaio.

Impiegai qualche secondo per capire che si stesse rivolgendo al sottoscritto.

-Oh io-sì, sono al secondo anno.-

-Cosa? Hai un anno in meno di Koutaro?- La sorella maggiore sembrava davvero stupita -Ma dai, e io che credevo fossi più grande.-

-Contando che Kou ne ha diciotto ma ne dimostra la metà...- Intervenne Takara, guardando con disprezzo il suo piatto -Devo proprio?-

-Smettila di fare tante storie, non ho nemmeno aggiunto la cipolla.- La rimproverò la madre.

-Ma odio la zuppa.-

-Hai quasi vent'anni. E Mayu fa meno storie di te.- Intervenne il padre.

Takara si voltò verso la bambina che, per tutta risposta, le fece la linguaccia.

Dov'è che avevo già assistito ad un comportamento simile?

-E come vi siete conosciuti?- Mi chiese la ragazza più grande.

Per poco la zuppa non mi andò di traverso.

-Gruppi di studio.- Spiegò Koutaro, con una sicurezza che per poco non convinse anche me.

-Questo significa che Akaashi è più intelligente rispetto ai suoi compagni.- Gli fece notare Takara -Oppure che tu sei indietro di un anno rispetto agli argomenti della tua classe.-

-Puoi evitare di essere sempre così acida?- 

-Solo se mi restituisci il caricabatterie.-

-Ti ho già detto che non l'ho preso io!-

-Era sopra al mio letto fino a questa mattina, non può essere magicamente sparito!-

-Invece ti dico che-

-Dateci un taglio.- Li interruppe la madre, fulminando i figli con lo sguardo.

Entrambi ammutolirono istantaneamente.

-Scusaci, Akaashi.- Intervenne la sorella maggiore -Non siamo sempre così rumorosi.-

Ah no?

-Nessun problema.- Risposi, sorseggiando la zuppa in silenzio. -La cena è davvero squisita.-

Gli occhi della madre brillarono di gioia: -Sei troppo gentile, caro.-

-L'hai conquistata.- Commentò Takara, punzecchiandomi il braccio con il gomito.

-Sono sincero.- 

-Lo abbiamo capito.- Ridacchiò il padre -Ma credo che tu abbia ugualmente rubato il cuore di mia moglie.-

-Già- Concordò Takara, per poi voltarsi verso il fratello -E sapete chi altro ha rubato qualcosa?-

-Ancora? Non ho preso io il tuo caricabatterie!-

-Oh, forse ce l'ho io.- L'altra sorella si grattò la testa, confusa.

I due fratelli scattarono verso di lei con uno sguardo assassinio.

-Hai intenzione di ridarmelo, spero.-

-Ho perso il mio.-

-E allora?-

-E allora no.-

-Naoki, razza di-

-Se non la finite vi metto a dormire in terrazzo.- Minacciò la madre, gli occhi che emanavano scintille.

Bokuto e Naoki indicarono la sorella di mezzo: -Ha cominciato lei.-

-AH, grazie, bei fratelli che siete. Tutti per uno e uno per tutti, basta che quell'uno non sia Takara, giusto?- 

La madre era pronta a saltare addosso ai figli mentre il padre avrebbe voluto sotterrarsi.

I tre ripresero a battibeccare e io abbassai la testa, sforzandomi di non scoppiare a ridere.

In fin dei conti, la famiglia Bokuto non era affatto male.

Avrei quasi potuto farci l'abitudine.

Se non fosse stato per Koutaro.

La scena di qualche ora prima riafforó alla mente in un lampo.

Bokuto era così felice in quella casa.

Era circondato da persone amorevoli e spendierate che lo aiutavano a dimenticare la malattia.

"Perché continui a sorridere?"
"Cos'altro dovrei fare?"

-Devo...- Mi schiarii la voce e mi alzai dal cuscino -Posso sapere dov'è il bagno?-

I tre fratelli smisero di litigare e mi puntarono gli occhi addosso, Bokuto in particolare.

Dovevo avere proprio una pessima cera.

-In fondo al corridoio.- Rispose la madre, indicandomi l'uscita.

La ringraziai chinando il capo e aumentai il passo per lasciare in fretta quella cucina.

Troppo.

Era troppo.

