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Autore: DanieldervUniverse    28/02/2021    2 recensioni
[Blades in the Dark]
Nella città di Doskvol, avvolta nella notte eterna, il giovane Jonathan Carth visita una vecchia pensione con dei misteriosi propositi.
Questa storia partecipa al Contest per l'undicesimo anniversario del XIII ORDER Forum.
Genere: Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parole: Pensione, Ampio, Materiale
 

La pensione di Madam Marble era un semplice edificio di tre piani costruito addosso ai moli, praticamente alla portata di qualsiasi povero sfortunato che riusciva a sbarcare. Certo, essere ammessi come clienti era tutt’altra cosa perché la signora aveva rigide regole sull’igiene e sul pagamento dei servizi, ma il fatto restava che per molti nuovi arrivati la prima cosa che si incontrava a Doskvol (leggasi Duskwall) era la pensione di Madam Marble.
La padrona di casa si era costruita una grande fama che le permetteva di evitare problemi, sia con le Giubbe Blu che con i vari malintenzionati che abbondavano per tutto il quartiere, e il benvenuto che ricevevi nel suo “palazzo” poteva condizionare il futuro della tua permanenza nella città in molti modi. C’era passato anche lui, ormai diversi anni prima, e l’esperienza l’aveva cambiato in modo netto.
Appena la ronda delle Giubbe Blu sparì dietro l’angolo uscì dall’ombra del vicolo col resto della gang, sprezzante del fatto che qualcuno potesse riconoscerlo alla luce dei mesti lampioni che cercavano di brillare nel buio perenne. Dal Cataclisma, che aveva distrutto il sole e avvolto tutto nell’eterna notte per mille anni, il mondo era diventato più buio, più misero, perfetto: era cresciuto nell’oscurità, e si era ambientato nell’oscurità, traendone nutrimento, sostegno, guida, e protezione, e oggi poteva fieramente dire di essere uno dei figli prediletti della notte eterna.
Un ubriaco era riverso sugli scalini dell’edificio, privo di coscienza, e un uomo gemente, con un ampio squarcio al petto, cercava disperatamente di issarsi sui gradini. La forza della disperazione in quella città poteva fare miracoli, ma se eri cibo per ratti difficilmente sarebbe bastata. Senza dare troppo nell’occhio colpì il malcapitato al collo con la punta metallica dello stivale, abbastanza forte da spezzarglielo in modo da dargli una morte rapida, prima d’incamminarsi su per i pochi gradini che lo separavano dall’ingresso, i suoi seguaci in coda.
Dall’esterno la pensione poteva dare l’idea di essere una locanda piccola, malfamata e lurida, permeata da un olezzo perenne di sudore, piscio, e ogni altra disgustosa mistura prodotta da essere umano. Invece l’incrollabile proprietaria aveva curato pazientemente l'igiene del suo stabile e della sua clientela, con disciplina e rigidezza encomiabili: i clienti, quelli che avevano il conio per pagare, venivano lavati e anche i loro abiti, per quanto lerci e rammendati, venivano sistemati al meglio; avrebbero poi pagato la loro permanenza con altri servizi. La sala comune quasi profumava di pulito: non c’erano macchie in giro e quasi tutti gli occupanti sembravano rilassati, liberi da una parte delle loro preoccupazioni mondane; l’ambiente era piuttosto ampio e ben illuminato, a dimostrazione dell’attenta manutenzione che ne facevano gli inservienti.
Tuttavia bastò la sua presenza e quella dei suoi compagni per attirare la maggior parte degli sguardi, intimoriti e spaventati, dei presenti, spezzando l’armonia della stanza. Suo malgrado ghignò di soddisfazione: niente lo esaltava come vedere una sala piena di uomini e donne, molti dei quali anche criminali incalliti, che si voltavano timorosi al suo passaggio.
Alcuni degli scagnozzi di Madam Marble misero mano alle armi nel vedere tutta la gang presentarsi nella sala comune, ma gli uomini di fiducia della donna gli fecero segno di calmarsi, anche se erano tesi a loro volta. Lui invece non era minimamente preoccupato, dopotutto era atteso.
-Salve- salutò la donna al bancone con gentilezza, togliendosi il berretto e lasciando ricadere i suoi riccioli biondi attorno al capo -Avrei un appuntamento con la proprietaria. Le dica che Johnny Carth è qui per lei.
-Madam l’aspetta di sopra, signor Carth. Mary!- il tono della vecchietta era calmo e rilassato, assolutamente distaccato dalla situazione. Il fatto che non sembrasse intimorita nonostante fosse una donna avanti negli anni non era un caso: l’aveva accudito durante la sua permanenza alla pensione, e ci teneva a ricordarglielo. Era una signora oltre i cinquanta, del cui passato non si sapeva nulla: indossava degli abiti puliti e ordinati, i capelli grigi erano ben tenuti e pettinati, il volto rugoso era perfetto e persino profumava di una misteriosa mistura di cui lui non aveva ancora trovato l’origine.
Ben diverso era l’aspetto della truce ragazza dagli abiti scuri e maschili che gli fece cenno di seguirlo. Portava i capelli nascosti sotto il cappuccio, ma era possibile scorgere gli occhi scuri e le labbra sottili; era poco più bassa di lui, ma di sicuro nessuno avrebbe notato la differenza a giudicare dall’aura che trasmetteva, essendo uno dei luogotenenti di Madam Marble.
Lui fece un saluto educato e poi si avviò dietro di lei fuori dalla sala e su per le scale; dovette affrettarsi per evitare che la signorina lo lasciasse indietro.
L’ufficio della Madam era all’ultimo piano. Molte voci di corridoio dicevano che era il suo vecchio appartamento e che avesse costruito il resto della pensione partendo dall’alto; altre dicevano che avesse scelto quel piano perché lo spirito del suo defunto marito era rimasto legato a quella camera e non poteva andarsene; altre ancora dicevano che Madam Marble fosse una strega e che avesse barattato l’anima del defunto marito per l’eterna giovinezza.
Il problema delle storie era che deformavano la verità originale mostrandone solo sprazzi, in modo che solo pochi dotati potessero intuirla: quelli che facevano comodo a Mrs Marble.
Mary si fermò davanti alla porta, prima di farsi da parte e lasciarlo passare. Come si era aspettato trovò la porta aperta, e una volta entrato non poté non rimirare la fresca e ben curata camera della donna, arredata in modo semplice ma dignitoso: c’erano tende per la finestra (che dava un’ampia vista sui moli), una trapunta di lana nuova di zecca sul letto a due piazze, un divisorio di legno che serviva a tenere l’ambiente privato separato da quello d’ufficio, una scrivania di mogano vecchia ma ancora solida posta davanti alla porta, con due sedie davanti, e un appendiabiti subito affianco all’ingresso.
Mrs Marble, dal volto giovane come se avesse ancora vent’anni, vestiva con abiti di buona fattura, da signora alto-borghese, e aveva persino un ombrellino con sé. Non che servisse a molto, dato che il sole era scomparso da anni, ma era testimonianza che la signora avesse molti più anni di quanto desse a vedere.
-Bentornato ragazzo- lo salutò Mrs Marble, quando ebbe finito di mischiare il mazzo e l’ebbe disposto sul banco davanti a lei -Ti trovo bene.
-La ruota della fortuna mi sorride- rispose lui, accennando un doveroso inchino -Anche voi siete in ottima forma, Madam. Sembra che non sia passato un giorno.
-Giorni, mesi, anni. Che differenza fa per me?- replicò lei, sorridendo. Si alzò in piedi mentre si sfilava i guanti, poi offrì la mano perché lui la baciasse. Era un gesto che di solito si riservava alle signore di alta tenuta, ragion per cui Mrs. Marble ci teneva particolarmente. Le sue mani erano gelide come la morte e candide come la neve, e i suoi occhi castani erano distanti e freddi. Lui tenne un atteggiamento rispettoso e sottomesso, se non altro per assicurarsi che la sensazione di gelo alla base del collo andasse via.