-Akaashi?- La voce di Koutaro mi bloccò mentre mi trovavo a metà corridoio -Stai bene?-

-Sì-io...mi dispiace per-ho...ho solo bisogno di una boccata d'aria.- Tentai di strammatizzare.

Bokuto non se lo fece ripetere due volte. -Seguimi.-

Feci come richiesto, salendo i gradini e raggiungendpo il piano superiore.

Invece di entrare nella prima stanza, puntammo alla porta successiva che conduceva alla camera da letto dei Naoki.

Oltre il letto matrimoniale, una porta a vetri dava sul terrazzo che Bokuto aveva già menzionato più volte.

Si trattava di uno spazio piuttosto ristretto, sufficiente appena per due persone.

Mi appoggiai alla barra di ferro e osservai il paesaggio: la piattaforma dava direttamente sul viale alberato, ma sporgendosi un po' era possibile scorgere qualche stella nel cielo scuro.

-Scusa, sono stato maleducato. Adesso i tuoi penseranno che non abbia gradito la cena o-

-Akaashi.- La voce di Bokuto era seria -Non c'è bisogno di farsi tutte queste paranoie. Aspetteranno tutti qualche minuto in più.-

Sospirai e mi appoggiai con i gomiti sulla barra di ferro, scoraggiato.

-Non ce la faccio, Bokuto-san.-

Il volto del ragazzo si rabbuió: -A fare cosa?-

-A vederti così.- mi morsi la lingua, frenando inutilmente i pensieri a cui volevo dare voce -In mezzo ad una famiglia che ti ama. Ti comporti come se non ti fosse capitato nulla. Non... non è giusto.-

Koutaro respiró a fondo e si avvicinò alla ringhiera, con aria avvilita: -Credi che a me faccia piacere? Credi che a me piaccia tutto questo?-

Scossi la testa: -Certo che no...-

-No.- Confermò lui -Lo odio. Odio questa situazione. Odio l'ospedale, odio la mia malattia. Ci sono momenti in cui arrivo ad odiare anche me stesso.-

-Bokuto-san...-

-Solo perché sorrido, credi che non stia soffrendo?- Scattò verso di me, gli occhi che luccicavano nell'oscurità -Hai una vaga idea di quanto stia male?-

Per un istante, avrei giurato che il mio cuore avesse smesso di battere.

-No.-

-È così...- Il ragazzo alzó la testa per cercare di trattenere le lacrime -È così frustrante dover fingere di essere forte, dimostrare di non essermi piegato alla malattia.-

-Perché lo fai, allora? Perché non puoi semplicemente lasciarti andare?- Mi ritrovai quasi ad urlare, tante erano le cose che mi stavo tenendo dentro.

-Per loro!- Bokuto indicò la camera dietro di sé, riferendosi ai suoi parenti -Per Kuroo, per Konoha, per la squadra, per i miei amici, per te!-

La voce gli stava tremando, ma Bokuto continuó imperterrito: -Perché  io soffro disperatamente, ma forse posso risparmiare agli altri un po' del mio dolore!-

-Non...- Strinsi i denti così forte che rischiai di spaccarli -Non sei ancora...-

-Non sono ancora? Cosa? Non sono ancora morto?- Suggerì Bokuto -Io muoio ogni giorno, Akaashi. Quando mi addormento alla sera non sapendo se mi risveglieró il giorno seguente.-

Distolsi lo sguardo e fissai a lungo la strada sottostante.

Per un po' regnò il silenzio.

-Non è vero che fingi di essere forte.- Dissi, gli occhi fissi sul panorama.

-Come?-

Diedi la schiena alla ringhiera e sostenni lo sguardo profondo del ragazzo.

-Non indossi una maschera o un sorriso falso. Ho imparato a conoscerti, Bokuto-san. Contagi chi ti sta intorno con la tua allegria. Sei fatto così.-

-Non capisco cosa...-

-Tu sei- Gli puntai il dito sul petto, facendolo indietreggiare di un passo -Sei la persona più coraggiosa che abbia mai avuto il privilegio di conoscere.-

Koutaro boccheggió in cerca di parole, ma alla fine si arrese.

-Forse dovremmo rientrare, prima che ci diano per dispersi.- Suggerii, avviandomi verso la porta a vetri -La zuppa di Miso si sarà raffreddata.-

-Akaashi.-

La mia presa esitò sulla maniglia.

-Grazie.-

Non ci fu bisogno di aggiungere altro.

   
 
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