-La certezza di questo corpo è che è tangibile, materiale, distinto in una forma ed uno scopo precisi. Finché avrà scopo, persino il tempo non potrà nuocermi.
I discorsi che la donna faceva spesso non avevano senso, ma d’altra parte lui non ci capiva niente di occulto e malefici quindi non ci provava nemmeno a comprenderli. Annuì, e prese posto su una delle sedie quando lei gli fece cenno.
-Dunque- riprese Mrs. Marble, aprendo un cassetto della scrivania -Deduco che tu non sia qui per una visita di piacere.
-Oh, con lei è difficile distinguere- replicò prontamente lui, mettendo in mostra uno dei suoi sorrisi più ostentati. Lei rispose con un battito di ciglia, sottolineando che i suoi complimenti non attaccavano.
-La spedizione con il materiale richiesto dovrebbe arrivare domani, stando alle mie informazioni.
-Davvero? Così presto?- lui si rizzò sulla sedia, protendendosi in avanti per la sorpresa.
-È stato un viaggio fortunato e tranquillo- spiegò la donna, come se non avesse potuto essere altrimenti.
-Mrs. Marble, quella merce è delicata. Molto delicata. Se il viaggio affrettato avesse…
-Rilassati, ragazzo. Il tuo interesse materiale non è stato intaccato dal viaggio, posso garantirtelo- lo interruppe lei, con tono gelido. Temette di averla insultata con le sue pressioni e si fece timidamente indietro, sperando di non attirarsi ulteriormente la sua ira. Mrs. Marble continuò a guardarlo per un bel pezzo, poi si mise a rimestare nel mazzo di carte. Sembrava ignorarlo totalmente, ma lui si guardò bene dal muoversi senza il suo avallo.
-È tutto Jonathan?- domandò infine, estraendo una carta dal mazzo e rimirandola con aria assente, prima di rimetterla nel mezzo.
-Beh, per quanto concerne gli affari sì- rispose lui, sentendo il nodo alla gola stringersi pericolosamente.
-Tutto concerne gli affari, ragazzo- lo gelò lei. Estrasse una seconda carta, ma la rinfilò tra le altre quasi subito, stizzita. Jonathan fece un respiro profondo, cercando di calmarsi.
-Bene. Allora credo che abbia saputo dei recenti disordini a Crown’s Foot.
-Fin ora solo che i Fasce Rosse e i Lampade Nere sono di nuovo in guerra- la donna estrasse un’altra carta, scoccando uno sguardo curioso al giovane.
-Sì, pare che la morte di Roric dei Corvi abbia riportato in voga delle vecchie rivalità. E ora tutto il Quartiere sta venendo trascinato nella nuova guerra.
-E tu sei preoccupato che la tua piccola banda di pezzenti venga travolta dall’onda- Mrs. Marble rinfilò la carta nel mazzo e ricominciò a mischiarlo.
-Ad essere onesto- riprese lui, stringendo le dita -Un poco. Il nostro gruppo non è molto forte e radicato, quindi io e Mary abbiamo pensato di spostarci in altri...
-Mary?- lo interruppe la donna.
-Sì. Mary. Shirley.
-Mary Shirley?- fece Mrs. Marble, con una nota di sorpresa e sospetto -La mia Mary? Cosa c’entra con te?
-Non ha saputo?- domandò lui, cercando di mascherare il suo sorriso di trionfo con una smorfia d’incredulità -Io e Mary siamo fidanzati adesso.
In quel momento Mary, che era rimasta dietro la porta, esplose all’interno della camera con veemenza e scagliò a terra una fiala. Nello stesso momento in cui il vetro esplose, liberando il contenuto nell’aria, Mrs. Marble cadde all’indietro con un grido di dolore, iniziando a contorcersi sul pavimento.
Lui rimase immobile, ingoiando la paura e cercando di dominare l’irrequietezza che lo spronava a darsela a gambe. Quando gli spasmi della donna cominciarono a diminuire, fece un profondo respiro e si alzò per avvicinarsi, guardingo.
-Deduco che non si aspettasse nemmeno questo- le disse con tono beffardo, inginocchiandosi a poca distanza. Lei emise un rantolo di dolore, sussurrando maledizioni in lingua arcaica.
-Dovrà parlare più forte, non riesco a sentirla.
-Come osi!- la donna usò tutto il fiato che le restava-Non puoi entrare nella mia casa e aggredirmi impunemente!
-Eppure eccomi qua.
Il suono della balestra di Mary che veniva caricata fu una risposta chiara. La Madam lo guardò con odio; la sua fredda e impeccabile bellezza si era trasformata in una terrificante espressione di mostruosità e beltà, rivelando senza ragione di dubbio la sua natura: Mrs. Marble era una vampira.
Lui stentava a crederci: creature simili erano considerate leggende a Doskvol. Era comune che un fantasma sfuggisse ai Guardiani degli Spiriti, ma che uno di questi fantasmi fosse riuscito a possedere un corpo umano al punto di fondersi con esso… eccezionale.
Ora capiva la natura elusiva e a volte contraddittoria della donna, il suo fascino antico e misterioso e i lunghi discorsi insensati. Fortunatamente Mary era riuscita a scoprire il segreto, altrimenti non un simile colpo di mano non sarebbe mai stato. Rivolse un caldo sorriso alla fidanzata: quella che aveva rischiato il collo per il successo della missione era stata lei, lui aveva solo fatto da esca.
-Cosa vuoi adesso? Rimpiazzarmi? Consegnarmi ai Guardiani perché mi esorcizzino e mi trasformino in carburante per le macchine di questa città?- lo provocò Mrs. Marble, mostrandosi decisa e fiera anche in quel momento di debolezza. Non gli faceva molta pena, anzi lo terrorizzava anche in quello stato di semi-impotenza, ma non aveva fatto tanta strada per fermarsi lì. Eppure…
-Voglio farle un’offerta- rispose, mentre un’idea prendeva rapidamente forma nella sua testa. La donna rimase di stucco per alcuni secondi, prima di ringhiare -Davvero?
-Davvero?- le fece eco Mary, sorpresa a sua volta.
Ma lui le ignorò, mantenendo un sorriso smagliante. Si sorprese che non gli fosse venuto in mente da subito: una simile soluzione poteva risparmiargli diversi grattacapi ed evitare uno spreco di risorse da ambo le parti.
-Viste le circostanze uniche in cui ci troviamo, mi sembra solo corretto da parte mia. Lei scelse di darmi la vita prendendomi sotto la sua ala quando giunsi solo e abbandonato in questa città, io posso offrirle la stessa opportunità adesso.
La vampira soffiò come un gatto, cominciando a farsi forza con le braccia per sollevarsi dal pavimento.
-Tesoro che stai facendo?- Mary si chinò a sussurrargli nell’orecchio -Se le permettiamo di sopravvivere ci tradirà alla prima occasione. Uccidiamola adesso che non può reagire e finiamola.
-Shhhh, mia cara. Vediamo almeno cosa ne pensa della mia offerta prima di eliminare una risorsa di tale importanza.
Mary fece per protestare ancora, ma lui le fece cenno di lasciarlo fare, al che la donna desistette. Nel frattempo Mrs. Marble era riuscito a gattonare fino alla sedia rovesciata e a rimetterla in piedi. Si volse a guardarli, titubante, prima di tentare di issarsi a sedere, riprendendo un po’ di dignità.
-Ordunque, lei potrà rifiutare la mia offerta ma sappia che a quel punto sceglierà la morte e la cara Mary la metterà fuori gioco seduta-stante. Se invece accetterà, avrà molto da ottenere.
-Parla in fretta. Prima che io le strappi il suo cuore maledetto dal petto…!- Mary le assestò un solido sinistro al volto e poi le puntò la balestra dritta alla tempia.
-Proporrei una fusione delle nostre organizzazioni.
La sua dichiarazione lasciò entrambe le donne di stucco, immobili e incapaci di rispondere.
-Invece di ucciderla ed eliminare i suoi luogotenenti in una lunga e logorante guerra- continuò lui, approfittandone -Possiamo siglare un accordo per unire le nostre forze in vista dei recenti sconvolgimenti. Potremo contare sui contatti e sulle risorse reciproche, consolidare la nostra posizione rapidamente, e potremo dirigere l’intera organizzazione assieme.
Mrs. Marble e Mary si guardarono incredule, per poi rivolgere verso di lui lo stesso sguardo.
-Ma sei matto!?- esclamò Mary, reagendo per prima -Vuoi condividere con lei la direzione dell’intera organizzazione? Dopo tutto questo!?
-Tu sei capace di chiedermi una cosa del genere!?- le fece eco la vampira, oltraggiata. Lui non si scompose, ma sicuramente non era quella la reazione in cui aveva sperato, e l’assenza di segni positivi lo stava già facendo innervosire. Poi Mrs. Marble scoppiò a ridere. Una risata smorta, debole, interrotta da singulti e colpi di tosse, ma sincera. La donna continuò imperterrita, finché non ne ebbe abbastanza e si ricompose.
-Oh signor Carth. Lei è l’unico uomo in tutta la città che avrebbe potuto pensare di farmi digerire un’offerta del genere.
-Significa che accetta?- trattenne il fiato, aspettando la risposta.
-Certamente- rispose la donna, permettendogli di trarre un profondo respiro di sollievo -Diavolo, sono già morta una volta, non ho intenzione di ripetere l'esperienza.
-Allora perfetto…
-Perfetto un cavolo!- esclamò Mary, rossa in viso -Io non mi fido di questa creatura! Ci colpirà alle spalle nel momento in cui gireremo la testa.
-Calma mia cara. Non sono io quella che ha tradito qui.
-Signore, vi prego. Non c’è ragione di dubitare, abbiamo un’occasione unica da sfruttare.
-Dopotutto- intervenne Mrs. Marble -Io potrò vivere in eterno, anche dopo che le vostre spoglie mortali avranno abbandonato il mondo materiale. Non ho ragione di rifiutare una simile offerta.
-E quale garanzia ci offri!?
-In cambio della mia collaborazione erediterò il pieno controllo dell’organizzazione alla vostra morte. Se non ti sta bene, tesoro, non avrai altra scelta che uccidermi.
-Oh, intendo farlo.
-Andiamo Mary- intervenne lui, cingendole le spalle con un braccio -Puoi dubitare di lei ma non di me. Funzionerà, vedrai.
-E come la mettiamo con gli altri poteri del quartiere? Come reagiranno le altre bande?
-L’equilibrio di poteri a Doskvol è precario, e se qualcuno cerca di sbilanciarlo a proprio favore rischia una reazione uguale e contraria se non consolida in fretta la sua posizione. D’altro canto noi stiamo solo reagendo ai cambiamenti provocati da qualcun altro, quindi avremo ampio spazio di manovra se riusciamo a tenerci al margine dello scontro- spiegò la Madam, con calma rassicurante.
-Un tempo questa città era più grande- commentò in tono nostalgico Jonathan, non troppo convinto.
-Il mondo è molto più vasto e ampio di quello che pensi ragazzo. Anche questa città, che trovi così angusta e stretta, occupa uno spazio illimitato. Basta che tu sappia qual è il tuo posto al suo interno.
-È un po’ un controsenso, non trova?- rilanciò lui, non riuscendo a trattenersi.
-Sei troppo legato allo spazio materiale, ragazzo. Ci sono più piani di comprensione, e per quelli che lo sanno la più grande mansione può essere vasta e grandiosa ma occupare una dimensione ridotta nel grande gioco delle cose, mentre una piccola camera come questa può diventare ampia e spaziosa quanto si vuole.
Non fece neanche finta di capire cosa stesse cercando di dirgli, e annuì con accondiscendenza. Da giovane, quando ancora non si era sistemato nella città, le parole di Mrs. Marble gli avevano dato coraggio e l’avevano spinto a prendere l’iniziativa e sfidare le avversità, ma ormai sembravano diventare sempre più un accozzaglia di suoni insensati.
-E qual è il mio posto in questa città?- domandò tuttavia suo malgrado, incuriosito da tutta quella chiacchiera. Poi si corresse con -Il nostro- non appena si accorse dell’occhiata disapprovante di Mary. Mrs. Marble sorrise e sollevò il mazzo di carte, distribuendolo sulla scrivania.
-Scegli una carta- gli disse. Lui indicò la sua scelta. Lei la prese in mano e la rimirò per qualche secondo, prima di dire: -Come sospettavo.
-Cosa?
Lei gli mostrò la carta: era completamente bianca, nessuna immagine, nessun seme, niente.
-Tu sei un uomo raro Jonathan, le carte non hanno potere sulla tua vita: le forze dell’universo ti danno carta bianca, puoi crearti il tuo posto in questa città e nel mondo intero a tuo piacimento- mentre parlava una folata d’aria improvvisa girò tutte le carte sparse sul tavolo, mostrando che erano tutte bianche. Mary s’irrigidì, pronta a colpire duramente nel caso la vampira avesse tentato un colpo di mano, ma alla fine il vento si quietò e la paura passò.
-Questo mazzo è una truffa- sentenziò lui, per nulla convinto dai trucchi della donna. La Madam ricompose il mazzo, lo mischiò, poi estrasse una carta per sé: La Papessa. Mary si fece avanti e prese in mano una carta lei stessa: L’Eremita. Le carte vennero scoperte una ad una, rivelando un mazzo completo, ma ogni volta che era il suo turno di pescare la carta si mostrava bianca e immacolata. Lui scosse la testa, e si alzò in piedi, con l’intenzione di prendere commiato. Ma si trattenne all’ultimo, tornando a guardare Mrs. Marble, così sicura e convinta.
-E potrò farlo grande quanto vorrò? Il mio posto?
Lei annuì.
-Ampio fin dove può spingersi la tua immaginazione.
Lui sorrise soddisfatto.
-Sarà meglio che mi dia da fare allora. Il tempo non aspetta. Farò un giro d’ispezione dei nostri nuovi contatti, per dare loro la notizia. Presumo che lei farà lo stesso qui.
-Ovviamente Mr Carth. Spedirò a lei e Mary un regalo di fidanzamento appena troverete una sistemazione più fissa.
-Ci conto Madam. Arrivederci.
E con quelle parole Jonathan uscì dalla camera in tutta calma, seguito da Mary.
-Tu sei tutto matto- gli disse, quando furono al piano inferiore -Quella creatura è troppo pericolosa per lasciare che si immischi nei nostri affari. Avremmo dovuto ucciderla quando potevamo.
-Non posso garantire che non ci potrebbe fare la festa un giorno- rispose pazientemente lui, fermandosi sul pianerottolo -Ma dopo tutto non ne trarrebbe alcun vantaggio ora come ora. Se può vivere tanto a lungo, non si disturberà a prendere decisioni affrettate.
-Giochiamo con la morte qui.
-Lo so tesoro- la prese tra le braccia e le diede un bacio. Con trasporto, passionale, motivato da un incontenibile eccitazione; quando Mary rispose con simile spirito si sentì come se il tempo si fosse fermato, concedendogli la libertà di assaporare il loro trionfo. Quando si separarono si sentirono disorientati per qualche secondo.
-Ti amo.
-Ti amo.
Scesero l’ultima rampa fianco a fianco, entrando insieme nella sala comune e quindi facendosi largo tra gli sguardi stupiti e incerti, fino a quelli trepidanti dei suoi compagni.
-Abbiamo un annuncio da fare!

  
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